Nascono i Poli universitari IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, sedi dell'Università di Verona

Le due nuove sedi didattico formative dell’Università di Verona in via San Marco, dove sono state realizzate tre aule per le lezioni frontali, e all’IRCCS di Negrar, per la formazione nei reparti dei futuri medici e infermieri. Martedì 15 ottobre lo storico taglio del nastro

 

Università di Verona e IRCCS Sacro Cuore Don Calabria avviano i poli di formazione universitaria di alcuni Corsi di laurea della Macroarea di Scienze della vita e della Salute dell’Università scaligera.

L’ufficializzazione è avvenuta questa mattina con l’inaugurazione delle nuove aule a Verona, in via San Marco 121, uno dei poli universitari, l’altro è lo stesso Ospedale di Negrar che ospiterà i tirocini nei vari reparti individuati.

A tagliare il nastro della nuova struttura il Magnifico Rettore dell’Ateneo, Pier Francesco Nocini, il Direttore Generale della Ricerca con delega all’Università dell’IRCCS di Negrar, Mario Piccinini, insieme a fratel Gedovar Nazzari, come rappresentante legale dell’Opera Don Calabria.

All’evento erano presenti anche l’Amministratore Delegato dell’IRCCS di Negrar, Claudio Cracco, il Direttore Sanitario, Fabrizio Nicolis, il Direttore Generale dell’Università, Federico Gallo, il Delegato del Rettore alla Didattica, Federico Schena, il Presidente del Corso di Laurea magistrale in Farmacia, Cristiano Chiamulera, la Presidente del Corso di Laurea in Igiene Dentale, Nicoletta Zerman, e il Presidente dell’Esu di Verona, Claudio Valente.

Il professor Nocini, il dottor Piccinini e fratel Nazzari hanno firmato anche l’addendum alla convenzione del 13 dicembre 2022, il quale porta alla collocazione in via San Marco del Corso di laurea magistrale a ciclo unico di Farmacia e delle nuove sedi del Corso di laurea triennale in Igiene Dentale, del Corso di laurea magistrale biennale in Scienze delle professioni sanitarie e tecniche e del Corso di Laurea triennale in logopedia.

 

Nel polo universitario di Negrar, invece, saranno attivi i tirocini clinici curriculari delle Scuole di Specializzazione, dei Corso di laurea di Medicina e Chirurgia (IV-VI anno), Corso di laurea in Infermieristica (I-III anno).

Il polo universitario di via San Marco è stato realizzato al piano terra della palazzina D del complesso dove al piano superiore si trova una delle sedi del Centro Odontostomatologico dell’Ospedale, l’altra è all’IRCCS di Negrar.

All’interno del Centro, diretto dal dottor Stefano Orio, dallo scorso gennaio è operativa la Struttura autonoma di Odontoiatria infantile e igiene orale, diretta dalla professoressa Nicoletta Zerman docente di Odontoiatria Pediatrica e Odontoiatria Cosmetica e Estetica dell’Università di Verona nel corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria e del Corso di laurea in Igiene Dentale di cui è Presidente.

Una collocazione, quella delle aule, che viene incontro così alle esigenze didattico-formative degli studenti che si preparano nell’ambito delle cure dentali.
Le aule per le lezioni sono 3: rispettivamente da 116, 102 e 82 posti, dotate di tutti i dispositivi tecnologici necessario all’attività didattica.

L’area, di circa 600 mq, comprende anche quattro uffici dedicati al personale docente e amministrativo dell’ateneo e a fine mese sarà disponibile un ulteriore spazio dedicato allo studio. Inizialmente sono oltre 200 studenti che potranno usufruire di ambienti totalmente nuovi immersi in una zona verde, con ampia possibilità di parcheggio e raggiungibile facilmente anche con i mezzi pubblici.

 

 

dottor Mario Piccinini

“Quello che oggi celebriamo è un ulteriore, e storico, passaggio della collaborazione tra l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e l’Università di Verona – ha sottolineato il dottor Piccinini – attraverso la quale intendiamo perseguire una sempre maggiore integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca.  Questo polo universitario di Verona è stato realizzato per la formazione teorica degli studenti e teorico-clinica degli igienisti dentali, mentre il polo collocato all’Ospedale di Negrar è dedicato alla preparazione clinica, nelle varie unità operative, dei futuri medici, infermieri e specializzandi, che avranno l’opportunità di un’esperienza formativa accanto ad eccellenti professionisti e in un contesto con tecnologia all’avanguardia. Questo a vantaggio di tutta la comunità, perché più si ampliano e diversificano le opportunità formative, più avremo personale sanitario preparato. Di fatto siamo un ospedale di insegnamento e stiamo lavorando presso le istituzioni preposte, con il sostegno dell’Ateneo, per il riconoscimento ufficiale.

Prof. Pier Francesco Nocini

 “Come avevo promesso alle nostre studentesse, ai nostri studenti, ai colleghi e alle colleghe dell’ateneo e all’intera comunità territoriale nel dicembre di due anni fa, alla sigla del primo accordo tra la nostra Università e l’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, – ha affermato il Magnifico Rettore Pier Francesco Nocini – abbiamo potenziato la rete formativa di alcuni corsi di laurea della Macroarea di Scienze della vita e della Salute e l’inaugurazione di oggi prosegue il percorso intrapreso. Vogliamo, infatti, che medici, infermieri, farmacisti, biologi e tecnici sanitari che prepariamo nella nostra Università garantiscano ai pazienti le migliori cure possibili.  Per raggiungere questo obiettivo abbiamo lavorato con impegno con l’obiettivo di poter realizzare un’integrazione concreta delle nostre attività formative, di ricerca e assistenziali con quelle di altre eccellenti realtà sanitarie come l’Irccs Sacro Cuore don Calabria. Sono sempre convinto che fare rete sia la strada maestra per il pieno raggiungimento degli obiettivi comuni, obiettivi che abbiamo condiviso in questi anni con l’Irccs di Negrar per migliorare i profili di cura dei nostri pazienti e per ottimizzare e rendere sempre più efficienti le risorse e potenzialità del nostro sistema sanitario regionale”.

Nella foto da sinistra a destra: il dottor Fabrizio Nicolis, direttore sanitario dell’IRCCS di Negrar, il dottor Federico Gallo, direttore generale dell’Università di Verona, il dottor Claudio Cracco, amministratore delegato dell’IRCCS di Negrar, il professor Cristiano Chiamulera, presidente del Corso di Laurea in Farmacia, la professoressa Nicoletta Zerman, presidente del Corso di laurea in Igiene dentale, il professor Pie Francesco Nocini, rettore dell’Università di Verona, il dottor Mario Piccinini, direttore generale della ricerca con delega all’Università dell’IRCCS di Negrar.


Dall'ospedale al rientro a casa: la presa in carico della persona con lesione midollare

Sabato 12 ottobre in Sala Perez è in programma un incontro organizzato dall’Unità Spinale del “Sacro Cuore” per parlare dei percorsi diagnostico-terapeutici e della continuità assistenziale tra ospedale e territorio nella presa in carico dei pazienti medullolesi dopo il rientro al proprio domicilio

Fare il punto sulla presa in carico della persona con lesione al midollo spinale e rafforzare la continuità assistenziale quando viene dimessa dall’ospedale e torna al proprio domicilio. Sono questi gli obiettivi dell’incontro intitolato “Percorsi diagnostico-terapeutici tra ospedale e territorio: la persona con lesione midollare”, in programma sabato 12 ottobre presso la Sala convegni “Fr. Francesco Perez” dell’IRCCS di Negrar (vedi programma). A organizzare l’evento è l’Unità Spinale del “Sacro Cuore”, che è uno dei tre centri di riferimento presenti in Veneto che associano una offerta riabilitativa per il trattamento sia delle lesioni midollari (Unità Spinale) che delle gravi cerebrolesioni acquisite (Neuroriabilitazione) – gli altri si trovano al San Bortolo di Vicenza e a Motta di Livenza.

Nel convegno sono previste due sessioni: la prima dedicata alla fase ospedaliera nella presa in carico di questi pazienti, mentre nella seconda si approfondirà la fase della cronicità, con le complicanze che possono verificarsi nel tempo, una volta tornati a casa, e il ruolo fondamentale dei medici di base e dei presidi territoriali nella gestione di tali situazioni. Per questo i principali destinatari dell’incontro sono proprio i Medici di Medicina Generale che lavorano sul territorio.

 

Dottor Giuseppe Armani, direttore della Riabilitazione Intensiva dell'Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Giuseppe Armani

“Quando si verifica una lesione del midollo spinale, le problematiche che si presentano sono molto complesse e richiedono un trattamento presso strutture altamente specializzate – spiega il dottor Giuseppe Armani, direttore dell’Unità Spinale di Negrar – L’iter terapeutico ospedaliero dura in genere qualche mese, dopodichè il paziente torna a casa e inizia la sua nuova quotidianità”. Una quotidianità molto diversa da prima, dove si dovrà fare i conti con deficit motori e della sensibilità più o meno consistenti a seconda del livello neurologico e della completezza della lesione midollare: si parla di tetraplegia o paraplegia se la lesione midollare interesserà, rispettivamente, il midollo cervicale o dorso-lombare.

Dopo il rientro a domicilio le condizioni della persona con lesione al midollo spinale tendono a cronicizzarsi ed è a questo punto che possono presentarsi complicanze specifiche che richiedono una adeguata presa in carico da parte del territorio. “Tra le problematiche più frequenti possiamo avere le lesioni da pressione, le infezioni a carico dell’apparato urinario e più in generale difficoltà nella gestione dell’alvo e della vescica neurologici – prosegue Armani – disfunzioni legate alla spasticità oltre che a modifiche della sfera sessuale. In tutti i casi sono problemi che spesso vanno indagati e trattati in modo diverso rispetto ad altri pazienti, perché nel soggetto medulloleso bisogna tener presente degli esiti della disfunzione neurologica determinata appunto dalla lesione midollare. Per questo è importantissimo che il medico di medicina generale riconosca tali complicanze e sappia indirizzare il paziente in modo corretto. Ad esempio in ospedale sono presenti servizi dedicati, come l’ambulatorio per il trattamento della spasticità e l’ambulatorio di videourodinamica e rieducazione delle funzioni autonome, con personale dedicato, dove si può effettuare la valutazione e il trattamento della disfunzione urologica e intestinale; inoltre in questa sede viene eseguito lo studio della fertilità, si provvede alla ricarica degli infusori intratecali di baclofene e si effettuano visite di chirurgia plastica per le lesioni da pressione.

Il lavoro di sensibilizzazione sui problemi e sulle potenzialità delle persone con lesione midollare è portato avanti dall’Unità Spinale insieme al Galm (Gruppo Animazione Lesionati Midollari), un’associazione nata proprio a Negrar nel 1977 per rappresentare e tutelare a Verona i pazienti con lesione spinale e conseguente paraplegia o tetraplegia. Già due anni fa da tale collaborazione è nata la pubblicazione di un “agile” opuscolo informativo che contiene le principali informazioni per la gestione dei problemi specifici legati a questa patologia. Un vademecum viene dato alla persona durante il ricovero e un altro al momento della dimissione con l’indicazione di farlo recapitare al proprio medico di base.

L’Unità Spinale del “Sacro Cuore”, nata pressappoco 30 anni fa, accoglie annualmente circa 40 persone con lesione midollare da causa traumatica e non traumatica, che possono presentare caratteristiche di completezza o incompletezza. Tra le cause non traumatiche vi sono quelle vascolari, particolarmente ischemiche, quelle infettive e quelle secondarie a lesione espansiva. L’età media delle persone ricoverate si aggira sui 55 anni, in risalita rispetto ai primi anni quando era sui 45 anni. Il reparto è dotato di una terapia sub-intensiva che permette di accogliere anche pazienti che richiedono stretto monitoraggio delle funzioni vitali, anche con necessità di supporto della funzione respiratoria.

La presa in carico della persona ricoverata avviene in modo interprofessionale e interdisciplinare con fattiva sinergia tra Reparto-Unità Spinale e Servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa.

Al fine di garantire percorsi univoci e strutturati alle persone dopo un evento acuto disabilitante, sia di origine midollare che cerebrale, è attiva da molti anni una procedura di presa in carico tra Azienda Ospedaliera di Verona, l’Ospedale di Negrar e l’Ulss 9; un medico esperto della Neuroriabilitazione-Unità Spinale di Negrar accede, con cadenza settimanale, alla Terapia Intensiva a indirizzo Neurologico e reparti di Neurochirurgia della A.O.U.I. di Verona per visitare le persone che sono state segnalate e proporne un percorso.


Congresso nazionale SIF: l'oggi e il domani della diagnosi e della cura delle patologie venose

Dal 10 ale 12 ottobre si tiene a Verona il Congresso nazionale della SIF- Sicietà Italiana di Flebologia, sotto la presidenza del dottor Paolo Tamellini, responsabile della Chirurgia flebologica  dell’IRCCS di Negrar. Gli esperti nazionali ed internazionali faranno punto sulla diagnosi e la terapia della patologie venose, vere e proprie malattie sociali dal momento che  ne soffre oltre il 30% della popolazione. Si tratta di una malattia benigna, le cui possibili complicanze però  possono portare a esiti decisamente invalidanti con costi sanitari e sociali enormi.

Le patologie venose sono una vera e propria malattia sociale dal momento che  ne soffre oltre il 30% della popolazione. Si tratta di una patologia benigna, le cui possibili complicanze però  possono portare a esiti decisamente invalidanti con costi sanitari e sociali enormi.

Palo Tamellini, chirurgo vascolare IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Paolo Tamellini

Nonostante ciò in Italia non esiste una scuola di Specializzazione universitaria in Flebologia. Il flebologo è un medico – spesso chirurgo vascolare –  che nel suo percorso formativo e professionale si è dedicato alla diagnosi e al trattamento delle patologie delle vene. Un concetto, quello della mancanza di una specializzazione accademica, che sarà sottolineato anche nel corso del 38° Congresso nazionale della SIF, la più grande Società Italiana di flebologia (600 soci), che si tiene a Verona dal 10 al 12 ottobre sotto la presidenza del dottor Paolo Tamellini, responsabile della U.O.S.  di Chirurgia Flebologica Ambulatoriale dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (qui il programma)

“Il Congresso avrà una particolare attenzione per i giovani medici – sottolinea il dottor Tamellini – Il programma infatti prevede due corsi teorico-pratici accreditati ECM, uno di Diagnostica eco-color-doppler e uno sulla terapia compressiva per le malattie venose. Crediamo che una società scientifica debba avere una particolare sensibilità verso le nuove generazioni e come priorità la condivisione di esperienze, perché questa è l’unica via possibile per offrire delle opportunità future non solo ai giovani medici, ma soprattutto ai pazienti”.

Il Congresso, nelle varie sezioni, spazierà nel vasto ambito della patologia venosa. A cominciare dalla malattia che interessa il sistema venoso superficiale, la cui manifestazione più diffusa sono le varici, definite popolarmente vene varicose. “Negli ultimi anni sono state introdotti trattamenti che hanno rivoluzionato la terapia sclerosante, cioè di chiusura di quelle vene o capillari ‘malati’, espressione di insufficienza venosa – prosegue il dottor Tamellini-. La  scleroterapia oggi viene praticata attraverso la somministrazione endovenosa, sotto guida ecografica, di schiuma sclerosante. Altra innovazione rivoluzionaria è l’ablazione endovasale termica, mediante Laser o Radiofrequenza. Sono tutte metodice mini-invasive che consentono di trattare le vene senza ‘strapparle’, a beneficio di una ripresa quasi immediata del paziente, che il giorno seguente l’intervento può riprendere le normali attività quotidiane”.

Si parlerà inoltre di patologia trombotica  a carico del sistema venoso profondo, possibile e temuta causa di embolia polmonare.  Altro argomento saranno le malattie del sistema linfatico, il quale concorre, insieme a quello venoso, al drenaggio dei liquidi dai tessuti. “Una delle manifestazioni  patologiche  di questo sistema è il linfedema, un accumulo patologico di linfa  alle estremità degli arti, altra condizione estremamente invalidante se non riconosciuta e trattata – sottoliena  il flebologo -. Si tratta di una malattia in aumento in quanto sono sempre più frequenti interventi oncologici demolitivi che comprendono anche lo svuotamento linfonodale radicale. Come accade nel caso dei tumori della mammella che richiedono l’asportazione chirurgica dei linfonodi ascellari, ma anche gli interventi  per le neoplasie ginecologiche o urologiche (prostata). In Italia sono ancora pochi i centri che si occupano di queste malattie, che vengono trattate con fisioterapia, bendaggi e nelle forme più gravi con la chirurgia”.

Infine il Congresso toccherà’ una terra di frontiera visitata solo da alcuni pionieri: la chirurgia delle vene profonde. “La tecnica è mutuata dall’emodinamica cardiologica con l’introduzione di un catetere attraverso la vena femorale, la dilatazione del tratto chiuso ed infine il rilascio di uno stent. E’ una tecnica che richiede oltre un elevato expertise, anche sofisticate e costose tecnologie, per ora disponibili solo in pochi centri”.

La Chirurgia flebologica dell’IRCCS di Negrar ogni anno esegue circa 200 interventi  per varici agli arti inferiori e oltre 100 procedure di scleroterapia dei grossi tronchi. Offre un ambulatorio dedicato per la diagnosi eco-color-doppler delle patologie venose e un ambulatorio dedicato al trattamento delle ulcere cutanee.  In collaborazione con il Servizio di Fisioterapia offre il trattamento ambulatoriale del linfedema nei casi indicati. Dispone inoltre del bagaglio tecnico e delle competenze per eseguire procedure sul sistema venoso profondo e sta esplorando l’introduzione di nuove tecnologie quali l’infiltrazione di cellule mononucleate per il trattamento delle ulcere refrattarie.


Qualità, precisione e sicurezza: nasce il Laboratorio di Farmacia Oncologica e Galenica Avanzata

Ambienti rinnovati e tecnologie innovative per garantire la massima qualità, in una logica di sterilità e precisione dei dosaggi, nella preparazione dei farmaci antitumorali e quindi la massima sicurezza per il paziente e per gli operatoriUna parte della struttura è dedicata all’allestimento dei tessuti umani impiegati negli impianti di chirurgia ortopedica. A inaugurare il nuovo Laboratorio in occasione della Festa di San Giovanni Calabria, l’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin

In occasione della Festa di San Giovanni Calabria, martedì 8 ottobre all’IRCCS di Negrar, l’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, ha inaugurato il Laboratorio di Farmacia Oncologica e Galenica Avanzata della Farmacia Ospedaliera, diretta dal dottor Roberto Tessari.

Si tratta del totale rinnovamento strutturale e tecnologico della precedente Unità Farmaci Antiblastici (UFA), dove già avveniva dal 2005 l’allestimento centralizzato delle terapie antitumorali per ogni singolo paziente. Una struttura all’avanguardia che implementa ulteriormente il percorso multidisciplinare del paziente oncologico del Cancer Center del Sacro Cuore Don Calabria. Inoltre la nuova struttura potrebbe diventare una preziosa opportunità formativa per i tirocinanti del Corso di Laurea in Farmacia dell’Università di Verona, alla cui nascita ha contribuito l’IRCCS di Negrar.

Ma il nuovo Laboratorio non si occuperà solamente dei farmaci oncologici. Una parte infatti è stata dedicata ad allestimenti particolarmente delicati e critici, come i tessuti umani per gli impianti di chirurgia ortopedica e le iniezioni intravitreali per il trattamento delle maculopatie degenerative, che da oggi trovano posto in ambienti dall’elevatissimo standard qualitativo e di sicurezza.

Al taglio del nastro erano presenti, oltre all’assessore Lanzarin e a tutta la Direzione dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria,  anche il direttore generale dell’ULSS9, Patrizia Benini, il suo direttore sanitario, Denise Signorelli, il direttore generale dell’Università degli Studi di Verona, Federico Gallo, il Presidente del Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia, Cristiano Chiamulera, il sindaco di Negrar, Fausto Rossignoli e il Presidente dell’Ordine dei Farmacisti, Federico Realdon.

Don Massimiliano Parrella, Casante dell’Opera Don Calabria

La benedizione inaugurale è stata impartita dal Superiore Generale dell’Opera Don Calabria, don Massimiliano Parrella, che ha presieduto precedentemente la Messa.

Fratel Gedovar Nazzari, presidente dell’IRCCS di Negrar

 

 

 

 

 

 

“Per don Calabria l’ospedale è anche un luogo di incontro e di scambio, dove medici, infermieri, pazienti e familiari formano una comunità unita dalla solidarietà e dalla speranza. Un luogo dove la fede in Dio si traduce in opere concrete di misericordia e di sollievo per chi soffre”, ha affermato il presidente dell’IRCCS di Negrar, fratel Gedovar Nazzari. “Questo nuovissimo Laboratorio, così come tante altre piccole e grandi innovazioni del nostro ospedale, è espressione della cura e del rispetto per il paziente che don Calabria ci ha lasciato in eredità. Per questo ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno lavorato per realizzarlo e tutti i collaboratori dell’ospedale che ogni giorno si impegnano per trasformare in realtà il sogno del Fondatore.

Al centro l’AD dell’IRCCS di Negrar, Claudio Cracco

“L’oncologia oggi offre molteplici opportunità terapeutiche che fino a pochi anni fa non erano disponibili – ha sottolineato l’Amministratore Delegato, Claudio Cracco – Farmaci che richiedono anche nell’allestimento sempre maggiore qualità, sicurezza e precisione per offrire al paziente terapie sempre più personalizzate. Questo nuova struttura è stata progettata e realizzata affinché il percorso – dal Laboratorio al “letto del paziente” –  del farmaco e dei prodotti di galenica avanzata, in primis i tessuti, risponda ai più elevati standard qualitativi a beneficio assoluto del malato e del nostro personale e del personale che vi lavora E’ un Laboratorio che risponde alle esigenze di oggi, ma nello stesso tempo aperto al futuro, a tutto ciò che la tecnologia potrà offrire in questo ambito ed a eventuali collaborazioni con il territorio”.

 

 

 

Dr. Roberto Tessari, direttore della Farmacia Ospedaliera

“Il nuovo Laboratorio di Farmacia Oncologica e Galenica Avanzata supera il tradizionale concetto di Unità Farmaci Antiblastici, per dare vita a un sistema di gestione completa delle terapie oncologiche: dall’acquisto del farmaco, all’allestimento delle terapie personalizzate, al controllo del prodotto, fino alla somministrazione al “letto del paziente” – ha spiegato il dottor Roberto Tessari, direttore della Farmacia Ospedaliera -. Un sistema pensato e realizzato per garantire la massima qualità, in una logica di sterilità e precisione dei dosaggi, nella preparazione dei farmaci antitumorali e quindi la massima sicurezza per il paziente e per gli operatori, tecnici di laboratorio e farmacisti, che ogni giorno manipolano dalle 10 alle 15 sostanze intrinsecamente pericolose. La nuova struttura si distingue per una forte aderenza alla normativa europea, obbligatoria per l’industria farmaceutica, ma difficilmente applicabile in toto nelle farmacie ospedaliere. Il modello creato a Negrar – ha proseguito – si contraddistingue per l’impiego di tecnologie avanzate, informatizzazione del processo dell’allestimento, il monitoraggio in tempo reale delle operazioni, l’adozione dei flussi di lavoro “paperless”, attraverso monitor touchscreen integrati nelle cappe a flusso laminare, e specifiche procedure per garantire un’efficiente strategia del controllo della contaminazione microbica”.

 

“Il fatto di avere un’attenzione non solo per le terapie che si preparano ma anche per la sicurezza dei dipendenti è  un aspetto che valorizza un’istituzione oltre ad essere un dovere per il datore di lavoro”, ha sottolineato il direttore generale dell’ULSS 9, Patrizia Benini. “Attualmente stiamo collaborando con l’IRCCS di Negrar per erogare un servizio di eccellenza in grado di rispondere alle esigenze dell’area veronese. Non precludo altre tipologie di collaborazione, perché è necessario essere sempre ‘sul pezzo’ in questa sanità che si muove in tempi rapidi”.

L’Assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin

“Quella di oggi è una sanità che va sempre più veloce, che deve sempre più mettere insieme la parte professionale, e quindi le competenze del ‘capitale umano’, con la tecnologia come accade in questo nuovo Laboratorio – ha detto l’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin– L’investimento continuo in innovazione che sta facendo questo Ospedale è fondamentale per la diagnosi precoce delle malattie e per offrire trattamenti sempre meno invasivi, siano essi terapie erogate da macchinari di ultima generazione o farmaci, come molti di quelli allestiti in questa struttura, che abbiano meno ricadute possibili sulla qualità di vita dei pazienti. Oggi il sistema sanitario è in sofferenza – ha sottolineato – a causa di una molteplicità di fattori. Il Veneto riesce a rispondere alla domanda di salute della popolazione, grazie a un sistema che si basa sulla sanità pubblica, accanto alla quale lavora in modo complementare un privato accreditato di qualità, come l’IRCCS di Negrar. Con questa amministrazione regionale il privato accreditato è cresciuto e partecipa a creare soluzioni alle criticità che sta vivendo la nostra Sanità, in generale. Perché credo che solo con una visione partecipata pubblico-privato possiamo rispondere al bisogno di salute e le sfide che la sanità ci pone davanti”.

Locali classificati con progressivo gradiente di pulizia dell’aria; assenza di materiale cartaceo (paperless); armadi per la vestizione nelle zone filtro con flussi d’aria aspiranti; predisposizione a sistemi di tracciamento dei farmaci, dal Laboratorio al “letto del paziente”, che sfruttano i campi elettromagnetici (tecnologia Rfid- Radio Frequency Identification); varchi di passaggio dei prodotti da una stanza all’altra (pass box) dotati di flussi d’aria decontaminante, strettissime procedure operative, e molto altro, fanno di quello dell’IRCCS di Negrar  uno dei Laboratori di Farmacia Oncologica e Galenica Avanzata più innovativi in Italia.

Il cuore della nuova struttura – che si estende per 180 mq di cui 50 adibiti a spazi tecnici –  sono i due locali nei quali sono collocate le 4 cappe a flusso laminare. Due cappe, presenti nel primo locale, sono dedicate alla manipolazione esclusiva degli antiblastici, cioè al frazionamento e/o alla diluzione dei chemioterapici (ma non solo), provenienti dall’industria farmaceutica, in base alla terapia prescritta dall’oncologo per ogni paziente. Una terza cappa, situata nel secondo locale, è riservata all’allestimento dei tessuti per gli impianti di chirurgia ortopedica. Si tratta di menischi, legamenti, segmenti ossei, cartilagini umane forniti dalla Banca dei Tessuti di Treviso a -80°C.

Con una procedura messa a punto dalla Farmacia Ospedaliera, e validata dalla stessa Banca, i tessuti sono sottoposti a scongelamento, lavati dalle sostanze crioconservanti e messi in contenitori con soluzione fisiologica sterile, pronti per essere impiegati nell’intervento. L’allestimento “sotto cappa”, anziché direttamente in sala operatoria, è una garanzia di sterilità, quindi di sicurezza per il paziente. Inoltre viene minimizzato il rischio di possibili sprechi, in quanto il personale di laboratorio della Farmacia prepara i tessuti solo dopo conferma da parte dei clinici della certezza d’impiego, con importanti risvolti anche dal punto di vista etico (sono tessuti umani frutto di donazioni). La quarta cappa, presente sempre nel secondo locale, è dedicata alla preparazione delle terapie oncologiche ancillari (cortisone, antiemetici…) e delle iniezioni intravitreali per il trattamento delle maculopatie degenerative.

 Locali con differenti e progressivi gradienti di pulizia dell’aria

La sterilità di un farmaco è la prerogativa principale per assicurare la massima qualità e sicurezza per il paziente, soprattutto per quello oncologico che può spesso trovarsi in una condizione di immunodepressione.

La sterilità del prodotto allestito nel nuovo Laboratorio, è garantita dal progressivo gradiente di pulizia dell’aria che caratterizza i cinque ambienti di cui è composta la nuova struttura: si va da locali in classe D, passando dalla C, fino ai due locali in classe B. In quest’ultimi si trovano le cappe a flusso laminare, sotto le quali è garantita la sterilità del prodotto (classe A). Lo scopo di questa progressione crescente è quello di minimizzare il rischio di contaminazioni microbiologiche.

Per rendere immediatamente riconoscibili agli operatori le diverse classi di pulizia dell’aria, e quindi l’idonea vestizione di cui devono essere provvisti, i pavimenti dei locali hanno colori differenti.

La progressiva pulizia dell’aria è ottenuta per mezzo di filtri, definiti assoluti, perché abbattono insieme alle micro-polveri la carica batterica e microbica. Inoltre si basa su un raffinato equilibrio di pressioni tra un locale e l’altro, tale da impedire che l’aria “meno pulita” entri in zone con pulizia superiore, e impedendo che l’aria della zona di allestimento dei preparati antiblastici possa uscire ed entrare nelle aree dove gli operatori sono meno protetti dal rischio di contaminazione da chemioterapici. Concorrono al mantenimento del progressivo gradiente di pulizia dell’aria anche il sistema di interblocco delle porte presente in ogni locale del laboratorio (la seconda porta non si apre se non è chiusa la prima). Infine il passaggio del materiale da un locale all’altro avviene attraverso pass box dotati di flussi di aria in classe A.

Laboratorio “paperless”

Sempre nella logica di abbassare il rischio di contaminazioni dell’aria, il Laboratorio è stato pensato con percorsi paperless, cioè all’interno delle stanze non viene introdotto nessun documento cartaceo. Sotto cappa sono stati collocati degli schermi touchscreen appositamente progettati per i campi sterili sui quali appaiono le istruzioni per l’allestimento dello specifico preparato galenico. Un sistema digitale che ha anche il pregio di abbattere il rischio di distrazione dell’operatore, rischio che sarebbe invece favorito dalla presenza di materiale cartaceo da consultare.

Tecnologia di tracciamento RFid

Da oltre 20 anni la Farmacia Ospedaliera del Sacro Cuore Don Calabria possiede un sistema che consente di tracciare il percorso di qualsiasi farmaco o dispositivo all’interno dell’ospedale, un tracciamento basato su codici a barre destinati alla lettura per mezzo di un sensore a scansione, che sarà presto sostituito. Il nuovo Laboratorio infatti è stato predisposto per la tecnologia RFID (tecnologia Rfid- Radio Frequency Identification) che sfrutta i campi elettromagnetici. Ogni singola preparazione sarà dotata di un microchip integrato che potrà essere rilevato da sensori distribuiti nell’area ospedaliera. Un sistema finalizzato a diminuire ulteriormente il rischio di errori di somministrazione, in quanto riduce il ruolo della componente umana nel processo di tracciamento.


Carisma, professionalità e tecnologia al centro del quarto incontro degli ospedali calabriani

C’era anche una delegazione del “Sacro Cuore” all’incontro degli ospedali dell’Opera Don Calabria che si è svolto dal 18 al 20 settembre in Angola. Insieme ai rappresentanti dei nosocomi di Luanda, Marituba e Manila si è parlato di “ospedale del futuro” e della grande sfida di coniugare carisma, professionalità e tecnologia nei vari contesti in cui operano le strutture calabriane.

Sono circa 50 i partecipanti al quarto incontro internazionale del Sistema Sanitario Calabriano, provenienti dalle strutture sanitarie dell’Opera Don Calabria di Negrar (Italia), Luanda (Angola), Marituba (Brasile) e Manila (Filippine). L’evento si è svolto nella capitale angolana dal 18 al 20 settembre, con organizzazione a cura dell’ospedale “Divina Providência” di Luanda e della locale Delegazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza.

Per l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria hanno partecipato in presenza il presidente fratel Gedovar Nazzari, il dr. Davide Brunelli, vicedirettore sanitario, il coordinatore amministrativo Stefano Bellomi e fratel Maicon Bartelle, dell’Ufficio Formazione. Inoltre sono intervenuti attraverso collegamento da remoto l’amministratore delegato Claudio Cracco e il responsabile dell’ingegneria clinica Pierluigi Beverari. Tra gli organizzatori anche il dr. Claudio Bianconi, responsabile dei progetti sanitari internazionali dell’IRCCS.

Il tema dell’incontro era il seguente: “L’Ospedale calabriano all’altezza dei tempi: carisma, professionalità, tecnologia”. Il convegno è stato aperto dal Casante don Massimiliano Parrella e ha visto nella parte iniziale il saluto di Cristiano Gallo, ambasciatore italiano in Angola, e del dr. Carlos Alberto Pinto de Sousa, segretario di stato per la salute pubblica. Nella prima giornata molto spazio è stato dedicato alla presentazione della realtà sanitaria angolana e del lavoro che viene effettuato all’ospedale Divina Providência di Luanda. Molto interessante l’intervento del dr. Paolo Cattaneo, del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali di Negrar, il quale ha presentato la ricerca sulla farmacoresistenza alla tubercolosi che viene portata avanti in collaborazione tra IRCCS e HDP. Nel pomeriggio il Casante ha approfondito il tema dell’approccio al malato dal punto di vista del carisma di san Giovanni Calabria.

Il focus della seconda giornata ha riguardato l’ospedale del futuro, con relazioni che hanno insistito sulle novità che nel giro di pochi anni rivoluzioneranno la sanità dal punto di vista organizzativo e tecnologico: digitalizzazione e telemedicina, nuovi macchinari, intelligenza artificiale… Sono grandi sfide per tutti, ma che offrono notevoli opportunità di progresso nell’assistenza ai malati anche nei contesti più poveri. In chiusura di giornata è stato molto significativo l’intervento del prof. Fernando Figueiras, direttore dell’Istituto di Medicina Integrale del Pernambuco, ente che si occupa di formazione in campo sanitario e che ha avviato una collaborazione con il Sistema Sanitario Calabriano.

L’ultima giornata ha visto un momento di presentazione e confronto tra i direttori dei quattro ospedali calabriani. Un’occasione utile per conoscere la realtà, le problematiche e le possibili sinergie. Proprio la possibilità di collaborare e migliorare l’assistenza al malato nell’ottica del carisma di don Calabria rappresenta l’obiettivo principale del Sistema Sanitario Calabriano. Da questo punto di vista l’incontro di Luanda ha rappresentato una tappa importante di un percorso che la Congregazione porterà avanti nei prossimi anni coinvolgendo sempre di più il personale dei quattro ospedali.

 

HDP di Luanda

L’ospedale Divina Providência di Luanda, fondato nel 1994, si trova in un quartiere molto povero e popoloso alla periferia di Luanda. E’ composto da 5 posti di salute esterni dove sono erogate prestazioni ambulatoriali e da una unità centrale dove vengono inviati i casi più complessi e bisognosi di ricovero. I posti letto sono più di 100, distribuiti tra pediatria, medicina generale, centro nutrizionale terapeutico e reparto tbc. I ricoveri nel 2023 sono stati 3.313 con oltre 40mila vaccini somministrati, soprattutto a bambini, e 150mila visite. Di particolare rilievo il padiglione dedicato ai malati di tubercolosi e HIV, ai quali viene fornita quotidianamente la terapia.

LA SINTESI FILMATA DELL’INCONTRO

(A cura dell’Ufficio Comunicazione HDP Luanda)

LE INTERVISTE

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Anche l'IRCCS di Negrar accende i riflettori rosa sulla prevenzione del tumore del seno

Anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria si colora di rosa, accendendo i riflettori sulla prevenzione del tumore del seno. Fino alla conclusione dell’Ottobre rosa’, la facciata dell’Ospedale, che dà su viale Rizzardi, si tingerà al tramonto del colore femminile per eccellenza, simbolo anche della lotta contro una neoplasia, quella mammaria, che colpisce una donna su 8. Gli specialisti della Breast Unit del Sacro Cuore Don Calabria ospiti della serata, organizzata dall’Andos in collaborazione con il Comune di Negrar, mercoledì 16 ottobre presso la scuola primaria

Anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria si colora di rosa, accendendo i riflettori sulla prevenzione del tumore del seno. Fino alla conclusione dell’Ottobre rosa’, la facciata dell’Ospedale, che dà su viale Rizzardi, si tingerà al tramonto del colore femminile per eccellenza, simbolo anche della lotta contro una neoplasia, quella mammaria, che colpisce una donna su 8.

“Un tumore ad altissima incidenza che tuttavia vede un tasso di sopravvivenza a cinque anni vicino al 90% e la disponibilità di trattamenti efficaci anche per le forme più aggressive e metastatichespiega la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento Oncologico dell’IRCCS di Negrar –  Tutto questo grazie alla diagnosi precoce, favorita dagli screening, e alla ricerca, che, aumentando le conoscenze di biologia molecolare sulle differenti forme di carcinoma mammario, consente oggi di applicare protocolli terapeutici personalizzati. Fondamentale è stata l’istituzione delle Breast Unit, centri avanzati dove la donna viene presa in carico dalla diagnosi alla terapia fino alla riabilitazione da un team multispecialistico”.

Saranno proprio alcuni specialisti che compongono la Breast Unit del Sacro Cuore Don Calabria ad essere ospiti all’incontro, che si terrà mercoledì 16 ottobre alle 20.30 presso la scuola primaria di Negrar di Valpolicella (via Cavalieri di Vittorio Veneto).

Promossa dall’Andos-Associazione Nazionale Donne Operate al Seno – Comitato di Verona, presieduto da Maria Stella Laveneziana, in collaborazione con il Comune negrarese, la serata, che rientra tra le varie iniziative per il mese dedicato alla prevenzione, ha come obiettivo quello di informare a 360° la cittadinanza sul tumore del seno, partendo dall’importanza degli esami strumentali (mammografia) per la diagnosi precoce e illustrando il percorso durante e dopo l’ospedalizzazione nel caso di diagnosi positiva. All’incontro interverranno oltre a Stefania Gori, responsabile della Breast Unit, anche Filippo Alongi, direttore del Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata, Alberto Massocco, direttore della Chirurgia senologica, e Cesare Cristofoli, Giuseppe Deledda, Roberto Filippini e Anna Russo, responsabili rispettivamente della Chirurgia Plastica, della Psicologia Clinica, della Medicina della Sport e della Radiologia Senologica.

Proprio per favorire l’accesso agli esami senologici completi, l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, nelle due sedi di Negrar e di Verona (via San Marco 121), offre la possibilità per tutto questo mese di eseguire in tempi celeri la mammografia, insieme a ecografia e visita senologica.


Addio don Adelio Tomasin, vescovo emerito in Brasile ed ex Casante dell'Opera Don Calabria

Monsignor Tomasin è morto lunedì 30 settembre a Quixadà, in Brasile, dove era vescovo emerito. Era religioso dell’Opera Don Calabria, di cui è stato Casante dal 1972 al 1984. Da giovane aveva conosciuto bene don Calabria ed era rimasto profondamente colpito dal suo carisma. Nel 1959 era stato tra i primi Poveri Servi a partire per le missioni in Uruguay.

Lunedì 30 settembre è morto in Brasile mons. Adelio Tomasin, vescovo emerito di Quixadà e religioso dell’Opera Don Calabria, di cui è stato Superiore Generale dal 1972 al 1984. Mons. Tomasin aveva 94 anni e già da qualche tempo si trovava in precarie condizioni di salute. Originario di Montegaldella (Vicenza), all’età di 12 anni è entrato come studente nella casa di don Giovanni Calabria. Ha conosciuto bene il fondatore dell’Opera, rimanendo profondamente colpito dal suo carisma basato sull’abbandono alla Provvidenza e sulla vicinanza ai più poveri. Ha fatto la prima professione religiosa nel 1951 a San Zeno in Monte (Verona) e nel 1955 è stato ordinato prete.

Mons. Tomasin è stato uno dei primi missionari dell’Opera a partire da Verona per l’Uruguay, nel 1959 (vedi foto nella gallery). Tre anni dopo ha aperto la prima missione in Brasile, a Porto Alegre, fondando una scuola professionale tuttora presente e radicata sul territorio. Dopo un’esperienza in Nigeria, è rientrato in Italia dove nel 1972 è stato eletto Casante dell’Opera, terzo successore di don Calabria. Ha mantenuto l’incarico per 12 anni, dando un forte slancio allo sviluppo missionario e al consolidamento della Congregazione.

Da Casante ha accompagnato anche alcune importanti tappe nello sviluppo della Cittadella della Carità di Negrar. Proprio nel 1972, infatti, il Ministero della Sanità aveva decretato l’equiparazione del “Sacro Cuore” e del “Don Calabria” agli ospedali pubblici. Inoltre fu lui a presiedere le celebrazioni per il 50° anniversario dell’ospedale e nell’occasione pose insieme a don Luigi Pedrollo la prima pietra della nuova ala sud nel 1983 (vedi foto qui sotto). Sempre in quegli anni venne costruita Casa Perez, poi inaugurata nel 1984.

Terminato il mandato da Casante, nel 1988 papa Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo della diocesi di Quixadà, nello stato brasiliano del Cearà, in una zona particolarmente povera nel nord-est del Paese. Qui mons. Tomasin si è prodigato per i più fragili, coinvolgendo in questa opera di aiuto anche tante persone dall’Italia che lo hanno sempre sostenuto. Tra le sue iniziative, da citare in particolare l’impegno in ambito culturale ed educativo, con la fondazione di tre atenei che hanno trasformato Quixadà in una città universitaria, offrendo opportunità di formazione e occupazione per tanti giovani. Anche dopo aver dato le dimissioni per raggiunti limiti di età, nel 2007, è rimasto in Brasile e ha continuato nel suo impegno in campo pastorale, educativo e sociale.

Don Adelio era una persona davvero innamorata del carisma di san Giovanni Calabriadice don Massimiliano Parrella, attuale Casante dell’Opera – era una persona che guardava sempre avanti, proiettata nel futuro. Aveva una grande fiducia nella cultura come mezzo per promuovere i giovani e per far progredire la società. Anche prima di essere vescovo, quando era Casante e prima ancora missionario, ha sempre avuto questo slancio verso il futuro e verso i più poveri. Uno slancio che ha dato un grande impulso allo sviluppo dell’Opera di don Calabria fuori dai confini di Verona negli anni Settanta e Ottanta”.


Il Centro malattie retto-intestinali: 20 anni in linea con il progresso nella cura delle IBD

E’ un compleanno importante, quello che il Centro per le Malattie infiammatorie croniche dell’intestino dell’IRCCS di Negrar festeggerà, il prossimo 4-5 ottobre alla Camera di Commercio di Verona, con l’annuale appuntamento scientifico dal titolo emblematico: “Transforming IBD care: lessons from last 20 years” (clicca qui per il programma). Infatti i due decenni di vita del Centro – che oggi segue 4mila pazienti di cui 850 in terapia avanzata – coincidono con lo straordinario progresso nella cura delle IBD- Inflammatory Bowel Disease (MICI in italiano), malattia di Crohn e colite ulcerosa. 

Nella foto dell’équipe del Centro per le Malattie infiammatorie croniche e IBD Unit: da sinistra, la dottoressa Angela Variola, il dottor Andrea Geccherle, la dottoressa Alessia Todeschini e il dottor Giuliano Barugola

E’ un compleanno importante, quello che il Centro per le Malattie infiammatorie croniche dell’intestino dell’IRCCS di Negrar festeggerà, il prossimo 4-5 ottobre alla Camera di Commercio di Verona, con l’annuale appuntamento scientifico dal titolo emblematico: “Transforming IBD care: lessons from last 20 years” (clicca qui per il programma). Infatti i due decenni di vita del Centro – che oggi segue 4mila pazienti di cui 850 in terapia avanzata – coincidono con lo straordinario progresso nella cura delle IBD- Inflammatory Bowel Disease (MICI in italiano), malattia di Crohn e colite ulcerosa. Grazie ai farmaci innovativi per molti dei 250mila malati in Italia (il 60% sotto i 40 anni) la vita è radicalmente cambiata, passando da una condizione spesso gravemente invalidante alla remissione della malattia.

“Erano gli ultimi mesi del 2003 quando sono stati aperti a Negrar i primi ambulatori che vedevano la collaborazione di internisti e gastroenterologi con i chirurgi proctologi per la presa in carico dei pazienti colpiti da patologia colo-rettale benigna”, racconta il dottor Andrea Geccherle, responsabile del Centro malattie retto-intestinali e dell’IBD Unit e presidente del Congresso insieme al dottor Remo Andreoli. “Ben presto ci accorgemmo che la formula dell’ambulatorio integrato si adattava perfettamente al paziente affetto da patologie infiammatorie croniche dell’intestino – prosegue – Successivamente siamo stati uno dei primi centri a creare una vera e propria rete di specialisti (patologi, radiologi, endoscopisti, dermatologi, reumatologi, oculisti, ginecologi, urologi…) per offrire al paziente il percorso di cura migliore e più accessibile, valorizzando il ruolo dell’interdisciplinarietà che fino ad allora era appannaggio solo del mondo oncologico. L’interdisciplinarietà nelle IBD è fondamentale sia per le fasi di diagnosi e stadiazione della malattia, ma anche per la concomitante presenza di altre patologie auto-immuni, che condizionano le scelte terapeutiche”.

Il 2000 è l’anno della svolta per il trattamento delle patologie infiammatorie croniche dell’intestino: viene messo sul mercato il primo farmaco biotecnologico, l’anticorpo monoclonale Infliximab, che pochi anni dopo viene somministrato anche a Negrar, nel neonato centro delle malattie retto-intestinali. Attualmente i farmaci appartenenti alla terapia avanzata (biologici e piccole molecole), destinati ai pazienti con patologia moderata-grave e refrattari o intolleranti alla terapia convenzionale, sono 9 per la colite ulcerosa e 6 per la malattia di Crohn.

“Solo 20 anni fa avevamo come unica arma terapeutica, l’immunosoppressore Aziotoprina e il cortisone, con tutti gli effetti avversi che comportano questi farmaci assunti in via continuativa – spiega la dottoressa Angela Variola, medico gastroenterologo  dell’IBD Unit – Oggi disponiamo di terapie che non solo limitano la loro azione esclusivamente alla malattia,  e di conseguenza non hanno importanti effetti collaterali, ma anche cambiano la storia naturale della patologia stessa, evitando le complicanze d’organo: come le stenosi, le fistole, la malattia perianale, l’occlusione intestinale, la perforazione, la neoplasia”. In un prossimo futuro sono attese ulteriori novità di trattamento: il Centro del “Sacro Cuore Don Calabria” ha in corso 23 studi clinici, “una finestra sul futuro– sottolinea la dottoressa Variola – perché grazie alle sperimentazioni cliniche si hanno a disposizione alternative terapeutiche prima che vengano messe sul mercato”.

Accanto all’obiettivo di trovare nuove molecole, l’attuale ricerca sulle IBD è impegnata a scoprire il ‘meccanismo’, grazie al quale sarà possibile somministrare a ogni paziente il farmaco più efficace.  “Purtroppo quello che ormai è praticabile da anni in oncologia, dove per alcuni tumori viene effettuata una terapia personalizzata sulla base di informazioni di biologia molecolare espresse dalla neoplasia del paziente, non è possibile replicarlo per ora nell’ambito delle IBD – precisa la dottoressa –  Questo perché non è univoca la via attraverso la quale si sviluppa l’infiammazione autoimmune. Come sentiremo durante il congresso, la ricerca è molto concentrata in quest’ambito per trovare biomarcatori che possano personalizzare la terapia”.

E sul fronte della prevenzione ci sono novità? “La causa all’origine di queste patologie è ancora sconosciuta, sicuramente concorrono più fattori e la predisposizione genetica gioca un ruolo importante, soprattutto quando la malattia ha un esordio pediatrico – risponde la dottoressa Variola -.  Quel che è certo è che gli stili di vita sono la scintilla che fa scoppiare il tutto. Pertanto immagino in un prossimo futuro una strategia preventiva per tutti i parenti di pazienti affetti da IBD che agisca sull’alimentazione, il movimento e sull’abitudine al fumo. E poi chissà se avremo a disposizione degli strumenti davvero validi per individuare queste malattie prima che manifesti i sintomi


Reumatologia, 13° Seminario della Valpolicella: si parla di osteoporosi, malattia anche maschile

Sabato 28 settembre all’IRCCS di Negrar si terrà il 13° Seminario di Reumatologia della Valpolicella, promosso dal dottor Antonio Marchetta, responsabile del Servizio di Reumatologia del “Sacro Cuore Don Calabria”. Tra i tanti argomenti si parlerà anche della gestione del paziente con osteoporosi, patologia considerata solo femminile. Vediamo perché non è così

Dr. Antonio Marchetta

Un appuntamento che è saltato in agenda solamente durante la pandemia da Covid-19 e nonostante questo è giunto alla 13esima edizione. Si tratta del Seminario di Reumatologia in Valpolicella, organizzato dal dottor Antonio Marchetta, responsabile del Servizio di Reumatologia dell’IRCCS di Negrar in programma sabato 28 ottobre nella sala convegni del “Sacro Cuore Don Calabria”. (clicca qui per il programma).

L’evento scientifico è rivolto a tutti coloro – medici e paramedici – che sono coinvolti nella presa in carico del paziente reumatico. In particolare i medici di medicina generale, i primi a cui i pazienti si rivolgono quando avvertono sintomi che potrebbero essere ricondotti alle malattie reumatologiche.

Tra i relatori la dottoressa Giovanna Scroccaro, dirigente del Servizio farmaceutico della Regione Veneto, presidente della Commissione tecnica regionale per i farmaci e di quella per i dispositivi medici e presidente del Comitato prezzi e rimborso (Cpr) dell’Agenzia Italiana del Farmaco. A lei spetterà il compito di illustrare la politica della Regione per quanto riguarda i farmaci innovativi (biotecnologici, biosimilari e piccole molecole) anche alla luce delle novità terapeutiche che saranno introdotte sul mercato. Questi principi attivi hanno impresso una svolta soprattutto nella cura delle artriti croniche e spondiloartriti, tanto che oggi si può parlare in molti casi di remissione clinica, ma l’alto costo obbliga a un utilizzo economicamente sostenibile in modo tale che ogni paziente possa usufruire del farmaco più indicato per la sua situazione clinica e in tempo più precoce possibile.

Tra i tanti temi che verranno trattati durante il convegno vi è anche quello della gestione del paziente con osteoporosi (interverrà il professor Davide Gatti dell’Università di Verona), malattia cronica caratterizzata da una progressiva riduzione della massa ossea e da una concomitante alterazione della micro-architettura dell’osso, tale da aumentare il rischio di frattura. Con conseguenze invalidanti (di solito si tratta di anziani) e costi sanitari e sociali altissimi.

Molto diffusa tra popolazione generale (si stima che in Italia ne soffrano 5 milioni di persone) è da sempre considerata una patologia esclusivamente femminile. L’80% dei malati sono infatti donne in menopausa, un momento della vita femminile cui brusco calo di estrogeni agisce, diminuendone l’attività, sugli osteoblasti (le cellule deputate alla crescita della massa ossea) lasciando ampio campo ai osteoclasti, che hanno il compito di demolire l’osso ‘vecchio”, per permettere la sua rigenerazione. Tuttavia pochi sanno che 1/3 delle fratture dovute alla fragilità ossea interessino gli uomini e la mortalità dopo la frattura femorale è superiore nell’uomo rispetto alla donna.

“Che l’osteoporosi sia anche una patologia che può colpire anche gli uomini, è un messaggio difficile da far passare, non solo ai pazienti”, afferma il dottor Marchetta. “E’ vero che il calo fisiologico del testosterone con l’avanzare dell’età non è repertino come nel caso degli estrogeni nella donna con la menopausa. E’ anche vero che l’uomo ha maggiore massa ossea e la mantiene più a lungo, ma c’è tutta una serie di fattori di rischio che favoriscono l’insorgenza dell’osteoporosi nel sesso maschile, per la gran parte gli stessi che interessano la donna. E’ che è fondamentale tenerne conto, perché l’osteoporosi è una patologia subdola: spesso ci si accorge di averla solo dopo una frattura, in generale alle vertebre, al femore e al polso”, sottolinea il reumatologo.

Quali sono i fattori di rischio?

Innanzitutto la predisposizione familiare: se si ha la madre o il padre che hanno subito fratture ossee per osteoporosi, la probabilità di ammalarsi di osteoporosi è rilevante. Inoltre hanno un peso gli stili di vita, soprattutto il fumo e l’alcol che inibiscono l’attività degli osteoblasti, e la sedentarietà. Un fattore di rischio molto importante è l’utilizzo di cortisone (non solo per bocca, in muscolo o endovena, ma anche sotto forma di spray nasale) per curare le tante malattie croniche infiammatorie e autoimmuni, come quelle reumatiche.

Oltre al cortisone, ci sono altri farmaci ‘dannosi’ per l’osso?

Tra quelli maggiormente impiegati ci sono la levotiroxina, indicata per l’ipotiroidismo, gli anti-convulsionanti, gli inibitori di pompa protonica (pantoprazolo e lansoprazolo) usati erroneamente in modo continuativo per problemi gastrici.

Tra i fattori di rischio sono comprese anche le patologie?

Certamente. Come abbiamo già detto le malattie reumatiche infiammatorie o autoimmuni o quelle intestinali (IBD, celiachia, malassorbimento), le patologie endocrinologiche tiroidee, il diabete mellito, l’asma, le demenze, l’anoressia… Per l’uomo riveste importanza l’ipogonadismo che causa una ridotta produzione di testosterone. Non da ultime le forme di tumore del seno e della prostata positive ai ricettori ormonali, perché vengono impiegati farmaci che hanno come obiettivo la riduzione della produzione di ormoni sia maschili che femminili.

A partire da quale età è consigliato sottoporsi a densitometria ossea?

La densitometria ossea o MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata) è un esame radiologico che misura la densità e la massa ossea. Per la donna è indicato effettuarla dopo 2-3 anni dalla scomparsa del ciclo mestruale, per gli uomini, un po’ più tardi, intorno ai 60 anni. Ma la densitometria è solo un esame strumentale e come tale deve essere letto alla luce di eventuali fattori di rischio. Una MOC positiva, cioè all’interno del range di valori che indicano osteoporosi, non corrisponde necessariamente alla necessità di trattamento farmacologico. Come un esame negativo non esclude una terapia. Per esempio la nota 79 dell’AIFA indica espressamente che i pazienti oncologici sottoposti a terapia ormonale devono essere trattati con l’anticorpo monoclonale Denosumab anche se la MOC è negativa. Questo perché le terapie ormonali implicano un calo di massa ossea dal 2 al 4% ogni anno.

Anche per l’osteoporosi quindi disponiamo di farmaci biotecnologici

Il Denosumab è un farmaco biotecnologico e viene usato in seconda linea, quando i bifosfonati, principi attivi chimici di lunga data, non sono efficaci o quando ci sono controindicazioni all’impiego. E’ in arrivo a fine anno il biosimilare (o, con un termine non corretto, generico) del Denosumab, altrettanto efficace ma con un costo più basso dell’originale che ci permetterà di trattare molti più pazienti. E’ invece già in commercio un farmaco che definirei fantastico, il Romosozumab. Esso somma in sé l’azione anti riassorbimento dell’osso dei biofosfonati e del Denosumab e quello del Teriparatide, che essendo un anabolizzante aumenta la massa ossea. E’ bene sottolineare che non tutti i farmaci sono adatti per tutti i pazienti, ognuno ha la propria indicazione.

Sui bifosfonati aleggia da sempre un grande timore: danneggiano l’osso della mandibola

E’ vero solo in parte. I bifosfonati favoriscono l’infezione dell’osso (osteomielite) solo là dove è già presente in bocca un’infezione, come le paradontite, o in generale una cattiva igiene della bocca. Per questo prima dell’inizio della terapia con questi farmaci è obbligatoria una visita odontoiatrica, un’attenta igiene orale e se è necessario l’esecuzione di un’ortopantomografia per studiare meglio la qualità dell’osso.

Quindi le regole per prevenire l’osteoporosi sono le stesse sia per la donna sia per l’uomo?

Esattamente. Stili di vita sani, supplemento di vitamina D e calcio, attività fisica aerobica all’aperto e una dieta varia. E’ raccomandabile una densitometria ossea periodica. Perché purtroppo l’osteoporosi non si annuncia: nella gran parte dei casi ci si accorge di averla solo dopo una frattura.


Il dottor Giuliano Barugola, nuovo presidente dei chirurghi degli ospedali privati

Il dottor Giuliano Barugola, responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Chirurgia delle Malattie Infiammatorie Retto-Intestinali, è il nuovo presidente nazionale della SICOP, la Società scientifica che rappresenta i chirurghi delle strutture sanitarie private, private accreditate profit e no profit. Quarantasei anni, il dottor Barugola lavora al “Sacro Cuore Don Calabria” dal 2009 nell’Unità Operativa di Chirurgia Generale, specializzandosi nella chirurgia delle Malattie infiammatorie croniche dell’intestino

Il dottor Giuliano Barugola, responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Chirurgia delle Malattie Infiammatorie Retto-Intestinali, è il nuovo presidente nazionale della SICOP, la Società scientifica che rappresenta i chirurghi delle strutture sanitarie private, private accreditate profit e no profit.

Quarantasei anni, il dottor Barugola lavora al “Sacro Cuore Don Calabria” dal 2009 nell’Unità Operativa di Chirurgia Generale, specializzandosi nella chirurgia delle Malattie infiammatorie croniche dell’intestino (morbo di Crohn e Colite Ulcerosa). Membro del direttivo SICOP dal 2021, inizia la sua presidenza triennale nell’anno del 25° dalla fondazione della Società scientifica e in un momento storico molto complesso per il comparto salute.

“In un orizzonte di evidente difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale, le attività sanitarie private restano un valore aggiunto nell’alveo di una programmazione pubblica delle politiche per la salute – afferma il dottor Barugola – Sarà nostro compito, come SICOP, fornire ai pazienti e alle Istituzioni una rilettura positiva e pragmatica della spesa sanitaria privata, affinché non venga considerata solo la cartina di tornasole di un servizio sanitario che non funziona, ma un’alternativa consapevole di una società che è molto cambiata, che vuole risposte rapide e scegliere il medico al quale affidarsi in strutture adeguate ed efficienti. Occorre – sottolinea concludendo il nuovo presidente SICOP – trovare la capacità di ridisegnare un servizio sanitario che sappia ascoltare i nuovi bisogni della popolazione, snellito di tutte le inefficienze e che ritorni all’ideale universale della salute ‘sopra-tutto‘”.

La SICOP ha una rappresentanza all’interno del Collegio Italiano dei Chirurghi (CIC) e partecipa ai tavoli di lavoro del Ministero della Salute.