Lo sport fa bene anche per patologie croniche e degenerative

Scarica l'allegato PDF

Parte un ciclo di incontri organizzati dal Servizio di Medicina dello sport e dedicati al tema dell’attività fisica in presenza di malattie come diabete, ipertensione e molte altre. Primo appuntamento l’8 maggio al Centro Polifunzionale Don Calabria

L’attività fisica fa bene e aiuta a prevenire svariati tipi di patologie, questo ormai è risaputo. Ma cosa fare se la malattia c’è già, e magari si tratta di una patologia cronica e/o degenerativa come il diabete, l’ipertensione e così via? “Di sicuro la presenza di una malattia di questo tipo non deve scoraggiare chi vuole intraprendere un’attività sportiva, sia a livello agonistico che non”, risponde il dottor Roberto Filippini (nella foto di Renzo Udali), responsabile del Servizio di Medicina dello Sport all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria.

 

“Il problema semmai è un altro – prosegue Filippini – ovvero: come fare per capire fino a che punto ci si può spingere con l’attività fisica in relazione alla malattia? Per rispondere a questa domanda di solito ci si rivolge allo specialista esperto nella patologia in questione. Questo è sicuramente corretto ma non sufficiente. Infatti per programmare un’attività fisica adeguata è opportuno integrare il parere dello specialista con quello del medico dello sport. Ed è altrettanto importante che queste due figure professionali siano in rete tra loro“.

 

Di sport in presenza di malattie si parlerà a partire da lunedì 8 maggio in un ciclo di incontri presso il Centro Polifunzionale Don Calabria di via San Marco a Verona, organizzati dalla Medicina dello Sport del “Sacro Cuore” in collaborazione con l’associazione Medici Sportivi scaligera. Si tratta di incontri formativi rivolti iai medici dello sport, ai medici di base e agli specialisti delle patologie che verranno di volta in volta trattate.

 

Il primo appuntamento, in programma appunto l’8 maggio, è dedicato a patologie renali e sport. Il secondo, in programma il 5 giugno, approfondirà il tema delle patologie endocrinologiche. Dopo la pausa estiva gli incontri riprenderanno a ottobre con focus su patologie neurochirurgiche, diabete, sindromi aritmiche e infine ipertensione. Tutti gli incontri iniziano alle ore 20 (vedi programma).

 

“Ogni serata prevede l’intervento di un esperto che illustra le problematiche specifiche delle patologie trattate, seguito da un dibattito e dalla presentazione di casi clinici – dice il dottor Filippini, che è anche presidente dei Medici Sportivi veronesi – L’obiettivo è di offrire indicazioni ai medici sulla linea da seguire per il rilascio dell’idoneità medico-sportiva, agonistica e non, per i pazienti affetti dalle malattie trattate, con particolare attenzione alle linee guida nazionali e internazionali”.

 

Il Centro di Medicina e Traumatologia dello Sport dell’ospedale Sacro Cuore – Don Calabria si trova a Verona, in via San Marco 121. Si tratta di una struttura in grado di offrire un servizio integrale non solo all’atleta professionista ma anche alle società, alle associazioni sportive e ai singoli che operano nei settori amatoriale e dilettantistico. Nel corso del 2016 il Centro ha erogato 18.524 prestazioni di Medicina dello Sport, rilasciando oltre diecimila certificati di idoneità sportiva agonistica e più di duemila certificati di buona salute destinati all’attività sportiva non agonistica, in gran parte per bambini. Tra i servizi offerti, oltre alle certificazioni, ci sono gli accertamenti cardiologici di primo e secondo livello, valutazioni funzionali generali e specifiche dell’atleta, ambulatorio di traumatologia sportiva con servizio di riabilitazione ortopedica.


A Negrar il Festival della prevenzione e dell'innovazione oncologica

Dal 7 al 10 maggio l’evento promosso dagli Oncologi italiani: di fronte all’ingresso di Casa Perez stazionerà un motorhome punto di raccolta di molte iniziative e dove alcuni oncologi saranno a disposizione della popolazione

Arriva questa domenica a Negrar, in provincia di Verona, la tredicesima tappa del primo “Festival itinerante della prevenzione e dell’innovazione oncologica”, l’evento dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), che riunisce circa 3mila oncologi di tutta Italia e di cui è presidente eletto la dottoressa Stefania Gori(nella foto), direttore dell’Oncologia Medica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Cancer Care Center.

Un’iniziativa itinerante partita da Reggio Emilia lo scorso dicembre e che interessa 16 città italiane (Negrar è la sola tappa in Veneto insieme a Vicenza) con l’obiettivo di presentare ai cittadini “il nuovo corso dell’oncologia”, fatto di prevenzione primaria (corretti stili di vita), screening (fondamentali per individuare i tumori in fase precoce) e armi innovative contro il cancro, come l’immuno-oncologia e le terapia a bersaglio mobile.

“La conoscenza delle caratteristiche immunobiologiche delle cellule tumorali consente di scegliere per ogni paziente la terapia medica più efficace per la sua malattia – sottolinea la dottoressa Gori -. Oggi abbiamo a disposizione oltre alla chemioterapia, anche l’ormonoterapia, i farmaci a bersaglio molecolare e l’immunoterapia”.

Una rivoluzione quest’ultima nel campo delle cure che ha aperto scenari impensabili fino a poco tempo fa. Forme tumorali metastatiche ora possono essere affrontate con successo, non solo per quanto riguarda il melanoma, ma anche per il cancro del polmone, del rene e ci sono buone prospettive per le neoplasie testa collo, vescica…

Grazie alla diagnosi precoce, all’evolversi della chirurgia oncologica, della Radioterapia e alle nuove armi farmacologiche il 60% dei pazienti sconfigge la malattia – sottolinea l’oncologa – percentuale che raggiunge il 70% nelle neoplasie più frequenti. Il messaggio che deve arrivare alla cittadinanza è che il tumore oggi è una patologia trattabile, non deve fare più paura“.

Dal pomeriggio di domenica 7 fino a mercoledì 10 maggio in via Ghedini, difronte all’entrata di Casa Perez, stazionerà un motorhome (un pullman) dove oltre ad essere disponibile materiale informativo, lunedì e martedì dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18 e mercoledì dalle 10 alle 12 alcuni oncologi forniranno informazioni a tutti coloro che sono interessati alla propria salute.

Perché tutte le evidenze scientifiche dimostrano come l’attività fisica, una corretta alimentazione basata sulla dieta mediterranea, un consumo moderato di alcol e l’astenersi dal fumo siano alcuni pilastri fondamentali della prevenzione oncologica. Scienziati e ricercatori lo ripetono da tempo: 4 casi di tumore su 10 possono essere evitati seguendo uno stile di vita sano.

L’evento prevede inoltre molte iniziative in collaborazione con il Comune di Negrar distribuite nell’arco delle giornate del Festival.

Si inizia domenica alle 17.30 alla presenza dell’assessore alla Sanità della Regione Veneto, Luca Coletto, con l’animazione a cura delle associazioni “InVita un Sorriso” e “Essere clown”, mentre alle 18 il Corpo Bandistico Comunale di Negrar offrirà alla cittadinanza un concerto.

Lunedì dalle 10 alle 17.30 presso il motorhome sarà allestito uno stand informativo della Lega italiana per la lotta contro i tumori. Martedì 10 maggio passeggiata della salute in collaborazione con l’associazione Nordic Walking L’Officina ASD e descrizione del territorio a cura di Gerardo Richetti. La partenza è prevista al motorhome alle 18 in direzione di Villa Rizzardi e visita al giardino di Pojega.

In Italia nel 2016 sono stati stimati 365.800 nuovi casi di tumore (189.600 negli uomini e 176.200 nelle donne), in Veneto 31.400 (16.300 uomini e 15.100 donne). I tumori più frequenti nella Regione sono quelli del seno (4.400 casi stimati nel 2016), colon retto (4.400), polmone (3.300) prostata (2.900) e vescica (2.100).

“Considerando i casi di tumore diagnosticati nel biennio 2008-2009, la sopravvivenza in Veneto è del 60% nei maschi e del 65% nelle femmine – sottolinea il primario dell’Oncologia di Negrar -. Per quanto riguarda gli uomini, la sopravvivenza è passata dal 41% nel 1992-1995 al 51% nel 2008-2009, aumentando di 10 punti percentuali. Anche nelle donne l’incremento, pari a 9 punti percentuali, è risultato statisticamente significativo e ha portato le guarigioni dal 54% al 63%”. Le sedi a miglior prognosi sono testicolo (96%), prostata (96%) e tiroide (91%) nei maschi; tiroide (95%), linfoma di Hodgkin (93%), melanoma della cute (90%) e mammella (90%) nelle femmine.


"Il medico a casa tua" con gli esperti del "Sacro Cuore"

Ritornano su Telepace le trasmissioni di informazione medico-scientifica con i medici dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Sabato 6 maggio si parlerà della malattia di Alzheimer e delle terapie oggi disponibili per affrontare la patologia degenerativa

Ritorna da sabato 6 maggio “Il medico a casa tua”, il ciclo di trasmissioni di informazione medico-scientifica realizzato da Telepace in collaborazione con l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e condotte da Marina Zerman.

Le trasmissioni vanno in onda settimanalmente nella provincia di Verona e Roma il sabato alle 15. Le repliche: sabato alle 23.35, lunedì alle 15.25, mercoledì alle 18.30. Solo su Verona anche martedì alle 22 e mercoledì alle 11. Il programma è visibile in streaming in tutta Italia su www.telepaceverona.it e www.telepace.it.

Si inizia quindi sabato 6 maggio con l’intervista in studio del dottor Claudio Bianconi (nella foto con la giornalista Marina Zerman), direttore della Neurologia dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, che parlerà di “Alzheimer: una sfida per la medicina”. Il contribuito esterno vedrà invece la dottoressa Paola Poiese, psicologa e psicoterapeuta del Centro Decadimento Cognitivo, che illustrerà le terapie occupazionali per il mantenimento della capacità residue della persona affetta da Alzheimer.

Nelle puntate successive si parlerà della diagnosi e della terapia del tumore della prostata; delle malattie del sonno; della chirurgia senologica per le neoplasie del seno e di ricostruzione dopo l’intervento; delle patologie della tiroide e infine della riabilitazione dopo l’incidente anche con i nuovi dispositivi tecnologici. A seguire si parlerà di immigrazione e salute e in chiusura di endometriosi.

Ogni puntata sarà postata sulla pagina Facebook dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria.


L'igiene delle mani, il primo scudo contro i germi farmaco-resistenti

Scarica l'allegato PDF

Oggi si celebra la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, un gesto apparentemente banale, ma che da solo può prevenire il 30% della infezioni legate all’assistenza ospedaliera

“Salva delle vite: cura l’igiene delle mani”. Con questo slogan l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rilancia quest’anno, nella Giornata mondiale dell’igiene delle mani che si tiene il 5 maggio, la campagna di prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria a cui aderisce anche l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria (in allegato il poster).

Secondo l’OMS, il lavaggio attento delle mani negli ospedali e nelle RSA, oltre ad essere un indicatore della qualità dell’assistenza, è uno scudo contro la diffusione delle infezioni ospedaliere e in particolare quelle dovute a germi resistenti agli antibiotici, quindi più difficili da curare.

Gli esperti dell’OMS ricordano che sono 5 i momenti fondamentali nell’assistenza al paziente in cui è necessaria un’igiene delle mani molto attenta: prima di toccare il paziente; prima di iniziare qualsiasi procedura; dopo aver toccato sacche o altri contenitori contaminati dai fluidi corporei; dopo essere venuti in contatto con il soggetto e, infine, anche quando si è stati a contatto con ciò che è vicino al letto del paziente.

Circa il 30% delle infezioni correlate all’assistenza sono considerate prevenibili da programmi di igiene delle mani.

Anche se in Italia non esiste un sistema di sorveglianza continuativo, sono stati condotti numerosi studi multicentrici di prevalenza. Sulla base di questi e delle indicazioni della letteratura, si può stimare che in Italia il 5-8% dei pazienti ricoverati contrae un’infezione ospedaliera.

Ogni anno, quindi, si verificano in Italia 450-700mila infezioni in pazienti ricoverati in ospedale (soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi). Di queste, dato che circa il 30% sono potenzialmente prevenibili, 135-210mila possono essere evitate ponendo in essere una corretta igiene delle mani. Dato che l’1% delle infezioni correlate all’assistenza si stima porti a morte, 1.350-2.100 decessi sarebbero prevenibili in un anno.

Per la buona riuscita della campagna, suggeriscono i membri del Comitato Infezioni Ospedaliere, è necessario che essa diventi pratica quotidiana, ovvero che vi sia la costante attenzione di tutti gli operatori sanitari e dei dirigenti, sostenuta dalla certezza, oramai dimostrata, dell’importanza chiave di alcuni piccoli gesti per il destino dei pazienti che trovano ospitalità e cura presso l’Ospedale Sacro Cuore – Don Calabria, Casa Perez e Casa Nogaré.

Comitato Infezioni Ospedaliere della Cittadella della Carità


Se il bambino tarda a nascere ci pensa un “palloncino”

Scarica l'allegato PDF

Anche l’induzione di travaglio può essere naturale grazie a un catetere di Foley, una metodologia che sarà illustrata sabato 6 maggio in un convegno organizzato dal dottore Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e Ostetricia

Il titolo sembra contenere una contraddizione in termini: “Partorire naturalmente: l’induzione di travaglio”. Eppure nella logica dell’umanizzazione delle cure anche un travaglio indotto può essere naturale.

Di questo si parlerà sabato 6 maggio nella sala Congressi della Cantina Valpolicella (via Ballarin 2, a Negrar, vedi programma) dove il tema sarà trattato dal punto di vista dei medici e delle ostetriche, figure essenziali quest’ultime che affiancano la donna per tutto il tempo della gravidanza, durante il parto e nelle prime settimane dopo la nascita.

L’appuntamento scientifico è organizzato dal dottor Marcello Ceccaroni (nella foto), direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità della vita della donna dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, e avrà inizio alle 8.30. Fra i relatori anche i professori Pantaleo Greco e Federico Mecacci, rispettivamente dell’Università di Ferrara e di Firenze, e il dottor Giuseppe Battagliarin dell’ospedale di Rimini.

L’induzione di travaglio è una procedura che viene effettuata ogniqualvolta la continuazione della gravidanza, anche pretermine, rappresenti un pericolo per la mamma o il bambino. Oppure quando la gestazione è giunta alla 41° settimana, un limite di tempo che già di per sé è un rischio per il nascituro.

“Dal 2012 assieme al responsabile del modulo di Ostetricia, il dottor Sante Burati, abbiamo introdotto a Negrar una metodologia di induzione che ha l’obiettivo di dilatare il collo dell’utero in modo naturale e soprattutto non doloroso per le partorienti, rispetto alle vecchie tecniche, come la dilatazione manuale da parte dell’ostetrica – spiega il dottor Ceccaroni -. Si tratta dell’introduzione di un catetere di Foley (una sorta di palloncino) che viene riempito progressivamente di una certa quantità d’acqua e lasciato nel corpo della donna al massimo 48 ore con lo scopo di sollecitare le contrazioni”.

Durante il convegno l’ostetrica Annapaola Isolan presenterà i dati dello studio realizzato assieme alle colleghe Alessandra Cavalleri, Paola Vicentini e Tania Iurati, condotto su 4.684 parti avvenuti al “Sacro Cuore-Don Calabria” dal 2012 al 2016. La ricerca ha rilevato che l’utilizzo del Foley ha ridotto del 27% il rischio di taglio cesareo nelle donne in cui l’induzione di travaglio era indicata per motivi fetali, dimostrandosi una metodica indolore e a vantaggio del benessere della mamma e del bambino.

L’introduzione di questa metodologia ha portato alla realizzazione di un protocollo per l’induzione di parto suddiviso in varie fasi e condiviso fin dall’inizio con la partoriente. Il primo step è proprio l’introduzione del Foley, il cui utilizzo non è solo quello di indurre le contrazioni, ma anche, nel caso in cui fallisse, di favorire l’effetto dei farmaci, come le Prostaglandine (seconda fase), poco efficaci in assenza di dilatazione del collo dell’utero. L’induzione prosegue poi con la rottura delle membrane e se è necessario con la somministrazione di un altro farmaco, l’Ossitocina.


La complessità del dolore nell'anziano oncologico

Scarica l'allegato PDF

Quello multidisciplinare è l’unico approccio per dare una risposta efficace a un problema così complesso come quello del dolore oncologico nelle persone anziane. Se ne parla in un convegno giovedì 27 aprile al “Sacro Cuore Don Calabria”

Quella del controllo del dolore è sempre una sfida difficile, qualsiasi età abbia il paziente sofferente. Ma lo è ancora di più quando si tratta di una persona anziana e la questione diventa ulteriormente complessa nel momento in cui l’anziano è un paziente colpito da tumore.

Proprio di terapia del dolore nell’anziano oncologico si parlerà giovedì 27 aprile all’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, nell’ambito degli incontri di aggiornamento del Dipartimento Oncologico (vedi Cancer Care Center), diretto dalla dottoressa Stefania Gori. (vedi programma allegato).

Un tema che interessa una grande fetta di popolazione in quanto con l’aumento della vita media la maggior parte dei pazienti affetti da tumore fanno parte della cosiddetta terza età.

“L’argomento sarà affrontato in maniera multidisciplinare con il contributo di medici geriatri, oncologi, esperti in cure palliative, radioterapisti e algologi – spiega la dottoressa Gori -. Conoscere la fisiopatologia dei differenti tipi di dolore, i metodi di valutazione in tipologie diverse di popolazione, le terapie antalgiche attualmente disponibili (farmacologiche e non farmacologiche) è condizione essenziale per poter assistere al meglio i malati con dolore in ogni momento della loro storia di malattia”.

Ma perché la terapia dei dolore nei pazienti anziani oncologici è particolarmente complessa? “Per le comorbidità e la fragilità che spesso condizionano il quadro clinico; ogni fase del percorso diagnostico-terapeutico è resa difficile dalla scarsità di elementi obiettivi e talora da situazioni di inaffidabilità descrittiva del paziente, che rendono incerta l’interpretazione del tutto”, risponde la dottoressa Emanuela Turcato, responsabile della Geriatria, che aprirà e concluderà l’incontro.

“Nell’anziano il dolore acuto è accompagnato da aspetti fisici ed emozionali disturbanti perché fortemente intrisi di ansia, depressione, alterazioni del sonno che si influenzano e si esacerbano scambievolmente – prosegue – In altri casi esiste un dolore negato, quello scontato, quello misconosciuto, talora accompagnato da un’esagerata riluttanza a somministrare antidolorifici maggiori, una sorta di ‘oppio-fobia’. Infine, l’anziano con decadimento cognitivo può convivere con il dolore manifestandolo solo indirettamente”.

A tutto questo va aggiunto, sottolinea la geriatra, che “una volta definita la presenza di dolore, di una sede precisa e di una diagnosi clinica, la decisione di trattamento è subordinata ad una valutazione globale del rischio di effetti collaterali, che nei pazienti con rilevanti comorbidità e pluritrattati è sempre presente. Per questo l’approccio multidisciplinare può essere di grande aiuto nello sconfiggere una sintomatologia così complessa ed invalidante”.

“Il sollievo del dolore nel paziente oncologico, anziano e giovane, è un compito che spetta a tutta l’équipe curante – afferma il dottor Roberto Magarotto, responsabile dell’Unità cure palliative e di supporto del Dipartimento Oncologico -. Esso inizia dall’operatore, che mobilizza e accudisce il paziente, nell’evidenziare il dolore da movimento o da procedura; continua con l’infermiere che aiuta il malato a precisare l’intensità del suo dolore, superando resistenze e paure e lo tiene monitorato nel tempo; infine l’intervento antalgico si concretizza col medico che sulla base del quadro clinico e della sua conoscenza della psicologia del paziente imposta una terapia del dolore la più facile da gestire e la meno gravata da effetti collaterali. La filosofia dell'”Ospedale senza dolore” vuol dire proprio questo: che in qualsiasi reparto il paziente oncologico sofferente venga accolto, il suo dolore sia trattato con la medesima professionalità”.


Mario Piccinini riconfermato alla guida dell'Aris del Triveneto

L’amministratore delegato del Sacro Cuore Don Calabria è al suo terzo mandato come presidente dell’Aris del Triveneto che riunisce 21 strutture sanitarie, 235 in tutta Italia

Mario Piccinini, amministratore delegato dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, è stato riconfermato alla guida dell’Aris Triveneto, l’Associazione religiosa degli istituti socio-sanitari che a livello nazionale riunisce 235 strutture sanitarie cattoliche.

La riconferma del dottor Piccinini, che è al suo terzo mandato, è avvenuta all’unanimità da parte degli associati del Veneto, Friuli Venezia Giulia e delle Provincie autonome di Trento e Bolzano.

All’Aris Triveneto aderiscono 21 strutture di cui sei ospedali classificati, cioè equiparati a quelli pubblici, un Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico, la Fondazione Istituto San Camillo di Venezia, e sette Centri di riabilitazione oltre a numerose case di cura.

A Verona fanno parte dell’Aris oltre alla Cittadella della Carità di Negrar (che comprende l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria e le Rsa Casa Perez e Casa Nogarè) anche il Centro Polifunzionale Don Calabria e l’ospedale Villa Santa Giuliana.

Mario Piccinini, laureato in Giurisprudenza, dal dicembre del 2015 è amministratore delegato dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in cui ha ricoperto anche il ruolo di direttore amministrativo. Nell’ambito dell’Aris nazionale è consigliere e membro della Commissione nazionale per i rinnovi contrattuali di medici e non medici.


Aneurisma dell'aorta addominale: la prima cura è la prevenzione

Ospedale Sacro Cuore Don Calabria - Journal

La rottura dell’anaurisma dell’aorta addominale provoca ogni anno 6mila decessi che potrebbero essere evitati se la patologia venisse diagnosticata in tempo, come spiega il dottor Antonio Jannello, direttore della Chirurgia Vascolare

Ha compiuto 90 anni il primo paziente operato di aneurisma addominale dell’aorta dalla Chirurgia vascolare dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Sta bene e a dimostrarlo sono le immagini dell’EcoColorDoppler effettuato pochi giorni fa.

 

Dall’intervento sono passati 15 anni. Era infatti il 2002 quando il dottor Antonio Jannello (nella foto) debuttò come direttore dell’Unità operativa portando dal San Raffaele di Milano a Negrar un intervento allora innovativo, ma oggi ampiamente utilizzato per il trattamento della patologia dilatativa aortica.

 

“Si tratta della tecnica endovascolare – spiega il dottor Jannello – che consiste nell’esclusione dal flusso sanguigno del tratto di aorta dilatato inserendo una protesi all’interno del lume del vaso. Questo impedisce la rottura del vaso o l’embolizzazione di materiale trombotico proveniente dalla sacca formata dall’aneurisma. La particolarità di questo trattamento è che tutto avviene senza effettuare incisioni sull’addome ma entrando con dei fili guida nell’aorta addominale attraverso l’arteria femorale partendo dalla regione inguinale”.

 

Oggi l’80% degli interventi effettuati a Negrar (circa sessanta all’anno) avviene con questa tecnica, che non sempre è possibile, ma è praticabile in base alla conformazione morfologica dell’aneurisma e dell’aorta del paziente.

 

“L’alternativa è l’intervento chirurgico open o in laparascopia. Entrambi consistono nella sostituzione del segmento arterioso dilatato con un segmento protesico suturato all’arteria sana (a monte e a valle della dilatazione), ma differiscono per le tecniche di preparazione dei vasi. In pratica si esegue un ‘bypass'”, prosegue il chirurgo.

 

Con gli anni il trattamento endovascolare si è imposto su quello chirurgico innanzitutto per la rapida ripresa del paziente che pochissimi giorni dopo l’intervento può tornare a casa e riprendere da subito le sue normali attività quotidiane.

 

“Inoltre le protesi utilizzate, insieme alle procedure, si sono evolute – sottolinea il dottor Jannello – permettendoci di curare anche pazienti molto compromessi dal punto di vista generale, come le persone cardiopatiche, con difficoltà respiratorie o con alle spalle una storia di altri interventi”.

 

L’aneurisma dell’aorta addominale è una patologia spesso asintomatica che consiste nella dilatazione del vaso causata da alterazioni strutturali della parete arteriosa. “Il paziente non avverte disturbi se si eccettua uno strano pulsare in regione ombelicale solo quando l’aneurisma ha raggiunto dimensioni molto grandi, di circa 6-7 cm – spiega il direttore della Chirurgia Vascolare – E naturalmente quando l’arteria si rompe nel punto dilatato. Allora subentra un forte dolore, seguito da uno shock ipovolemico dovuto alla perdita di sangue”.

 

La rottura dell’aneurisma dell’aorta addominale causa in Italia 6mila decessi all’anno: l’80% delle persone colpite muore prima di arrivare in ospedale, dove la mortalità degli interventi eseguiti in emergenza ha una percentuale del 50%. “Un rischio che si riduce al 3% quando il trattamento viene programmato”, sottolinea con forza Jannello.

 

Quindi diventa fondamentale la prevenzione in particolare nei confronti della popolazione più soggetta alla malattia. “Gli uomini con età superiore ai 65 anni hanno un rischio di sviluppare l’aneurisma dell’aorta addominale quattro volte superiore rispetto alle donne della stessa età e la familiarità incide con la medesima percentuale – prosegue il medico -. Fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, obesità e una preesistente arteriopatia occlusiva sono tutti fattori che favoriscono la dilatazione del vaso”.

 

Lo strumento di più largo utilizzo per la diagnosi precoce è l’EcoColorDoppler, un esame ecografico rapido e non invasivo, ma, se eseguito in centri specialistici, di alta sensibilità e specificità. “Il trattamento dell’aneurisma è indicato solo se la dilatazione ha raggiunto una dimensione superiore ai 50mm – sottolinea Jannello – altrimenti, salvo casi particolari, si consiglia di tenere monitorato il vaso con controlli periodici. Purtroppo non esistono terapie mediche in grado di curare la patologia aneurismatica, anche se un adeguato trattamento dell’ipertensione potrebbe diminuire il rischio di crescita e rottura di aneurismi piccoli e non ancora ‘chirurgici'”.

 

Se l’EcoColorDoppler segnala la presenza di un aneurisma, si procede con l’AngioTC, che effettuata con mezzo di contrasto permette al chirurgo vascolare di definire la struttura e l’anatomia del tratto di aorta aneurismatico attraverso ricostruzioni tridimensionali in maniera tale da scegliere il trattamento più adatto (chirurgico o endovascolare) per ogni singolo paziente.

 

“Per esemplificare quanto sia importante la prevenzione – conclude il dottor Jannello – ricordo i dati di uno screening nazionale “Un minuto vale una vita” che abbiamo svolto anche nei comuni veronesi della Valpolicella nel 2012, promosso in collaborazione con la Società italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare. Sono stati sottoposti ad esame EcoColorDoppler 1.279 cittadini con età superiore ai 65 anni, di questi 15 avevano una dilatazione dell’aorta significativa ma non tale da indicare un immediato intervento, mentre 4 sono stati trattati repentinamente per alto rischio di rottura. Nessuno era al corrente di avere una piccola bomba ad orologeria nel proprio corpo”.

 

elena.zuppini@sacrocuore.it


Quando Giovanni Paolo II visitò il "Sacro Cuore"

Il 17 aprile 1988 il papa visitava la Cittadella della Carità durante il suo viaggio pastorale nella diocesi di Verona. Una ricca galleria fotografica ripercorre le tappe di quell’evento memorabile che ancora oggi è vivo nel ricordo di molti

Il 17 aprile 1988, esattamente 29 anni fa, papa Giovanni Paolo II visitava la Cittadella della Carità di Negrar (vedi l’ampia galleria fotografica).

 

Era una domenica pomeriggio e il papa arrivava in Valpolicella nel corso della sua visita pastorale alla diocesi di Verona. Al mattino, in uno stadio Bentegodi gremito in ogni ordine di posto, aveva presieduto alla celebrazione per la beatificazione di don Giovanni Calabria e mons. Giuseppe Nascimbeni. Subito dopo pranzo ecco un altro bagno di folla per l’incontro in Arena con 20mila giovani di tutto il Triveneto. E a metà pomeriggio l’arrivo a Negrar, tra due ali di folla che accompagnavano la “papa mobile” fino al viale Rizzardi che conduce all’ingresso del “Sacro Cuore”.

 

Ecco come “L’Amico”, periodico dell’Opera Don Calabria, descriveva l’ingresso di Giovanni Paolo II:

 

“Il Papa entra direttamente all’ospedale Sacro Cuore, compiendo adagio le ultime centinaia di metri in piedi sulla vettura, benedicendo. Lo spazio disponibile è zeppo. In prima fila circa 2000 ammalati e infermi qui trasportati a cura dell’UNITALSI. Il Papa ne è affascinato. Percorre e ripercorre, una fila dopo l’altra, il cammino della sofferenza. Baci, abbracci, segni di croce sulla fronte, paziente ascolto di qualche effusione soffocata dalle lacrime. Si vede che il Papa ha dimenticato orario e scadenze. Se li porterebbe via tutti quei nostri fratelli, i prediletti del Signore. Alle finestre molti degenti sono affacciati e applaudono. Molti altri non possono muoversi dal letto, ma bevono ogni parola o suono, partecipando. Dove non è possibile vedere il Papa, sono installati schermi giganti in modo che ognuno possa seguire […] Tutto il personale ospedaliero (centinaia di persone) oggi è a disposizione per il servizio d’ordine e offrirà al Papa una cospicua somma per la sua carità” (L’Amico, giugno 1988).

 

Dopo il saluto dell’allora presidente dell’ospedale, fratel Francesco Guidorizzi, e del direttore sanitario Gastone Orio, ecco il discorso del Papa che parla del valore cristiano della sofferenza e della carità verso i malati (vedi discorso). Nell’occasione il Papa benedice due targhe di marmo che rappresentano la “prima pietra” di due enti nati all’ospedale proprio in quell’occasione: il Centro di Formazione e Solidarietà e la Fondazione per le Malattie Tropicali.

 

La visita di Giovanni Paolo II prosegue all’interno dell’ospedale Don Calabria, dove incontra le Piccole Suore della Sacra Famiglia. E poi a Casa Perez, per portare il saluto ai malati e incontrare i religiosi e le religiose di don Calabria, guidati dal Casante don Pietro Cunegatti e dalla Madre Lisetta Canteri. Al termine il Papa si allontana sulla “papa mobile” per recarsi al campo sportivo di Negrar; qui lo attende l’elicottero per il santuario della Madonna della Corona, dove si sarebbe conclusa la sua visita pastorale.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


«L'amore pasquale si esprime nel servizio al prossimo»

Scarica l'allegato PDFScarica l'allegato PDFScarica l'allegato PDF

Padre Miguel Tofful, superiore generale dell’Opera Don Calabria, porta il suo messaggio di speranza e di coraggio per tutti coloro che frequentano la Cittadella della Carità di Negrar in occasione della Pasqua

“Vivere è l’infinita pazienza di risorgere, di uscire fuori dalle nostre grotte buie, di togliere le bende dagli occhi e partire di nuovo per camminare verso una vita nuova di amore e servizio soprattutto ai più poveri e sofferenti”.

 

Con queste parole padre Miguel Tofful, Casante dell’Opera Don Calabria, ha voluto ricordare che proprio la dimensione del servizio è fondamentale per vivere pienamente la Pasqua in un luogo come la Cittadella della Carità di Negrar, dove sono ospitate tante persone in situazione di sofferenza e malattia.

 

Padre Tofful ha incontrato il personale della Cittadella, proponendo una riflessione basata sul Vangelo della lavanda dei piedi. Quel Vangelo, cioè, nel quale Gesù insegna ai suoi discepoli il valore del servizio. “Il gesto compiuto da Gesù intende mostrare che il vero amore è concreto e si traduce in azioni tangibili di servizio – ha detto il Casante – Il servizio e le relazioni che scaturiscono dalla croce e dalla Pasqua di Gesù sono il segno concreto che Lui è vivo in mezzo a noi. Coraggio, l’amore vince la morte” (vedi riflessione completa).

 

Nel concludere il suo messaggio, padre Tofful ha trasformato il brano del vangelo in una toccante preghiera che è un inno di speranza e incoraggiamento. Inizia così:

 

“Signore Gesù, Tu ci hai amato sino alla fine,

e ci hai insegnato che l’amore vince la morte.

Aiutaci ogni giorno che entriamo nella cittadella della carità,

a deporre le nostre vesti, spogliandoci di noi stessi…” (vedi preghiera completa)

 

* In allegato gli orari delle celebrazioni nella domenica di Pasqua (vedi programma).