Il 5 maggio è la Giornata mondiale del lavaggio delle mani, un gesto semplice quanto importante: se venisse praticato in maniera corretta si potrebbe evitare il 40% delle infezioni negli ambienti di cura. L’iniziativa del “Sacro Cuore Don Calabria”

Si stima che il 40% delle infezioni correlate alle pratiche assistenziali negli ambienti ospedalieri e di cura potrebbe essere evitato. Come? Con un semplice gesto: il lavaggio della mani. Una pratica la cui importanza viene ricordata ogni anno il 5 maggio con la Giornata mondiale per il lavaggio delle mani promossa dall’OMS e dal ministero della Salute e a cui aderisce anche l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria.

 

Il Comitato Infezioni ospedaliere dell’ospedale di Negrar promuove una campagna di sensibilizzazione che coinvolge tutto il personale sanitario e di conseguenza anche i pazienti che sono i primi destinatari delle buone pratiche messe in atto dagli operatori. Accanto ad una capillare promozione del lavaggio delle mani – resa possibile tra l’altro dalla diffusione dei dispensatori di gel idroalcoolico in tutta la struttura, e in particolare in ogni stanza di degenza – il 5 maggio medici e infermieri indosseranno durante l’orario di lavoro una spilla con la scritta: “Mani pulite sane sicure: non risparmiare il tempo per l’igiene (foto di copertina). Perché ciascun sanitario oltre al proprio ruolo di cura della salute altrui con tutte le responsabilità che ne conseguono, ha anche un compito educativo di promozione della salute e delle buone pratiche nei confronti del paziente, dei familiari degli assistiti e dei propri colleghi.

 

Le mani sono un “ricettacolo” di germi, solo in parte innocui, mentre altri, in particolare per chi lavora o è ricoverato in ospedale, possono essere patogeni se acquisiti da soggetti fragili o debilitati. Non stiamo parlando in sé di germi contagiosi, ma soprattutto di quei batteri a volte capaci di resistere a diverse classi di antibiotici, che possono entrare a far parte della flora cutanea, intestinale o respiratoria di un paziente e minacciarne la salute.

 

A contrastare ciò concorre primariamente un fattore: il lavaggio delle mani. Al contrario, una igiene non corretta e frequente delle mani fa sì che queste “distribuiscano” l’eventuale patogeno sulle varie superfici che ci circondano (telefoni, maniglie, tavoli, tastiere del computer, asciugamani, testiere dei letti eccetera) o altri oggetti e da qui possono essere trasmessi al naso, alla bocca o agli occhi del paziente.

 

I germi patogeni che si annidano sulla nostra pelle dunque possono essere responsabili di molte malattie, dalle più frequenti e meno gravi, come l’influenza e il raffreddore, a quelle più severe come le infezioni correlate all’assistenza (ICA). L’igiene delle mani è considerato un elemento fondamentale per prevenire tali infezioni.

Una verità che ci ha lasciato in eredità il triste caso del dottor Ignàc Semmelweiss, chirurgo e ostetrico ungherese che lavorava all’inizio dell’Ottocento a Vienna. Giovane medico dotato di acuta intelligenza, il dottor Semmelweiss rimase colpito dalla differenza (circa il 10%) di mortalità delle donne dopo il parto presso una divisione di ostetricia rispetto ad un’altra dove operava. Il fatto era risaputo, tanto che alcune donne rifiutavano di partorire presso il reparto con la peggiore fama. Semmelweiss studiò a lungo la cosa non riuscendo inizialmente a trovare una causa che spiegasse quanto stava accadendo. Fino al giorno in cui la morte di un collega e amico, che si era tagliato con il bisturi durante una autopsia, fece scattare nella mente di Semmelweiss la soluzione dell’arcano: nella divisione con più alta mortalità operavano medici che erano dediti anche alle autopsie, mentre in quella in cui la mortalità era più bassa lavoravano ostetriche dedicate esclusivamente alle partorienti. Deciso a risolvere il problema, Semmelweiss pretese che tutti i medici si lavassero le mani dopo le autopsie. Questo comportò in breve tempo una sensibile diminuzione mortalità puerperale. Prima ancora della scoperta dei batteri, Semmelweiss ne aveva intuito l’esistenza e applicando un gesto tanto ovvio quanto dimenticato, aveva trovato una misura di controllo efficace e duratura.

La storia tuttavia non ebbe un lieto fine: Semmelweiss non solo fu ignorato, ma anche venne ostacolato, perse il lavoro e non fu nominato professore come avrebbe meritato. Concluse la sua vita privo della stima dei colleghi e consumato dalle depressione in manicomio dove morì per le percosse di altri malati. Ma la sua intuizione salva e protegge ancora oggi la nostra e l’altrui salute.