Se anche il cuore si ammala di diabete

Il diabete è un rilevante fattore di rischio di malattie coronariche e cerebrovascolari, ma purtroppo ancora sottovalutato. L’importanza di alcuni farmaci e soprattutto dello stile di vita

La correlazione tra diabete e malattia cardiovascolare è nota, ma forse non ancora sufficientemente considerata. Alcuni studi già negli anni Novanta attestavano che il diabete aumenta di due-quattro volte il rischio di malattia coronarica e cerebrovascolare.

Tuttavia già da alcuni anni sono in commercio una nuova classe di farmaci(GLP 1 Antagonista e SGLT 2 Inibitore) che oltre ad essere efficace nel mantenere sotto controllo la glicemia, ha una funzione di protezione cardiovascolare. Rimane tuttavia fondamentale lo stile di vita, che significa niente fumo, una dieta equilibrata (che tenga conto della presenza del diabete) e attività fisica costante.

Nel video l’intervista del TGR Veneto al professor Enrico Barbieri, direttore della Cardiologia, e al dottor Luciano Zenari, responsabile del Servizio di Diabetologia, spiegano l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce del diabete.

Il professor Barbieri e il dottor Zenari hanno aderito alla campagna di “Al cuore del diabete”, che ha come obiettivo la sensibilizzazione su diabete e rischio cardiovascolare. L’iniziativa – che vanta il patrocinio della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) – ha fatto tappa lunedì 21 ottobre in piazza Bra, nel cuore di Verona .


L'Opera Don Calabria celebra la festa delle missioni

Sono quasi 20mila i bambini e ragazzi aiutati ogni anno in dieci Paesi del mondo dall’associazione Don Calabria Missioni Sostegno Sanità Onlus che domenica 20 ottobre promuove la tradizionale festa missionaria calabriana

“Tutto il mondo è campo di Dio e c’è posto per tutti per fare del bene”. Prende spunto da questa frase di san Giovanni Calabria la Festa delle Missioni dell’Opera calabriana che si svolge domenica 20 ottobre presso la Casa Madre di San Zeno in Monte (Verona) in concomitanza con la giornata mondiale missionaria della Chiesa cattolica. L’evento è organizzato da “Don Calabria Missioni Sostegno Sanità Onlus“, associazione che vede tra i propri sostenitori anche l’IRCCS ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, in particolare per quanto riguarda i progetti di aiuto sanitario alle popolazioni più povere.

 

Al mattino, con inizio alle ore 10, ci saranno le testimonianze di alcuni missionari provenienti dalle realtà dell’India e del Kenya, Paesi ai quali è dedicata quest’anno la festa. Nel pomeriggio ci sarà invece uno spettacolo nel quale si alterneranno danze tipiche e la proiezione di video con canzoni realizzate da bambini e ragazzi delle attività calabriane in terra di missione.

Don Calabria Missioni supporta le attività missionarie dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza in dieci Paesi del mondo (oltre a Kenya e India ci sono Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Filippine, Angola, Romania e Portogallo). In particolare l’associazione nel 2018 ha sostenuto 98 progetti di aiuto in campo sociale, educativo e sanitario a favore di quasi 20mila bambini e delle loro famiglie. La metà di questi progetti sono portati avanti grazie al sostegno a distanza garantito da tanti benefattori e amici dell’Opera calabriana.


Cataratta: ecco cosa sapere sull'intervento

Il dottor Guido Prigione ci spiega come avviene l’intervento di cataratta, che negli ultimi anni ha visto un’evoluzione soprattutto per quanto riguarda le lenti sostitutive del cristallino. Ma a fare la differenza è sempre l’abilità del chirurgo

I primi sintomi, per chi ha sempre visto bene, insorgono tra i 70 e gli 80 anni, per i miopi elevati già verso i 50-60 anni. La cataratta “si presenta” con un calo lento e progressivo della vista (“questi occhiali non vanno più bene”) e con difficoltà di visione notturna: un esempio è l’effetto abbagliante provocato dai fari delle automobili. Se i sintomi sono questi è il caso di rivolgersi all’oculista, perché, forse, la cataratta è ‘matura’.

 

 

“Il temine ‘matura’ si usava alcuni anni fa e indicava il momento ideale in cui intervenire in modo tale da poter facilmente estrarre per intero il cristallino. Le tecniche che usiamo oggi frammentano il cristallino con gli ultrasuoni, di conseguenza attendere che la cataratta assuma la consistenza di un sassolino non è più necessario anzi sottoporrebbe l’occhio a un maggiore insulto infiammatorio con rischi di complicanze evitabili semplicemente intervenendo prima”, spiega il dottor Guido Prigione (nella foto di copertina), chirurgo oftalmologo dell’Oculistica, diretta dalla dottoressa Grazie Pertile, che ogni anno effettua circa 2.500 interventi di cataratta in regime di convenzione col sistema sanitario nazionale.

 

 

Dottor Prigione, cos’è la cataratta?

Si parla di cataratta in presenza di opacità del cristallino, cioè di quella lente, a forma di lenticchia, che si trova all’interno dell’occhio, dietro l’iride, tenuta in posizione da una serie di legamenti sospensori. Con il passare degli anni il cristallino si opacizza, comportando in genere una riduzione dell’acuità visiva (è come se la luce passasse attraverso una finestra sporca), che porta la persona a perdere lentamente la vista. In genere i soggetti miopi riferiscono un peggioramento del loro difetto visivo, mentre gli ipermetropi tendono a vedere meglio senza occhiali.

 

 

In cosa consiste l’intervento?

L’intervento comporta la sostituzione del cristallino che viene estratto attraverso un’apertura rotonda del lato anteriore del sacco che lo contiene, definita capsuloressi. Il facoemulsificatore, uno strumento ad altissima tecnologia che emette ultrasuoni, consente di frantumare e contemporaneamente aspirare il cristallino per lasciare posto alla nuova lente, che verrà quindi iniettata all’interno del sacco originale utilizzato come impalcatura.

 

 

Riguardo alle lenti sostitutive negli ultimi anni si è avuto un notevole progresso tecnologico.

Oggi possiamo impiantare sia le classiche lenti monofocali che le cosiddette IOL (Intraocular Lens) ad alta tecnologia. Si tratta di una serie di cristallini artificiali in grado di corregge potenzialmente tutti i difetti visivi della persona, quindi la miopia, l’ipermetropia, la presbiopia e l’astigmatismo: di fatto, con queste lenti, possiamo rendere la persona indipendente dall’uso di occhiali. Attualmente gli interventi eseguiti in convenzione col Servizio Sanitario Nazionale prevedono solo l’intervento con lenti monofocali, mentre per le lentine Premium ad alta tecnologia è necessario richiedere un intervento in libera professione che nel nostro ospedale viene eseguito in regime di intramoenia dagli stessi chirurghi.

 

 

Le IOL ad alta tecnologia sono indicate per tutti?

No. Per stabilire l’indicazione all’impianto è necessario sottoporre il paziente ad una serie di esami supplementari rispetto a quelli previsti per l’intervento classico, fondamentali anche per la scelta della lente più adatta.

 

 

L’intervento viene eseguito con quale sedazione e richiede ricovero?

Tutti gli interventi di cataratta, indipendentemente dal tipo di lentina da impiantare, sono eseguiti con anestesia topica, con l’utilizzo cioè di semplici colliri anestetici. L’anestesia locale, un’ iniezione di anestetico eseguita vicino al bulbo oculare (simile a quella che viene praticata dal dentista), viene utilizzata solo in rari casi o perché si teme una scarsa capacità di fissazione del paziente oppure se le caratteristiche dell’occhio ci fanno temere la possibilità di incorrere in complicanze in sede di intervento. L’anestesia generale viene proposta ai pazienti claustrofobici che non riescono a sopportare la presenza del telino operatorio davanti al viso. L’intervento viene effettuato in regime ambulatoriale, pertanto il paziente si trattiene in ospedale per la sola durata dell’operazione.

 

 

Sfatiamo alcune false convinzioni. La prima: l’intervento di cataratta è privo di rischi

Non è vero. Come in ogni intervento chirurgico si corre il rischio di contrarre un’infezione. Essendo una chirurgia intraoculare i casi più gravi posso subire un gravissimo danno alla vista. Gli studi internazionali rilevano 1 caso di infezione su circa 8mila occhi operati. E’ chiaro che un paziente anziano e defedato può incorre in un rischio maggiore rispetto a un cinquantenne in buona salute, tuttavia la statistica riguarda tutti. Un altra potenziale complicanza è legata alla possibilità aumentata di avere un distacco di retina entro i primi due anni dall’intervento: tanto più un paziente è giovane e/o miope tanto maggiore sarà il fattore di rischio. Grazie alle nuove tecnologie siamo quindi in grado di operare pazienti che sono all’esordio della cataratta e che desiderano non portare più gli occhiali, ma è fondamentale che sappiano che come per tutti gli interventi anche quello alla cataratta non è privo di controindicazioni.

 

L’intervento di cataratta è un intervento veloce quindi banale

Attenzione a non confondere la relativamente breve durata dell’intervento (in media 10 minuti) con la semplicità dello stesso. Se la procedura è veloce, è merito dell’abilità del chirurgo e delle strumentazioni sempre più avanzate. L’intervento di cataratta richiede una tecnica chirurgica notevole che si acquisisce solo dopo centinaia di interventi e i margini di errore sono pochissimi. Ai miei pazienti spiego sempre che è come fare un giro di pista in macchina: se l’intervento dura poco non è perchè banale ma perchè ci sta operando un pilota di Formula 1.

 

 

L’utilizzo del laser garantisce la buona riuscita dell’intervento

Non è vero. La riuscita ottimale dell’intervento dipende molto dall’abilità del chirurgo. Il laser è un efficace strumento operatorio che può aumentare la precisione di alcune fasi dell’intervento. Studi internazionali hanno tuttavia provato che il suo utilizzo aumenta i costi e i tempi dell’intervento senza un reale beneficio per il paziente. Elementi di certo non trascurabili all’interno di un servizio sanitario nazionale.

                                                                                                                        elena.zuppini@sacrocuore.it


Riabilitazione Ortopedica-IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria

Inaugurato il nuovo reparto di Riabilitazione Ortopedica

Riabilitazione Ortopedica-IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria

Nella Festa di S. Giovanni Calabria è stato inaugurato il nuovo reparto di Riabilitazione Ortopedica: i nuovi posti letto sommati ai precedenti vanno a coprire le esigenze riabilitative dell’alto numero dei pazienti sottoposti a intervento protesico

In occasione della Festa di San Giovanni Calabria, questa mattina all’ospedale di Negrar è stato inaugurato il nuovo reparto di Riabilitazione Ortopedica, diretto dal dottor Roberto Filippini, collocato al terzo piano di Casa Nogarè, una delle strutture della Cittadella della Carità di cui fa parte anche l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. La benedizione inaugurale è stata impartita dal cardinale veronese Eugenio Dal Corso, primo cardinale dell’Opera Don Calabria, che ha ricevuto la porpora cardinalizia da papa Francesco lo scorso 5 ottobre. Ad affiancarlo padre Miguel Tofful, superiore generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza. Il Cardinale ha poi celebrato la Messa nella cappella dell’ospedale. (vedi video e interviste dell’inaugurazione)

 

 

La nuova Unità Operativa copre un area di circa 1000 metri quadri, con 25 posti letto che si aggiungono ai 42 posti letto attuali della Medicina Fisica Riabilitativa, diretta dal dottor Zeno Cordioli. Particolare cura è stata riservata alla scelta cromatica delle pareti, ma anche degli arredi, al fine di creare, per quanto possibile, un ambiente accogliente per una permanenza di alcune settimane. Ogni posto letto è dotato di un monitor televisivo attraverso il quale verranno trasmessi dei video con gli esercizi riabilitativi che il paziente è invitato a fare da solo o quando ritornerà alla propria abitazione.

 

Il reparto comprende inoltre un’ampia palestra attrezzata, un soggiorno, una sala da pranzo, una piccola cucina, un ambulatorio, la zona infermieristica, mentre gli studi medici sono stati collocati al quarto piano.

 

 

“L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è stato classificato nel 1978 come ospedale generale di zona, per quanto riguarda la parte del “Sacro Cuore”, e come ospedale per lungodegenti e convalescenti per il “Don Calabria” – ha spiegato l’amministratore delegato, Mario Piccinini -. Quindi oggi siamo perfettamente in linea con la forte connotazione riabilitativa della nostra struttura. Ma perché si è reso necessario un nuovo reparto? La nostra Ortopedia è la sesta in Italia per numero di interventi di chirurgia protesica del ginocchio e vanta una casistica di rilievo per la protesi dell’anca. Inoltre la Regione Veneto ha indicato nelle ultime schede ospedaliere l’Unità Operativa del dottor Claudio Zorzi come Centro di riferimento per la revisione delle protesi di anca e ginocchio. Di fronte a questi numeri chirurgici il problema erano appunto i posti di riabilitazione, la cui insufficienza ci costringeva a inviare i pazienti in altre strutture e il più delle volte fuori Veneto. Per questo motivo e in accordo con la Regione abbiamo deciso di creare questo nuovo reparto – esteticamente molto piacevole – che sarà operativo all’inizio del prossimo anno”.

 

 

“E’ un investimento importante non solo dal punto di vista economico ma anche tecnico-riabilitativo con una struttura particolarmente accogliente per chi deve superare un percorso non facile dopo un intervento chirurgico ortopedico – ha detto il direttore della nuova Riabilitazione Ortopedica – Questa struttura è un ampliamento dell’offerta dell’ospedale di Negrar, da sempre un’eccellenza dal punto di vista riabilitativo. Siamo staff nuovo di quattro medici e sei fisioterapisti, molto motivato e in linea con l’amministrazione che ci ha supportato in ogni richiesta e decisione”.

All’inaugurazione è intervenuto anche Luca Coletto, assessore regionale alla Sanità quando venne approvata la delibera relativa al nuovo reparto, e il dottor Claudio Zorzi, direttore dell’Ortopedia e Traumatologia. “Questo è un anello importante per completare l’assistenza dei pazienti ortopedici – ha detto Zorzi -. Ringrazio il dottor Cordioli e il suo staff per la grande collaborazione di questi anni, nel trovare soluzioni a situazioni non sempre facili. Ora abbiamo questi posti letto in più che ci pemettono di lavorara ancora meglio”

 

 

La Festa di San Giovanni Calabria cade quest’anno nel ventesimo anniversario della canonizzazione del Santo veronese. “E’ un momento di gioia, ma anche di profondo ringraziamento alla Divina Provvidenza. L’abbandono a Dio Padre è il fondamento del carisma che Don Calabria ci ha lasciato, affinché possiamo servire le persone all’altezza della loro dignità di uomini e donne – ha detto il presidente dell’Ospedale, fratel Gedovar Nazzari – San Giovanni Calabria ci chiede ancora di “fare bene il bene”, un principio del suo insegnamento che noi possiamo mettere in pratica non solo offrendo ai nostri pazienti terapie innovative, ma anche accogliendoli in ambienti confortevoli, come questo nuovo reparto”.

Nella PhotoGallery le immagini dell’inaugurazione (foto Ennevi)

 

 

 

 


Obesity Day: colloqui informativi con la nostra équipe

Mercoledì 9 e giovedì 10 ottobre al Centro Diagnostico Terapeutico di Verona, il team dei nostri specialisti che si occupano di obesità e sovrappeso sono a disposizione dei cittadini interessati al problema. E’ necessario registrarsi telefonicamente

In occasione dell’Obesity Day, la Giornata di prevenzione dell’obesità che si tiene in tutto il mondo il 10 ottobre, l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria promuove due giorni di colloqui informativi rivolti alle persone con problemi di sovrappeso e a tutti coloro che sono interessati ad avere maggiori informazioni sulla malattia e sugli interventi per affrontarla. Fra questi il supporto psicologico e la chirurgia bariatrica.

 

 

L’appuntamento è per mercoledì 9 e giovedì 11 ottobre dalle 9 alle 17 al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 (Verona) dove a ricevere i cittadini sarà un team formato da medici gastroenterologi, psicologi, dietisti e chirurghi bariatrici. E’ necessario registrarsi ai numeri 045.6013493/3024 (dalle 8.30 alle 15 dal lunedì al venerdì).

 

L’obesità – che in Italia coinvolge 6 milioni di persone, il 10% della popolazione – non è un problema estetico, ma rientra a pieno titolo nell’elenco delle patologie. Infatti un obeso ha un’aspettativa di vita inferiore di 10 anni rispetto a quella di un coetaneo normopeso, in quanto l’obesità è quasi sempre accompagnata da diabete, ipertensione, patologie cardiovascolari e respiratorie.

 

 

Dieta ipocalorica e costante attività fisica sono le vie maestre per ottenere un calo ponderale. Ma quando i chili in eccesso sono davvero troppi e i vari tentativi per eliminarli sono falliti più volte, può intervenire la chirurgia bariatrica.

 

 

Dal 2015 presso l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è stata avviata un’attività per la soluzione chirurgica dell’obesità. Si rivolgono al Centro soprattutto donne (l’età media è di 30 anni) che nonostante molteplici tentativi non sono riuscite a perdere peso o lo hanno riacquistato, spesso con gli interessi, dopo un momentaneo dimagrimento.

 

 

Ma l’intervento fine a se stesso non è risolutivo se non accompagnato da un radicale cambiamento di stile di vita, dove il cibo non può più rappresentare una compensazione emotiva. L’atto chirurgico è infatti preceduto da uno scrupoloso studio psicologico e delle abitudini alimentari per verificare l’idoneità del paziente prima e successivamente all’intervento. A questo proposito l’ospedale di Negrar collabora con l’Unità funzionale di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda dove il paziente può svolgere un percorso psicologico e di educazione alimentare di tre settimane.

 

 

 

 


Ottobre rosa: più attenzione agli stili di vita

Il mese di Ottobre è tradizionalmente dedicato alla prevenzione del tumore al seno, di cui si registrano un aumento dei casi ma anche delle sopravvivenza, grazie ai trattamenti e agli screening

Per la prima volta diminuiscono in generale i casi di tumore, ma sono in crescita le donne colpite da cancro al seno, alla cui prevenzione è dedicato il mese di Ottobre. Tuttavia non siamo di fronte a una brutta notizia.

 

Aumentano i casi di cancro alla mammella

“I dati (calcolati al netto dell’invecchiamento della popolazione: dati standardizzati), relativi ai trend temporali nel periodo 2003-2014, indicano che l’incidenza delle neoplasie è in riduzione in entrambi i generi – afferma Stefania Gori, direttore del Dipartimento oncologico dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e presidente nazionale degli oncologi italiani -. Il tumore della mammella si conferma il più frequente nella popolazione. I casi sono in crescita soprattutto nelle aree del Centro-Nord per l’estensione dei programmi di screening e della popolazione target (da 50-69 anni a 45-74) a cui essi sono sono rivolti. Ma questo aumento non costituisce un fenomeno negativo, perché grazie a tali programmi vengono individuati in fase iniziale e con alte probabilità di guarigione molti tumori che, senza lo screening, sarebbero stati scoperti in stadio avanzato”.

 

Ma cresce la sopravvivenza

Ma veniamo ai dati. Nei giorni scorsi l’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM) ha presentato l’edizione 2019 del volume “I numeri del cancro in Italia”, il “censimento” sulla malattia tumorale redatto in collaborazione con AIRTUM, Fondazione AIOM, PASSI, PASSI d’Argento e SIAPEC-IAP. Secondo l’indagine si stima che quest’anno siano 371mila le nuove diagnosi, contro le 372mila del 2018, 2mila in meno in 12 mesi. Il tumore più frequente resta quello della mammella con 53.500 casi nel 2019, oltre mille casi in più rispetto al 2018. Tuttavia quest’ultimo rientra tra i tumori che in Italia – insieme a quello della tiroide, prostata, testicolo e melanoma – fanno registrare percentuali più alte di sopravvivenza, che per la neoplasia della mammella è, a 5 anni, pari all’87%. Parallelamente è in calo anche la mortalità in tutte le classi di età, soprattutto nelle donne con meno di 50 anni.

 

Ancora sottovalutata l’importanza di uno stile di vita sano

Risultati positivi raggiunti grazie ai progressi terapeutici (chirurgici farmacologici e radioterapici) e all’adesione allo screening mammografico Ma si potrebbe fare di più sul piano della prevenzione. “Circa il 40% delle neoplasie, tra queste anche il tumore al seno, può essere evitato seguendo uno stile di vita sano (no al fumo, attività fisica costante e dieta corretta) – prosegue la dottoressa Gori – In Italia il 34,5% dei cittadini è sedentario, il 31,6% è in sovrappeso, il 10,9% obeso e il 25,7% fuma. Per invertire la tendenza, serve maggiore consapevolezza anche da parte degli operatori sanitari: solo 1 fumatore su 2 ha ricevuto il consiglio di smettere, suggerimenti sull’attività fisica sono stati forniti solo al 30% dei cittadini e meno della metà delle persone obese o in sovrappeso ha ottenuto dal proprio medico indicazioni per perdere peso”.

 

La “prevenzione su misura”: il test Brca1 e Brca2

Per alcuni tumori oggi esistono anche percorsi su misura. “Il 5-7% dei tumori della mammella e il 10-20% delle neoplasie dell’ovaio sono dovuti a una predisposizione ereditaria, riconducibile in particolare alle mutazioni dei geni Brca1 e Brca2 – continua Gori – Questo significa che, nel nostro Paese, ogni anno circa 3.000 casi di carcinoma della mammella e circa 1.000 dell’ovaio potrebbero essere evitati o individuati in fase molto precoce proprio adottando strategie mirate ed efficaci. È quindi fondamentale che il test Brca venga eseguito nei familiari sani delle pazienti in cui è stata individuata una variante dei geni Brca1/2 e che, in caso di positività, venga loro offerto gratuitamente il programma di prevenzione, eventualmente con l’introduzione di un codice di esenzione per malattie genetiche ereditarie”.

 

Una mutazione importante anche per altri tumori

L’identificazione di una frazione di pazienti con carcinoma prostatico o pancreatico metastatico portatori della mutazione “sta inoltre aprendo nuovi orizzonti anche per quanto riguarda la valutazione dei loro familiari sani: nel caso risultino portatori sani di mutazione Brca, dovranno essere avviati a percorsi di prevenzione. È, quindi, un nuovo mondo in espansione per una prevenzione dei tumori”.

 

Il test al “Sacro Cuore Don Calabria”

Nell’ambito del Centro di senologia, l’Anatomia Patologica, diretta dal professor Giuseppe Zamboni, viene eseguito il test per la ricerca delle mutazioni a carico dei geni BRCA1 e BRCA2. Il test viene effettuato solo dopo consulenza genetica in Oncologia, per valutarne le indicazioni. Per ulteriori informazioni contattare il numero verde del Cancer Care Center 800 143 143.

 

 

 


Ranitidina, attenzione alle false notizie

La decisione dell’AIFA e dell’EMA di ritirare i farmaci usati essenzialmente come antiacidio ha scatenato una ridda di fake news, tra cui liste di farmaci che non sono oggetto della decisione, causando inutili allarmismi

L’ordine di ritiro da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in collaborazione con l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), di alcuni lotti di ranitidina, e il divieto di utilizzo di qualsiasi formulazione a base della molecola stessa, ha dato vita a una serie di false e allarmanti notizie. Sui social network, infatti, stanno spopolando fantomatiche liste di medicinali che non sono oggetto del ritiro dagli ospedali, dalle farmacie e dalla catena distributivaL’unica fonte ufficiale di notizie riguardo questi argomenti rimane l’AIFA, come spiega il Servizio di Farmacia del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretto dalla dottoressa Teresa Zuppini, e la lista dei farmaci realmente ritirati si trova sul sito dell’Agenzia (https://www.aifa.gov.it/web/guest/-/comunicazione-aifa-sui-farmaci-contenenti-ranitidina )

 

 

“La ranitidina appartiene a una classe di medicinali conosciuti come antagonisti del recettore dell’istamina H2. La loro azione è quella di bloccare i recettori dell’istamina nello stomaco, con la conseguenza di ridurre la produzione di acido gastrico”, spiega il dottor Roberto Tessari, responsabile della Farmacovigilanza nell’ambito della Farmacia Ospedaliera di Negrar. Pertanto vengono utilizzati nel trattamento dell’ulcera, del reflusso gastroesofageo, del bruciore di stomaco e di altre condizioni associate a ipersecrezione acida. La ranitidina è commercializzata in Italia sia come medicinale soggetto a prescrizione medica, sia come medicinale di automedicazione, in forma di compresse, sciroppi o soluzioni iniettabili per uso endovenoso.

 

“La decisione dell’AIFA è dovuta al ritrovamento di tracce di NDMA (N-nitrosodimetilammina) in una delle materie prime utilizzate per formulare la ranitidina prodotta presso l’officina farmaceutica indiana Saraca Laboratories LTD – prosegue il farmacista – L’NDMA è una sostanza chimica organica che si genera come sottoprodotto dei processi industriali, ed è anche presente, a livelli molto bassi, nelle forniture d’acqua e in alcuni alimenti, in particolare quelli cotti, affumicati o stagionati. È classificata come sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo sulla base di studi condotti su animali. Non ci si attende che causi danni quando ingerita in quantità molto basse, e nemmeno effetti in acuto in chi ha assunto l’eventuale farmaco contenente NDMA”.

 

 

La scelta di EMA/AIFA di estendere il ritiro anche ai medicinali contenenti ranitidina non prodotti nell’officina farmaceutica indiana è di tipo precauzionale, “ovvero – precisa Tessari – ha l’obbiettivo di verificare attentamente se, nei lotti di farmaco non o oggetto di ritiro, sia comunque presente NDMA e in quale quantità. Sempre l’AIFA raccomanda ai medici di sostituire la ranitidina con altre molecole che abbiano le stesse indicazioni”.

 

 

Parallelamente al ritiro dei farmaci con ranitidina, l’EMA ha predisposto un controllo a tappeto su tutti i farmaci che possono contenere nitrosodimetilammina. Un’indagine che durerà circa tre anni.


I nostri medici ospiti a "Dica33" su Telearena e Telemantova

Ritorna la trasmissione dedicata alla medicina con le interviste su vari temi ai medici del “Sacro Cuore”. Seguiteci su Facebook dove verranno postate le varie interviste!

Questa sera alle 21.45 parte la nuova stagione di “Dica33”, la trasmissione di medicina che va in onda su Telearena e in replica su Telemantova, con la presenza dei medici dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Questa sera il dottor Paolo Bocus, direttore della Gastroenterologia e Endoscopia digestiva, parlerà della diagnosi e delle terapie del reflusso gastro-esofageo. Si tratta di una patologia molto comune che non deve essere trscurata perché aumenta il rischio di cancro all’esogfago.

Seguiteci su Facebook (https://www.facebook.com/ospedalesacrocuoredoncalabriaper sapere quando saranno ospiti i nostri medici e guardare l’intervista nei giorni seguenti alla messa in onda


Tumore: sfidare la paura della recidiva si può

Il 27 settembre si terrà anche a Verona la Giornata Nazionale della Psico-Oncologia su un tema molto sentito dai malati oncologici. Il convegno scaligero è aperto al pubblico e vedrà la testimonianza dei pazienti

La diagnosi di tumore, le terapie chirurgiche e mediche, i primi controlli tutti negativi, ma sul futuro incombe sempre un incubo: la recidiva. La paura che il cancro si ripresenti è forse l’aspetto più comune che in alcuni casi o momenti della storia del percorso di malattia, può portare sofferenza, limitazione della qualità di vita e impattare sulla relazione del paziente con altri. Ma vivere bene, nonostante la paura della recidiva, si può.

 

 

Si parlerà di questo nell’ambito della IV Giornata Nazionale della Psico-Oncologia, che a Verona si terrà venerdì 27 settembre al Circolo Ufficiali di Castelvecchio (Corso Castelvecchio, 2). L’evento – promosso dalla Società Italiana di Psico-Oncologia (Sipo) Sezione Triveneto e dall’Ordine degli psicologi del Veneto – vede una prima parte della giornata (dalle ore 8.30) suddivisa in workshop dedicati agli psicologi e agli psicoterapeuti. Dalle ore 14.30, invece, l’incontro sarà aperto gratuitamente alla cittadinanza con la testimonianza dei pazienti (vedi programma allegato).

 

 

“La paura della recidiva è senza dubbio un tema molto forte nel percorso della malattia oncologica, una sorta di tabù sul quale spesso si preferisce tacere per non innescare una reazione di sofferenza nel paziente. Ma ci siamo accorti grazie ai nostri pazienti che questo tema è più difficile proporlo che affrontarlo”, spiega il dottor Giuseppe Deledda, responsabile del Servizio di Psicologia Clinica del “Sacro Cuore Don Calabria” e coordinatore Sipo Veneto Trentino-Alto Adige, che in collaborazione con la dottoressa Laura Dal Corso, segretario degli psicologi veneti, ha organizzato il convegno.

 

 

“Infatti quando la direzione nazionale della Sipo ha indicato il tema della recidiva per la IV Giornata, abbiamo pensato di proporlo ai nostri pazienti oncologici che aderiscono ai gruppi di supporto – prosegue il dottor Deledda -. Abbiamo visto, con sorpresa, che l’argomento è stato accolto positivamente. Tanto che il collega Matteo Giansante, che segue gli incontri di gruppo, era partito con un programma di otto appuntamenti, ma le pazienti hanno chiesto di proseguire”.

L’obiettivo non è quello di ‘scacciare’ la paura della recidiva dalle menti dei pazienti oncologici, “ma di supportare psicologicamente il paziente affinché rinforzi quelle risorse personali che gli permettano di accogliere e di accettare la paura della recidiva. Di considerarla non una nemica, ma parte della propria esperienza di malattia”, sottolinea il dottor Deledda.

 

 

La voce dei pazienti sarà al centro del pomeriggio del 27 settembre con l’intervento di alcune associazioni di malati oncologici (Net Italy, Sorriso di Beatrice, Andos, Gruppo Psychum) e le testimonianze, narrate anche attraverso espressioni di tipo letterario, di pazienti e dei loro familiari.

 

 

La giornata sarà conclusa da don Renzo Pegoraro, direttore scientifico della Fondazione Lanza e Cancelliere della Pontificia Accademia per la vita, che terrà una lezione magistrale su “L’etica per illuminare il cammino sul ponte tra scienza e umanità, quando le certezze vacillano”.


Mente e corpo in allenamento per contrastare l'Alzheimer

La sinergia di attività fisica e stimolazione cognitiva può contrastare l’evoluzione della malattia neurodegenerativa di cui il 21 settembre si celebra la Giornata mondiale. Le iniziative del “Sacro Cuore” peri propri pazienti

E’ un progetto avviato nel 2015 dal Centro Decadimento Cognitivo e dedicato ai pazienti affetti da demenza, in primo luogo da malattia di Alzheimer di cui si celebra la Giornata mondiale il 21 settembre di ogni anno. Il nome del progetto è emblematico, “Officina della memoria: Mente e Corpo“, e sta ad indicare che nonostante la natura neurodegenerativa della malattia, l’intervento precoce favorisce il mantenimento il più a lungo possibile della propria autonomia. Il nostro cervello, infatti, ha a disposizione una discreta riserva neuronale, che se opportunamente stimolata, con attività fisica e cognitiva, può sopperire alla degenerazione indotta dalla malattia.

 

Per questo motivo il Centro Decadimento Cognitivo, di cui è responsabile la neurologa Zaira Esposito, da quattro anni promuove per i propri pazienti gruppi di stimolazione cognitiva, accompagnata, dallo scorso anno, da attività motoria, in collaborazione con il Centro di Medicina dello Sport, diretto dal dottor Roberto Filippini.

 

Quest’anno il progetto diventerà annuale. La presentazione dell’iniziativa si terrà il 5 ottobre al Centro Diagnostico Terapeutico Ospedale Sacro Cuore Don Calabria (via San Marco 121, Verona), a partire dalle 9.30. All’incontro sono invitati i pazienti seguiti dall’Ospedale di Negrar e i loro familiari.

 

“Dopo i saluti iniziali della dottoressa Esposito, il dottor Filippini illustrerà brevemente l’importanza dell’attività fisica per coloro che sono affetti da decadimento cognitivo – spiega la dottoressa Paola Poiese, psicologa e psicoterapeuta del Centro. “Lo scorso anno abbiamo avuto un buon riscontro da parte dei pazienti – prosegue -. Sono persone che fanno fatica ad inserirsi in una normale palestra, non tanto per limitazioni fisiche, ma principalmente per gli aspetti cognitivi e relazionali. Infatti il terapista che conduce i gruppi usa strategie adeguate per a questa tipologia di pazienti. Molti studi dimostrano l’importanza della sinergia tra attività fisica e stimolazione cognitiva nel contrastare l’evoluzione della malattia – sottolinea -. L’obbiettivo è la presa in carico globale per il benessere della persona malata ed anche del suo familiare.La terapia viene svolta in piccoli gruppi di al massimo 8 persone, seguiti dalla psicologa Cristina Baroni con incontri settimanali.

 

“Il paziente fatica ad accettare le limitazioni conseguenti alla malattia in termini sia di autonomia che di funzionamento – riprende la dottoressa Poiese – Per tali aspetti è particolarmente importante favorire l’uso di strategie di compenso (come l’agenda, il calendario…) e agire sull’ambiente familiare al fine di ridurre i conflitti e favorire la creazioni di un contesto stimolante per il paziente. Per questo motivo una parte dell’incontro del 5 ottobre sarà riservata solo ai parenti dei pazienti con lo scopo di dare informazioni sulla malattia e condividere strategie di gestione, soprattutto dei disturbi comportamentali.

 

Il Centro Decadimento Cognitivo, che afferisce alla Neurologia diretta dal dottor Fabio Marchioretto, nel 2018 ha registrato 650 accessi tra visite mediche e valutazioni neuropsicologiche. L’équipe è formata dalla neurologa Zaira Esposito, dal geriatra Paolo Spagnolli, dalle psicologhe Paola Poiese e Cristina Baroni, e dall’assistente sociale Francesca Martinelli.