Con la Festa del Sacro Cuore, taglio del nastro del nuovo robot chirurgico Hugo

La nuova piattaforma di chirurgia robotica è stata inaugurata ufficialmente venerdì 7 giugno in occasione della Festa del Sacro Cuore. Hugo è pensato per adattarsi ad ogni tipologia di intervento, oncologico e non. L’alta definizione delle immagini, unita agli innovativi dispositivi con cui il chirurgo manovra a distanza gli strumenti operatori consentono gesti chirurgici sempre più accurati e precisi. Questo aumenta l’efficacia dell’intervento, come l’asportazione di un tumore, e tutela allo stesso tempo le strutture vascolari e nervose importanti, riducendo così il rischio complicanze funzionali post operatorie

L’Irccs Sacro Cuore Don Calabria implementa le dotazioni tecnologiche in sala operatoria con il nuovo robot chirurgico Hugo, che si affianca al robot Da Vinci Xi, già in uso dal 2014.

La nuova piattaforma di chirurgia robotica è stata inaugurata questa mattina in occasione della Festa patronale del Sacro Cuore, che si è aperta con la Messa presieduta dal Vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili.

Un taglio del nastro “virtuale” in quanto non si è svolto in sala operatoria dove il robot è già operativo dal 19 marzo, giorno in cui è stato eseguito il primo intervento di chirurgia oncologica urologica dal dottor Stefano Cavalleri.

La cerimonia infatti ha avuto luogo in una delle aree verdi della struttura e le caratteristiche di “the Hugo Robotic Assisted Surgery System” (Hugo RAS), sviluppato dalla multinazionale Medtronic, sono state illustrate attraverso un video proiettato su due maxi-schermi.

l’AD, Claudio Cracco

“L’attenzione all’innovazione tecnologica è da sempre una priorità di questo ospedale, convinti, su insegnamento del nostro Fondatore, che il paziente debba usufruire delle migliori metodologie diagnostiche e terapeutiche offerte dalla ricerca. E questo è possibile, citando ancora San Giovanni Calabria, se l’ospedale rimane all’altezza dei tempi anche dal punto di vista tecnologico”, ha sottolineato l’amministratore delegato, Claudio Cracco. “Nel 2023 sono  stati effettuati 22.500 interventi, di cui circa 300 robotici – ha proseguito -.  Con Hugo, disponendo di due robot, abbiamo l’opportunità di estendere a un maggior numero di casi l’utilizzo della chirurgia robotica con tutti i benefici per il paziente in termini di efficacia dell’intervento unita a una rapida ripresa e migliori esiti funzionali”.

“Il robot Hugo si caratterizza principalmente per la sua versatilità”, ha spiegato il dottor Cavalleri, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Urologia. “E’ indicato infatti non solo per gli interventi urologici, oncologici e di patologia benigna, ma anche di chirurgia generale e ginecologica. A breve sarà validato anche per la chirurgia toracica”.

Dott. Stefano Cavalleri

“La flessibilità di questo robot è dovuta principalmente ai bracci montati su quattro carrelli separati e non uniti in un monoblocco, come nelle altre piattaforme robotiche, tra cui il Da Vinci – ha proseguito -.  Questo consente all’équipe operatoria di posizionarli al letto del paziente in base alla tipologia dell’intervento e di ricalibrare la loro posizione anche in corso della stessa seduta operatoria, se è necessario”.

Altra caratteristica distintiva di Hugo riguarda la consolle, la postazione da dove il chirurgo manovra ‘a distanza’ i vari strumenti operatori. Si tratta di una consolle aperta, e non “immersiva”, che consente quindi la visione più ampia del campo operatorio attraverso uno schermo piatto di 32”, con una definizione delle immagini tale da rilevare anche i più piccoli dettagli. Per ottenere l’effetto tridimensionale il chirurgo deve indossare gli appositi occhiali 3D. Quest’ultimi sono collegati a un sistema di tracciamento della posizione della testa dell’operatore: se il chirurgo distoglie lo sguardo dal monitor scatta il blocco automatico dei comandi manuali, aumentando la sicurezza di tutto il processo operatorio.

Altro elemento di sicurezza sono gli hand controllers, di cui sono provviste le due maniglie utilizzate dal chirurgo alla consolle, attraverso le quali il movimento del chirurgo viene convertito in movimento degli strumenti. Questi dispositivi di controllo percepiscono la presenza della mano e forniscono informazioni sulla forza impiegata.

 “L’alta definizione delle immagini, unita agli innovativi strumenti da polso consentono gesti chirurgici sempre più accurati e precisi – sottolinea Cavalleri – Questo permette di ottenere l’eradicazione della malattia salvaguardando allo stesso tempo le strutture vascolari e nervose importanti che sovraintendono alla funzionalità degli organi. L’esempio è il tumore della prostata: l’uso della chirurgia robotica limita le complicanze post chirurgiche, quali l’incontinenza e la disfunzione erettile”.

Hugo è una piattaforma particolarmente adatta anche per la formazione. Il simulatore dotato di intelligenza artificiale trasforma la console in un ambiente di realtà virtuale: il clinico può usare i comandi manuali ad alta precisione e il grande monitor 3D per simulare esperienze virtuali iper-realistiche. “Questo permette ai chirurghi di imparare, fare pratica e ottenere un riscontro sulla capacità acquisite relativamente ai compiti chirurgici robotici, tra cui l’inserimento di aghi, la dissezione, la presa, la sutura e altro ancora. Inoltre Hugo è dotato di un software di intelligenza artificiale che consente in tempo reale l’acquisizione, l’archiviazione e l’accesso sicuro di video chirurgici e dati procedurali anche su dispositivi mobili come il cellulare. In questo modo diventa più agevole l’interazione e il lavoro congiunto dell’équipe chirurgica per la preparazione all’intervento. E per gli specializzandi una modalità differente di acquisire la tecnica chirurgica”, ha concluso Cavalleri.

Mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona

Anche il vescovo Pompili durante l’omelia ha voluto soffermarsi sullo sviluppo della tecnologia, in particolare sull’intelligenza artificiale. “Oltre all’intelligenza artificiale, che può essere sicuramente un elemento di innovazione, permane l’intelligenza cordiale, del cuore. Esse non sono in contrapposizione, ma devono essere integrate. E la domanda che si cela dietro l’intelligenza cordiale è se siamo sempre capaci di riconoscere oltre la malattia la persona, il soggetto, il volto. Chi entra nella Cittadella della carità, insieme al nitore degli ambienti e all’efficienza dei servizi, percepisce proprio questo sguardo amorevole che è quanto più rigenerante in chi vive la fragilità del dolore”.

Il presidente , fr Gedova Nazzari

Prima dell’inaugurazione virtuale del robot Hugo, il presidente della Cittadella della Carità, fratel Gedovar Nazzari, ha ricordato quel 7 febbraio del 1946 quando San Giovanni Calabria affidò al Sacro Cuore di Gesù la Casa di Negrar, l’embrione di quello che oggi è l’ospedale. “Don Calabria affida l’Ospedale e l’intera Opera al Cuore di Gesù, simbolo della natura umana di Cristo, intimamente legata alla sua natura divina. Ma soprattutto simbolo del suo amore per ogni donna e per ogni uomo, per ciascuno di noi. Un amore quello di Gesù che dona dignità alla persona. E nessuna condizione sfavorevole può privarla di questo grande dono. Non la malattia. Nemmeno quando la sofferenza fisica porta a un’alterazione della coscienza o all’incoscienza stessa”.

VIDEO PIATTAFORMA ROBOTICA HUGO

Regia: Riccardo Guernieri

Art Direction Media Event Srl: Vania Bertani

Consulenza e testi: Elena Zuppini e Matteo Cavejari


Dalla robotica all'intelligenza artificiale: cosa cambierà nelle sale operatorie

Dalla robotica all’intelligenza artificiale, alla realtà e aumentata fino al metaverso. La tecnologia digitale prende sempre più spazio in sala operatoria portando con sé implicazioni importati, in primo luogo la tutela dei diritti del cittadino in termini di salute e sicurezza nei luoghi di cura. Un tema attuale che sarà affrontato nel convegno “Innovazione tecnico-organizzativa in sala operatoria tra efficienza, sicurezza e qualità dei percorsi” in programma mercoledì 5 giugno alla Gran Guardia e promosso dall’Università di Verona e dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. (qui il programma)

Dalla robotica all’intelligenza artificiale, alla realtà e aumentata fino al metaverso. La tecnologia digitale prende sempre più spazio in sala operatoria portando con sé implicazioni importati, in primo luogo la tutela dei diritti del cittadino in termini di salute e sicurezza nei luoghi di cura.

Un tema attuale che sarà affrontato nel convegno “Innovazione tecnico-organizzativa in sala operatoria tra efficienza, sicurezza e qualità dei percorsi” in programma mercoledì 5 giugno alla Gran Guardia e promosso dall’Università di Verona e dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. (qui il programma)

“Le sale operatorie sono aree ad alta intensità di cura e quindi ad alto rischio: il 39% del totale degli eventi avversi in ambito ospedaliero accadono in sala operatoria”,  sottolinea il dottor Davide Brunelli, direttore medico di presidio dell’IRCCS di Negrar, organizzatore del convegno, insieme al professor Stefano Tardivo, ordinario di Igiene generale e applicata all’università di Verona. “E’ quindi importante condividere sul territorio quelle che sono le nuove sfide della moderna chirurgia, come avviene in questo convegno dove si confronteranno le esperienze del Sacro Cuore Don Calabria, quelle degli ospedali cittadini e la competenza scientifica e didattica dell’Università”.

Ad aprire il lavori sarà l’intervento di padre Paolo Benanti, presidente della Commissione Algoritmi per l’informazione e unico membro italiano del Comitato sull’intelligenza artificiale delle Nazioni Unite, che parlerà dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società, in particolare nel campo della salute. Successivamente interverrà il professor Silvio Brusaferro, già presidente dell’Istituto superiore di sanità e attualmente direttore della Struttura complessa Accreditamento, Gestione del Rischio Clinico e Valutazione delle Performance Sanitarie presso l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, che affronterà il tema della sicurezza del paziente,

“Sicurezza da cui non si può prescindere nell’ideazione dell’ospedale del futuro, il cosiddetto netxt generation hospital, tecnologico e capace di far fronte ai cambiamenti. Un progetto a cui sta lavorando il Politecnico di Milano e che sarà illustrato dai professori Stefano Campolongo e Andrea Brambilla dell’Istituto universitario lombardo”, prosegue il dottor Brunelli.

Congiuntamente all’aspetto strutturale sarà affrontato il ruolo dei percorsi assistenziali, In particolare la dottoresse Elisa Bertocchi e Roberta Freoni, rispettivamente chirurgo e coordinatrice infermieristica della Chirurgia generale dell’IRCCS di Negrar, presenteranno il protocollo ERAS (Enhanced Recovery After Surgery, ovvero il miglior recupero dopo un intervento chirurgico). Grazie all’elevata aderenza a questa “buona pratica clinica”, che ha portato alla riduzione delle complicanze e dei giorni di degenza, la chirurgia generale ha ottenuti da Eras Society la certificazione internazionale di centro qualificato e di centro formatore. Gli infettivologi Andrea Tedesco e Francesco Rizzolo, sempre del Sacro Cuore Don Calabria, presenteranno invece il percorso della gestione del rischio infettivo nel processo chirurgico.

“In questo contesto di innovazione tecnologica assume sempre più importanza la valutazione delle performance alla luce dell’evidenza scientifica e la formazione permanente dei clinici. Anche la medicina legale dovrà cambiare prospettiva assumendo nuove forme di valutazione per quanto riguarda i sinistri, come ci spiegherà il professor Umberto Genovese, ordinario di Medicina legale all’Università di Milano”, conclude il dottor Brunelli.


Influenza aviaria: il rischio pandemia e la prevenzione possibile

Il virus A/H5N1, sottotipo del virus dell’influenza aviaria, è responsabile di quella che gli esperti chiamano una vera e propria panzoozia, cioè l’equivalente di una pandemia che colpisce gli animali invece degli uomini. Cluster di aviaria si sono verificati in tutti i continenti, compreso l’Antartide, colpendo diverse specie di animali e compiendo il salto di specie anche sui mammiferi. Proprio in questi giorni negli Stati Uniti è stato segnalato il terzo caso sull’uomo di influenza aviaria derivante da questo sottotipo ad alta patogenicità. “Ma il rischio di una pandemia umana resta molto basso perché il virus al momento non ha la capacità di trasmettersi da uomo a uomo e dovrà verificarsi una concatenazione molto lunga di eventi prima che succeda – dice la dottoressa Maria Capobianchi, biologa e consulente dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – tuttavia è importante stare all’erta e mettere in atto un’attenta prevenzione sia attraverso i comportamenti individuali sia con le politiche di salute pubblica”.

Nei due video la dott.ssa Capobianchi e la dott.ssa Isabella Monne, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, fanno il punto della situazione e spiegano quali sono davvero i rischi per l’uomo (interviste realizzate a margine del convegno “Influenze virali respiratorie: scenari post SARS-CoV-2”, organizzato dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria).

 


La Cittadella della Carità diventa più grande: inaugurato l'Ospedale di Comunità

Lunedì 20 maggio, alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità e il Sociale, Manuela Lanzarin, è stato inaugurato l’Ospedale di Comunità dell’IRCCS di Negrar. Ventiquattro posti letto rivolti a pazienti che superata la fase acuta della malattia non possono rientrare momentaneamente a domicilio. Attivo dal 13 marzo, ha ricoverato già 50 pazienti, provenienti dai reparti per acuti degli ospedali dell’Ulss 9, dal territorio e dal pronto soccorso.

L’assessore Manuela Lanzarin

Con il taglio del nastro da parte dell’Assessore regionale alla Sanità e Servizi Sociali, Manuela Lanzarin, questa mattina (lunedì 20 maggio) è stato ufficialmente inaugurato l’Ospedale di Comunità dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.

Erano presenti anche il prefetto di Verona, Demetrio Martino,  il direttore generale e sanitario dell’Ulss 9, rispettivamente Patrizia Benini e Denise Signorelli, il comandante provinciale dei Carabinieri, Francesco Novi, quello della Guardia di Finanza, Italo Savarese, la dottoressa Anna Maria Fiorillo, in rappresentanza del Questore, e il sindaco di Negrar, Roberto Grison. La benedizione è stata impartita dal Superiore generale dell’Opera Don Calabria, padre Massimiliano Parrella. Il card. Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha inviato un messaggio di saluto non potendo essere presente in quanto convocato per un incontro da Papa Francesco.

“L’Ospedale di Comunità dell’IRCCS di Negrar rientra appieno nella programmazione regionale che prevende una vasta rete di strutture intermedie tra ospedale e territorio”, ha affermato l’assessore Lanzarin.  “Questa struttura ha alcune peculiarità importanti: fa parte della Cittadella della Carità, nella cui area gravitano l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per le Malattie infettive e tropicali) e i Centri Servizi per anziani non autosufficienti (Casa Nogarè, Casa Perez e Casa Clero) e Stati Vegetativi Permanenti. In più la vicinanza all’ospedale agevola, là dove è necessario, l’accesso alla specialistica diagnostica e terapeutica e rende immediata la gestione dell’urgenza. Condivido in pieno, infine, la scelta per la quale la presenza dei familiari durante la giornata non è sottoposta a orari. Un chiaro segnale di umanità e di vicinanza anche alle famiglie”.

Il Prefetto Dmetrio Martino

Una peculiarità dell’OdC dell’IRCCS di Negrar che ha ricevuto parole di apprezzamento anche dal Prefetto Martino, il quale ha rilevato che “oggi ci troviamo qui a festeggiare l’apertura concreta e la disponibilità di nuovo presidio sanitario. Ma per arrivare qui c’è stato negli anni un grande lavoro di sistema e di buona amministrazione che vanno assolutamente sottolineati”.

L’Ospedale di Comunità si trova al terzo piano di Casa Nogarè, una delle tre strutture residenziali extra-ospedaliere della Cittadella della Carità, ed è dotato di 24 posti letto, distribuiti in 12 stanze. La realizzazione è stata sostenuta interamente dall’IRCCS di Negrar.

Dal 13 marzo, l’OdC ospita, come da normativa, pazienti clinicamente stabili dopo una fase acuta della patologia, ma non idonei al rientro a domicilio oppure pazienti cronici che a causa del riacutizzarsi della malattia non possono, momentaneamente, essere seguiti a casa. In generale sono soggetti che necessitano di cure mediche a bassa intensità e soprattutto di assistenza infermieristica continuativa, anche notturna. L’obiettivo è il ripristino dell’autonomia del paziente, finalizzata al rientro nella propria abitazione. La degenza a carico del Servizio Sanitario Nazionale (quindi gratuita per il cittadino) è prevista per un massimo di 30 giorni, prorogabile con un contributo economico del paziente. Dal punto di vista organizzativo, l’OdC è una risposta alle cosiddette dimissioni difficili, che altrimenti troverebbero come alternativa la permanenza nei reparti per acuti, a causa della complessa valutazione per l’inserimento nelle lungodegenze, dei tempi tecnici dell’attivazione dell’assistenza domiciliare o più semplicemente per i tempi necessari all’adeguamento dell’abitazione.

Come per tutti gli altri sei Ospedali di Comunità del Veronese, l’accesso dei pazienti è governato dalla COT (Centrale Operativa Territoriale) dell’Ulss 9 che vaglia l’idoneità delle richieste provenienti dai reparti per acuti degli ospedali della provincia o dai medici di medicina generale e anche dai Pronto Soccorso.

Il direttore generale dell’Ulss 9, Patrizia Benini

Attivare da parte della Regione un ospedale di comunità all’interno di un ospedale convenzionato significa di fatto dare evidenza a quella che dovrebbe essere la normale sinergia tra sistema pubblico e convenzionato di valore, qual è il Sacro Cuore Don Calabria, grazie alla quale il cittadino può trovare risposta”, ha sottolineato il direttore generale dell’Ulss 9, Patrizia Benini.

Il Presidente, fr. Gedovar Nazzari

“Oggi questa Cittadella si arricchisce di una nuova struttura. L’organizzazione che la caratterizza e la finalità per cui è stata realizzata rispondono all’idea di sanità così come la concepiva San Giovanni Calabria”, ha esordito il presidente, fr. Gedovar Nazzari. “Per il nostro Santo Fondatore la sanità ha ragione d’essere perché è al servizio della persona, perché si prende cura del malato, facendosi carico soprattutto delle situazioni di particolare bisogno”.

L’Amministratore Delegato, Claudio Cracco

L’Ospedale di Comunità è previsto dalle schede ospedaliere dell’ultimo Piano sanitario regionale del 2019 (DGR 614). Quindi la sua realizzazione non è frutto dell’emergenza pandemica né dei fondi messi a disposizione dal PNRR. Bensì dalla lungimiranza della Regione Veneto: la prima normativa regionale che ha definito i requisiti di autorizzazione e accreditamento per gli ospedali di comunità risale al 2012”, ha sottolineato l’Amministratore Delegato, Claudio Cracco.La volontà regionale di rafforzare la rete delle cure intermedie, coinvolgendo anche la sanità privata accreditata, ha incontrato piena corrispondenza con il progetto che caratterizza da sempre la Cittadella della Carità, quello di creare all’interno della stessa un percorso di presa in carico del paziente in ogni fase della malattia”.

L’équipe dell’OdC è composta da medici – tra cui il responsabile clinico, dottor Luca Scala – da personale infermieristico e da operatori socio sanitari (oss). Il Piano assistenziale individuale (PAI) redatto per ogni paziente prevede, se necessario, anche un programma di riabilitazione con un fisioterapista dedicato dell’Unità Operativa di Riabilitazione Ortopedica che si trova sullo stesso piano dell’Ospedale di Comunità. Figura peculiare dell’Ospedale di Comunità è il case manager, un infermiere che ha il compito di seguire e nel caso di implementare o rivedere, in collaborazione con l’équipe medica e infermieristica, il PAI di ciascun paziente, mantenendo i rapporti con la famiglia in vista del rientro a casa.

Il dottor Luca Scala e la dottoressa Cristina Grillo

“Finora abbiamo accolto circa 50 pazienti provenienti sia dall’area medica sia da quella chirurgica degli ospedali dell’Ulss 9, ma abbiamo avuto anche accessi dal territorio tramite i medici di medicina generale e dal Pronto Soccorso”, spiega il dottor Scala. “Sono in genere anziani pluripatologici che necessitano di un riequilibrio del loro piano terapeutico farmacologico. L’approccio medico è di presa in carico a 360°, fondamentale per il raggiungimento dell’autonomia possibile del paziente e del suo ritorno a casa”.

L’assistenza infermieristica è garantita h24, mentre i medici sono presenti  dalle 8 alle 20. Dopo, in caso di necessità, interviene la guardia medica interna in collaborazione con la guardia medica territoriale. “Un tratto distintivo del nostro Ospedale di Comunità è la possibilità della presenza di un familiare durante tutta la giornata senza limiti di orario”, spiega il coordinatore infermieristico, Antonio Zattarin. “Sappiamo quanto sia importante la vicinanza di un proprio caro nel percorso di guarigione. Ma abbiamo voluto la presenza dei familiari anche in una logica formativa, in quanto affiancando gli operatori hanno l’opportunità di acquisire le modalità di assistenza del loro congiunto una volta tornato a casa”


Il Ministro Bernini in visita all'IRCCS di Negrar: "Struttura di eccellenza"

Lo scorso sabato, 11 maggio, il Ministro della Ricerca e dell’Università, Anna Maria Bernini, è stata in visita ufficiale all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dove ha incontrato i vertici dell’Ospedale e quelli dell’Università di Verona. Tanti i temi sul tavolo: si è parlato della partnership tra l’IRCCS di Negrar e l’Ateneo scaligero, ma anche in generale di ricerca e di sanità.

Lo scorso sabato, 11 maggio, il Ministro della Ricerca e dell’Università, Anna Maria Bernini, è stata in visita ufficiale all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dove ha incontrato i vertici dell’Ospedale e quelli dell’Università di Verona. Tanti i temi sul tavolo: si è parlato della partnership tra l’IRCCS di Negrar e l’Ateneo scaligero, ma anche in generale di ricerca e di sanità.

Erano presenti per il “Sacro Cuore Don Calabria”, il Presidente, fratel Gedovar Nazzari, l’Amministratore Delegato, dottor Claudio Cracco, il Direttore Sanitario, dottor Fabrizio Nicolis, e il Direttore Generale della ricerca con delega per i rapporti con l’Università, dottor Mario Piccinini. Per l’Università, il Magnifico Rettore, professor Pierfrancesco Nocini, era accompagnato dal Direttore Generale, dottor Federico Gallo.

Sono sempre molto contenta quando posso visitare strutture di eccellenza che lavorano in maniera altrettanto eccellente con l’Università, come l’IRCCS di Negrar. La collaborazione tra il “Sacro Cuore” e l’Ateneo scaligero è un fatto storico oltre che significativo e per, quanto mi riguarda, è una collaborazione che deve essere implementata”, ha detto ai giornalisti il Ministro Bernini.  “Ho in programma di far crescere in Italia più strutture di ricerca. Qui, per esempio, non abbiamo solo in IRCCS di Malattie infettive e tropicali, ma anche un ciclotrone che lavora con le Medicine Nucleari della regione – ha proseguito -. Il modo migliore per far tornare i nostri cervelli che sono migrati all’estero è creare strutture di ricerca, perché i ricercatori sono come le rondini: vanno dopo possono fare ricerca.  L’IRCCS Sacro Cuore è una grande struttura che cura il territorio, ma anche un’occasione per far ritornare in Italia i nostri ricercatori e attrarne altri dall’estero”.


Il presente e il futuro della retina: artificiale liquida ma anche biostampata in 3D

Oltre 600 partecipanti, 78 prestigiosi relatori provenienti da 18 Paesi del mondo, 7 sale operatorie collegate in diretta tra Europa e Asia: sono solo alcuni dei numeri del congresso internazionale di chirurgia vitroretinica, che si è tenuto da giovedì 2 a sabato 4 maggio alla Gran Guardia sotto la direzione scientifica della dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica dell’IRCCS di Negrar, e del professor Siegfried Priglinger, direttore del Dipartimento di Oftalmologia dell’ospedale universitario di Monaco di Baviera. 

Una tre giorni di confronto su vari argomenti, tra cui gli innovativi trattamenti chirurgici delle patologie della retina con discussione attiva di casi clinici e delle tecniche chirurgiche. Confronto che si è esteso anche allo stato dell’arte della ricerca clinica e applicata, i cui risultati potrebbero avere ricadute di enorme valore e di interesse per i pazienti

Dr.ssa Grazia Pertile e il professor Siegfried Priglinger

Oltre 600 partecipanti, 78 prestigiosi relatori provenienti da 18 Paesi del mondo, 7 sale operatorie collegate in diretta tra Europa e Asia: sono solo alcuni dei numeri del congresso internazionale di chirurgia vitroretinica, che si è tenuto da giovedì 2 a sabato 4 maggio alla Gran Guardia sotto la direzione scientifica della dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica dell’IRCCS di Negrar, e del professor Siegfried Priglinger, direttore del Dipartimento di Oftalmologia dell’ospedale universitario di Monaco di Baviera.

E’ stata la prima edizione di VM Retina Meeting, dove V e M stanno per Verona e Monaco, città nella quale fra due anni si terrà lo stesso appuntamento, e che prosegue una tradizione congressuale nata oltre 30 anni fa a Francoforte, con il professor Claus Eckardt.

Il gemellaggio anche scientifico tra Verona e Monaco di Baviera

“Le due città sono legate da un gemellaggio culturale che risale al 1960, simboleggiato anche dalla statua di Giulietta che si trova ai piedi del palazzo comunale di Marienplatz a Monaco di Baviera. Un dono di Verona, che è stato ricambiato dalla municipalità monacense con la Fontana delle Alpi di Piazza Bra”, ha spiegato la dottoressa Pertile. “Con questo evento il gemellaggio si traduce in un sodalizio tra gli organizzatori scientifici che ha come obiettivo quello di costituire, con lo scambio di conoscenze ed esperienze, una rete di dinamismo culturale, destinata ad influire sul futuro dell’oftalmologia”.

Non a caso il meeting è stato strutturato come una tre giorni di confronto su vari argomenti, tra cui gli innovativi trattamenti chirurgici delle patologie della retina con discussione attiva di casi clinici e delle tecniche chirurgiche. Confronto che si è esteso anche allo stato dell’arte della ricerca clinica e applicata, i cui risultati potrebbero avere ricadute di enorme valore e di interesse per i pazienti. “Numerosissimi sono infatti i quadri patologici congeniti, acquisiti e traumatici che ogni giorno i chirurghi retinici affrontano nella loro routine professionale. Situazioni che richiedono soluzioni non solo anatomiche, ma principalmente funzionali per il bene del paziente”, sottolinea la dottoressa.

Sette sale operatorie tra Europa e Asia collegate in diretta

Il cuore del congresso è stata la sessione di chirurgia dal vivo, con la partecipazione di 11 chirurghi impegnati in 7 sale operatorie tra Asia ed Europa. Gli interventi eseguiti a Negrar, Ankara, Barcellona, Lovanio, Mumbai, Roma e Sulzbach sono stati tramessi in diretta nella sala congressuale con immagini di altissima qualità per facilitare il confronto e la discussione tra i partecipanti sui vari approcci chirurgici.

Oculistica di Negrar: 1500 interventi di retina all’anno con il 60% dei pazienti da fuori regione

L’intervento dalla sala operatoria di Negrar è stato eseguito dalla stessa dottoressa Pertile, prima donna a ricevere nel 2018 il premio “Reja Zivojnovic”, conferito annualmente ad uno specialista oftalmologo che a livello mondiale si è distinto nell’ambito della chirurgia vitreoretinica. Con lei, sempre dell’équipe del Sacro Cuore, anche il dottor Guido Prigione a conferma del valore riconosciuto a livello internazionale nel campo dell’Oculistica al centro di Negrar che è anche struttura di riferimento regionale per le gravi patologie della retina, con circa 1.500 interventi di retina all’anno e oltre 60% dei pazienti provenienti da altre regioni italiane.

La retina artificiale liquida

La dottoressa Pertile fa parte anche del team tutto “made in Italy” che lavora da tempo sulla retina artificiale liquida sulla cui sperimentazione è stato fatto il punto nella sessione di venerdì pomeriggio, dedicata alla ricerca sulla cura di patologie che ancora oggi sono giudicate irreversibili e non curabili in maniera efficace. “I tempi della scienza purtroppo non sono i tempi né dei clinici né dei pazienti – ha precisato la dottoressa Pertile – Per quanto riguarda la sperimentazione della retina artificiale liquida sull’uomo dovremo attendere ancora, ma i primi risultati in vitro e sugli animali sono molto incoraggianti soprattutto riguardo la cura della retinite pigmentosa, anche in fase clinica avanzata, una grave patologia eredo-familiare che porta alla cecità in età giovanile”.

Sistemi ottici innovativi per il trattamento delle maculopatie

Sono invece iniziati in alcuni centri italiani i primi impianti sull’uomo di sistemi ottici innovativi, come il Sing Imto, una lente intraoculare con effetto di ingrandimento dell’immagine, e l’EyesON, una retina artificiale di dimensioni ridotte. Questi sistemi sono entrambi indicati per la degenerazione maculare senile, una malattia degenerativa della macula, la parte centrale della retina, che impedisce una visione di qualità, specie da vicino. “Siamo ancora nel campo della sperimentazione – ha puntualizzato la dottoressa Pertile – e dobbiamo aspettare i risultati degli studi sui primi pazienti per stabilire l’efficacia e la sicurezza di questi dispositivi sicuramente innovativi, ma ancora oggetto di studio e di ricerca”.

La terapia genica è già realtà

Sul fronte della terapia genica, è invece in commercio dal 2021 un farmaco, il Luxturna, per la cura della retinite pigmentosa legata all’alterazione del gene RTE65, quadro clinico che si manifesta con gravi problemi della vista fin dall’infanzia. “La terapia consiste in un’unica iniezione nell’occhio malato di un prodotto contenente un adenovirus modificato che ha il compito di veicolare all’interno della cellula una copia del gene funzionante. Una metodica che potrebbe trovare applicazione anche per altre malattie congenite”.

La retina del futuro? Prodotta da biostampanti in 3D

E il futuro cosa potrebbe riservarci?  “Negli Stati Uniti sono in corso studi per la realizzazione con l’uso di biostampanti 3D dei 10 strati di tessuto di cui è composta la nostra retina – ha risposto la dottoressa Pertile -. Sembra fantascienza, ma intorno all’utilizzo delle biostampanti è in corso un grande fermento di studi in tutto il mondo, anche per la creazione di organi o parte di essi da trapiantare, come è già avvenuto per la trachea, per esempio. Non sono esclusi risultati anche sul fronte della retina”.

Qui sotto l’intervista della dottoressa Grazia Pertile al TgR Veneto 


La lotta alle infezioni e all'antibiotico resistenza inizia dalle nostre mani

Il 5 maggio ricorre la Giornata mondiale dell’igiene delle mani per sensibilizzare le persone comuni, ma soprattutto i sanitari sull’importanza di questo gesto al fine di prevenire il diffondersi delle infezioni, in particolare in ambito sanitario, spesso originate da germi che per lo scorretto uso degli antibiotici sviluppano resistenze e quindi diventano difficili da curare.  Bastano solo venti secondi di strofinamento con la soluzione idroalcolica oppure a 40-60 secondi con acqua e sapone. Poche semplici mosse, ma proprio la loro semplicità induce a trascurarle, soprattutto là dove non assumono un carattere obbligatorio come in sala operatoria. Due video tutorial sul corretta modalità del lavaggio delle mani.

Fa parte delle poche cose positive che ci ha lasciato il Covid 19: la consapevolezza di quanto sia importante l’igiene delle mani. Durante la pandemia acqua e sapone o la soluzione idroalcolica erano fedeli compagni delle nostre giornate per evitare il contagio. Ma il virus del Sars-CoV 2 non ci ha rivelato nulla di nuovo: a scoprire che le nostre mani sono veicoli di malattie è stato il medico ungherese Ignaz Semmelweis nel 1847, quando si accorse che le febbri, spesso mortali, che colpivano le donne che avevano partorito da poco erano collegate ai chirurghi che, dopo aver effettuato un autopsia o visitato pazienti malate, andavano al capezzale di altre puerpere. Il povero Ignaz e il suo invito ai medici di detergere le mani con una soluzione di cloro non solo non vennero ascoltati, ma il medico fu perfino allontanato dalla clinica viennese dove lavorava.

Giornata per sensibilizzare tutti, ma soprattutto i sanitari

Oggi, fortunatamente, è assodato che la detersione delle mani è una potente barriera contro le patologie contagiose. Rimane tuttavia ancora tanto da fare, perché una percentuale delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria – quindi non solo ospedaliere – sono da ricondurre alla poca cura di questa banale quanto importante pratica. Non a caso ogni anno il 5 maggio si celebra la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, in occasione della quale l’Organizzazione mondiale della sanità lancia una campagna per sensibilizzare le persone comuni e, soprattutto, gli operatori sanitari. E’ noto, infatti, che gli ospedali e le strutture di cura extra-ospedaliere (RSA, Case di riposo…) sono luoghi privilegiati di colonizzazione di germi per la presenza di persone malate, molto spesso defedate e immunodepresse, e per la pratica di procedure invasive, come gli interventi chirurgici.

Anche l’IRCCS di Negrar aderisce alla campagna

Lo slogan della Giornata mondiale di quest’anno è: Why is sharing knowledge about hand hygiene still so important? Because it helps stop the spread of harmful germs in health care (Perché la condivisione delle conoscenze sull’igiene delle mani è ancora così importante? Perché aiuta a fermare la diffusione di germi nocivi nel settore sanitario).Anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria aderisce alla campagna con l’affissione di poster all’interno della struttura.

 Bastano solo pochi secondi
Dr. Andrea Tedesco

“Detersione delle mani significa che dopo il contatto con ogni paziente o con dispositivi come i cateteri si deve procedere a venti secondi di strofinamento con la soluzione idroalcolica oppure a 40-60 secondi con acqua e sapone”, spiega il dottor Andrea Tedesco infettivologo del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar. “Un gesto semplice, quasi banale, ma che proprio a causa della sua semplicità viene trascurato fuori dai quei contesti, come per esempio la sala operatoria, dove assume carattere obbligatorio”.

 Non solo le “mani pulite”: il progetto REVERSE contro l’antibiotico-resistenza

E’ pur vero che le sole “mani pulite” non bastano a tenere lontano i germi, e soprattutto a combattere il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, una delle massime preoccupazioni della medicina moderna.Lo sviluppo di un modello finalizzato alla prevenzione e alla gestione dei germi resistenti agli antibiotici è l’obiettivo del progetto europeo REVERSE (pREVention and management tools for rEducing antibiotic Resistance in high prevalence Settings), finanziato dai fondi Horizon 2020 e coordinato dall’Università di Zurigo, a cui aderiscono 24 ospedali del Sud Europa, tra cui l’IRCCS di Negrar.“Quello di REVERSE è un modello multidisciplinare, implementato progressivamente anche nel nostro ospedale, grazie al quale il tasso di infezioni ospedaliere registrato nella nostra struttura è del 4,7%, contro la media nazionale del 6.5 %”, spiega il dottor Tedesco che è anche referente dello studio per il Sacro Cuore Don Calabria e componente del Comitato Infezioni Ospedaliere.

 La stewardship antimicrobica: l’uso corretto degli antibiotici

“Il modello prevede innanzitutto la stewardship antimicrobica che ha il compito di guidare al corretto impiego degli antibiotici, il cui uso al di fuori delle indicazioni è uno dei maggiori responsabili della multiresistenza ai farmaci sviluppata dai germi – prosegue -. La stewardship è in capo a una piccola équipe di infettivologi che lavora quotidianamente in stretto contatto con i clinici prescrittori degli antibiotici”.

 Test diagnostici rapidi e precisi per terapie mirate

Il corretto impiego degli antibiotici passa necessariamente dalla diagnostica, “in particolare da test molecolari in grado di produrre diagnosi altamente specifiche e in tempi rapidi, tali da consentire l’impiego di terapie mirate a quel determinato patogeno responsabile dell’infezione”.

 La prevenzione

Come in tutti gli ambiti che riguardano la salute, anche nel campo delle infezioni la prevenzione è un nodo cruciale. “Tra le misure preventive adottate dal nostro IRCCS, vi è quella del tampone nasale al quale vengono sottoposti tutti i pazienti che devono effettuare un intervento di protesi ortopedica – spiega ancora l’infettivologo – Lo scopo è la ricerca dello stafilococco aureo, responsabile di gravi infezioni che portano al fallimento dell’impianti. Mentre il tampone rettale per la diagnosi di eventuali germi multiresistenti è previsto per tutti i pazienti a rischio, cioè provenienti da case di riposo o da altri ospedali, e che necessitano di ricovero in geriatria, terapia intensiva o riabilitazione intensiva. Una misura che stiamo estendendo anche ai pazienti candidati alla chirurgia colo-rettale”.

 Il controllo

Nel caso di tamponi positivi vengono messe in atto le pratiche di controllo, come l’isolamento da contatto del paziente, attraverso tutta una serie di accorgimenti da parte degli operatori sanitari al fine di evitare il contagio di degenti. “Lo stesso avviene se dal laboratorio proviene l’alert di pazienti colonizzati dai cosiddetti germi sentinella, cioè microrganismi in grado di diffondersi rapidamente o resistenti agli antibiotici”.

Il Comitato Infezioni Ospedaliere

La sorveglianza, il controllo e la riduzione delle infezioni ospedaliere al Sacro Cuore Don Calabria è affidato, come in tutti gli ospedali, al Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO). Esso è guidato dalla Direzione Sanitaria ed è composto da un medico anestesista-rianimatore, da un medico internista, da un chirurgo, da un infettivologo, da un microbiologo, da un farmacista, da un’assistente sanitario, da un dirigente del Servizio Infermieristico e da un infettivologo referente per la Stewardship antimicrobica. Il Comitato è affiancato da un gruppo operativo (il GIO-Gruppo Infezioni Ospedaliere) che si riunisce ogni 15 giorni, composto dalla Direzione Sanitaria, da due infettivologi, da un assistente sanitaria e da un microbiologo.

Prevenzione e controllo fuori dall’ospedale

Il controllo delle infezioni correlate all’assistenza e la lotta all’antibiotico resistenza non possono tuttavia limitarsi al solo ospedale. “Il “Sacro Cuore Don Calabria” fa parte di un network di IRCCS (Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, Fondazione Gemelli di Roma, Policlinico di Milano, Policlinico Sant’Orsola di Bologna e l’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo) che, insieme all’Isistuto Superiore di Sanità, hanno l’obiettivo di sviluppare un modello informatizzato di stewardship antibiotica applicabile a tutti gli ospedali e anche alle strutture mediche, residenziali e non, che afferiscono agli ospedali stessi. Verrebbe a crearsi così un circuito virtuoso che consentirebbe un controllo a 360° delle infezioni e di conseguenza andrebbe ad incidere sulla nascita di nuove resistenze”, conclude il dottor Tedesco.


Elettroporazione: campi elettrici curano il ritmo malato del cuore

La Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon,  ha trattato i primi pazienti con un sistema non termico che migliora l’efficacia e la sicurezza degli interventi mini-invasivi per la cura della fibrillazione atriale, la patologia del ritmo del cuore più diffusa al mondo e uno dei maggiori fattori di rischio di ictus e scompenso cardiaco. La elettroporazione, o Pulsed Field Ablation (PFA), questo è il nome della nuova procedura, è in grado, attraverso campi elettrici pulsanti, di interrompere selettivamente il “cortocircuito” di una parte del tessuto cardiaco responsabile dell’aritmia, preservando nello stesso tempo il tessuto sano e le strutture anatomiche circostanti.

Nelle scorse settimane la Cardiologia dell’IRCCS di Negrar ha trattato i primi pazienti con un sistema non termico che migliora l’efficacia e la sicurezza degli interventi mini-invasivi per la cura della fibrillazione atriale, la patologia del ritmo del cuore più diffusa al mondo e uno dei maggiori fattori di rischio di ictus e scompenso cardiaco. La elettroporazione, o Pulsed Field Ablation (PFA), questo è il nome della nuova procedura, è in grado, attraverso campi elettrici pulsanti, di interrompere selettivamente il “cortocircuito” di una parte del tessuto cardiaco responsabile dell’aritmia, preservando nello stesso tempo il tessuto sano e le strutture anatomiche circostanti.

La fibrillazione atriale colpisce nel mondo 33 milioni di persone, di cui 800mila solo in Italia, e la sua incidenza è proporzionale all’aumentare dell’età. Diminuendo del 25% l’efficacia di pompa del cuore, i sintomi più frequenti sono stanchezza, affanno e mancanza di forze.

Il punto di svolta nel trattamento di questa aritmia è stata l’introduzione alcuni anni fa dell’ablazione transcatetere, una procedura mini-invasiva che prevede l’introduzione appunto di un catetere attraverso l’arteria femorale fino al raggiungimento della vene polmonari, punto d’innesco dell’aritmia.

“L’obiettivo è l’isolamento elettrico dell’area cardiaca interessata”, spiega il dottor Giulio Molon, direttore della Cardiologia del “Sacro Cuore Don Calabria”. “Ad oggi le due forme di energia più utilizzate per l’ablazione transcatetere sono la radiofrequenza e la crioablazione. Entrambe determinano la necrosi del tessuto malato, la prima attraverso il calore della corrente elettrica emanata dall’elettrodo del catetere, la seconda tramite il freddo. L’elettroporazione segna un ulteriore salto di qualità in termini di efficacia e di sicurezza, con una percentuale di complicanze procedurali inferiori all’1%. Infatti l’innovativo sistema porta alla morte delle cellule cardiache non per insulto termico, ma per la fuoriuscita del contenuto cellulare attraverso nanopori causati sulla membrana cellulare dal campo elettrico pulsante – sottolinea il cardiologo –  La bassa soglia di energia con cui le cellule del miocardio raggiungono l’elettroporazione rispetto a quelle circostanti, abbassa il rischio di coinvolgimento dei tessuti sani adiacenti all’area interessata, a differenza di quanto accade, invece, nell’ablazione con radiofrequenza e della crioablazione”.

Inoltre la PFA richiede un catetere di dimensioni più ridotte rispetto al trattamento con il freddo quindi un accesso femorale più limitato, e, se confrontata con le precedenti ablazioni trascateterali, tempi procedurali minori che contribuiscono alla diminuzione del rischio di complicanze. Tuttavia anche l’elettroporazione richiede che l’intervento venga effettuato sotto anestesia e due giorni di ricovero ospedaliero.

“La possibilità di accedere ai sistemi per l’ablazione della fibrillazione atriale di ultima generazione, frutto di oltre 15 anni di meticolosa ricerca, ha un ruolo importante per medici e pazienti nella battaglia per sconfiggere la patologia. Per anni abbiamo trattato efficacemente i pazienti con i tradizionali sistemi di ablazione termica e con la crioablazione. Adesso siamo orgogliosi di poter continuare ad offrire ai nostri pazienti le soluzioni tecnologiche più avanzate e le opzioni terapeutiche più efficienti”, conclude il dott. Molon


Tutto ciò che dobbiamo sapere sulla febbre Dengue

Dengue, ovvero la febbre spaccaossa. In questi mesi si è parlato molto di questa infezione trasmessa dalle zanzare in relazione all’epidemia che ha colpito il Brasile. SI tratta di una patologia endemica delle zone tropicali e subtropicali di Africa, Sudest asiatico e Cina, India, Medioriente, America latina e centrale, Australia e diverse zone del Pacifico, ma che potrebbe diventarlo anche da noi a causa della presenza della zanzara tigre. Negli scorsi anni si sono verificati dei focolai autoctoni anche in Italia. Nel video il professor Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e associato all’Università di Brescia, risponde alle domande più frequenti riguardo alla Dengue


Steatosi epatica, ovvero fegato grasso. Cos’è e quali rischi comporta?

La steatosi epatica, il cosiddetto fegato grasso, è una patologia benigna molto diffusa che consiste appunto nell’accumulo eccessivo di grasso a livello epatico. Tuttavia, in determinate condizioni, la steatosi può causare complicanze ed evolvere in cirrosi epatica e tumore del fegato. Ma di cosa si tratta esattamente e come si fa a prevenirla o almeno a tenerla sotto controllo? Chi è maggiormente esposto? Esistono farmaci specifici?

A queste e altre domande ha risposto la dottoressa Sara Boninsegna, epatologa della Gastroenterologia al “Sacro Cuore”, nella trasmissione di Telearena Dica 33. Ecco il video…