L’Emodinamica di Negrar ha eseguito, prima nel Veneto, due angioplastiche utilizzando un “palloncino” che grazie alle onde d’urto riesce a frantumare le placche di calcio che si depositano nelle arterie. Ecco come funziona.

Sono le onde d’urto l’ultima frontiera dell’angioplastica coronarica, la procedura di cardiologia interventistica impiegata per prevenire o curare l’infarto del miocardio. La Cardiologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dal professor Enrico Barbieri, ha utilizzato per la prima volta nel Veneto un innovativo dispositivo in grado di ‘frantumare’ le placche di calcio che si erano depositate nelle arterie del cuore (coronarie) di due uomini, di 79 e 76 anni, esponendoli ad alto rischio di infarto.

Lo “Shock Wave” (nella Photo Gallery), questo il nome del dispositivo in uso in Italia da meno di un anno (circa 150 casi eseguiti i centri selezionati), è simile al palloncino che viene utilizzato nell’angioplastica tradizionale per dilatare meccanicamente l’arteria e permettere l’inserimento dello stent affinché rimanga aperta, consentendo il regolare flusso di sangue. Ma, a differenza del palloncino tradizionale, lo Shock Wave è dotato di due poli che, azionati da un generatore esterno, emanano onde d’urto capaci di rompere la placca di calcio. Il sistema, che si basa sullo stesso principio di quello usato per la frantumazione dei calcoli renali (litotrissia), abbassa significativamente i rischi di rottura dell’arteria, di formazione nel tempo di una nuova stenosi o dello sviluppo di una trombosi.

“I pazienti con arteriosclerosi coronarica che presentano una prevalente deposizione di calcio nelle pareti possono essere particolarmente complessi da trattare“, sottolinea la dottoressa Esther Campopiano, che ha eseguito la procedura affiancata dal dottor Guido Canali, responsabile dell’Emodinamica di Negrar (nella foto di copertina, l’équipe). “In questi casi l’angioplastica tradizionale non è del tutto efficace perché il palloncino non riesce, a causa della resistenza del calcio, a dilatare completamente l’arteria e consentire il posizionamento corretto dello stent con il rischio che in seguito il paziente possa sviluppare un nuovo restringimento o una trombosi, anticamera dell’infarto”, spiega la cardiologa.


Finora per questi pazienti la Cardiologia del “Sacro Cuore” utilizzava il Rotablator, una metodica che prevede al posto del palloncino una piccola fresa a punta diamantata (simile a quella del dentista), che ruotando ad altissimi giri polverizza il calcio interno al lume dell’arteria e crea microfratture nel calcio di parete, consentendo così il passaggio e la dilatazione del palloncino
. “Si tratta di una tecnica che si è dimostrata fondamentale per trattare questa tipologia di pazienti, ma con alcuni limiti – prosegue la dottoressa Campopiano – E’ particolarmente invasiva e comporta un più alto rischio di rottura del vaso, inoltre per la sua complessità richiede una lunga formazione da parte del cardiologo e per questo è praticata in pochi centri in Italia. Lo ‘shock wave’ quindi, affiancandosi all’utilizzo del Rotablator, si pone come un nuovo strumento nelle mani di operatori esperti per trattare con minore rischi pazienti selezionati, permettendo di eseguire una procedura simile all’angioplastica tradizionale e mediante l’accesso radiale (ovvero dal polso del paziente).


Nel 2017 l’Emodinamica del “Sacro Cuore Don Calabria”, Centro che fa parte della rete del Veneto per il trattamento dell’infarto del miocardio, ha eseguito 300 angioplastiche, la metà delle quali in urgenza.

Cos’è l’arteriosclerosi

L’arteriosclerosi è una malattia infiammatoria cronica delle arterie (vasi sanguigni che portano sangue ossigenato agli organi del corpo) caratterizzata da depositi di grassi, coaguli di sangue, colesterolo e calcio che si accumulano nelle pareti delle arterie creando stenosi e lasciando sempre meno spazio per il fluire del sangue.Le stenosi si possono formare lentamente e bloccare progressivamente la circolazione, oppure rompersi e staccarsi improvvisamente provocando l’infarto miocardico quando colpiscono le arterie del cuore: le coronarie.Per trattare questa patologia in particolare a livello del cuore si utilizza, nei casi indicati dalla linee guida, un intervento “percutaneo” (ovvero che non comporta l’apertura del torace) chiamato angioplastica che si basa sulla dilatazione della stenosi dall’interno della coronaria (arteria del cuore) con un palloncino che “spalma” gli accumuli di grasso e calcio nella parete stessa; a completamento dell’intervento si impianta uno stent (ovvero una retina metallica) all’interno della parete del vaso per garantirne la pervietà a distanza.