Lotta alla malaria, c'è ancora molto da fare

La malaria uccide ogni anno quasi mezzo milione di persone, ma si vedono segnali di speranza nella battaglia contro questa malattia. Ce li spiega il dott. Andrea Angheben, infettivologo del Centro per le Malattie Tropicali

Ogni anno la malaria uccide quasi mezzo milione di persone nel mondo, di cui il 70% sono bambini con meno di 5 anni. Si tratta della terza causa di mortalità dovuta a malattie infettive, superata solo da TBC e HIV (vedi alcuni dati). Anche in Italia, ogni anno, vengono segnalati e curati centinaia di casi di malaria. Tra questi, una media di 40 casi all’anno vengono trattati presso il Centro per le Malattie Tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretto dal dott. Zeno Bisoffi, che è centro di riferimento regionale per le malattie tropicali ed è una delle realtà più importanti a livello nazionale per questo tipo di patologie. Tra l’altro per l’ospedale di Negrar è in corso l’iter per il riconoscimento di IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) relativamente proprio all’ambito delle Malattie tropicali e della Medicina delle migrazioni.

In occasione della giornata mondiale della malaria, che si celebra il 25 aprile, abbiamo parlato dei progressi nella lotta a questa malattia con il dott. Andrea Angheben, medico infettivologo del Centro per le Malattie Tropicali del Sacro Cuore.

Dott. Angheben, a che punto siamo nella lotta alla malaria?

I dati relativi alla diffusione e alla mortalità sono ancora molto elevati. Tuttavia sono numeri in forte calo rispetto al recente passato, perchè negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi.

Quali progressi?

C’è una combinazione di più interventi che hanno permesso di aggredire la malaria sotto vari aspetti. Ad esempio sono stati fatti investimenti importanti per diffondere l’uso di zanzariere da lettoimpregnate con permetrina, una sostanza che tiene lontane le zanzare. Questo rappresenta una modalità efficace di prevenzione della malaria soprattutto per i bambini. Ma anche nel campo delle cure sono stati fatti grandi progressi.

Si riferisce alle cure contro le patologie parassitarie che hanno fruttato il premio Nobel per la Medicina a tre ricercatori nel 2015?

Sì, e in particolare mi riferisco alla dott.ssa Youyou Tu che ha ricevuto il Nobel per aver scoperto e sviluppato il principio attivo dell’artemisinina. I farmaci sviluppati da questo principio sono usati da qualche anno contro la malaria e hanno un’efficacia molto elevata.

Perché questi farmaci sono così efficaci?

Anzitutto perché l’artemisinina è molto rapida nel ridurre la carica di parassiti della malaria presenti nel sangue della persona malata, agendo come una sorta di “antibiotico veloce”. Inoltre ha la proprietà di uccidere i gametociti del parassita, che sono il veicolo attraverso il quale le zanzare si infettano pungendo un soggetto malato.

Riguardo ai farmaci anti-parassitari che hanno portato al Nobel per la Medicina, anche il Centro per le Malattie Tropicali di Negrar è coinvolto in alcuni progetti di studio, vero?

Sì, il nostro Centro coordina uno studio europeo multicentrico per stabilire il dosaggio appropriato di ivermectina per la cura della strongiloidosi, una malattia parassitaria riemergente anche in Italia (l’ivermectina è un antiparassitario derivato dall’avermectina, agente bioattivo scoperto da Omura e Campbell, premiati con il Nobel nel 2015 insieme a Youyou Tu). Riguardo alla malaria, invece, il CMT è impegnato in uno studio di sorveglianza post-marketing di un farmaco basato sull’associazione tra di-idro-artemisinina e piperachina, attualmente usato per trattare i pazienti affetti dalla malattia e dell’artesunato, usato nei casi di malaria grave

Sul fronte di un eventuale vaccino cosa possiamo dire?

Esiste un vaccino che si trova nella fase finale della sperimentazione. La sua efficacia è compresa fra il 30 e il 40% nei bambini. Non molto, apparentemente, ma se lo pensiamo in combinazione con gli altri interventi già citati, può dare un’ulteriore sostanziale contributo nel ridurre la diffusione e la mortalità della malaria.

Parliamo del Centro per le Malattie Tropicali di Negrar. Trattate molti casi di malaria?

Da quando è nato il nostro centro, nel 1989, abbiamo preso in carico più di 1500 casi di malaria. Attualmente la media è di 40 casi all’anno.

Ma quindi la malaria è presente in Italia?

Nella quasi totalità dei casi si tratta di persone che si ammalano durante un viaggio in zone a rischio e sviluppano la malattia al loro rientro. Questo vale per i turisti e per i migranti che tornano in patria a trovare parenti e amici senza fare una profilassi contro la malattia. Poi ci sono alcuni migranti che arrivano in Italia già malati dalla loro terra d’origine.

Quali sono le zone più a rischio?

Sicuramente l’Africa sub-sahariana soprattutto occidentale è l’area dove c’è maggior diffusione della malattia. Altre aree con una certa presenza della malaria sono il Sud-Est Asiatico, in particolare il “triangolo” Cambogia-Thailandia-Vietnam, e l’Amazzonia, per le americhe.

Quali sono i servizi del Centro riguardo alla malattia?

Anzitutto abbiamo un ambulatorio di consulenze pre-viaggio per chi si deve recare in zone a rischio. Per accedervi bisogna rivolgersi alla segreteria del reparto. Si tratta di un servizio fondamentale, perché per certi tipi di viaggio non basta informarsi su Internet ma c’è bisogno di una vera e propria consulenza personalizzata alla luce del tipo di viaggio e delle condizioni di salute del soggetto. Ad esempio nel caso della malaria diamo una serie di consigli da seguire per ridurre i rischi e, se è il caso, indichiamo la profilassi più corretta.. Inoltre, se è il caso, già nella visita di consulenza possiamo procedere con le vaccinazioni più indicate.

E se qualcuno si presenta da voi con sintomi sospetti dopo un viaggio?

Siamo attrezzati per fare il test della malaria 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Infatti nel caso della malaria la diagnosi tempestiva è assolutamente fondamentale. Qualora il test sia positivo o in caso di sintomi acuti procediamo al ricovero nel reparto dove abbiamo 14 posti letto. In generale noi consigliamo a qualunque viaggiatore di fare un controllo in caso di comparsa di febbre elevata nel periodo successivo ad un viaggio in zone a rischio.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Malattie trasmesse dalle zecche: cosa fare?

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Venerdì 15 aprile in Sala Perez oltre 140 esperti provenienti da tutto il Triveneto si confrontano sulle problematiche connesse ai morsi di zecca. L’incontro è organizzato dal Centro per le Malattie Tropicali

Quali malattie può portare un morso di zecca? Come si fa ad individuarle? E come va gestito un paziente con una problematica di tal genere? Sono questi alcuni dei temi che verranno affrontati venerdì 15 aprile al Sacro Cuore, in occasione del convegno intitolato “Le malattie trasmesse dalle zecche in area locale e tropicale” (vedi programma allegato).
L’incontro, organizzato dal Centro per le Malattie Tropicali diretto dal dott. Zeno Bisoffi, vedrà la partecipazione di oltre 140 esperti del settore provenienti da diverse strutture sanitarie del Triveneto. Proprio il reparto di Malattie Tropicali del Sacro Cuore, insieme all’ospedale di Belluno, è centro regionale accreditato per le malattie rare infettive, tra cui quelle trasmesse dalle zecche.

Un problema in crescita
I morsi di zecca, e le malattie correlate, rappresentano un problema sempre più frequente per due motivi. Da un lato il cambiamento del clima sta favorendo una maggiore proliferazione di questo insetto, da sempre presente soprattutto nelle zone montane e rurali del Veneto, Friuli e Trentino Alto Adige. Dall’altro lato aumenta il numero di viaggiatori che si recano in Paesi tropicali dove sono endemiche alcune malattie trasmesse dalle zecche.
Le zecche portano malattie diverse a seconda della zona in cui si trovano – dice la dott.ssa Anna Beltrame, responsabile scientifica del convegno – in genere si tratta di malattie rare che presentano sintomi molto variabili, il che ne rende difficile l’individuazione specialmente se il paziente non viene seguito in modo adeguato. Per questo è fondamentale individuare un protocollo condiviso e uniforme per la gestione di questi casi“.

Quali malattie?
Le zecche possono trasmettere batteri, virus e parassiti responsabili di vari tipi di malattia. Tra le infezioni più frequenti causate dal loro morso in Italia ci sono la malattia di Lyme e la infezione da TBE (Tick-Borne Encephalitis) virus che in alcuni casi può avere delle gravi complicanze neurologiche. Riguardo alla malattia di Lyme, in Veneto sono stati segnalati 46 casi nel 2015, concentrati soprattutto in provincia di Belluno. Per la TBE i dati epidemiologici parlano invece di 159 casi in Italia tra il 2001 e il 2010 (dati riportati da European Centre for desease prevention and control, 2012). Per entrambe le malattie gli esperti sono concordi nell’affermare che i dati sono sottostimati. Dai Paesi tropicali i turisti possono invece importare patologie come la rickettsiosi, la tularemia e altre.

I sintomi e la gestione medica
Quando un paziente arriva dal medico in seguito a un morso di zecca, la prima cosa da fare è rimuovere la zecca. “Questa operazione va fatta senza usare nessun tipo di sostanza, perché così è meno probabile che la zecca rigurgiti i suoi germi infettando il paziente“, dice la dott.ssa Beltrame.
Successivamente è necessario fare un periodo di osservazione clinica, per valutare se l’infezione c’è stata o no. I principali sintomi da valutare: la comparsa di un’eruzione cutanea nella zona del morso (entro 7 giorni), probabile segnale di Lyme; la presenza di altri disturbi quali febbre, malessere, dolori articolari; l’accentuarsi di sintomi neurologici che possono indicare TBE (entro un mese dal morso).
Il passo seguente, nella gestione medica del morso di zecca, è l’invio del paziente a fare indagini sierologiche dopo 4-6 settimane per accertarsi che non ci sia stata infezione. Nel caso di morsi di zecca avvenuti in zone tropicali, inoltre, è fondamentale che gli esami siano effettuati presso centri di riferimento per le malattie tropicali.

Il convegno
Nel convegno la tematica verrà affrontata con un approccio multidisciplinare. Dopo un’introduzione sulle caratteristiche delle zecche e le modalità di estrazione delle stesse, si effettuerà l’aggiornamento dei dati epidemiologici delle varie patologie correlate, con un approfondimento delle loro manifestazioni cliniche, delle indagini e delle terapie disponibili. La parte finale sarà dedicata alla prevenzione e alla proposta di uno schema uniforme di gestione dei pazienti affetti da questa problematica.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


05/04/2016 Aperto il bando per otto volontari del Servizio Civile

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Possono partecipare tutti i giovani di età compresa tra 18 e 28 anni. La domanda va presentata entro il 20 aprile. I volontari selezionati affiancheranno per un anno gli educatori e gli operatori di Casa Nogarè, Casa Clero e Casa Perez.

IL BANDO
È aperto il bando per la selezione di giovani volontari che vogliano fare il Servizio Civile Nazionale presso la Cittadella della Carità di Negrar. I posti disponibili sono otto, suddivisi fra le tre strutture socio-sanitarie della Cittadella: Casa Perez, Casa Nogarè e Casa Clero.

La domanda va presentata entro mercoledì 20 aprile alle ore 14, compilando gli appositi moduli (domanda e curriculum) e consegnandoli o inviandoli al Centro Sociale di Casa Perez. Possono candidarsi giovani maschi e femmine che al momento della domanda abbiano un’età compresa tra 18 anni (compiuti) e 29 anni (non compiuti). Il bando è aperto a cittadini dell’Unione Europea e a cittadini non comunitari in regola con il permesso di soggiorno. Per chiarimenti e ulteriori informazioni ci si può rivolgere agli educatori della Cittadella della Carità (tel. 045.6013656 / 6013066; e-mail csocialeperez@sacrocuore.it / educazione@sacrocuore.it).

Le candidature pervenute entro il 20 aprile saranno valutate dall’ufficio del Servizio Civile dell’Opera Don Calabria. Verranno considerati con attenzione sia i titoli dei candidati sia le loro esperienze nel campo del volontariato, dopodiché ci sarà un colloquio conoscitivo e motivazionale con ogni candidato. Infine entro il mese di giugno sarà definita una graduatoria con la scelta degli otto volontari. Il Servizio vero e proprio inizierà indicativamente nel mese di settembre 2016.

IL PROGETTO
Tutti gli obiettivi del Servizio, l’organizzazione e le attività richieste ai volontari sono contenute nel progetto intitolato “Incontrarsi e raccontarsi: storie che educano” (vedi sintesi progetto). I giovani saranno chiamati a collaborare con il personale specializzato delle tre Case affiancando gli ospiti nei vari momenti della giornata, quali ad esempio: laboratori, accompagnamento ai pasti, feste di compleanno, gite e uscite, colloqui, incontri… In particolare verrà richiesto ai volontari di impegnarsi nel creare una relazione attiva con gli ospiti, ponendosi in un atteggiamento di ascolto e valorizzando le loro storie di vita, i loro interessi e i loro ricordi.

Le strutture nelle quali saranno inseriti i servizi civili sono di tipo socio-sanitario. In particolare a Casa Nogarè ci sono una casa di riposo, una Residenza Sanitaria Assistenziale ad indirizzo riabilitativo funzionale e una Speciale Unità di Accoglienza per persone in stato vegetativo permanente. A Casa Clero sono ospitati sacerdoti anziani non autosufficienti. A Casa Perez, infine, ci sono una casa di riposo per persone non autosufficienti con problemi sociali e psichiatrici e una RSA sempre per persone con problemi sociali e psichiatrici cronici.

IL SERVIZIO
Il Servizio Civile Nazionale, istituito nel 1998, dura 12 mesi per un impegno settimanale di 30 ore distribuite su 5 o 6 giorni. Ai volontari è corrisposto un incentivo di 433,80 € mensili. L’Opera Don Calabria è da tempo un ente accreditato dall’ufficio nazionale del Servizio Civile per fare progetti e accogliere giovani volontari nelle proprie attività. Attualmente nelle varie realtà dell’Opera sono già operativi 35 volontari, che stanno svolgendo il servizio nelle Case di San Benedetto (Verona), Catanzaro e Termini Imerese (Palermo).

Oltre al progetto della Cittadella della Carità, è aperto il bando, con scadenza il 20 aprile, per un progetto per quattro volontari anche al Centro Polifunzionale Don Calabria di Verona. Tutte le informazioni in merito si possono trovare sul sito www.serviziociviledoncalabria.it.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Quel dolore diffuso che nasconde la fibromialgia

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Quel dolore diffuso che nasconde la fibromialgia

Si tratta di una sindrome difficile da diagnosticare perché oltre al dolore presenta molti altri sintomi. Se ne parlerà sabato 9 aprile in un convegno in Sala Perez

“Dottore, sento dolore ovunque”. È una delle frasi più comuni che i medici di medicina generale sentono pronunciare dai loro pazienti. L’espressione di uno stato di malessere molto accentuato che spesso nasconde una sindrome, la fibromialgia, difficile da diagnosticare in quanto caratterizzata dai sintomi più disparati.

Della sindrome fibromialgica, della diagnosi e della terapia, si parlerà nel IX Seminario di Reumatologia della Valpolicella, che si terrà sabato 9 aprile dalle 8.30 nella sala convegni “Fr. Perez” dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Un incontro formativo annuale, promosso dall’Unità operativa semplice di Reumatologia, diretta dal dottor Antonio Marchetta, rivolto in particolare ai medici di medicina generale, in prima linea riguardo alle malattie reumatiche. Patologie che negli ultimi dieci anni hanno conosciuto grandi novità soprattutto nell’ambito terapeutico, con l’impiego dei farmaci biotecnologi affiancati a quelli tradizionali (per ulteriori informazioni sul convegno: http://formazione.sacrocuore.it/CorsiDettaglio.aspx).

Durante la mattinata, a cui presenzierà anche l’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, verrà trattato anche il tema dell’edema osseo con la lettura magistrale del professor Luigi Sinigaglia, direttore della Reumatologia dell’Istituto Gaetano Pini di Milano. A seguire il professor Giampiero Girolomoni, direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e venereologia dell’Università di Verona, parlerà delle manifestazioni dermatologiche nelle malattie reumatiche.

Dottor Marchetta, cos’è la fibromialgia?

È una forma molto comune di dolore muscolo-scheletrico diffuso, di affaticamento (astenia) e disturbi del sonno che colpisce circa 1.5-2 milioni di italiani, la maggior parte donne. Occorre chiarire che la fibromialgia non è un’artrite ma interessa prevalentemente i muscoli, i legamenti e i tendini. È una condizione che viene definita sindrome, dal momento che può manifestarsi con svariati sintomi .

Oltre al dolore diffuso, cosa lamenta il paziente?

Molto spesso sono presenti numerosi altri segni e sintomi con possibile interessamento di quasi tutti gli organi e apparati. L’insonnia o il cattivo riposo è un sintomo molto invalidante come la forte stanchezza (astenia). Molte persone riferiscono di cambiamenti repentini del tono dell’umore, e molto spesso i pazienti con fibromialgia presentano anche un quadro di depressione o disturbi di ansia. Altri sintomi sono la cefalea, di tipo muscolotensivo, disturbi gastrointestinali come il colon irritabile con alternanza di diarrea e stipsi, formicolio alle braccia e alle gambe, spasmi vescicali che costringono a urinare spesso. Il freddo acuisce tali disturbi.

Quali sono le cause della fibromialgia?

Al momento sono ignote. Esistono però vari fattori che possono scatenarla. Eventi stressanti come un lutto, una separazione, un trauma fisico o psichico, una malattia, la perdita del lavoro.

Come viene diagnosticata?

La diagnosi di questa sindrome a volte non è agevole, perché all’apparenza il paziente si presenta sano. Normalmente non si rilevano alterazioni degli esami di laboratorio come gli indici di infiammazione o i test reumatici così come gli esami strumentali quali quelli radiologici. Di fronte a un paziente con fibromialgia vanno escluse tutte le altre possibili malattie reumatologiche e non. La diagnosi è comunque fondamentalmente clinica e importante è l’associazione tra il dolore diffuso e la presenza di aree (tender points) che alla pressione evocano un dolore molto intenso.

Come si cura?

Essendo la fibromialgia un insieme di sintomi non esiste una cura specifica, ma una serie di interventi terapeutici per migliorare la qualità di vita del paziente. Il trattamento deve essere personalizzato e multispecialistico e comprendere figure quali il medico di medicina generale, il reumatologo, il fisiatra, lo psicologo e tutti gli specialistici interessati ai sintomi che il paziente lamenta. Le opzioni possono essere molte: la prescrizione di farmaci per attenuare il dolore o per riposare meglio; programmi di attività fisica che comprendano esercizi di stretching muscolare, tecniche di rilassamento ed altre metodiche per diminuire la tensione muscolare. La terapia termale è un valido presidio così come le terapie psicologiche cognitivo-comportamentali per aiutare il paziente a comprendere la sua malattia e imparare a convivere con la fibromialgia.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Una visita per prevenire i tumori del cavo orale

Venerdì 1 aprile sarà possibile fare una visita di controllo della bocca, gratuitamente e senza bisogno di prenotazione, presso l’ambulatorio ORL di Casa Nogarè. Orario del servizio: dalle 8,30 alle 12,00

L’ospedale Sacro Cuore Don Calabria aderisce alla seconda giornata nazionale di prevenzione e diagnosi precoce dei tumori del cavo orale, organizzata dall’Aooi (Associazione Otorinolaringologi Ospedalieri Italiani). L’appuntamento è per la mattinata di venerdì 1 aprile, dalle 8.30 alle 12.00, quando i cittadini potranno presentarsi all’ambulatorio ORL del Sacro Cuore, presso i poliambulatori di Casa Nogarè, per ricevere una visita di screening del cavo orale, gratuita e senza bisogno di prenotazione o impegnativa.

Qualora durante la visita fosse riscontrato il bisogno di qualche approfondimento, il paziente verrà inserito in un percorso di controllo adeguato, con l’ulteriore garanzia di trovarsi all’interno di un ospedale che si è recentemente costituito in Cancer Care Center, secondo un modello organizzativo che favorisce la presa in carico rapida e coordinata dei pazienti con sospetta diagnosi tumorale (vedi maggiori notizie sul Cancer Care Center).

Il cavo orale comprende lingua, gengive, guance, la parte inferiore della bocca, palato e labbra. I tumori di questo distretto hanno in Italia un’incidenza compresa tra 4 e 12 nuovi casi per 100mila abitanti all’anno. In genere si tratta di patologie che, con una diagnosi precoce, possono essere trattate efficacemente con metodi non invasivi, senza interventi demolitivi e con un’alta percentuale di sopravvivenza libera da malattia.

I maggiori fattori di rischio per questo tipo di tumori sono il fumo e l’abuso di alcol – dice il dott. Sergio Albanese, direttore dell’UOC di Otorinolaringoiatria del Sacro Cuore – Anche una dieta molto povera di frutta e verdura o altre situazioni che provocano una reiterata infiammazione della mucosa orale aumentano le probabilità di incorrere nella malattia. Tuttavia la vera emergenza è un’altra. Si è riscontrato, infatti, che negli ultimi anni c’è stata una crescita significativa di tumori del cavo orale e della gola correlati all’infezione da papilloma virus (HPV positivi). L’OMS parla addirittura di un aumento del 5% annuo a livello mondiale“.

Il papilloma virus è noto da tempo come un agente oncogeno a trasmissione sessuale, capace di favorire l’insorgere del tumore del collo dell’utero. In realtà si è scoperto negli ultimi anni che, in caso di rapporti orali, questo virus può infettare anche alcune cellule della gola, favorendo a lungo andare l’insorgere di tumori del distretto oro-faringeo. Proprio il cambiamento delle abitudini sessuali e l’aumento della promiscuità starebbe alla base di una progressiva diffusione del papilloma virus e dei tumori correlati.

Si tratta di una situazione allarmante anche perché il virus, una volta infettata la gola, si può trasmettere al partner anche con un normale bacio – dice ancora il dott. Albanese – ed è anche per questo che bisogna fare più informazione e prevenzione“.

Presso l’UOC di Otorinolaringoiatria dell’ospedale di Negrar nel 2015 sono state eseguite circa 4mila visite e 2.500 interventi in ambito ORL, comprendenti una quota di pazienti oncologici.

I pazienti con tumori della sfera ORL, a seconda della situazione, vengono inoltre prontamente trattati con chemio e radioterapia, secondo un percorso integrato con gli altri reparti operanti in campo oncologico all’interno dell’ospedale di Negrar.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Dormire bene è un sogno che può diventare realtà

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In occasione della giornata mondiale del sonno, il Centro di Medicina del sonno e l’associazione InFormaSonno si mettono a disposizione per dare informazioni e consigli sui disturbi del dormire. L’appuntamento è per sabato 26 marzo in Piazza Bra, a Verona

“Il buon sonno è un sogno raggiungibile”. Con questo tema si celebra oggi la giornata mondiale del sonno, il cui obiettivo è promuovere la conoscenza dei disturbi del sonno e sensibilizzare sulle ricadute che tali disturbi hanno sulla società (vedi poster allegato).

In occasione di questa giornata, anche il Centro di Medicina del sonnodel Sacro Cuore e l’associazione InFormaSonno si mobilitano per tenere alta l’attenzione su un problema che interessa in varia misura circa il 45% della popolazione italiana. In particolare i due enti promuoveranno una giornata di sensibilizzazione il prossimo SABATO 26 MARZO, allestendo uno stand informativo in Piazza Bra, nel cuore di Verona. A partire dalle 10 esperti e volontari saranno a disposizione per dare consigli sulle regole del dormire bene e per fornire materiale informativo a tutte le persone interessate. Tra i problemi al centro dell’attenzione: apnee notturne, insonnia, sindrome delle gambe senza riposo, disturbi del sonno nei bambini.

Il Centro di Medicina del sonno dell’ospedale di Negrar, diretto dal dott. Gianluca Rossato, opera da diversi anni nella prevenzione, diagnosi e cura dei disturbi del sonno. Nel 2015 i medici del Centro hanno effettuato quasi 1600 visite, eseguendo 904 polisonnografie (l’esame elettivo per la diagnosi di disturbi del sonno). Inoltre sono state fatte 744 saturimetrie notturne, esame per valutare la saturazione del sangue durante il sonno, e 322 terapie ventilatorie cpap/bipap finalizzate ad aiutare i pazienti nella respirazione durante il sonno. InFormaSonno è un’associazione nazionale nata lo scorso anno grazie aai medici del Centro di Negrar proprio con l’obiettivo di sensibilizzare sui problemi legati ai disturbi del sonno, servendosi in particolare del primo portale italiano dedicato al mondo del dormire: www.informasonno.it.

I disturbi del sonno provocano un sensibile peggioramento nella qualità della vita di chi ne è afflitto, con ripercussioni sul lavoro, sulla vita sociale e sulla salute. Inoltre sono alla base di molti incidenti stradali (si calcola che mediamente ogni anno ci siano mille morti e 120mila feriti per incidenti causati da colpi di sonno). A tal proposito, da gennaio 2016 è in vigore una normativa europea che impone vincoli più stretti per il rinnovo della patente a chi soffre di apnee notturne. Altro aspetto significativo è l’uso di sonniferi. Ogni anno in Italia si spendono 500 milioni di euro per l’acquisto di farmaci che aiutano a dormire, nella maggioranza dei casi senza alcun controllo medico. D’altra parte solo una persona su quattro, tra quelle con problemi di sonno, si rivolge ad un medico. Un vero peccato, perché in molti casi con i giusti accorgimenti si possono ottenere sensibili miglioramenti nel riposo notturno.


Disponibile on line il kit per gli esami parassitologici

Con pochi semplici passaggi è possibile ricevere direttamente a casa i contenitori per la raccolta di campioni biologici necessari per alcuni esami da eseguire al Laboratorio del Centro per le Malattie Tropicali

Sul sito www.sacrocuore.it è disponibile un nuovo servizio che permette di richiedere online e ricevere a casa i contenitori per la raccolta dei campioni necessari per gli esami parassitologici da effettuare presso il Laboratorio di Parassitologia del Centro per le Malattie Tropicali.

Si può accedere al servizio tramite il sito www.tropicalmed.eu o dalla sezione “Servizi on line” del sito www.sacrocuore.it (il link diretto alla pagina per la richiesta dei contenitori è https://www.sacrocuore.it/contenitori). Una volta aperta la pagina apposita, l’utente deve selezionare gli esami da fare (con impegnativa del medico). A questo punto il sistema calcola in automatico i contenitori necessari per eseguire gli esami, il kit più appropriato per la loro spedizione e il relativo costo. Una volta regolarizzato il pagamento con carta di credito, il kit richiesto verrà spedito con corriere all’indirizzo indicato. Tramite e-mail il richiedente riceverà notifica dell’avvenuta spedizione e il “codice vettore” del pacco.

Gli esami per i quali è possibile richiedere i contenitori sono quelli relativi alla ricerca dei parassiti intestinali e delle vie urinarie. I contenitori sono spediti all’interno di un kit a norma per il trasporto di materiale biologico inattivato. Tale kit comprende, inoltre, le istruzioni sulle modalità di raccolta dei campioni, la documentazione per la privacy e altra modulistica per ottimizzare l’esecuzione degli esami.

Al termine della procedura, l’ospedale comunica via e-mail il costo degli esami effettuati. Il paziente, una volta regolarizzato il pagamento, potrà consultare i referti on line sempre nella sezione “Servizi on line” del sito www.sacrocuore.it (pagina diretta: https://www.sacrocuore.it/Servizi-on-line/dossier/).

Gli esami che vengono eseguiti annualmente dal Laboratorio sono più di 20mila (quasi 24mila nel 2015). Molti di essi riguardano la ricerca dei parassiti intestinali. Le richieste di esami arrivano da tutta Italia ed è per questo che si è deciso di mettere a disposizione dei pazienti la possibilità di ricevere e restituire i campioni senza dover spostarsi da casa, con l’ulteriore agevolazione di consultare on line i relativi referti.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


L'Ambulatorio per la cura dei Tumori Neuroendocrini

Il 29 febbraio è la Giornata mondiale delle malattie rare, tra queste i Tumori Neuroendocrini. Il “Sacro Cuore Don Calabria” offre in loco tutte le opportunità terapeutiche con un Ambulatorio NET dedicato

I Tumori Neuroendocrini (NET-Neuroendocrine Tumours) del pancreas, del tratto gastroenterico e del polmone sono un gruppo eterogeneo di patologie sia per localizzazione sia per aggressività (benigni o maligni), che hanno origine dalle cellule del sistema neuroendocrino.
I NET possono essere funzionanti o non funzionanti e quando sono funzionanti secernano un ormone che provoca sintomi rilevanti sul paziente e da cui prendono il nome: insulinoma (insulina), gatrinoma (gastrina), glucanoma (glucagone), somatostatinoma (somatostatina), VIPoma (peptide vasoattivo intestinale-VIP)…
L’incidenza di 2-5 casi all’anno ogni 100mila abitanti, fa dei NET una forma oncologica relativamente rara, quindi poco conosciuta, la cui diagnosi viene effettuata spesso tardivamente in quanto queste neoplasie richiedono un approccio multidisciplinare e metodiche diagnostico-terapeutiche all’avanguardia

AMBULATORIO NET
Per questo nel 2013 è nato all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria l’Ambulatorio NET, inserito all’interno del Dipartimento oncologico, diretto dalla dottoressa Stefania Gori. L’ambulatorio NET, coordinato dalla dottoressa Letizia Boninsegna, segue il paziente in ogni fase di diagnosi e cura inserendolo in un percorso integrato, dove ogni specialista si confronta e collabora nella gestione ottimale e personalizzata del paziente (per ulteriori informazioni dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13, tel. 045.6013691, email: dip.onc@sacrocuore.itoppure letizia.boninsegna@sacrocuore.it).
L’équipe multidisciplinare Dell’ambulatorio NET fanno parte specialisti anatomopatologi, chirurghi generali e toracici, endocrinologi, diabetologi, gastroenterologi, medici nucleari, oncologi, pneumologi, radiologi e radiologi interventisti e psicologi.
Il Sacro Cuore Don Calabria ha una caratteristica unica per la presa in carico di pazienti affetti da questi tumori – afferma la dottoressa Boninsegna – in quanto dispone in loco di tutto ciò che è necessario per la diagnosi, la terapia e il follow up richiesti da questa patologia“.

LE CARATTERISTICHE
Diversamente da altre neoplasie che aggrediscono gli stessi organi, molti tumori neuroendocrini, come per esempio quello del pancreas, hanno ampie opportunità terapeutiche e prognosi favorevoli. “Personalmente sto seguendo pazienti – sottolinea il chirurgo – che sono stati operati nel 1997 e oggi stanno bene”.
Sono infatti forme oncologiche che raramente necessitano di chemioterapiapoiché la loro peculiarità è la presenza di recettori sulla superficie della membrana cellulare. Essi sono “come le serrature delle porte: indicano quale chiave usare per entrare nella cellula. L’80-90% dei NET dispongono dei recettori della somatostatina – spiega ancora Boninsegna – quindi la ‘chiave’ di accesso alla cellula è l’ormone somatostatina. Questo consente sia di diagnosticare il tumore con esami funzionali (come la PET con Gallio 68) sia di curare il tumore stesso”.

TERAPIE
In questo caso le vie terapeutiche sono due: la prima (terapia con analogo freddo) consiste nella somministrazione ogni mese dell’ormone somatostatina di sintesi (la sandostatina o l’octreotide) che ha le caratteristiche di “mettere a dormire” la cellula; la seconda (terapia con analogo caldo) è la terapia radiometabolica o radiorecettoriale, che si serve sempre della somatostatina, ma legata a un atomo radioattivo (l’ittrio o il lutezio) la cui somministrazione comporta la morte della cellula stessa.
“Quest’ultima è mirata e molto efficace, tanto che talvolta, riducendo la massa tumorale, consente di procedere chirurgicamente su casi considerati prima inoperabili”.

INTERVENTO CHIRURGICO
L’asportazione chirurgica del tumore rappresenta comunque il trattamento di prima scelta e il più efficace. “L’intervento sui tumori benigni è risolutivo – aggiunge la dottoressa Boninsegna – mentre nel caso di tumori maligni, sebbene si proceda radicalmente, vi è un rischio elevato che la malattia si riformi dopo cinque anni. Pertanto questi pazienti insieme a coloro che sono stati trattati anche per metastasi sono costretti a controlli a breve cadenza (sei mesi) e a convivere con la malattia. Per questo il Net si serve anche della fondamentale consulenza psicologica“.

CARCINOMI NEUROENDOCRINI
Una minoranza di Tumori Neuroendocrini origina da cellule neoplastiche scarsamente differenziate e caratterizzate da elevata frazione di crescita. La loro sede di origine appare ubiquitaria in quanto il tessuto neuroendocrino è diffuso ampiamente in vari organi e apparati, sia nel tratto gastroentero-pancreatico che dell’apparato respiratorio. Tali tumori sono i cosiddetti Carcinomi Neuroendocrini ed hanno una modalità di trattamento diversificata rispetto ad altre forme ben differenziate, in genere a crescita lenta con aggressività limitata (NET).

I Carcinomi Neuroendocrini infatti vengono spesso diagnosticati in fase avanzata e sintomatica della malattia, hanno una prognosi meno favorevole e presentano indicazioni a trattamento in prima linea con chemioterapia. In questo gruppo l’opzione terapeutica della Chirurgia e/o Radioterapia assume un valore limitato e palliativo e va considerata all’interno di un programma integrato che vede comunque indispensabile l’approccio chemioterapico.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Nasce in Amazzonia un ambulatorio per l'epilessia

l servizio è stato avviato all’ospedale Divina Providência di Marituba grazie alla collaborazione tra il Sacro Cuore e il Centro universitario “Bettina Ferro” di Belem. Servirà un bacino d’utenza di 2 milioni di persone

UN SERVIZIO FONDAMENTALE
Un ambulatorio per l’epilessia che serve un bacino d’utenza di 2 milioni di persone nell’area metropolitana di Belem, capitale dello stato brasiliano del Parà: è questo il risultato di un progetto nato dalla collaborazione tra il Sacro Cuore di Negrar e l’ospedale Divina Providência di Marituba, struttura sanitaria gestita dall’Opera Don Calabria nella regione amazzonica del Brasile (130 posti letto, 500 collaboratori – vedi approfondimento). Al progetto ha partecipato anche l’ospedale universitario “Bettina Ferro” di Belem, che fa capo all’università federale del Parà e si occupa di patologie neurologiche dell’infanzia e adolescenza.

Il nuovo ambulatorio che si trova nell’ospedale Divina Providência rappresenta già un punto di riferimento fondamentale per tutta la regione in quanto nell’intero stato del Parà non ci sono strutture pubbliche accreditate per fare diagnosi accurate di epilessia. Una grave carenza, tanto più che nella sola città di Belem si stimano oltre 4mila casi di epilessia, che salgono a 15mila se si considera l’intero stato. La previsione è quella di garantire, attraverso questo servizio, tra le 1500 e le 2000 visite specialistiche annuali.

Nell’ambulatorio lavorano attualmente due neuro pediatre con formazione specifica sull’epilessia e una neurologa per adulti. Sono impiegati inoltre due infermieri formati in Neurofisiologia. L’ambulatorio va ad integrare il Servizio di Neurofisiologia che è operativo da alcuni anni al Divina Providência. Presso tale servizio si eseguono già elettroencefalografie ed elettromiografie, mentre a breve si partirà con le video-elettroencefalografie che sono indispensabili per la diagnosi di epilessia.

IL RUOLO DEL SACRO CUORE
La formazione specialistica del personale tecnico, fondamentale per questo tipo di esami, viene garantita attraverso la collaborazione con il dott. Davide Tonon coordinatore del personale tecnico del Servizio di Neurofisiologia del Sacro Cuore di Negrar. Da sette anni il Sacro Cuore organizza corsi specifici a Marituba e medici dell’ospedale brasiliano seguono periodi di perfezionamento presso l’ospedale di Negrar. In Brasile il personale sia tecnico che medico di Marituba svolge inoltre periodicamente un tempo di formazione a Porto Alegre, presso il centro di riferimento federale brasiliano per le patologie neurologiche.

Al di là del rapporto tra Negrar e Marituba, consolidato ormai da dieci anni, vorrei sottolineare l’importanza della collaborazione con il centro universitario “Bettina Ferro” che prosegue ormai da tre anni, durante i quali sono stati fatti molti eventi di formazione reciproca nel campo della Neurofisiologia e delle malattie genetiche in Neurologia pediatrica“, dice il dott. Claudio Bianconi, direttore dell’Unità di Neurologia al Sacro Cuore, che è stato recentemente a Marituba per seguire gli sviluppi del progetto. “Il servizio dedicato all’epilessia è un risultato molto importante – aggiunge il dott. Bianconi – ma nella regione amazzonica c’è bisogno di fare ancora molti passi avanti nel campo della presa in carico delle malattie neurologiche, perciò stiamo perfezionando altri progetti che riteniamo fondamentali“.

TANTI PROGETTI PER IL FUTURO
Quali progetti? Anzitutto è in fase di preparazione uno studio epidemiologico, finanziato dallo stato del Parà, per valutare l’incidenza dell’epilessia infantile nella zona di Marituba (al momento non ci sono studi né dati di alcun tipo in proposito). L’indagine verrà condotta tra i quasi quattromila bambini degli asili e delle scuole che l’Opera Don Calabria gestisce nella città di Marituba. Il gruppo di lavoro che se ne sta occupando, coordinato dalla dott.ssa Helena Feio, comprende medici dell’ospedale Divina Providência e del centro universitario “Bettina Ferro.”

Un altro progetto prevede la creazione di un database unico per la raccolta dati dei pazienti che accedono alle due strutture, con l’obiettivo di creare una modalità comune di presa in carico dei pazienti affetti da epilessia, definendo un protocollo di trattamento farmacologico condiviso che permetta di avere dati omogenei da analizzare successivamente in un lavoro scientifico congiunto. Inoltre si sta lavorando per creare un’équipe di medici esperti nella diagnosi e trattamento delle epilessie farmaco-resistenti, con definizione di un protocollo per intervento chirurgico.

L’obiettivo di lungo periodo – conclude il dott. Bianconi – è quello di arrivare alla creazione di un centro di riferimento statale per la diagnosi e la cura delle epilessie e delle epilessie farmaco resistenti pediatriche, con definizione di trattamenti farmacologici e chirurgici condivisi. Inoltre si sta lavorando per creare un gruppo multidisciplinare per la diagnosi genetica e molecolare delle patologie epilettiche complesse“.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Morte encefalica: aspetti medici e culturali

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Morte encefalica: aspetti medici e culturali

Sabato 20 febbraio sala Perez ospiterà un convegno sugli aspetti medici e culturali della morte encefalica. Interverranno il dottor Francesco Procaccio del Centro Nazionale Trapianti e il filosofo Umberto Galimberti

Avrà come tema la morte encefalica il convegno che si terrà sabato 20 febbraio, a partire dalle 8.30, nella sala Perez dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Promossa dal Dipartimento di diagnostica per immagini, diretto dal dottor Giovanni Carbognin, la mattinata sarà divisa in due parti.

«La prima parte sarà incentrata sugli aspetti rianimatori, neuro-radiologici e medico-legali della diagnosi di morte encefalica – spiega il dottor Carbognin – e vedrà la relazione anche del dottor Francesco Procaccio del Centro nazionale trapianti. La seconda parte, invece, avrà carattere culturale interessando gli ambiti filosofici, antropologici e sociologici che il tema coinvolge. Potremo ascoltare la relazione del noto filosofo Umberto Galimberti».

Perché un tema come la morte encefalica viene promosso da un ospedale dove non è presente né una Neurochirurgia né una Terapia intensiva neurochirurgica? «Anche in una struttura che non è sede di procurement di organi per i trapianti – risponde Alberto Beltramello, consulente scientifico di Neuroraradiologia per l’ospedale di Negrar e presidente in carica dell’Associazione italiana di Neuroradiologia – approfondire un tema come la morte encefalica significa un’acquisizione culturale importante per la professionalità chi opera con pazienti in fine vita”.

In Italia la dichiarazione di morte encefalica è obbligatoria al di là che la persona sia candidata o meno al prelievo degli organi e viene effettuata mediante osservazione nell’arco di sei ore da una commissione formata da un neurologo, da un rianimatore e da un medico legale. Si tratta di una diagnosi clinica e strumentale che comporta una serie di esami. Negli anni si è realizzata una migliore interpretazione di tecniche ormai consolidate, come i test di flusso, di cui si parlerà anche nel convegno.

«Ci sono situazioni in cui per le condizioni del paziente l’elettroencefalogramma non è effettuabile o altre in cui la diagnosi clinica non è assolutamente certa – prosegue Beltramello -. In questi casi si ricorre ai test di flusso, per verificare l’arresto alla base del cranio del flusso ematico, un criterio fondamentale per la diagnosi di morte encefalica». I test di flusso sono comunque obbligatori per i bambini di età inferiore ad un anno e sono l’angiografia, la scintigrafia e l’ecodoppler transcranico.

«Sette anni fa è stata aggiunta anche l’angioTac – prosegue il neuroradiologo -. Tuttavia anche con quest’ultimo esame si può verificare, soprattutto nei bambini, un minimo ingresso di liquido di contrasto all’interno del cranio attraverso le arterie carotidi, che pur essendo evidente manifestazione di stagnazione dello stesso, rende impossibile, applicando i criteri in vigore, stabilire la morte encefalica».

Grazie a uno studio collaborativo che ha coinvolto alcuni ospedali «il dottor Procaccio ed io nell’ambito del Gruppo di lavoro per l’aggiornamento del decreto ministeriale sull’accertamento di morte encefalica, di cui facciamo parte, abbiamo messo a punto un algoritmo in base al quale in presenza della stagnazione del liquido di contrasto nelle carotidi si verifica, secondo il modello francese, se le vene centrali del cervello sono iniettate. Se la risposta è negativa viene dichiarata la morte anche in presenza di un minimo ingresso intracranico di contrasto».

elena.zuppini@sacrocuore.it