Il Sacro Cuore Don Calabria protagonista al meeting dei maggiori Istituti oncologici europei
L’IRCCS di Negrar ha partecipato alla 46esima edizione degli “OECI Oncology Days”, le Giornate Oncologiche dell’Organizzazione Europea degli Istituti Oncologici, la rete che riunisce 141 strutture europee che si occupano di diagnosi, cura e ricerca sui tumori. Tra i relatori anche la dottoressa Stefania Gori, Direttore del Dipartimento Oncologico del “Sacro Cuore Don Calabria”
Si è svolta a Helsinki dal 12 al 14 giugno 2024 la 46esima edizione degli “OECI Oncology Days”, le Giornate Oncologiche dell’Organizzazione Europea degli Istituti Oncologici – OECI, di cui fa parte anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria.
Si tratta di un appuntamento annuale in cui si riuniscono i rappresentanti dei 141 membri della rete europea che condividono la stessa sfida: mettere i pazienti al centro del loro percorso oncologico e lavorare per fornire loro un accesso equo a cure oncologiche di alta qualità e ai migliori trattamenti disponibili.
Durante l’evento – che ha visto la presenza di più di 350 persone all’University Hospital Comprehensive Cancer Centre – è stato illustrato lo stato di avanzamento del Programma di Accreditamento, a cui attualmente aderisce il 60% degli affiliati, e dell’attività dei gruppi di lavoro di OECI che si occupano di diverse tematiche: outcome oncologici, biobanca, collaborazione con i pazienti per l’introduzione di buone pratiche.
Tra i temi più rilevanti trattati nelle conferenze scientifiche: l’aggiornamento sulle innovazioni tecnologiche, come la terapia per cattura neutronica del boro (BNCT), la terapia con protoni, la radioterapia guidata dalla risonanza magnetica e i radiofarmaci nella terapia radiometabolica.
La dottoressa Stefania Gori, Direttore del Dipartimento Oncologico dell’IRCCS di Negrar, è stata invitata a presentare una relazione sulle opportunità di miglioramento derivate dal percorso di accreditamento OECI che ha portato il “Sacro Cuore Don Calabria” alla certificazione di Cancer Centre nel 2023.
Il processo di accreditamento si configura come un percorso di miglioramento continuo che fa della dinamicità il suo punto di forza. Le più rilevanti opportunità finora scaturite per l’IRCCS da questo iter hanno riguardato: l’ambito della governance, con l’attivazione di un board funzionale che segue l’evoluzione delle attività assistenziali e della ricerca del Cancer Centre; la qualità dell’assistenza, con il rafforzamento dell’approccio multidisciplinare al paziente oncologico; l’organizzazione delle attività della ricerca; la prossima creazione della biobanca; il contributo alle strategie di prevenzione oncologica, con l’attivazione del Centro Anti-Fumo.
Sono 15 nuovi Istituti che quest’anno hanno richiesto di aderire ad OECI. Tra questi il Fundacao Antonio Prudente di San Paulo (Brasile), il Turkiye Cancer Institute Istanbul (Turchia) e il National Cancer Institute of Ukraine Kiev (Ucraina). Mentre tra i Centri che hanno ottenuto il rinnovo della certificazione di Comprehensive Cancer Centre nel 2024 ci sono anche due Istituti italiani: l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Milano e l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova.
L'IRCCS di Negrar nella top 20 degli ospedali italiani secondo il ministero della Salute
L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria si colloca all’11° posto nella top 20 degli ospedali italiani. A dirlo un’indagine del Ministero della Salute redatta in base alle schede di dimissione (Sdo) del 2022 e pubblicata da Il Sole24Ore. Due gli indicatori considerati: il peso medio dei Drg (la complessità dei casi trattati) e l’attrattività dei pazienti in arrivo da altre regioni.
L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria si colloca all’11° posto nella top 20 degli ospedali italiani. A dirlo un’indagine del Ministero della Salute redatta in base alle schede di dimissione (Sdo) del 2022 e pubblicata da Il Sole24Ore.
Agli ospedali presenti nel Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero, pubblicato lo scorso 17 giugno, è stato assegnato un punteggio composto dal peso medio della casistica dei Drg (la complessità dei casi trattati) e la percentuale dei ricoveri di pazienti provenienti da fuori regione.
Dall’elaborazione di questi indicatori è risultata una “classifica” che vede l’IRCCS di Negrar in undicesima posizione, a livello nazionale. Rilevante anche il dato regionale: nella top 20 il “Sacro Cuore Don Calabria” compare con soli due altri ospedali, l’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona (4° posto) e, quella di Padova (18° posto).
“Quanto emerso dall’indagine del ministero della Salute è un indicatore dell’apprezzamento dei pazienti della qualità di accoglienza e assistenza del nostro IRCCS”, commenta l’Amministratore Delegato, Claudio Cracco. Grazie alla presenza nel nostro ospedale di competenze riconosciute anche a livello internazionale, di alte tecnologie e di una modalità di assistenza basata sulla presa in carico globale della Persona, oggi possiamo offrire a tutti i cittadini trattamenti avanzati anche per le patologie più complesse. E’ il motivo per cui da anni il numero dei pazienti afferenti da un po’ tutta la penisola è in costante crescita. Nel 2023 oltre il 30% dei circa 30.700 ricoveri riguardava pazienti provenienti da fuori regione, con punte di eccellenza per il trattamento dell’endometriosi, per le gravi malattie della retina, per la chirurgia protesica ortopedica, per la patologia oncologica (comprese la radioterapia e la medicina nuclerare) e per le malattie infettive e tropicali, per le quali, il “Sacro Cuore Don Calabria” è Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico”.
Ticktoc, uno studio clinico per mappare la popolazione delle zecche e i patogeni di cui sono portatrici
Il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha dallo scorso aprile ha avviato uno studio clinico (Ticktoc) che ha come obiettivo la mappatura epidemiologica del territorio per quanto riguarda la tipologia delle zecche presenti e dei microrganismi di cui esse sono portatrici. E’ importante partecipare, visto il proliferare delle zecche e la presenza di tipologie che non appartengono alle zone del Veronese
Il nome richiama per assonanza il popolare social network, ma, come accade spesso, sono i particolari a fare la differenza. In questo caso una lettera, perché Ticktoc è il nome dello studio clinico avviato dallo scorso aprile dal Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e ha come oggetto le zecche (tick in inglese) e le patologie correlate. “Più precisamente, l’indagine ha come obiettivo la mappatura epidemiologica del territorio per quanto riguarda la tipologia delle zecche presenti e dei microrganismi di cui esse sono portatrici”, sottolinea l’infettivologo Andrea Tedesco, referente dello studio. Per la realizzazione della ricerca – che richiede un campione statistico di circa 400 pazienti morsi da zecca – è fondamentale la partecipazione attiva della cittadinanza. “Invitiamo chiunque venga morso a conservare la zecca una volta rimossa, e consegnarla all’IRCCS di Negrar per l’identificazione. – prosegue il medico – Entro una settimana provvederemo a contattarlo per la partecipazione allo studio”.
Da alcuni anni la diffusione di questo tipo di antropoide è in progressivo aumento. Il pronto soccorso dell’IRCCS di Negrar dal 1 gennaio al 12 giugno di quest’anno ha registrato 101 accessi per morso di zecca, contro i 73 dello stesso periodo del 2023, nonostante un clima primaverile che di certo non ha invitato alle passeggiate nei boschi.
“Gli inverni miti sono sicuramente la prima causa dell’incremento del numero di zecche, favorendone la sopravvivenza in una stagione in cui normalmente terminano il loro ciclo vitale per il freddo – spiega il dottor Tedesco -. Ma accanto a questo fenomeno quantitativo abbiamo registrato da un lato l’ingresso nel nostro territorio di nuove specie di zecche, più frequenti nel centro Italia, come per esempio la Dermacentor. E dall’altro, il riscontro di patogeni, pericolosi per l’uomo, in passato non presenti nelle nostre zone”.
I più frequenti sono il virus TBE (Tick Borne Encephalitis), che provoca la meningoencefalite, e la Borrelia burgdorferi, causa della malattia di Lyme o Borreliosi. “A differenza del Trentino Alto Adige, della zona di Belluno e del Friuli Venezia Giulia le nostre montagne (Lessinia e Baldo) sono a bassa endemia di questi patogeni, eppure sempre più spesso diagnostichiamo infezioni da TBE o malattia di Lyme. Non solo: il 34% delle 40 zecche finora analizzate nell’ambito dello studio Ticktoc è risultato positivo a microrganismi. E tra i batteri rilevati al primo posto ci sono le rickettsie seguite dall’Ehrlichia, le prime sono causa di malattie diffuse in particolare nell’area mediterranea dell’Italia, mentre la seconda non è stata ancora ben descritta in Italia.
La migrazione delle zecche da un’area all’altra è necessariamente associata alla migrazione dei loro “vettori”, gli animali selvatici. “Il cambiamento climatico anche in questo caso rimane un fattore favorente, come lo è stato il lockdown imposto dal Covid che ha spinto la fauna selvatica, indisturbata dall’uomo, a scendere dalla montagna in pianura. Non dimentichiamo, infine, l’aumento di animali selvatici, come per esempio i cinghiali, dovuto a politiche di popolamento spesso discutibili”, sottolinea il dottor Tedesco. Diventa quindi importante “tracciare una fotografia della popolazione di zecche del nostro territorio, anche ai fini della diagnosi tempestiva relativa alla tipologia delle varie infezioni che possono essere trasmesse da questi parassiti, oltre che descrivere e analizzare nuovi patogeni emergenti”.
Come partecipare allo studio Ticktoc
Una volta rimossa la zecca – utilizzando una pinzetta senza premere il corpo e senza usare alcun disinfettante -, conservarla in frigorifero in un contenitore pulito (meglio se è sterile), annotando il giorno in cui è avvenuta la rimozione.
Successivamente consegnare la zecca all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria prenotando il giorno e l’ora sul sito www.sacrocuore.it (prelievo senza coda –consegna campione) oppure recandosi direttamente al sesto piano dell’Ospedale Don Calabria (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13).
Se non si riesce a rimuovere la zecca autonomamente, rivolgersi al Pronto Soccorso di Negrar, il cui personale si occuperà di consegnare il campione.
Dopo pochi giorni dalla consegna, si verrà contattati per partecipare allo studio clinico Ticktoc, che consiste in due prelievi di sangue a distanza di tre mesi uno dall’altro e uno stretto monitoraggio durante tutto il tempo (per informazioni: ticktoc@sacrocuore.it)
In ogni caso per almeno sei settimane dalla rimozione è fondamentale osservare quotidianamente la zona interessata dal morso. L’arrossamento cutaneo che può insorgere di solito regredisce dopo 1-2 giorni dopo dalla rimozione e se non si manifesta alcun disturbo non è indicato effettuare ulteriori indagini. E’ necessario invece rivolgersi tempestivamente al Pronto Soccorso per la valutazione infettivologica nel caso di comparsa entro sei settimane dal morso dei seguenti sintomi:
- Eruzione cutanea circolare che si allarga nei giorni successivi (superando i 5 cm di diametro.
- Febbre con temperatura superiore ai 37,8°, dolori muscolari diffusi (simil influenzali), stanchezza intensa
- Cefalea forte e persistente, tremori, vertigine.
Prevenzione dal morso di zecca
Le zecche prediligano un ambiente umido e ombroso, come i boschi e i pascoli (in genere le zone verdi con erba alta). Per le escursioni in queste zone è bene indossare sempre pantaloni lunghi e maglie con le maniche lunghe. Può essere utile cospargere inoltre sui vestiti e sulle calzature uno spray insetticida a base di permetrina. Una volta a casa, controllare attentamente i vestiti e la pelle di tutto il corpo, con particolare attenzione ad ascelle, inguine, gambe, ombelico, collo e testa.
L’unico vaccino esistente è quello contro il virus TBE, raccomandabile a tutti coloro che frequentano spesso zone a rischio, come per esempio gli scout. Proprio da una vicenda che ha coinvolto l’anno scorso 11 scout è nata l’idea dello studio Ticktoc. “Sono giunti al Pronto Soccorso alle 23. Erano stati sul monte Pastelletto e complessivamente abbiamo contato 310 zecche, considerando solo quelle che erano ancora attaccate. Uno dei ragazzi ha poi sviluppato la malattia di Lyme, per la quale non esiste vaccino, ma è curabile farmacologicamente e con ottimi risultati se diagnosticata tempestivamente”, conclude il dottor Tedesco.
Corso di formazione per la qualifica di operatori socio-sanitari: il 10 settembre la selezione
Il 10 settembre è prevista la prova scritta di selezione per partecipare al corso di formazione per la qualifica di Operatore socio-sanitario, che si terrà il prossimo autunno. Ecco come aderire a un’opportunità di lavoro in ospedali e strutture residenziali socio-sanitarie a servizio delle persone fragili.
Diventare operatore socio-sanitario (OSS) è oggi una grande opportunità di lavoro, vista la carenza di questa figura chiave nell’organizzazione degli ospedali e delle strutture residenziali socio-sanitarie (case di riposo, rsa, hospice…) finalizzata a garantire un servizio qualificato di assistenza alla persona.
Infatti si diventa OSS solo frequentando un corso organizzato da un organismo di formazione accreditato a livello regionale. In proposito martedì 10 settembre, alle 10, presso l’auditorium del Centro Polifunzionale Don Calabria (via San Marco 121, Verona) avrà luogo la prova scritta di selezione per il corso di operatore socio-sanitario che si terrà probabilmente il prossimo autunno. Il percorso di formazione è organizzato dalla Formazione Superiore e Continua dell’Istituto Don Calabria in collaborazione con l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria.
I candidati dovranno iscriversi alla selezione entro le ore 13 di venerdì 6 settembre portando i documenti richiesti (clicca qui) al Centro Polifunzionale Don Calabria – Palazzina F2 (seguire le indicazioni per Medialabor). Le iscrizioni si raccolgono dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12. Per informazioni: 045.8184950 e formazioniadulti@centrodoncalabria.it
Confermato dall'IRCCS di Negrar il primo caso importato in Europa di febbre di Oropouche
Il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha diagnosticato il primo caso in Europa di febbre Oropouche, in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. Nessun allarme: l’isolamento del virus, normalmente diffuso nella regione Amazzonica, è il primo passo per poter sviluppare test diagnostici specificii, ma anche studi sulla capacità di veicolare il virus da parte dei potenziali vettori (zanzare e moscerini) diffusi anche da noi.
Il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha diagnosticato il primo caso in Europa di febbre Oropouche relativo alla pandemia 2024, in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. Il caso è stato già segnalato alle autorità sanitarie e alla ASL di competenza della Regione Veneto, nonché ai servizi di informazione e monitoraggio internazionali. Il virus è stato isolato nel laboratorio BSL3 del Dipartimento, primo passo per poter sviluppare test diagnostici specifici, ma anche studi sulla capacità di veicolare il virus da parte dei potenziali vettori (zanzare e moscerini) diffusi anche da noi. afferma Federico Giovanni Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrare professore associato all’Università di Brescia.
“La febbre Oropouche è una delle arbovirosi più diffuse del Sud-America, con oltre 500.000 casi diagnosticati dal 1955 a oggi, un numero probabilmente sottostimato viste le limitate risorse diagnostiche disponibili nell’area di diffusione – spiega Federico Giovanni Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrare professore associato all’Università di Brescia-. Dall’ultimo aggiornamento epidemiologico risultano tra la fine del 2023 ed il 2024 più di 5.000 casi di febbre Oropouche in Bolivia, Brasile, Colombia e Perù, ed ultimamente anche a Cuba. I sintomi della febbre Oropouche si manifestano di solito dopo 3-8 giorni dalla puntura dell’insetto vettore, e sono in gran parte sovrapponibili a quelli di altre febbri virali tropicali come dengue, Zika o chikungunya: febbre alta (oltre i 39 °C) accompagnata da mal di testa, dolore retrorbitale, malessere generale, mialgia, artralgia, nausea, vomito e fotofobia. Sono stati inoltre registrati sporadici casi di interessamento del sistema nervoso centrale, come meningite ed encefalite. Nel 60% circa dei casi dopo la prima fase acuta i sintomi si ripresentano, in forma meno grave: di solito da due a dieci giorni, ma anche dopo un mese dalla prima comparsa”
“La febbre Oropouche è causata dall’omonimo virus (OROV), scoperto nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago – prosegue Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità di Virologia e Patogeni Emergenti dell’IRCCS di Negrar-. Si tratta di un virus diffuso normalmente nella regione amazzonica, ma ciò che è più rilevante è che si tratta di un virus che viene trasmesso all’uomo dalle punture di insetti, in particolare moscerini e zanzare”.
“Le arbovirosi come la febbre Oropouche, o come dengue, Zika, chikungunya, costituiscono una delle emergenze di salute pubblica con le quali dobbiamo abituarci a convivere. I cambiamenti climatici e l’aumento degli spostamenti delle popolazioni umane rischiano di rendere endemici anche alle nostre latitudini virus un tempo confinati nella fascia tropicale. È fondamentale essere sempre preparati a rispondere all’emergenza di patogeni che non sono abitualmente diffusi nella fascia mediterranea, e sotto questo aspetto l’essere riusciti ad isolare il virus OROV nel nostro laboratorio ci fornisce un’arma in più per affinare la diagnostica e la ricerca”.
“La diagnosi di febbre Oropouche effettuata dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – conclude Gobbi – conferma l’importanza di disporre di presidi specializzati, in grado di monitorare costantemente l’andamento delle arbovirosi e di altre patologie trasmissibili. La duplice specializzazione del nostro IRCCS in malattie infettive e tropicali, e il fatto che da oltre trent’anni sia presente presso il nostro ospedale un servizio di medicina dei viaggiatori, ci mettono nelle condizioni di poter individuare con tempestività l’emergenza di potenziali rischi di salute pubblica, che in questo modo possono essere gestiti sul nascere grazie alla consolidata collaborazione con le autorità sanitarie della provincia di Verona e della Regione Veneto”.
Con la Festa del Sacro Cuore, taglio del nastro del nuovo robot chirurgico Hugo
La nuova piattaforma di chirurgia robotica è stata inaugurata ufficialmente venerdì 7 giugno in occasione della Festa del Sacro Cuore. Hugo è pensato per adattarsi ad ogni tipologia di intervento, oncologico e non. L’alta definizione delle immagini, unita agli innovativi dispositivi con cui il chirurgo manovra a distanza gli strumenti operatori consentono gesti chirurgici sempre più accurati e precisi. Questo aumenta l’efficacia dell’intervento, come l’asportazione di un tumore, e tutela allo stesso tempo le strutture vascolari e nervose importanti, riducendo così il rischio complicanze funzionali post operatorie
L’Irccs Sacro Cuore Don Calabria implementa le dotazioni tecnologiche in sala operatoria con il nuovo robot chirurgico Hugo, che si affianca al robot Da Vinci Xi, già in uso dal 2014.
La nuova piattaforma di chirurgia robotica è stata inaugurata questa mattina in occasione della Festa patronale del Sacro Cuore, che si è aperta con la Messa presieduta dal Vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili.
Un taglio del nastro “virtuale” in quanto non si è svolto in sala operatoria dove il robot è già operativo dal 19 marzo, giorno in cui è stato eseguito il primo intervento di chirurgia oncologica urologica dal dottor Stefano Cavalleri.
La cerimonia infatti ha avuto luogo in una delle aree verdi della struttura e le caratteristiche di “the Hugo Robotic Assisted Surgery System” (Hugo RAS), sviluppato dalla multinazionale Medtronic, sono state illustrate attraverso un video proiettato su due maxi-schermi.
“L’attenzione all’innovazione tecnologica è da sempre una priorità di questo ospedale, convinti, su insegnamento del nostro Fondatore, che il paziente debba usufruire delle migliori metodologie diagnostiche e terapeutiche offerte dalla ricerca. E questo è possibile, citando ancora San Giovanni Calabria, se l’ospedale rimane all’altezza dei tempi anche dal punto di vista tecnologico”, ha sottolineato l’amministratore delegato, Claudio Cracco. “Nel 2023 sono stati effettuati 22.500 interventi, di cui circa 300 robotici – ha proseguito -. Con Hugo, disponendo di due robot, abbiamo l’opportunità di estendere a un maggior numero di casi l’utilizzo della chirurgia robotica con tutti i benefici per il paziente in termini di efficacia dell’intervento unita a una rapida ripresa e migliori esiti funzionali”.
“Il robot Hugo si caratterizza principalmente per la sua versatilità”, ha spiegato il dottor Cavalleri, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Urologia. “E’ indicato infatti non solo per gli interventi urologici, oncologici e di patologia benigna, ma anche di chirurgia generale e ginecologica. A breve sarà validato anche per la chirurgia toracica”.
“La flessibilità di questo robot è dovuta principalmente ai bracci montati su quattro carrelli separati e non uniti in un monoblocco, come nelle altre piattaforme robotiche, tra cui il Da Vinci – ha proseguito -. Questo consente all’équipe operatoria di posizionarli al letto del paziente in base alla tipologia dell’intervento e di ricalibrare la loro posizione anche in corso della stessa seduta operatoria, se è necessario”.
Altra caratteristica distintiva di Hugo riguarda la consolle, la postazione da dove il chirurgo manovra ‘a distanza’ i vari strumenti operatori. Si tratta di una consolle aperta, e non “immersiva”, che consente quindi la visione più ampia del campo operatorio attraverso uno schermo piatto di 32”, con una definizione delle immagini tale da rilevare anche i più piccoli dettagli. Per ottenere l’effetto tridimensionale il chirurgo deve indossare gli appositi occhiali 3D. Quest’ultimi sono collegati a un sistema di tracciamento della posizione della testa dell’operatore: se il chirurgo distoglie lo sguardo dal monitor scatta il blocco automatico dei comandi manuali, aumentando la sicurezza di tutto il processo operatorio.
Altro elemento di sicurezza sono gli hand controllers, di cui sono provviste le due maniglie utilizzate dal chirurgo alla consolle, attraverso le quali il movimento del chirurgo viene convertito in movimento degli strumenti. Questi dispositivi di controllo percepiscono la presenza della mano e forniscono informazioni sulla forza impiegata.
“L’alta definizione delle immagini, unita agli innovativi strumenti da polso consentono gesti chirurgici sempre più accurati e precisi – sottolinea Cavalleri – Questo permette di ottenere l’eradicazione della malattia salvaguardando allo stesso tempo le strutture vascolari e nervose importanti che sovraintendono alla funzionalità degli organi. L’esempio è il tumore della prostata: l’uso della chirurgia robotica limita le complicanze post chirurgiche, quali l’incontinenza e la disfunzione erettile”.
Hugo è una piattaforma particolarmente adatta anche per la formazione. Il simulatore dotato di intelligenza artificiale trasforma la console in un ambiente di realtà virtuale: il clinico può usare i comandi manuali ad alta precisione e il grande monitor 3D per simulare esperienze virtuali iper-realistiche. “Questo permette ai chirurghi di imparare, fare pratica e ottenere un riscontro sulla capacità acquisite relativamente ai compiti chirurgici robotici, tra cui l’inserimento di aghi, la dissezione, la presa, la sutura e altro ancora. Inoltre Hugo è dotato di un software di intelligenza artificiale che consente in tempo reale l’acquisizione, l’archiviazione e l’accesso sicuro di video chirurgici e dati procedurali anche su dispositivi mobili come il cellulare. In questo modo diventa più agevole l’interazione e il lavoro congiunto dell’équipe chirurgica per la preparazione all’intervento. E per gli specializzandi una modalità differente di acquisire la tecnica chirurgica”, ha concluso Cavalleri.
Anche il vescovo Pompili durante l’omelia ha voluto soffermarsi sullo sviluppo della tecnologia, in particolare sull’intelligenza artificiale. “Oltre all’intelligenza artificiale, che può essere sicuramente un elemento di innovazione, permane l’intelligenza cordiale, del cuore. Esse non sono in contrapposizione, ma devono essere integrate. E la domanda che si cela dietro l’intelligenza cordiale è se siamo sempre capaci di riconoscere oltre la malattia la persona, il soggetto, il volto. Chi entra nella Cittadella della carità, insieme al nitore degli ambienti e all’efficienza dei servizi, percepisce proprio questo sguardo amorevole che è quanto più rigenerante in chi vive la fragilità del dolore”.
Prima dell’inaugurazione virtuale del robot Hugo, il presidente della Cittadella della Carità, fratel Gedovar Nazzari, ha ricordato quel 7 febbraio del 1946 quando San Giovanni Calabria affidò al Sacro Cuore di Gesù la Casa di Negrar, l’embrione di quello che oggi è l’ospedale. “Don Calabria affida l’Ospedale e l’intera Opera al Cuore di Gesù, simbolo della natura umana di Cristo, intimamente legata alla sua natura divina. Ma soprattutto simbolo del suo amore per ogni donna e per ogni uomo, per ciascuno di noi. Un amore quello di Gesù che dona dignità alla persona. E nessuna condizione sfavorevole può privarla di questo grande dono. Non la malattia. Nemmeno quando la sofferenza fisica porta a un’alterazione della coscienza o all’incoscienza stessa”.
VIDEO PIATTAFORMA ROBOTICA HUGO
Regia: Riccardo Guernieri
Art Direction Media Event Srl: Vania Bertani
Consulenza e testi: Elena Zuppini e Matteo Cavejari
Dalla robotica all'intelligenza artificiale: cosa cambierà nelle sale operatorie
Dalla robotica all’intelligenza artificiale, alla realtà e aumentata fino al metaverso. La tecnologia digitale prende sempre più spazio in sala operatoria portando con sé implicazioni importati, in primo luogo la tutela dei diritti del cittadino in termini di salute e sicurezza nei luoghi di cura. Un tema attuale che sarà affrontato nel convegno “Innovazione tecnico-organizzativa in sala operatoria tra efficienza, sicurezza e qualità dei percorsi” in programma mercoledì 5 giugno alla Gran Guardia e promosso dall’Università di Verona e dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. (qui il programma)
Dalla robotica all’intelligenza artificiale, alla realtà e aumentata fino al metaverso. La tecnologia digitale prende sempre più spazio in sala operatoria portando con sé implicazioni importati, in primo luogo la tutela dei diritti del cittadino in termini di salute e sicurezza nei luoghi di cura.
Un tema attuale che sarà affrontato nel convegno “Innovazione tecnico-organizzativa in sala operatoria tra efficienza, sicurezza e qualità dei percorsi” in programma mercoledì 5 giugno alla Gran Guardia e promosso dall’Università di Verona e dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. (qui il programma)
“Le sale operatorie sono aree ad alta intensità di cura e quindi ad alto rischio: il 39% del totale degli eventi avversi in ambito ospedaliero accadono in sala operatoria”, sottolinea il dottor Davide Brunelli, direttore medico di presidio dell’IRCCS di Negrar, organizzatore del convegno, insieme al professor Stefano Tardivo, ordinario di Igiene generale e applicata all’università di Verona. “E’ quindi importante condividere sul territorio quelle che sono le nuove sfide della moderna chirurgia, come avviene in questo convegno dove si confronteranno le esperienze del Sacro Cuore Don Calabria, quelle degli ospedali cittadini e la competenza scientifica e didattica dell’Università”.
Ad aprire il lavori sarà l’intervento di padre Paolo Benanti, presidente della Commissione Algoritmi per l’informazione e unico membro italiano del Comitato sull’intelligenza artificiale delle Nazioni Unite, che parlerà dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società, in particolare nel campo della salute. Successivamente interverrà il professor Silvio Brusaferro, già presidente dell’Istituto superiore di sanità e attualmente direttore della Struttura complessa Accreditamento, Gestione del Rischio Clinico e Valutazione delle Performance Sanitarie presso l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, che affronterà il tema della sicurezza del paziente,
“Sicurezza da cui non si può prescindere nell’ideazione dell’ospedale del futuro, il cosiddetto netxt generation hospital, tecnologico e capace di far fronte ai cambiamenti. Un progetto a cui sta lavorando il Politecnico di Milano e che sarà illustrato dai professori Stefano Campolongo e Andrea Brambilla dell’Istituto universitario lombardo”, prosegue il dottor Brunelli.
Congiuntamente all’aspetto strutturale sarà affrontato il ruolo dei percorsi assistenziali, In particolare la dottoresse Elisa Bertocchi e Roberta Freoni, rispettivamente chirurgo e coordinatrice infermieristica della Chirurgia generale dell’IRCCS di Negrar, presenteranno il protocollo ERAS (Enhanced Recovery After Surgery, ovvero il miglior recupero dopo un intervento chirurgico). Grazie all’elevata aderenza a questa “buona pratica clinica”, che ha portato alla riduzione delle complicanze e dei giorni di degenza, la chirurgia generale ha ottenuti da Eras Society la certificazione internazionale di centro qualificato e di centro formatore. Gli infettivologi Andrea Tedesco e Francesco Rizzolo, sempre del Sacro Cuore Don Calabria, presenteranno invece il percorso della gestione del rischio infettivo nel processo chirurgico.
“In questo contesto di innovazione tecnologica assume sempre più importanza la valutazione delle performance alla luce dell’evidenza scientifica e la formazione permanente dei clinici. Anche la medicina legale dovrà cambiare prospettiva assumendo nuove forme di valutazione per quanto riguarda i sinistri, come ci spiegherà il professor Umberto Genovese, ordinario di Medicina legale all’Università di Milano”, conclude il dottor Brunelli.
Influenza aviaria: il rischio pandemia e la prevenzione possibile
Il virus A/H5N1, sottotipo del virus dell’influenza aviaria, è responsabile di quella che gli esperti chiamano una vera e propria panzoozia, cioè l’equivalente di una pandemia che colpisce gli animali invece degli uomini. Cluster di aviaria si sono verificati in tutti i continenti, compreso l’Antartide, colpendo diverse specie di animali e compiendo il salto di specie anche sui mammiferi. Proprio in questi giorni negli Stati Uniti è stato segnalato il terzo caso sull’uomo di influenza aviaria derivante da questo sottotipo ad alta patogenicità. “Ma il rischio di una pandemia umana resta molto basso perché il virus al momento non ha la capacità di trasmettersi da uomo a uomo e dovrà verificarsi una concatenazione molto lunga di eventi prima che succeda – dice la dottoressa Maria Capobianchi, biologa e consulente dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – tuttavia è importante stare all’erta e mettere in atto un’attenta prevenzione sia attraverso i comportamenti individuali sia con le politiche di salute pubblica”.
Nei due video la dott.ssa Capobianchi e la dott.ssa Isabella Monne, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, fanno il punto della situazione e spiegano quali sono davvero i rischi per l’uomo (interviste realizzate a margine del convegno “Influenze virali respiratorie: scenari post SARS-CoV-2”, organizzato dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria).
La Cittadella della Carità diventa più grande: inaugurato l'Ospedale di Comunità
Lunedì 20 maggio, alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità e il Sociale, Manuela Lanzarin, è stato inaugurato l’Ospedale di Comunità dell’IRCCS di Negrar. Ventiquattro posti letto rivolti a pazienti che superata la fase acuta della malattia non possono rientrare momentaneamente a domicilio. Attivo dal 13 marzo, ha ricoverato già 50 pazienti, provenienti dai reparti per acuti degli ospedali dell’Ulss 9, dal territorio e dal pronto soccorso.
Con il taglio del nastro da parte dell’Assessore regionale alla Sanità e Servizi Sociali, Manuela Lanzarin, questa mattina (lunedì 20 maggio) è stato ufficialmente inaugurato l’Ospedale di Comunità dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.
Erano presenti anche il prefetto di Verona, Demetrio Martino, il direttore generale e sanitario dell’Ulss 9, rispettivamente Patrizia Benini e Denise Signorelli, il comandante provinciale dei Carabinieri, Francesco Novi, quello della Guardia di Finanza, Italo Savarese, la dottoressa Anna Maria Fiorillo, in rappresentanza del Questore, e il sindaco di Negrar, Roberto Grison. La benedizione è stata impartita dal Superiore generale dell’Opera Don Calabria, padre Massimiliano Parrella. Il card. Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha inviato un messaggio di saluto non potendo essere presente in quanto convocato per un incontro da Papa Francesco.
“L’Ospedale di Comunità dell’IRCCS di Negrar rientra appieno nella programmazione regionale che prevende una vasta rete di strutture intermedie tra ospedale e territorio”, ha affermato l’assessore Lanzarin. “Questa struttura ha alcune peculiarità importanti: fa parte della Cittadella della Carità, nella cui area gravitano l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per le Malattie infettive e tropicali) e i Centri Servizi per anziani non autosufficienti (Casa Nogarè, Casa Perez e Casa Clero) e Stati Vegetativi Permanenti. In più la vicinanza all’ospedale agevola, là dove è necessario, l’accesso alla specialistica diagnostica e terapeutica e rende immediata la gestione dell’urgenza. Condivido in pieno, infine, la scelta per la quale la presenza dei familiari durante la giornata non è sottoposta a orari. Un chiaro segnale di umanità e di vicinanza anche alle famiglie”.
Una peculiarità dell’OdC dell’IRCCS di Negrar che ha ricevuto parole di apprezzamento anche dal Prefetto Martino, il quale ha rilevato che “oggi ci troviamo qui a festeggiare l’apertura concreta e la disponibilità di nuovo presidio sanitario. Ma per arrivare qui c’è stato negli anni un grande lavoro di sistema e di buona amministrazione che vanno assolutamente sottolineati”.
L’Ospedale di Comunità si trova al terzo piano di Casa Nogarè, una delle tre strutture residenziali extra-ospedaliere della Cittadella della Carità, ed è dotato di 24 posti letto, distribuiti in 12 stanze. La realizzazione è stata sostenuta interamente dall’IRCCS di Negrar.
Dal 13 marzo, l’OdC ospita, come da normativa, pazienti clinicamente stabili dopo una fase acuta della patologia, ma non idonei al rientro a domicilio oppure pazienti cronici che a causa del riacutizzarsi della malattia non possono, momentaneamente, essere seguiti a casa. In generale sono soggetti che necessitano di cure mediche a bassa intensità e soprattutto di assistenza infermieristica continuativa, anche notturna. L’obiettivo è il ripristino dell’autonomia del paziente, finalizzata al rientro nella propria abitazione. La degenza a carico del Servizio Sanitario Nazionale (quindi gratuita per il cittadino) è prevista per un massimo di 30 giorni, prorogabile con un contributo economico del paziente. Dal punto di vista organizzativo, l’OdC è una risposta alle cosiddette dimissioni difficili, che altrimenti troverebbero come alternativa la permanenza nei reparti per acuti, a causa della complessa valutazione per l’inserimento nelle lungodegenze, dei tempi tecnici dell’attivazione dell’assistenza domiciliare o più semplicemente per i tempi necessari all’adeguamento dell’abitazione.
Come per tutti gli altri sei Ospedali di Comunità del Veronese, l’accesso dei pazienti è governato dalla COT (Centrale Operativa Territoriale) dell’Ulss 9 che vaglia l’idoneità delle richieste provenienti dai reparti per acuti degli ospedali della provincia o dai medici di medicina generale e anche dai Pronto Soccorso.
“Attivare da parte della Regione un ospedale di comunità all’interno di un ospedale convenzionato significa di fatto dare evidenza a quella che dovrebbe essere la normale sinergia tra sistema pubblico e convenzionato di valore, qual è il Sacro Cuore Don Calabria, grazie alla quale il cittadino può trovare risposta”, ha sottolineato il direttore generale dell’Ulss 9, Patrizia Benini.
“Oggi questa Cittadella si arricchisce di una nuova struttura. L’organizzazione che la caratterizza e la finalità per cui è stata realizzata rispondono all’idea di sanità così come la concepiva San Giovanni Calabria”, ha esordito il presidente, fr. Gedovar Nazzari. “Per il nostro Santo Fondatore la sanità ha ragione d’essere perché è al servizio della persona, perché si prende cura del malato, facendosi carico soprattutto delle situazioni di particolare bisogno”.
“L’Ospedale di Comunità è previsto dalle schede ospedaliere dell’ultimo Piano sanitario regionale del 2019 (DGR 614). Quindi la sua realizzazione non è frutto dell’emergenza pandemica né dei fondi messi a disposizione dal PNRR. Bensì dalla lungimiranza della Regione Veneto: la prima normativa regionale che ha definito i requisiti di autorizzazione e accreditamento per gli ospedali di comunità risale al 2012”, ha sottolineato l’Amministratore Delegato, Claudio Cracco. “La volontà regionale di rafforzare la rete delle cure intermedie, coinvolgendo anche la sanità privata accreditata, ha incontrato piena corrispondenza con il progetto che caratterizza da sempre la Cittadella della Carità, quello di creare all’interno della stessa un percorso di presa in carico del paziente in ogni fase della malattia”.
L’équipe dell’OdC è composta da medici – tra cui il responsabile clinico, dottor Luca Scala – da personale infermieristico e da operatori socio sanitari (oss). Il Piano assistenziale individuale (PAI) redatto per ogni paziente prevede, se necessario, anche un programma di riabilitazione con un fisioterapista dedicato dell’Unità Operativa di Riabilitazione Ortopedica che si trova sullo stesso piano dell’Ospedale di Comunità. Figura peculiare dell’Ospedale di Comunità è il case manager, un infermiere che ha il compito di seguire e nel caso di implementare o rivedere, in collaborazione con l’équipe medica e infermieristica, il PAI di ciascun paziente, mantenendo i rapporti con la famiglia in vista del rientro a casa.
“Finora abbiamo accolto circa 50 pazienti provenienti sia dall’area medica sia da quella chirurgica degli ospedali dell’Ulss 9, ma abbiamo avuto anche accessi dal territorio tramite i medici di medicina generale e dal Pronto Soccorso”, spiega il dottor Scala. “Sono in genere anziani pluripatologici che necessitano di un riequilibrio del loro piano terapeutico farmacologico. L’approccio medico è di presa in carico a 360°, fondamentale per il raggiungimento dell’autonomia possibile del paziente e del suo ritorno a casa”.
L’assistenza infermieristica è garantita h24, mentre i medici sono presenti dalle 8 alle 20. Dopo, in caso di necessità, interviene la guardia medica interna in collaborazione con la guardia medica territoriale. “Un tratto distintivo del nostro Ospedale di Comunità è la possibilità della presenza di un familiare durante tutta la giornata senza limiti di orario”, spiega il coordinatore infermieristico, Antonio Zattarin. “Sappiamo quanto sia importante la vicinanza di un proprio caro nel percorso di guarigione. Ma abbiamo voluto la presenza dei familiari anche in una logica formativa, in quanto affiancando gli operatori hanno l’opportunità di acquisire le modalità di assistenza del loro congiunto una volta tornato a casa”
Il Ministro Bernini in visita all'IRCCS di Negrar: "Struttura di eccellenza"
Lo scorso sabato, 11 maggio, il Ministro della Ricerca e dell’Università, Anna Maria Bernini, è stata in visita ufficiale all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dove ha incontrato i vertici dell’Ospedale e quelli dell’Università di Verona. Tanti i temi sul tavolo: si è parlato della partnership tra l’IRCCS di Negrar e l’Ateneo scaligero, ma anche in generale di ricerca e di sanità.
Lo scorso sabato, 11 maggio, il Ministro della Ricerca e dell’Università, Anna Maria Bernini, è stata in visita ufficiale all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dove ha incontrato i vertici dell’Ospedale e quelli dell’Università di Verona. Tanti i temi sul tavolo: si è parlato della partnership tra l’IRCCS di Negrar e l’Ateneo scaligero, ma anche in generale di ricerca e di sanità.
Erano presenti per il “Sacro Cuore Don Calabria”, il Presidente, fratel Gedovar Nazzari, l’Amministratore Delegato, dottor Claudio Cracco, il Direttore Sanitario, dottor Fabrizio Nicolis, e il Direttore Generale della ricerca con delega per i rapporti con l’Università, dottor Mario Piccinini. Per l’Università, il Magnifico Rettore, professor Pierfrancesco Nocini, era accompagnato dal Direttore Generale, dottor Federico Gallo.
“Sono sempre molto contenta quando posso visitare strutture di eccellenza che lavorano in maniera altrettanto eccellente con l’Università, come l’IRCCS di Negrar. La collaborazione tra il “Sacro Cuore” e l’Ateneo scaligero è un fatto storico oltre che significativo e per, quanto mi riguarda, è una collaborazione che deve essere implementata”, ha detto ai giornalisti il Ministro Bernini. “Ho in programma di far crescere in Italia più strutture di ricerca. Qui, per esempio, non abbiamo solo in IRCCS di Malattie infettive e tropicali, ma anche un ciclotrone che lavora con le Medicine Nucleari della regione – ha proseguito -. Il modo migliore per far tornare i nostri cervelli che sono migrati all’estero è creare strutture di ricerca, perché i ricercatori sono come le rondini: vanno dopo possono fare ricerca. L’IRCCS Sacro Cuore è una grande struttura che cura il territorio, ma anche un’occasione per far ritornare in Italia i nostri ricercatori e attrarne altri dall’estero”.