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Una percentuale di pazienti oncologici sviluppa patologie cardiache a causa delle cure anti-tumorali: come prevenire queste complicanze? Esperti nazionali di cardio-oncologia a confronto in un congresso al “Sacro Cuore Don Calabria”

Di cancro in Italia si muore meno. Trattamenti salvavita quali i farmaci anti-tumorali e la radioterapia, uniti alla chirurgia oncologica hanno fatto sì che in quindici anni (2001-2016) nel nostro Paese i decessi per neoplasia siano diminuiti del 17,6%. E che attualmente siano 3milioni e 400mila le persone che vivono dopo una diagnosi di tumoreRisultati assolutamente positivi, ma non senza un prezzo: a causa delle cure, una percentuale di pazienti può riportare delle tossicità a danno degli organi non colpiti dal tumore. Uno di questi è il cuore.

 

Proprio le complicanze cardiache dovute ai trattamenti oncologici saranno al centro del Congresso di cardio-oncologia che si terrà venerdì 25 e sabato 26 gennaio nella sala convegni dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona)Il meeting scientifico è organizzato dalla dottoressa Stefania Gori (nella photogallery) e dal professor Enrico Barbieri (nella photogallery), direttore rispettivamente dell’Oncologia Medica e della Cardiologia, e vedrà la presenza come relatori dei maggiori esperti italiani di cardio-oncologia, una disciplina nata recentemente per la gestione del paziente cardiologico in conseguenza di terapie oncologiche. (programma in allegato)

 

La dottoressa Gori, oltre ad essere presidente dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM), è dal 2011 coordinatore del progetto nazionale di cardio-oncologia di cui fa parte anche il professor Barbieri. Il progetto – che vede la collaborazione di AIOM e di altre otto società scientifiche tra cui ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri), AICO (Associazione Italiana di Cardio-Oncologia) e ICOS (International Cardioncology Society) – è finalizzato a trovare una strategia comune per la prevenzione e il trattamento delle patologie cardiache causate dalle cure oncologiche.

Il progetto pone una particolare attenzione anche alla cardiotossicità, per altro molto bassa, delle nuove terapie oncologiche come quelle a bersaglio molecolare e l’immunoterapia. E all’invecchiamento della popolazione italiana, con aumento di pazienti oncologici predisposti a patologie cardiache per età o per malattie, come il diabete o l’ipertensione, che sono di per sè fattori di rischio per il cuore.

 

“E’ fondamentale per gli oncologi non concentrarsi solo sul tumore da sconfiggere, ma considerare anche eventuali rischi cardiaci, prevenendoli e, quando si verificano, trattandoli adeguatamente in équipe con i cardiologi”, afferma la dottoressa Gori. A questo proposito l’ospedale di Negrar ha creato un ambulatorio di cardio-oncologia, dove ogni caso complesso viene discusso collegialmente dai cardiologi, dagli oncologi e dai medici radioterapisti. All’ambulatorio accedono i pazienti oncologici subito dopo la diagnosi e prima del trattamento per una verifica della condizione cardiovascolare e per controlli periodici durante le cure.

 

“Il riconoscimento precoce di una sofferenza cardiaca è ciò che ci permette di evitare danni più gravi valutando con gli oncologi un nuovo schema terapeutico o intervenendo con un supporto farmacologico – conclude il professor Barbieri – Non disponiamo di farmaci specifici per il paziente cardio-oncologico, ma utilizziamo i principi attivi che impieghiamo in cardiologia adattandoli a questo contesto, procedura la cui efficacia è stata dimostrata da studi internazionali”.

 

 

Ma quali potrebbero essere le complicanze cardiache dovute alle cure antitumorali? In relazione al tipo di farmaco indicato e alle dosi impiegate, il paziente potrebbe andare incontro a scompenso cardiaco, cardiopatie ischemiche (infarto o forme anginose), miocarditi, ipertensione arteriosa severa e ad anomalie del battito cardiaco (fibrillazione atriale fino alle aritmie maligne), trombosi a livello delle vene profonde, che possono portare all’embolia polmonare. Pericarditi, patologie ischemiche e valvolari, ‘effetti collaterali’ della radioterapia per il tumore della mammella o per i linfomi, sono diventate complicanze sempre più rare, grazie alle nuove tecnologie che consentono di irradiare con precisione il tessuto malato, risparmiando quello sano.