Coronavirus e gravidanza: cosa c'è da sapere

Molte signore in attesa di un bambino si rivolgono alla nostra Ginecologia ed Ostetricia manifestando i loro dubbi e i loro timori riguardo alle possibili conseguenze sulla gradivanza e sulla salute del futuro nascituro causate dall’infezione da nuovo Coronavirus. Facciamo il punto.

Nuovo Coronavirus e gravidanza. Molte mamme in attesa vivono l’epidemia in atto con molta ansia perché temono effetti negativi sul proseguimento della gravidanza e sulla salute del feto. Facciamo chiarezza con l’aiuto della dottoressa Mariella Musola, responsabile dell’Ostetricia, afferente all’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretta dal dottor Marcello Ceccaroni

SARS-CoV-2 e COVID-19: che differenza c’è?

Il “SARS-CoV-2” è un nuovo ceppo di coronavirus, segnalato la prima volta a dicembre 2019 a Wuhan, in Cina; non era precedentemente mai stato identificato nell’uomo. La “COVID-19” è la malattia respiratoria provocata dal questo nuovo virus, dove “CO” sta per corona, “VI” sta per virus, “D” sta per disease (malattia) e “19” è l’anno in cui si è manifestata.

Coronavirus e gravidanza: cosa fare?

Per le donne in gravidanza e i loro contatti valgono le comuni azioni di prevenzione primaria raccomandate per tutti dal Ministero della Salute e dalle istituzioni internazionali, che prevedono l’igiene frequente e accurata delle mani e l’attenzione a evitare il contatto con soggetti malati o sospetti.

Quali sono gli effetti del Coronavirus sulla gravidanza?

Non sono riportati dati scientifici definitivi sugli effetti di COVID-19 durante la gravidanza. Al momento non si hanno informazioni sulla possibile maggiore suscettibilità di una donna gravida alla patologia rispetto alla popolazione generale. Come per le altre malattie da Coronavirus analoghi (SARS e MERS), se complicate da febbre elevata, è verosimile l’associazione con un rischio maggiore di abortività e di difetti congeniti nel primo trimestre.

Il feto può prendere il virus dalla mamma, se positiva?

Attualmente non esistono evidenze a supporto di una trasmissione verticale del virus SARS-COV-2. Inoltre, il virus non è stato rilevato né nel liquido amniotico, né nel sangue neonatale prelevato da cordone.

Come è meglio partorire?

Allo stato attuale delle conoscenze, a meno che non sussistano specifiche indicazioni cliniche, materne o fetali, per l’espletamento di un Taglio Cesareo, per le donne con sospetta infezione da SARS-CoV-2 o affette da COVID-19 non sembra opportuno modificare la condotta ostetrica che orienta per un parto vaginale.

La mamma positiva può allattare?

Il virus responsabile della COVID-19 non è stato rilevato nel latte materno raccolto dopo la prima poppata (colostro) delle donne affette; sono stati invece rilevati anticorpi anti SARS-CoV, evidenziando quindi il potenziale protettivo del colostro, del latte materno e dell’allattamento. Date le informazioni scientifiche attualmente disponibili, si ritiene che, nel caso di donna con sospetta infezione da SARS-CoV-2 o affetta da COVID-19, se le condizioni cliniche lo consentono e nel rispetto del suo desiderio, l’allattamento debba essere avviato e/o mantenuto direttamente al seno o con latte materno spremuto.

Come proteggere il neonato se la madre è positiva?

Anche in questo caso, si raccomanda l’adozione delle procedure preventive come l’igiene delle mani e l’uso della mascherina durante la poppata, secondo le raccomandazioni del Ministero della Salute. Nel caso in cui madre e bambino/a debbano essere temporaneamente separati, si raccomanda di aiutare la madre a mantenere la produzione di latte attraverso la spremitura manuale o meccanica che dovrà essere effettuata seguendo le stesse indicazioni igieniche.

 


Coronavirus: Numero Verde della ULSS 9 per tutte le informazioni

L’Azienda ULSS 9 Scaligera ha attivato, a supporto del numero nazionale e di quello regionale già operativi, il numero verde 800 93 66 66 per i cittadini residenti nella provincia di Verona a cui è possibile rivolgersi per avere informazioni sull’epidemia da CoViD-19 in atto

Oltre al numero istituito dal Ministero della Salute (1500) e a quello predisposto dalla Regione Veneto (800 462 340), da oggi è attivo anche il numero verde  800 93 66 66 dell’ULSS 9 Scaligera riservato ai cittadini residenti nella provincia di Verona.

Gli operatori sono a disposizione per fornire informazioni sul nuovo coronavirus, indicazioni sui comportamenti da tenere e riferimenti utili ad affrontare eventuali dubbi. Il servizio, svolto dalla Centrale Operativa Territoriale dell’AULSS 9 in con il Servizio di Igiene Sanità Pubblica, è contattabile dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 17.00, il sabato e la domenica dalle ore 9.00 alle 15.00.


Rimandati gli appuntamenti per le future mamme e le neo mamme

ATTENZIONE! In ottemperanza alle disposizioni regionali per il contenimento del contagio da Codiv-19 sono procrastinati a data da destinarsi due importanti appuntamenti per le future mamme e le neo mamme  offerti dall’Ostetricia e dalla Pediatria.

In ottemperanza alle disposizioni regionali per il contenimento del contagio da nuovo Coronavirus l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria sospende anche gli incontri offerti alle mamme e alle future mamme dalla Pediatria e dall’Ostetricia

Sono rimandati a data da destinarsi

  • incontro di ogni primo giovedì del mese (per marzo era fissato giovedì 5 marzo) per il sostegno all’allattamento
  • incontro fissato l’11 marzo con l’anestesista per la partoanalgesia

Le nuove date saranno comunicate quanto prima su questo sito e sulla pagina Facebook


Coronavirus: il "Sacro Cuore Don Calabria" risponde alle vostre domande

Che cosa sappiamo oggi con certezza sul nuovo Coronavirus? E cosa invece è ancora nel campo delle ipotesi essendo un virus nuovo? Cosa accade quando una persona diventa “caso sospetto”? Le risposte in due video

Gli infettivologi Andrea Angheben, responsabile del reparto del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali, e Federico Gobbi, responsabile della Medicina dei Viaggi, rispondono in due video alle vostre domande sulla patologia da nuovo coronavirus. In particolare fanno chiarezza su quali sono le certezze e quali le ipotesi (primo video) e spiegano il percorso dei cosiddetti “casi sospetti” per questa patologia quando vengono presi in carico in ospedale (secondo video). Le informazioni contenute nei video sono aggiornate al 28 febbraio 2020 e potrebbero in parte variare con il mutare dello scenario epidemiologico


29 febbraio, un giorno raro dedicato alle malattie rare

Anche l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria aderisce alla Giornata Mondiale delle Malattie Rare: il Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali, infatti, si occupa della ricerca e della terapia di alcune patologie infettive rare, come la lebbra, la malattia di Lyme e quella di Whipple

Da tredici anni, il 29 febbraio è dedicato in tutto il mondo alla Giornata delle malattie rare (clicca qui), quelle patologie definite tali perché colpiscono poche o pochissime persone: meno di 5 ogni 10mila soggetti. Tuttavia sono circa 300 milioni le persone in tutto il mondo affette da una delle 7mila malattie rare conosciute. La Giornata è promossa dalla Federazione europea della associazioni – Eurordis-Rare Diseases Europe – e ha come tema “L’equità per i malati e le loro famiglie”, al fine di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica e delle istituzioni sulla disparità di accesso alla diagnosi, alle cure e alle opportunità sociali che i pazienti con malattia rara subiscono in tutto il mondo.

L’IRCCS SACRO CUORE E LE MALATTIE RARE

Anche l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria celebra questo “giorno raro per malati rari”, in quanto il Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia, diretto dal professor Zeno Bisoffi, è impegnato nella ricerca e nella cura di tre malattie infettive rare: il morbo di Hansen, la malattie di Lyme e quella di Whipple. (clicca qui). Per queste patologie è attivo un ambulatorio, di cui è responsabile la dottoressa Anna Beltrame, presidio regionale di riferimento abilitato alla certificazione della patologia (cioè può rilasciare esenzione di malattia infettiva rara) e quindi all’apertura del dossier clinico

MORBO DI HANSEN O LEBBRA

Il morbo di Hansen – o più conosciuto come lebbra – è causato dal bacillo Mycobacterium leprae che si accumula nei nervi periferici, nella cute e nelle mucose del tratto respiratorio superiore.  La prevalenza si è ridotta da più di 5 milioni di casi negli anni ’80 a circa 200mila casi nel 2016 – soprattutto in India, Brasile ed Indonesia – a seguito della disponibilità del trattamento antibiotico di combinazione distribuito gratuitamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Attualmente in Europa vengono riportati meno di 20 casi all’anno e la malattia in Italia è praticamente scomparsa. Al “Sacro Cuore Don Calabria” accedono soprattutto pazienti colpiti dal morbo di Hansen dopo anni di permanenza in zone endemiche come missionari o lavoratori.
“I sintomi non sono sempre facili da riconoscere, proprio perché è una malattia rara. Possono essere macchie sulla pelle, noduli, papule e problemi ai nervi periferici. A volte si può scambiarli per quelli di altre patologie, ad esempio sciatalgia o tunnel carpale. Per questo al minimo sospetto è importante inviare il paziente a un centro specializzato“, afferma la dottoressa Beltrame. La diagnosi è quindi clinica e viene confermata mediante biopsia della parte colpita. “La lebbra è una malattia oggi perfettamente curabile attraverso una terapia antibiotica che dura circa un anno, da somministrare in regime ambulatoriale. Fondamentale è la diagnosi precoce – sottolinea l’infettivologa -: se avviene per tempo la guarigione è completa. In caso di mancata diagnosi, invece, la patologia si cronicizza e porta alla menomazione dei nervi periferici, causando paralisi e disabilità.

MALATTIA DI LYME O BORELLOSI

La malattia di Lyme è causata dal morso di zecca infettata da batterio Borrelia burgdorferi. Infatti questa patologia è chiamata anche Borreliosi, ed è diffusa nel nord-est dell’Italia (Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto). “L’incidenza a livello europeo è di 22.4/100000 persone anno – prosegue la dottoressa Beltrame -. In Italia la malattia è probabilmente sottostimata in quanto la stima dell’incidenza è di circa 0.001 /100000 persone anno. Infatti in Veneto sono stati notificati 470 casi negli ultimi 5 anni, 129 dei quali dal nostro Centro: 13 nel 2016, 19 nel 2017, 52 nel 2018 e 43 nel 2019
Nella maggior parte dei casi può essere trattata con successo attraverso la somministrazione di antibiotici per due settimane. Tuttavia se non viene riconosciuta e curata in rari casi la malattia può arrivare a colpire il cuore, le articolazioni e il sistema nervoso nei mesi e negli anni successivi.

MALATTIA DI WHIPPLE

La malattia di Whipple è una rara malattia sistemica cioè colpisce molti distretti del corpo (cuore, polmoni, cervello, cavità sierose, articolazioni, occhi, tratto gastrointestinale…) in particolare la mucosa dell’intestino tenue La patologia ha un’incidenza del…, soprattutto uomini di etnia caucasica tra i 30 e i 60 anni. I sintomi principali sono artrite, dimagrimento, dolore addominale e diarrea. La diagnosi solitamente viene formulata mediante biopsia dell’intestino tenue. La terapia, basata su antibiotici, è risolutiva, ma se non trattata la malattia è progressiva e può portare a decesso. “Il nostro centro ha messo appunto una diagnostica non invasiva che utilizza la biologia molecolare per identificare la malattia precocemente. Uno studio è attualmente in corso per valutare la sua utilità nella pratica clinica”, conclude la dottoressa Beltrame


Riproduzioni 3D in scala reale per la pianificazione degli interventi complessi

Chirurgia sicura e di altissima precisione. Al “Sacro Cuore Don Calabria” i primi Interventi di ortopedia pianificati con modelli tridimensionali in scala reale dei distretti anatomici del paziente danneggiati dalla patologia. Quello di Negrar è uno dei pochi ospedali in Italia ad essere dotato stampante 3D

Come Centro di riferimento regionale per la revisione di protesi di ginocchio ed anca, l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar compie un ulteriore avanzamento tecnologico utilizzando per la pianificazione degli interventi complessi di ortopedia un sistema di stampa 3D. Sistema che consente una chirurgia personalizzata in base alla patologia del paziente, veloce, di massima precisione e sicurezza, quindi con minori rischi di complicanze operatorie.

Non solo ortopedia, ma anche interventi di urologia oncologica

Attualmente il “Sacro Cuore Don Calabria” è uno dei pochi ospedali in Italia a dotarsi di stampante 3D. Questo rientra in un progetto più ampio che investe non solo l’Ortopedia e la Traumatologia, diretta dal dottor Claudio Zorzi, ma coinvolgerà progressivamente altre Unità Operative mediche e chirurgiche. Ad iniziare dall’Urologia, diretta dal dottor Stefano Cavalleri, che nelle prossime settimane si approccerà alla pianificazione 3D degli interventi di asportazione di tumori renali di piccole dimensioni.

Dalle immagini biodimensionali della diagnostica al modello 3D in scala reale del distretto da operate

Grazie alla tecnologia HA3D™ di Medics – start-up innovativa del Politecnico di Torino – le immagini fornite da TC, Angio-TC e RM si traducono in un modello 3D in scala reale, dove sono distinte le varie parti anatomiche – anche quelle di cui il chirurgo avrebbe piena visione solo in sede operatoria – e, per quanto riguarda gli interventi di ortopedia, la precisa entità del danno patologico dell’osso su cui dovrà procedere. Il modello tridimensionale può essere studiato dal chirurgo virtualmente e fisicamente, tramite la procedura di stampa, ottenibile in alcune ore.

Grazie al modellino, le mani del chirurgo sanno già cosa sentiranno in sede operatoria

La stampa 3D consente al medico non solo una più precisa pianificazione pre-operatoria con la scelta dei device protesici più adatti, ma anche di aumentare la sensibilità e la percezione tattile: prima di intervenire le mani del chirurgo “conoscono” già cosa sentiranno in sede operatoria.

Un grande vantaggio anche per la comunicazione medico-paziente

Infine, la disponibilità di un modellino tridimensionale rafforza la comunicazione medico-paziente: la riproduzione reale e comprensibile, anche a chi non dispone di conoscenze mediche, delle condizioni pre-operatorie, completa l’informativa sull’intervento, aumentando la compliance del paziente.
Il progetto 3D ha coinvolto direttamente insieme all’Ortopedia e Traumatologia, anche la Farmacia Ospedaliera, diretta dalla dottoressa Teresa Zuppini, che governa l’intero processo di produzione dei modelli e nei cui spazi è collocata la stampante.

Nel 2019 l’Ortopedia e Traumatologia di Negrar ha effettuato 750 protesi del ginocchio di cui 120 bilaterali, 531 le protesi dell’anca. Le revisioni sono state 134 in totale tra anca e ginocchio.

Il sistema 3D in ospedale: un progetto multidisciplinare

Dr. Claudio Zorzi, direttore dell’Ortopedia e Traumatologia

“L’acquisizione di questo sistema 3D ha origine da un’esigenza sentita da sempre dai chirurghi: colmare il gap tra la bidimensionalità fornita dalla diagnostica per immagini e la condizione reale che incontriamo in sede di intervento”, spiega il dottor Claudio Zorzi, direttore dell’Ortopedia e Traumatologia. “Un’esigenza – prosegue – colmata finora grazie alle nostre conoscenze anatomiche e all’esperienza sul campo. Tuttavia, questo divario resta e, talvolta, può essere causa di interventi non del tutto efficaci e di importanti complicanze operatorie. La possibilità di disporre di un modellino tridimensionale ci consente di abbattere questo divario”.

Dr. Antonio Campacci, responsabile della Chirurgia dell’anca

“La revisione di protesi delle articolazioni maggiori (ginocchio, anca, caviglia e spalla) consiste in un intervento di sostituzione dell’impianto protesico primario. Le indicazioni chirurgiche che portano alla revisione possono essere molteplici, ma sono riconducibili principalmente alla perdita di osso causata dalla mobilizzazione della protesi stessa che ‘scollandosi’ dalla propria sede erode la sostanza ossea”, spiega il dottor Antonio Campacci, responsabile dell’Unità semplice di Chirurgia dell’anca. “A causa di questa perdita d’osso (definita dagli ortopedici ‘bone loss’) l’inserimento di un nuovo impianto è sempre un intervento complesso. Con la tecnologia HA3D di Medics abbiamo tutte le indicazioni necessarie per procedere con sicurezza, anche per quanto riguarda l’anatomia vascolare, molto spesso resa esposta proprio per la perdita di osso”.
Il modellino tridimensionale – che, una volta, sterilizzato può essere portato anche in sala operatoria – è un supporto eccezionale per il chirurgo. “L’opportunità di ‘toccare’ la parte anatomica da trattare nel corso della pianificazione chirurgica educa la sensibilità e la percezione tattile dell’operatore, inoltre dà l’opportunità di simulare più volte l’intervento. Questo significa innanzitutto semplificazione della procedura chirurgica, quindi riduzione dei tempi e di conseguenza dei rischi di complicazioni intra e post operatorie. Inoltre, consente la scelta delle protesi e dei device più adeguati, scelta determinante per la riuscita dell’intervento”, conclude il dottor Campacci.

Dr. Stefano Cavalleri, direttore dell’Urologia

“A breve applicheremo questo sistema anche per la chirurgia oncologica del rene – spiega il dottor Stefano Cavalleri, direttore dell’Urologia -. Per i tumori di piccole dimensioni è indicata l’enucleazione, cioè l’asportazione della sola neoplasia. Il rischio in questi interventi è quello di andare a chiudere vasi (vascolari o urinari) che sono fondamentali per il funzionamento del rene. Con il modello 3D abbiamo invece una visione completa e dettagliata delle varie componenti della parte anatomica in cui andiamo ad agire”.

Dr.ssa Teresa Zuppini, direttore della Farmacia Ospedaliera

“Il ruolo della Farmacia è quello di governare l’intero processo di realizzazione dei modelli 3D e di verificare l’appropriatezza della richiesta di stampa – spiega il direttore, dottoressa Teresa Zuppini -. Il medico trasferisce sulla piattaforma MyMedics, nel pieno rispetto della privacy del paziente, le immagini TC, Angio-TC e RM. La segmentazione di queste (elemento anatomico per elemento anatomico) porta alla creazione di un modello 3D virtuale e navigabile. Se il modello viene approvato dal medico e se la richiesta di stampa è appropriata, la Farmacia allestisce la stampante che viene azionata da remoto dalla Medics. Quando il modello in polimero bioplastico è concluso viene privato dai supporti di stampa e immerso in acqua corrente per la pulizia. Se il chirurgo desidera avvalersi del modellino in sala operatoria, si procede alla sterilizzazione”.

Nella foto da sinistra: la dottoressa Teresa Zuppini e i dottori Stefano Cavalleri e Antonio Campacci


Quel fastidioso dolore alla radice del pollice causato dalla rizoartrosi

L’artrosi che colpisce l’articolazione del pollice può diventare assai “invalidante”, rendendo difficoltose anche le più normali attività quotidiane. L’ortopedico Michele Pavoni spiega quali sono i sintomi e le terapie più indicate, chirurgiche e non, per affrontare questa patologia.

Si chiama rizoartrosi, dal greco ‘riza’ che significa radice. Infatti è un’artrosi che si sviluppa alla radice del pollice, coinvolgendo l’articolazione trapezio-metacarpale. “Si manifesta con dolore e difficoltà a svolgere semplici gesti quotidiani come aprire un barattolo, la portiera dell’auto o girare una chiave. Nei casi più avanzati, quando l’usura meccanica della cartilagine comporta un conflitto anatomico tra metacarpo e trapezio, la patologia può diventare veramente invalidante”, spiega il dottor Michele Pavoni, ortopedico specialista della chirurgia della mano e dell’avambraccio presso l’Ortopedia e la Traumatologia, diretta dal dottor Claudio Zorzi (vedi foto in fondo).

Dottor Pavoni, quali sono i soggetti più a rischio di sviluppare questa patologia?

La rizoatrosi ha un’incidenza maggiore nella popolazione femminile, soprattutto nella fascia di età post-menopausale, in particolare se è presente l’osteoporosi. Ma di fatto non è un evento raro nemmeno tra i pazienti giovani, soprattutto lavoratori manuali o pazienti con lassità legamentosa. Anche se nelle persone dopo i 60 anni tutte le radiografie evidenziano una struttura più severa a carico di questa articolazione.

Perché l’articolazione del pollice è più soggetta ad artrosi rispetto alle altre della mano?

L’articolazione trapezio-metacarpale subisce dal punto di vista meccanico una sollecitazione più severa rispetto alle altre, proprio per la sua funzione di opponibilità. La sua conformazione a ‘sella’ è unica nel nostro corpo ed è strutturata in modo tale per cui ogni chilo di pressione esercitata sul polpastrello del pollice corrisponde a 13 chili sull’articolazione trapezio-metacarpale.

Si sviluppa principalmente nella mano dominante?

Nella grande maggioranza dei casi il problema si manifesta prima nella mano dominante, ma non è una regola assoluta. Ho trattato situazioni in cui l’usura della cartilagine era più accentuata nella mano controlaterale. Inoltre non sempre esiste una correlazione tra il grado di degenerazione e il grado di dolore. In altre parole la radiografia può mostrare una degenerazione veramente severa, ma il paziente lamenta un dolore accettabile. Viceversa, ci sono situazioni in cui lo stadio di usura non è elevato ma la sintomatologia è invalidante.

Può manifestarsi in entrambe le mani?

E’ quasi sempre bilaterale e questo è dovuto al fatto che alcuni morfotipi costituzionali sono più soggetti a sviluppare la patologia rispetto ad altri.

Una volta diagnosticata quali sono le terapie?

L’approccio è conforme al grado di usura della cartilagine. Negli stadi precoci, sono indicate le terapie fisiche, in particolare le diverse forme di elettroterapia antalgica come Tecar, laserterapia e ultrasuoni. Inoltre è indicato l’utilizzo di un tutore specifico che ha come obiettivo quello di ridurre al massimo la frizione articolare. Sempre nell’ambito delle cure conservative possiamo avvalerci di terapie infiltrative.

In cosa consistono?

Si tratta di una o più iniezioni di un farmaco a livello dell’articolazione. Inizialmente, in fase preliminare, può essere impiegato l’acido ialuronico, ma poi si può procedere con il gel piastrinico (PRP) o con il lipogems, una procedura di nuova generazione estremamente promettente che si serve delle cellule mesenchimali contenute nel tessuto adiposo al fine di ridurre l’infiammazione e rallentare il processo degenerativo dell’articolazione. Sono terapie efficaci, ma con un limite. Mentre per le grandi articolazioni, come il ginocchio o l’anca, si ha un volume articolare tale da poter iniettare una quantità di farmaco adeguata al difetto della cartilagine, per quanto riguarda l’articolazione trapezio-metacarpica, soprattutto nelle fasi di artrosi più avanzate, il volume articolare è talora virtuale.

Quando si ricorre alla chirurgia?

Nel momento in cui le terapie conservative non siano più efficaci e la situazione diventi veramente invalidante sia dal punto di vista sintomatico sia per quanto riguarda l’uso dell’articolazione.

Quali sono gli approcci chirurgici?

La soluzione chirurgica descritta per prima, ma che in casi selezionati è ancora attuale, è l’artrodesi. Cioè la “fusione” dell’articolazione in modo tale che il trapezio e il metacarpo diventino un unico segmento. E’ una procedura indicata negli stadi di usura abbastanza precoci e in particolare nei lavoratori manuali. La tecnica chirurgica prevede che le estremità del metacarpo e del trapezio vengano regolarizzate, in modo da potersi accoppiare anatomicamente e in una posizione funzionale. L’accoppiamento così ottenuto va quindi stabilizzato con mezzi di sintesi – fili, cambre, viti – per consentire la ‘fusione’ delle ossa. Questa procedura ha però un limite: andando a sacrificare la mobilità dell’articolazione trapezio-carpale, il dolore scompare, ma vengono sovraccaricate le articolazioni adiacenti. Quindi nel tempo può essere necessario un nuovo intervento. Tutte le altre soluzioni chirurgiche prevedono invece l’eliminazione dell’interfaccia trapezio-metacarpale. Nel nostro ospedale oltre all’artrodesi effettuiamo l’artroplastica in sospensione o la sostituzione protesica dell’articolazione.

Artoplastica

L’intervento consiste nella rimozione parziale o totale del trapezio e attraverso una plastica tendinea si garantisce stabilità al metacarpo. Mentre l’impianto di protesi prevede invece la sostituzione dell’articolazione, come avviene per esempio per il ginocchio, l’anca e la spalla. Sono comunque tutte tecniche chirurgiche mininvasive e gli interventi vengono tutti effettuati in anestesia generale o in anestesia del plesso, in pratica viene ‘addormentato’ il braccio. Dal punto di vista estetico normalmente si ottiene un buon risultato.

E’ necessaria la riabilitazione?

Al fine di un buon recupero funzionale, la fisioterapia post operatoria riveste un ruolo molto importante e deve essere fatta.


I sonographer: tre nuove figure per il Laboratorio "europeo" di Ecocardiologia

Il Laboratorio di Ecocardiografia, a cui è stato rinnovato l’accreditamento europeo, si arricchisce di tre nuove figure, poco conosciute in Italia: sono i sonographer, tecnici sanitari dedicati all’esame ecocardiografico. Eseguono autonomamente l’indagine diagnostica, il cui referto spetta sempre al medico

Si chiamano sonographer e sono tecnici sanitari dedicati all’esame ecocardiografico, professionisti ormai presenti da anni nel sistema sanitario di molti Paesi europei, ma emergenti in Italia. L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria è il primo ospedale nella provincia di Verona a servirsi di queste figure presso il Laboratorio di Ecocardiografia afferente alla Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon, con ricadute positive sulle liste di attesa per una prestazione molto richiesta. I tre sonographer sono un ulteriore elemento di eccellenza per un Laboratorio che recentemente ha ricevuto il rinnovo dell’accreditamento da parte della Società Europea di Imaging Cardiovascolare già ottenuto nel 2014.

“L’ecocardio è un esame ecocardiografico di primo livello per la diagnosi di molte delle patologie del cuore – spiega la dottoressa Laura Lanzoni, responsabile del Laboratorio -. I sonographer lo eseguono autonomamente secondo una sequenza stabilita e standardizzata da linee guida internazionali. Spetta comunque sempre al medico, disponibile in ogni momento dell’esame, la stesura del referto dopo aver effettuato una sorta di ‘controllo di qualità’ dell’esame eseguito o dopo averlo integrato se necessario”.

Per diventare sonographer è necessario frequentare un corso di laurea e successivamente un master universitario in tecniche ecocardiografiche di primo livello, al quale possono accedere tecnici perfusionisti e di radiologia o laureati in scienze infermieristiche. “Con l’introduzione di tre sonographer abbiamo praticamente azzerato le liste di attesa per i pazienti ricoverati che possono così accedere all’esame in tempi brevissimi durante il ricovero nel momento in cui viene richiesto dal medico e abbiamo ridotto quelle per i pazienti esterni – sottolinea la dottoressa-. Inoltre, cosa molto importante, il cardiologo, sgravato dall’incombenza delle numerose ecocardiografie, può dedicarsi a esami di secondo livello come l’ecostress o gli eco transesofagei”.

Per i sonographer sono disponibili corsi tecnico-pratici organizzati sia dalla Società Italiana di Ecocardiografia sia dall’European Association of Cardiovascular Imaging (EACVI), la stessa Società scientifica che ha rinnovato l’accreditamento europeo al Laboratorio di Ecocardiografia di Negrar. “Siamo molto orgogliosi di questa riconferma che è un’ulteriore garanzia di sicurezza per il paziente che afferisce al nostro Laboratorio – sottolinea la dottoressa Lanzoni –. Il rinnovo è il risultato soprattutto dell’accreditamento individuale di molti degli otto medici che lavorano presso il Laboratorio, quindi di un percorso articolato e impegnativo dal punto di vista dei singoli cardiologi. Un percorso che per il medico richiede molto studio e il superamento di un esame composto da uno scritto e due prove tecnico-pratiche, mentre per il Laboratorio entrano in campo anche requisiti strutturali e di dotazioni tecnologiche. Nel 2014, quando abbiamo ottenuto la certificazione, erano solo 5 i centri in Italia ad avvalersene, oggi sono 9”.

Nella foto da sinistra: dottoressa Clementina Dugo, dottor Luca Ghiselli, dottoressa Laura Lanzoni (responsabile del Laboratorio di Ecocardiografia), dottor Andrea Chiampan, dottor Stefano Bonapace, Michele Urban (sonographer), Sara Bulgari (sonographer), dottor Giulio Molon (direttore della Cardiologia), dottoressa Elena Giulia Milano e Nicoletta Andreassi Dal Ben (sonographer)


Il Papa: "Il sostantivo 'persona' viene sempre prima dell'aggettivo 'malata'"

Si rivolge così Papa Francesco agli operatori sanitari nel Messaggio per la Giornata Mondiale dell’ammalato che si celebra in tutto il mondo domani 11 febbraio. Un appuntamento che sarà celebrato anche dalla Cittadella della Carità con una Messa presso la Cappella dell’Ospedale Don Calabria

Domani, 11 febbraio, si celebra in tutto il mondo la XXVIII Giornata mondiale del malato. E’ stata istituita nel 1992 da San Giovanni Paolo II che ha scelto come data la memoria liturgica della Madonna di Lourdes. L’11 febbraio del 1958, infatti, è il giorno in cui la Vergine apparve per la prima volta a Bernadette Soubirous nella cittadina ai piedi dei Pirenei, meta ogni anno di milioni di pellegrini, tra cui moltissimi ammalati.

Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata si rivolge agli ammalati (“Gesù guarda l’umanità ferita. Egli ha occhi che vedono, che si accorgono, perché guardano in profondità, non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza”) e agli operatori sanitari. A quest’ultimi dice: “Nell’esperienza del limite e del possibile fallimento anche della scienza medica di fronte a casi clinici sempre più problematici e a diagnosi infauste, siete chiamati ad aprirvi alla dimensione trascendente, che può offrirvi il senso pieno della vostra professione. Ricordiamo che la vita è sacra e appartiene a Dio, pertanto è inviolabile e indisponibile”. Alleghiamo il messaggio completo

Anche la Cittadella della Carità celebra questa giornata con una Messa che si terrà nella Cappella dell’Ospedale Don Calabria alle 16, presieduta da don Luca Masin, parroco di Negrar. L’iniziativa è promossa dal Consiglio Pastorale Ospedaliero, dal Gruppo di volontariato Fr. Francesco Perez-Ospedale di Negrar, dal gruppo Unitalsi e la Caritas parrocchiale.

Messaggio di Papa Francesco

Coronavirus: tra scienza e fake news

L’epidemia di nuovo coronavirus (2019-nCoV) ha scatenato (non solo sui social) “una grave infezione” di false notizie., che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito ‘Infodemia”. Nell’articolo alcune tra le più frequenti domande riguardo alla nuova infezione virale proveniente dalla Cina

In questo momento siamo di fronte a una pandemia di infezione da nuovo Coronavirus?

Attualmente non è in atto una pandemia propriamente detta, in quanto questa implica la diffusione rapida di un virus in varie aree geografiche del mondo. Siamo di fronte ad un’epidemia con un focolaio epidemico nella città cinese di Wuhan, con alcuni focolai endemici in altre parti della Cina e la presenza di casi sporadici nel resto del mondo, quasi tutti d’importazione.

Quali differenze ci sono rispetto all’epidemia di SARS e di MERS?

Questa epidemia è simile a quelle precedenti – quella della SARS nel 2002 e della MERS a partire dal 2012 – in quanto ha come protagonista un coronavirus, che ha avuto come fonte un animale ed è passata all’essere umano, e quindi ha assunto le caratteristiche di un’infezione che si diffonde tramite goccioline emesse con tosse o starnuti da una persona malata. Si differenzia dall’epidemia provocata dalla SARS e della MERS (partita dall’Arabia Saudita), per il minore tasso di mortalità. Il 2019-nCoV (o nuovo coronavirus) ha un tasso di decessi del 3%, contro il 10% della SARS e il 30% della MERS. Tuttavia, rispetto a queste ultime, pur non avendo un’alta mortalità, la nuova infezione è una malattia che comporta un grosso impegno del sistema sanitario, nel senso che il 25-30% delle persone contagiate si aggravano al punto tale da richiedere il ricovero e, in molti casi, le cure intensive. Pertanto la preoccupazione nasce dal fatto che ogni Paese deve essere pronto, nell’ipotesi in cui si sviluppasse localmente un’epidemia, ad accogliere in ospedale un alto numero di pazienti.

Il virus è trasmissibile da persone asintomatiche?

E’ stato dimostrato in letteratura che la malattia può essere trasmessa anche da soggetti pochi giorni prima di sviluppare i sintomi. Tuttavia dalla curva epidemica si deduce che le persone asintomatiche hanno un ruolo marginale rispetto alle persone con sintomi nella diffusione del contagio. Un dato confortante, altrimenti dovrebbero essere isolati anche coloro che non manifestano problemi di salute e ciò sarebbe difficile da attuare.

Chi sono i soggetti più a rischio? È vero che nei bambini sotto i 15 anni il virus risulta meno pericoloso e violento?

Per quanto riguarda i bambini e i ragazzi, non possiamo ancora dire con certezza se hanno un rischio meno elevato di contrarre l’infezione. Quello che possiamo dire, in base al basso numero di ricoveri pediatrici, è che i bambini non sviluppano gravi complicanze respiratorie. Forse acquisiscono il virus, ma manifestano la malattia in maniera più lieve. Tra gli adulti i soggetti più a rischio non tanto di contrarre il virus, ma di sviluppare complicanze anche gravi a livello respiratorio, sono, come succede per l’influenza, le persone sopra i 65 anni di età e i malati affetti da patologie croniche, oncologiche e in stato di immunodeficienza.

Non si trovano più mascherine nelle farmacie. Ma è un dispositivo utile in questo momento?

La mascherina è sempre utile per prevenire il contagio se ad indossarla è il malato. Una regola che vale per tutte le patologie a trasmissione respiratoria. La presenza delle mascherine nelle sale di attesa dei Pronto Soccorso e l’invito ad indossarle se si ha febbre, tosse o raffreddore non è dovuta alla cosiddetta emergenza coronavirus, ma a una normale misura di prevenzione che dovremmo attuare tutti soprattutto nella stagione influenzale.

I prodotti made in China possono trasmettere il virus?

No, gli oggetti realizzati in Cina non presentano nessun rischio di trasmissione

E’ pericoloso frequentare bar, ristorati e negozi gestiti da cinesi? Il cibo cinese può essere un veicolo di contagio?

Le evidenze scientifiche attuali dimostrano che il virus non si trasmette per via alimentare. Inoltre in Europa è vietata l’importazione di animali vivi o di carne cruda dalla Cina. In Italia i casi di infezione sono d’importazione. Pertanto se un cinese non è stato nelle zone a rischio è contagioso quanto un italiano. Qualsiasi forma di discriminazione nei confronti della comunità cinese o asiatica oltre ad essere immotivata, è una grave forma di inciviltà.