Un solo intervento, una sola anestesia e risultati posturali migliori. Il dottore Claudio Zorzi, direttore dell’Ortopedia spiega una procedura indicata quando entrambe le ginocchia sono deformate dall’artrosi

Entrambe le ginocchia “come nuove” in un solo intervento. Si tratta della protesi bilaterale del ginocchio in one step. “Una procedura chirurgica innovativa di cui abbiamo la più alta casistica in Italia, circa un centinaio di interventi all’anno”, afferma il dottor Claudio Zorzi, direttore dell’Ortopedia e della Traumatologia del “Sacro Cuore Don Calabria”.

 

“L’artrosi, cioè il logoramento fisiologico, ma molto doloroso, delle articolazioni – spiega il dottor Zorzi – può colpire tutte e due le ginocchia, deformandole. Paradossalmente quando le ginocchia soffrono entrambe di valgismo (le classiche ginocchia a x) o varismo (le ginocchia si allontano verso l’esterno) viene mantenuta una certa simmetria del rachide e del bacino. Quando questa simmetria viene modificata con l’intervento di protesi a un solo ginocchio, in attesa che si agisca sull’altro (di solito passano dagli 8 ai 12 mesi di tempo) si verificano squilibri di carico a livello della schiena e del bacino. A volte molto dolorosi e difficilmente recuperabili in persone anziane”.

 

La protesi bilaterale del ginocchio, invece, prosegue l’ortopedico, consente “un allineamento immediato degli arti inferiori e in fase di riabilitazione costringe il paziente a imprimere lo stesso carico su entrambe le ginocchia, con un risultato posturale migliore”.

 

I vantaggi per ritornare a camminare correttamente senza conseguenze dolorose avvalendosi di un solo intervento, e quindi di una sola anestesia, sono molti. Ma quali sono i rischi di questo intervento?“La valutazione del rischio è di carattere generale più che ortopedico – risponde il dottor Zorzi -. E’ l’anestesista che in ultima battuta dà l’avallo a procedere. Ogni paziente deve essere valutato attentamente e in particolare i pazienti cardiopatici, con insufficienza respiratoria o cardiocircolatoria che potrebbero avere delle complicanze dovute anche a una maggiore perdita di sangue. Sono comunque interventi che devono essere eseguiti da chirurghi protesici esperti, molto veloci nell’esecuzione e in strutture adeguate. Per ogni protesi bilaterale noi allestiamo un letto di rianimazione sub intensiva, che non occupiamo se non si presentano della complicanze”.

 

La fase successiva all’intervento è quella della riabilitazione. “Presso la nostra struttura anche il paziente con protesi bilaterale il giorno dopo l’intervento viene fatto sedere in poltrona – sottolinea il chirurgo – e al terzo giorno inizia l’attività riabilitativa nella palestra del reparto con esercizi di flesso-estensione assistita. Dal sesto/settimo giorno (è soggettivo, in base al post operatorio, per ogni paziente) prendono il via dalle 2 o 3 settimane di riabilitazione, durante le quali, sempre all’interno del nostro ospedale, il paziente prende confidenza con le protesi e riprende una certa autonomia“.

 

La riabilitazione poi prosegue in strutture esterne o a domicilio sotto la guida di fisiatri e fisioterapisti. “E’ un momento del processo riabilitativo molto importante – continua – in quanto ha come obiettivo il recupero della propriocezione, la cui perdita momentanea è dovuta ai tagli che il chirurgo ortopedico attua sull’osso per inserire la protesi. La propriocezione non è altro che la capacità che noi abbiamo di percepire il nostro corpo nello spazio e che ci permette di muoverci in automatismo verso una direzione. Nei primi tempi con le protesi si ha come la sensazione di dover ‘pensare’ prima di fare un movimento. Ma tutto ritorna alla normalità verso la fine del terzo mese”. La guarigione completa avviene entro 8-10 mesi dall’intervento.

 

“La chirurgia protesica in generale contribuisce in modo determinante alla longevità e alla qualità della vita delle persone anziane – afferma il dottor Zorzi -. Ai miei pazienti che si manifestano reticenti ad affrontare l’intervento, dico sempre: ‘Un tempo chi doveva togliersi o perdeva i denti doveva fare con quelli che restavano. Mangiava male, digeriva male e moriva prima. Grazie alle protesi odontoiatriche oggi questo succede in rari casi. Lo stesso vale per le protesi ortopediche’. Tenere vivo l’apparato locomotore, mantiene in forma il cuore, favorisce la circolazione, anche quella del cervello, e la vita di relazione. Si vive più a lungo e meglio”.

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