Al “Sacro Cuore Don Calabria” opera un’équipe formata alla presa in carico delle donne oggetto violenza: un approccio multidisciplinare con lo scopo di mostrare alla vittima che una via di uscita c’è sempre

Valentina (nome di fantasia) è una giovane donna separata con due figli. Ha conseguito due lauree, un Master e lavora per una grande azienda. Quando arriva al Pronto Soccorso di Negrar ha il bavero del trench firmato sporco di sangue e agli orecchi due grossi brillanti. “Adesso basta!”, sono le parole che pongono fine ad anni di violenza da parte del marito, ora ex. L’ultima ragione per picchiarla, l’ha trovata nel coraggio della donna di rivendicare gli alimenti per i loro figli, non versati da mesi per “mancanza di disponibilità”. Quel coraggio l’ha tirato fuori di fronte all’ennesima auto di grossa cilindrata, passione per la quale lui non badava a spese La reazione della madre dei suoi figli? Un affronto, quindi, e ancora, giù botte.

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulla donnaabbiamo voluto raccontare una delle tante storie raccolte in questi anni dagli operatori del Pronto Soccorso dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Una storia che rompe gli schemi della “leggenda” per cui la violenza di genere nasce nel disagio economico e nell’ignoranza.

 

Nel 2018 sono già 19, due in più rispetto all’anno scorso, le donne che prese in cura dai sanitari hanno riferito di atti di violenza da parte di un membro del nucleo familiare, quasi sempre il marito o il compagno. Otto sono straniere e undici italianeSono invece 50 coloro che sono state vittime di colluttazione, aggressione e percosse in generale. Tra queste anche una percentuale di donne che seppur vittime di violenza di genere, hanno negato l’evidenza.Visi e nomi differenti, italiane e straniere, ceti sociali più o meno abbienti, laurea e diploma di scuola media, dirigenti e casalinghe: cambia l’ambientazione, ma la violenza fisica e psicologica è sempre la stessa. Anche la paura è sempre la stessa. “Si stima che trascorrano sette anni prima che la donna chieda aiuto – afferma il direttore del Pronto Soccorso, Flavio Stefanini -. E le ragioni sono le più disparate: il terrore delle ritorsioni da parte del compagno, i problemi economici, la sudditanza psicologica, il timore di non saper prendesi cura da sola dei figli minori..”.

 

L’IRCCS di Negrar è uno dei sottoscrittori del protocollo “per la segnalazione e la presa in carico urgente di donne vittime di violenza”. A firmarlo nel 2017 anche Ulss 9 Scaligera-Distretto Ovest Veronese, i Comuni della stessa zona, e la Clinica Pederzoli di Peschiera. L’obiettivo è quello di “assicurare interventi urgenti di presa in carico e inserimento in strutture protette delle donne vittime di violenza affinché possano determinarsi nella scelta di uscire dalle situazioni di violenza”. Una parte codifica la prassi operativa dei Pronto Soccorso, il primo riferimento, dicono i dati, per un terzo delle donne vittime di violenza in Italia. Al protocollo si affiancano da tempo dei corsi del Coordinamento Regionale Emergenza Urgenza (CREU) con l’obiettivo di formare gli operatori alla presa in carico della donna, avviandola, con la collaborazione delle forze dell’ordine e dei servizi sociali, a un percorso di protezione immediato e non, presso le case di pronta accoglienza. Un compito non facile, perché gli operatori devono anche confrontarsi con donne, spesso straniere, che tendono a giustificare la violenza come un sistema di vita legato alla storia culturale.

 

Al Pronto Soccorso del “Sacro Cuore Don Calabria” opera un’équipe formata a questo scopo. E’ composta oltre che dal direttore, il dottor Stefanini, dalla dottoressa Cinzia Ferraro, dal caposala Ivano Giacopuzzi e anche dall’assistente sociale Francesca Martinelli. “La logica di un approccio multidisciplinare, sia medico che sociale – spiega la dottoressa Martinelli – è quella non tanto di convincere la donna a sporgere denuncia, la cui decisione può avvenire in un secondo momento. Ma di informarla che una via di uscita c’è, per lei e per i suoi eventuali figli, grazie a un rete di servizi dedicati sul territorio. Che esiste un circuito di protezione che può usufruire subito, ma anche nel tempo quando avrà maturato la decisione di prendere in mano la propria vita. Che la legge è dalla sua parte e la aiuterà in questo percorso”. E’ bene ricordare, infatti, che la donna può fare richiesta per l’assegno di mantenimento per i minori a carico; può avvalersi del patrocinio gratuito di assistenza legale; può usufruire di astensione dal lavoro retribuita (per un massimo di tre mesi su base giornaliera e nell’arco di tre anni) e della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part time; infine il giudice su istanza di parte può assumere il provvedimento di allontanamento da casa il maltrattante. Tutte informazioni, insieme agli indirizzi del Centri anti-violenza (telefono Rosa e Petra), che vengono date alla donna al momento delle dimissioni dal Pronto Soccorso.

elena.zuppini@sacrocuore.it