"Shalom, germogli di pace". La nuova lettera del Casante

“Promuovere la fratellanza universale, l’ecologia integrale, la cultura della pace e dell’incontro dei popoli”. In questa esortazione, contenuta nel documento finale del XII Capitolo dei Poveri Servi della Divina Provvidenza (2022) sta racchiuso il senso profondo della nuova lettera che il Casante don Massimiliano Parrella ha rivolto alla Famiglia Calabriana. Una lettera che vuole essere un invito per tutti ad essere operatori di pace nel lavoro e nella vita di ogni giorno.

Si intitola “Shalom, Germogli di pace” la lettera che il Casante, don Massimiliano Parrella, ha rivolto a tutta la Famiglia Calabriana, di cui fa parte anche la Cittadella della Carità di Negrar. La lettera è stata pubblicata lo scorso 26 novembre in occasione del 116° anniversario di fondazione dell’Opera Don Calabria.

Leggi la lettera

Il Casante, don Massimiliano Parrella

Nel testo il Casante invita tutti coloro che collaborano con l’Opera a lavorare concretamente per la pace in questo momento nel quale il mondo sembra andare nella direzione opposta. Una strada, quella indicata da don Parrella, che è stata tracciata nel XII Capitolo Generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza (2022). Infatti nel documento finale del Capitolo si legge che la Famiglia Calabriana è chiamata a: Promuovere la fratellanza universale, l’ecologia integrale, la cultura della pace e dell’incontro dei popoli, soprattutto in contesti ecumenici ed interreligiosi” (Strada 15 f. Dal Doc. Finale dei XII Capitoli Generali)”.

In questo particolare tempo di lotte e di guerre nel mondo – spiega il Casante – ancora di più siamo chiamati ad essere Segno visibile dell’Amore del Padre per noi e potremo essere segno solo se saremo capaci di essere Operatori di Pace!”.

La lettera è già stata divulgata in tutti i Paesi dove sono presenti comunità dell’Opera, tradotta nelle varie lingue, e sarà approfondita negli incontri natalizi e nei momenti di formazione “calabriana” del nuovo anno.

Auspico che questa lettera oltre che essere letta, sia anche meditata e vissuta nei propri contesti/territori – conclude il settimo successore di san Giovanni Calabria – e vi auguro lo Shalom! Solo se saremo Operatori di pace, mostreremo il volto di Dio Padre; solo se saremo Operatori di pace saremo chiamati figli di Dio; solo se saremo Operatori di Pace come Famiglia Calabriana, saremo un segno visibile per i più poveri e abbandonati. Shalom!“.

Per approfondire vedi anche l’articolo sul sito dell’Opera Don Calabria: vedi link.


La riabilitazione dopo l’ictus, con la tecnologia che si basa sui neuroni a specchio

Il “Sacro Cuore”, primo nel Veneto, dispone di due macchinari che facendo leva sulla funzione dei neuroni a specchio, aiutano i pazienti a muovere l’arto malato imitando i movimenti sullo schermo di quello sano

Si chiama “mirror therapy” ed è la diretta applicazione nella riabilitazione motoria di quella meravigliosa scoperta, ormai risalente a 20 anni fa, che sono i cosiddetti neuroni a specchio, una classe speciale di cellule cerebrali dedicate al movimento, grazie alle quali noi possiamo imparare osservando gli altri.

I fisioterapisti di solito, per applicarla, si servono di specchi e di apposite scatole, ma da pochi anni è entrata in campo la tecnologia digitale, con due dispositivi, in particolare IV3 e IV4-Intensive visual simulation, di cui il Servizio di Medicina fisica e riabilitativa dell’IRCCS di Negrar, diretto dalla dottoressa Elena Rossato, dispone da alcune settimane.

Si tratta di una sorta di computer, predisposti uno per gli arti inferiori e l’altro per quelli superiori, indicati per la preparazione alla fisioterapia, classica o in ambiente robotico, soprattutto dei pazienti con emiparesi da ictus e che sfruttano proprio le prerogative dei neuroni a specchio. Questo tipo di dispositivi sono presenti in pochi centri in Italia, soprattutto il IV4 per gli arti inferiori, tra cui al “Sacro Cuore Don Calabria.

“Il paziente, sedendosi frontalmente, viene invitato a eseguire i movimenti del braccio o della gamba che vede sullo schermo con il proprio arto ‘malato’”, spiega la dottoressa Rossato. “Il valore aggiunto di questi dispositivi digitali è quello di offrire al paziente la possibilità che il braccio o la gamba da ‘imitare’ siano i propri. Questo avviene registrando i movimenti degli arti non colpiti dalla malattia le cui immagini poi sono riprodotte in maniera speculare. In pratica è come se la persona vedesse sullo schermo il proprio arto da riabilitare in movimento ed è maggiormente indotta ad imitarlo”.

Un processo dovuto ai neuroni a specchio situati nelle aree frontali 4 e 5 del cervello e specializzati nell’attivazione motoria. “Gli esercizi effettuati grazie a questi sistemi hanno lo scopo di riattivare l’arto malato in funzione dell’inizio della fisioterapia vera e propria, la quale, senza questa preparazione, implicherebbe dolore e resistenza del tono muscolare dovuti all’immobilità”, aggiunge Rossato.

L’uso del IV3 e IV4 si è dimostrato “particolarmente utile per i pazienti colpiti da ictus che hanno difetti di attenzione verso la parte malata perché li riporta ad osservarla”, prosegue la fisiatra. Danno risultati anche nella sindrome dell’arto fantasma: i pazienti amputati spesso lamentano fortissimi dolori alla gamba e al braccio che non c’è più. Utilizzando questi sistemi le connessioni cerebrali vengono in qualche modo ‘ingannate’ e il paziente vedendo sullo schermo il movimento normale del suo arto inesistente non ne percepisce più il dolore. Infine sono indicati per tutti coloro che hanno disturbi cerebellari con forti distonie, perché li aiuta a rallentare i movimenti”.

I ricercatori del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa stanno sviluppando un protocollo di ricerca per valutare anche l’efficacia di queste tecnologie nei disturbi di sensibilità. “L’emiparesi provocata dall’ictus toglie al paziente non solo la mobilità dell’arto ma anche la sensibilità dello stesso – conclude la fisiatra -. Questo ha ricadute importanti nel recupero del cammino perché a causa dell’insensibilità vengono sviluppate posizioni sbagliate su cui poi si può intervenire solo con la chirurgia funzionale. Lo studio vuole valutare proprio l’efficacia del trattamento con IV4 abbinato alla riabilitazione tramite esoscheletro”.


Il professor Giovanni Targher tra i ricercatori più citati al mondo

Professore associato di Endocrinologia all’Università di Verona e ricercatore presso l’IRCCS di Negrar, Giovanni Targher per il secondo anno consecutivo è stato inserito nella lista Highly Cited Researchers stilata da Clarivate. Un prestigioso riconoscimento sull’interesse e  sulla qualità della sua ricerca in ambito medico.

Giovanni Targher, professore associato di Endocrinologia dell’Università di Verona e ricercatore dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, è tra i ricercatori più citati al mondo. A dirlo la lista degli Highly Cited Researchers stilata ogni anno da Clarivate, una delle società più accreditate nel fornire servizi basati sull’analisi di dati e informazioni relativi alla ricerca scientifica e accademica.

“Sono molto onorato di essere stato incluso, per il secondo anno consecutivo, in questa prestigiosa lista internazionale che identifica i ricercatori e le ricercatrici più influenti al mondo in base alle loro pubblicazioni scientifiche – dichiara Targher-. Questo significa che la linea di ricerca di cui mi sto interessando con il mio gruppo da oltre 20 anni, solleva sempre un particolare interesse a livello internazionale. In questa occasione, voglio ringraziare la governance universitaria dell’ateneo di Verona per avermi permesso di raggiungere tali risultati oltre che l’Amministrazione dell’Irccs Sacro Cuore – Don Calabria di Negrar dove sto proseguendo attualmente, ormai da qualche mese, la mia attività di ricerca all’interno di un ambiente scientificamente vivace e molto stimolante”.

Clicca qui per l’articolo completo pubblicato UNIVR/Magazine


All'AD Piccinini il premio "Imprenditore per il Bene Comune" di Cattolica Assicurazioni

L’Amministratore Delegato della Cittadella della Carità, di cui fa parte anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria,  Mario Piccinini è stato insignito del premio “Imprenditore per il Bene Comune”, istituito da Cattolica Assicurazioni e dedicato “agli imprenditori italiani, del mondo profit e non profit, che si sono distinti per la propria capacità di orientare l’impresa al bene, coniugando mercato, sostenibilità, profitto e solidarietà”.

Il premio che rappresenta l’albero della Dottrina Sociale, opera del maestro orafo Moreno Paluan

L’Amministratore Delegato della Cittadella della Carità, di cui fa parte anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria,  Mario Piccinini è stato insignito del premio “Imprenditore per il Bene Comune”, istituito da Cattolica Assicurazioni e dedicato “agli imprenditori italiani, del mondo profit e non profit, che si sono distinti per la propria capacità di orientare l’impresa al bene, coniugando mercato, sostenibilità, profitto e solidarietà”.

La cerimonia di consegna si è tenuta nella serata di venerdì 24 novembre in Fiera, a Verona, nell’ambito del tredicesimo Festival della Dottrina Sociale .

Questa la motivazione del Premio, consegnato al dottor Piccinini dal dottor Piero Fusco – Responsabile del Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore di Cattolica Assicurazioni:

“La gestione della Cittadella della Carità è l’obiettivo a cui Mario Piccinini ha dedicato la vita professionale col desiderio di fare bene il Bene. Innovazione, organizzazione, tecnologie, competenze diffuse e formazione continua sono strumenti non finalizzati alla mera cura della malattia ma a porre la Persona al centro di una relazione di cura e di amore. Viene così custodita l’originaria missione di San Giovanni Calabria, che Mario condivide con tutto il personale”

Gli altri imprenditori premiati sono:

Susanna Martucci, Fondatrice di Alisea (Vicenza); Massimo Mercati, Amministratore Delegato di Aboca (Sansepolcro, Arezzo); Gaetano Giunta, Fondatore e Segretario Generale di Fondazione Messina (Messina); Stefano Petrillo, Fondatore e Amministratore Delegato di Enjoy Investment (Segrate, Milano); Roberto Cimberio, Amministratore Delegato della Cimberio Spa (San Maurizio D’Opaglio, Novara).

 


Il dottor Giancarlo Gorgoni protagonista del Festival del Futuro

Dal 23 al 25 novembre di terrà al Teatro Ristori di Verona, la quinta edizione del Festival del Futuro, l’appuntamento sui grandi temi del presente e del futuro. Tra i relatori anche il dottor Giancarlo Gorgoni, direttore dell’Officina Radiofarmaceutica dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. Tema dell’intervento: “La medicina dentro l’atomo”. Il dottor Gorgoni spiegherà cos’è e come nasce un radiofarmaco e le sue applicazioni nella diagnosi e nella cura delle malattie. Il Festival è aperto a tutti.

“Fra globalizzazione e frammentazione” è titolo del Festival del Futuro 2023 che quest’anno si tiene per la prima volta al Teatro Ristori di Verona dal 23 al 25 novembre. Giunto alla sua quinta edizione, la tre giorni presenta un programma ricco di conferenze e workshop basati, come da tradizione, sui principali Macrotrends elaborati da Harvard Business Review Italia, promotore dell’evento insieme al Gruppo editoriale Athesis e a Eccellenze d’Impresa.

Il titolo prende spunto dagli ultimi eventi che hanno interessato la scena mondiale e che impongono una revisione delle prospettive sul medio e lungo termine in molti campi: scientifico-tecnologico, socio-politico ed economico-finanziaria, con ripercussioni sul futuro del mondo del lavoro.

Sul palco si succederanno relatori del mondo istituzionale, della ricerca, dell’impresa e dell’economia tra cui il dottor Giancarlo Gorgoni, direttore dell’Officina Radiofarmaceutica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Il suo intervento – venerdì 24 novembre alle 12 – verterà sull’applicazione delle radiazioni per la diagnosi e la cura delle malattie e in particolare sui radiofarmaci.

La partecipazione al Festival è in presenza iscrivendosi gratuitamente sul sito festivaldelfuturo.eu e via streaming su 17 piattaforme web tra cui i siti e le rispettive pagine social dei quotidiani Athesis: L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi e La Gazzetta di Mantova.


Endometriosi, il "Negrar Method" vince l"Oscar" della chirurgia laparoscopica ginecologica

Lo scorso martedì 7 novembre a Nashville-Tennessee, l’équipe del dottor Marcello Ceccaroni è stata insignita del “Golden Laparoscope Award”, una sorta di Oscar, per gli addetti ai lavori, della chirurgia laparoscopica ginecologica. Ad essere premiato il video con il dottor Ceccaroni che illustra il Negrar Method, la tecnica che ha rivoluzionato la chirurgia dell’endometriosi severa, perché, pur estirpando la malattia, preserva gran parte delle terminazioni nervose deputate alla funzione vescicale, intestinale e sessuale.

Da sinistra: Marcello Ceccaroni, Giovanni Roviglione , Linda Michels e Chuck Miller rispettivamente Medical Director della AAGL e Presidente della AAGL FOUNDATION,

Per gli addetti ai lavori è come salire sul palcoscenico dell’Academy Award, ma al posto della sospirata statuetta d’oro, un tempo veniva consegnato un laparoscopio sempre nel metallo prezioso, ora sostituito con una targa. Il palcoscenico infatti è quello del congresso della AAGL (American Association of Gynecologic Laparoscopists-Elevating Gynecologic Surgery Worldwide), la società mondiale di chirurgia laparoscopica ginecologica, e quest’anno ad essere insignita dell’ambito premio il “Golden Laparoscope Award” (il 7 novembre a Nashville-Tennessee) è stata l’equipe del dottor Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. Le motivazioni del riconoscimento stanno tutte in quel “Negrar Method”, la tecnica chirurgica, ideata da Ceccaroni, che ha rivoluzionato il trattamento dell’endometriosi, essendo in grado di eradicare la malattia, risparmiando il più possibile le terminazioni nervose (viene infatti definita nerve-sparing) dedicate alle funzioni vescicali, dell’intestino e sessuali. Tanto che uno studio ha dimostrato che grazie a questa metodica chirurgica le conseguenze post-operatorie sono ridotte dal 36% al 5%.

Il dottor Ceccaroni nel ricevere la targa era rappresentato da un suo assistente, il dottor Giovanni Roviglione, che ha presentato il video premiato in cui è illustrato un intervento dello stesso Ceccaroni. “E’ inutile sottolineare quanto sia per me un onore aver ricevuto un simile riconoscimento: un traguardo emozionante, reso possibile grazie alla collaborazione con tutta la mia équipe di chirurghi e di figure professionali, compresi i consulenti di altre specialità, che lavorano presso la mia Unità Operativa”, afferma.

Dottor Ceccaroni, ripercorriamo un po’ la storia del “Negrar Method”.

E’ stato presentato ufficialmente alla comunità scientifica nel 2012 quando la rivista  Surgical Endoscopy ha pubblicato, codificata, l’intera procedura chirurgica che da quel momento è stata applicata in molti centri del mondo. Ma le origini del “Negrar Method” risalgono ai primi anni 2000 quando sono partito per Parigi dove all’Université Renè Descartes ho effettuato studi su dissezione su cadavere che hanno dato vita nel 2006 all’ancora unico testo-atlante di anatomia chirurgica sull’innervazione viscerale e somatica della pelvi femminile. In quegli anni mi sono occupato inoltre di anatomia comparata su maiali, conigli, topi e mi sono immerso in modo maniacale negli studi, anche sui testi antichi, che riguardano le scoperte anatomiche, a cominciare dai trattati di Leonardo che per primo ha disegnato il nervo sciatico.

Perché è così importante conoscere l’innervazione pelvica nel trattamento chirurgico dell’endometriosi?

E’ fondamentale. Nel 10-20% dei casi in generale e in circa l’80% delle pazienti trattate in Centri di riferimento come il nostro, l’endometriosi si presenta nella sua forma severa, cioè infiltrante. In questi casi, il tessuto endometriosico, (un tessuto patologico simile all’endometrio, la cui sede naturale è nell’utero e si sfalda ad ogni mestruazione,) infiltra non solo le ovaie o le tube, ma anche organi come ad esempio l’intestino, la vescica, gli ureteri, tutti avvolti a loro volta da terminazioni nervose che ne regolano la funzionalità. Se con l’obiettivo di eradicare la malattia, si procede chirurgicamente senza “mettere in salvo” la maggior parte dei nervi, si rischiano importanti conseguenze post-chirurgiche che hanno un impatto pesante sulla qualità di vita della donna, come la mancanza di controllo degli sfinteri o disfunzioni sessuali. La chirurgia nerve-sparing come il “Negrar Method”, invece, utilizzando “vie anatomiche strategiche” identifica e isola i nervi preservandone il maggior numero possibile, pur agendo radicalmente sulla malattia. Abbiamo dimostrato che con il nostro metodo la percentuale delle conseguenza post-operatorie è diminuita dal 36% al 5%.

A quale studio si riferisce?

A vari, ma in particolare al nostro ultimo studio, “Space Odyssey” pubblicato alcuni mesi fa sulla rivista Journal of Minimally Invasive Gynecology. Lo studio ha riguardato 3.050 casi di eradicazione chirurgica dell’endometriosi con resezione intestinale, trattati dal 2004 al 2020 dalla Ginecologia di Negrar. Si tratta della più grande casistica a livello mondiale, dalla quale emerge che la nostra tecnica riduce drasticamente le disfunzioni post-operatorie. Dal 36%, appunto, a meno del 5%. Prossimamente sarà pubblicato un secondo articolo, con la casistica “depurata” degli interventi effettuati prima dell’introduzione della tecnica, che potrebbero influire negativamente sulla percentuale di conseguenze post-operatorie e aggiunta la casistica degli interventi fino al 2022. Sicuramente non si potrà mai arrivare alla percentuale dello zero di disfunzioni post-operatorie, se non con la diagnosi precoce della malattia, perché l’endometriosi sempre infiltra in qualche modo i nervi. Ma la percentuale del 5% è straordinaria; vuol dire, considerando la nostra casistica, che abbiamo evitato che più di mille donne vedessero stravolgere ulteriormente la loro vita.

La chirurgia è l’unica terapia per l’endometriosi?

Assolutamente no. In un mondo ideale la chirurgia per l’endometriosi non dovrebbe esistere, e la sola terapia dovrebbe essere quella farmacologica che nei primi stadi di malattia garantisce una buona qualità di vita. Ma una identificazione precoce della malattia non sarà possibile fin tanto che ci vorranno dai 7 ai 10 anni in media per una diagnosi. Il ritardo diagnostico è dovuto a molti fattori a cominciare da quello culturale, che vede ancora nel dolore mestruale, uno dei sintomi principali della malattia, qualcosa di fisiologico ed inevitabile. Inoltre i medici, a cominciare dai pediatri di libera scelta o dai medici di medicina generale, punti di riferimento diretti della paziente, non hanno spesso sufficienti strumenti o requisiti per individuare la malattia. Infine se ne parla ancora troppo poco nonostante in Italia le donne che soffrono di endometriosi siano 3milioni e 150 milioni in tutto il mondo con costi umani, sociali (pensiamo ai giorni di scuola e lavorativi persi) e sanitari. Per questo anche la mia équipe ed io siamo stati impegnati, con la collaborazione di associazioni di pazienti, come APE (Associazione Progetto Endometriosi) all’interno di un progetto di Agenas, non solo in corsi di formazione con medici di base e ginecologi del territorio, ma anche in momenti informativi e divulgativi per esempio nelle scuole. Perché come spesso sono solito dire: “L’unica cura, è la cultura”.


Focus sui tumori ginecologici eredo-familiari: all'IRCCS di Negrar l'esperta internazionale, Esther Oliva

Giovedì 9 e venerdì 10 novembre a Negrar si tiene un incontro scientifico sulla Ginecopatologia, con la presenza, come relatrice, della professoressa Esther Oliva, una delle massime esperte di diagnosi e ricerca sui tumori ginecologici. Focus sulle neoplasie eredo-familiari, sulle nuove entità tumorali e sull’adenocarcinoma della cervice uterina

Prof.ssa Esther Oliva

Sarà una delle massime esperte internazionali in diagnosi e ricerca dei tumori ginecologici, Esther Oliva, la relatrice principale della due giorni dedicata al tema della Ginecopatologia che si terrà all’IRCCS di Negrar giovedì 9 e venerdì 10 novembre (qui il programma e modialità di iscrizione). L’incontro, che vede come responsabile scientifico la dottoressa Anna Pesci, medico dell’Anatomia Patologica, diretta dal professor Giuseppe Zamboni, sarà focalizzato sulle neoplasie che insorgono nell’ambito di una sindrome genetica e sulle nuove entità tumorali ginecologiche descritte dopo l’ultima classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a cui ha collaborato anche la professoressa Oliva. Una sessione sarà dedicata all’adenocarcinoma della cervice uterina, un tumore che nell’80% dei casi è associato al papilloma-virus e che pertanto può essere prevenuto con il vaccino contro il virus dell’HPV.

Originaria di Barcellona, la professoressa Oliva è docente di Patologia all’Harvard Medical School e vicedirettore del Dipartimento di Patologia del Massachusetts General Hospital di Boston. Allieva di tre “giganti” della Ginecopatologia – Robert E. Scully, Robert H. Young e Jaime Prat – è stata, prima segretaria donna della Società Internazionale di Patologia Ginecologica e codirettrice del Master in Ginecologia dell’Accademia di Patologia degli Stati Uniti e del Canada. Fa parte del comitato editoriale delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali ed è autrice di 150 articoli, oltre che di numerosi libri.

Anna Pesci, anatomopatologo IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr.ssa Anna Pesci

La nostra collaborazione con la professoressa Oliva è ormai consolidata da tempo non solo in ambito scientifico ma  anche diagnostico per i casi più complessi”, afferma la dottoressa Pesci. “Personalmente anche di recente ho trascorso dei periodi come fellow presso il suo Dipartimento, frequentato da sempre da ricercatori provenienti da ogni parte del mondo per l’enorme casistica del centro e per le grandi doti di insegnamento della professoressa”.

L’incontro è il terzo organizzato a partire dal 2007, rappresentando la ginecologia una parte importante dell’attività diagnostica e di ricerca del “Sacro Cuore Don Calabria”, centro di eccellenza per le neoplasie del tratto genitale femminile oltre che per l’endometriosi. “L’obiettivo della due giorni di studio è quello, anche attraverso il confronto su casi istologici inviati dai partecipanti e dalla Oliva, di giungere a diagnosi sempre più precise in generale e nell’ambito dei tumori ginecologici ereditari”, precisa l’anatomopatologa.

Le neoplasie ginecologiche eredo-familiari sono numerose. Le più note sono il tumore dell’ovaio, dovuto all’alterazione dei geni BRCA1 e BRCA2, e quello all’endometrio che si può sviluppare in un contesto di sindrome di Lynch, caratterizzata dalla mutazione di alcuni geni deputati alla correzione degli errori che si verificano nel DNA delle cellule in fase di divisione. “L’individuazione di queste alterazioni nel tessuto tumorale è fondamentale innanzitutto per la paziente – sottolinea dottoressa Pesci – in quanto oggi disponiamo di farmaci “bersaglio” per determinate alterazioni molecolari. Ma anche per i familiari della paziente perché queste alterazioni sul tessuto tumorale possono sottendere la presenza delle medesime nel sangue e quindi una sindrome genetica. Le mutazioni genetiche ereditarie   comportano un   rischio superiore rispetto alla popolazione di sviluppare il tumore durante la vita. Parliamo di ereditarietà del rischio, non della malattia”

L’individuazione di tumori che possono insorgere in sindrome genetica richiedono centri specializzati. “Innanzitutto di un Laboratorio di Patologia molecolare dotato di alta professionalità e di sequenziatori di ultima generazione, presenti entrambi all’ospedale di Negrar – prosegue -. Tra le professionalità è strategica la presenza nel centro di un genetista oncologo (per informazioni 045.601.3548, ndr).  Il patologo individua la mutazione sul tumore e poi indirizza la paziente al genetista oncologo che inizierà un percorso di consulenza genetica proponendo il test germinale sulla base della storia oncologica personale e familiare.  Fondamentale è poi la collaborazione con il ginecologo oncologo per la gestione dei familiari sani ma portatori di mutazione al fine della scelta delle più opportune strategie clinico-terapeutiche”.

 


Bronchiolite: contro il virus RSV un vaccino e un farmaco in attesa di approvazione definitiva

E’ ancora sospesa l’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) del primo vaccino contro l’RSV, Abrysvo e dell’anticorpo monoclonale nirsevimab, la cui immissione in commercio è già stata autorizzata dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) alcuni mesi fa. Il vaccino protegge per l’80% dalla malattia grave e non solo i neonati, ma anche gli adulti con malattie croniche respiratorie

Influenza, Covid e virus respiratorio sinciziale (RSV). Sono questi i maggiori ospiti indesiderati delle stagioni fredde. Per l’influenza e il Covid disponiamo già dell’arma per eccellenza della prevenzione, cioè i vaccini, per l’RSV, responsabile della bronchiolite nei bambini, si dovrà ancora attendere. Infatti è ancora sospesa l’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) del primo vaccino contro l’RSV, Abrysvo e dell’anticorpo monoclonale nirsevimab, la cui immissione in commercio è già stata autorizzata dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) alcuni mesi fa.

L’approvazione di AIFA non riguarda l’efficacia e la sicurezza di entrambi i farmaci, ma il costo, in corso di negoziazione con le aziende produttrici, per renderli rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale.

Dr. Paolo Bonetti

“L’avvento del primo vaccino contro l’RSV è fondamentale per la prevenzione di questo virus che da novembre ad aprile può mettere a dura prova i reparti e le terapie intensive pediatriche, come è accaduto nei mesi invernali di quest’anno quando abbiamo registrato un picco di ricoveri in tutta Italia”, afferma il dottor Paolo Bonetti, direttore della Pediatria. “A Negrar – prosegue – ci sono stati 99 ricoveri per bronchiolite, di cui 71 concentrati tra dicembre 2022 e gennaio 2023. E non sono stati pochi i piccoli pazienti che hanno necessitato di un supporto ventilatorio maggiore”.

Abrysvo (Pfizer) deve essere somministrato alle donne al terzo trimestre di gravidanza; in questo modo, acquisendo gli anticorpi dalla madre, il bambino è protetto dalla nascita per 6 mesi. Il vaccino agisce stimolando il sistema immunitario a produrre anticorpi contro la proteina F del virus, quella che consente all’agente patogeno di legarsi alle cellule, causandone l’infezione, e conferisce una protezione dalla malattia grave di circa l’80%. La profilassi vaccinale è indicata non solo per i bambini (attraverso l’immunizzazione della madre) ma anche per gli adulti oltre i 60 anni, in particolare per coloro che sono affetti da patologie che l’RSV potrebbe riattivare, come la BPCO, broncopnumopatia cronica ostruttiva, o peggiorare.

Rimane al palo anche l’utilizzo dell’anticorpo monoclonale nirsevimab (Senofi-Astra Zeneca) indicato per tutti i neonati, a differenza del palivizumab, già in commercio da alcuni decenni, riservato ai lattanti a rischio a causa della prematurità o per altre patologie. “Gli anticorpi monoclonali – sottolinea il dottor Bonetti – determinano una immunizzazione passiva (vengono somministrate proteine ‘già pronte’ per una difesa contro il virus), mentre il vaccino Abrysvo attiva il sistema immunitario perché ‘si armi’ e protegga autonomamente l’organismo dal patogeno”.

Ogni anno il virus respiratorio sinciziale colpisce nel mondo circa 33 milioni di bambini, provocandone il ricovero di 3,2 milioni e il decesso di oltre 100mila, concentrati soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

“L’RSV determina un’infezione virale che può colpire in qualsiasi stagione della vita, ma la clinica dipende dall’età del paziente – prosegue il pediatra – Nell’adulto sano si manifesta con un banale raffreddore. Nel bambino in età scolare può dare una sintomatologia respiratoria simil-influenzale. Diventa più pericoloso sotto i due anni di età e soprattutto sotto l’anno, perché provoca la bronchiolite”.

Si tratta di un’infiammazione dei bronchioli, la parte terminale delle vie respiratorie, che causa una produzione importante di muco, tale da non consentire il passaggio fisiologico di ossigeno e che determina la comparsa di difficoltà alla respirazione. Si stima che il 20% dei bambini infettati da RSV e che sviluppano la bronchiolite deve ricorrere alle cure ospedaliere per la somministrazione di ossigeno. Dei ricoverati, il 5% necessita l’intubazione in Terapia Intensiva.

“La disponibilità di un vaccino contro la bronchiolite è fondamentale – sottolinea il pediatria -. E’ una patologia per cui non disponiamo di una terapia farmacologica specifica. Nei casi più gravi deve essere affrontata con un supporto ventilatorio, che se non invasivo deve essere somministrato nei reparti o nelle terapia sub intensive, se invasivo nelle terapie intensive, sempre pediatriche, di cui in Italia disponiamo pochi posti letto. Aree che quest’anno sono andate particolarmente sotto pressione per l’alta diffusione del virus, causata dal cosiddetto “immunity gap”, cioè il deficit immunitario legato alle misure di contenimento del virus SARS-Cov2. Le mascherine e il distanziamento sociale che ci hanno protetto dal Covid, hanno impedito che le future mamme venissero il contatto con RSV sviluppando gli anticorpi che nel caso contrario avrebbero trasmesso ai loro figli. Il vaccino naturalmente – conclude il dottor Bonetti – assume ulteriore importanza nei Paesi in via di sviluppo, in cui la bronchiolite è ancora causa di numerosi decessi dovuti a un’insufficiente assistenza pediatrica”.

 

 


Avviso di selezione per la copertura di un posto di Biotecnologo

La selezione del candidato è funzionale e finalizzata alle attività del progetto “Hub Life Science – Diagnostica Avanzata (HLS-DA), PNC-E3-2022-23683266 – CUP: B93C22001840001 finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito del Piano Nazionale Complementare Ecosistema Innovativo della Salute” – Codice univoco investimento: PNC-E.3. L’obiettivo principale del progetto è quello di potenziare i gruppi di ricerca italiani all’avanguardia nel settore della diagnostica sviluppando un approccio integrato basato su biomarcatori molecolari e di imaging avanzato per sviluppare una medicina personalizzata, innovativa per una diagnosi precoce, prevenzione e monitoraggio dei farmaci nelle malattie umane.

L’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), riconosciuto dal Ministero della Salute con Decreto del 23 maggio 2018 nella disciplina “Malattie infettive e tropicali”.

La selezione del candidato è funzionale e finalizzata alle attività del progetto “Hub Life Science – Diagnostica Avanzata (HLS-DA), PNC-E3-2022-23683266 – CUP: B93C22001840001 finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito del Piano Nazionale Complementare Ecosistema Innovativo della Salute” – Codice univoco investimento: PNC-E.3. L’obiettivo principale del progetto è quello di potenziare i gruppi di ricerca italiani all’avanguardia nel settore della diagnostica sviluppando un approccio integrato basato su biomarcatori molecolari e di imaging avanzato per sviluppare una medicina personalizzata, innovativa per una diagnosi precoce, prevenzione e monitoraggio dei farmaci nelle malattie umane.

REQUISITI DI AMMISSIONE

A supporto delle attività di tale progetto, l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria ha necessità di reclutare una figura professionale in possesso dei seguenti requisiti:

Obbligatori:

  • Laurea Magistrale in Biotecnologie Mediche (LM9); in caso il candidato abbia conseguito il titolodi studio all’estero dovrà allegare la dichiarazione di valore in loco rilasciata dalle RappresentanzeDiplomatiche Italiane all’ estero.
  • Almeno due anni di esperienza nell’ambito della Patologia Molecolare.
  • Almeno due pubblicazioni come co-autore su riviste internazionali nell’ambito Oncologico.

Preferenziali:

  • Tesi di Laurea Magistrale di tipo sperimentale di ambito Oncologico.
  • Aver superato l’Esame di Stato per l’abilitazione alla professione di Biologo.
  • Esperienza e conoscenza specifica delle piattaforme di Next Generation Sequencing (NGS) edapplicazione di tali tecnologie nell’ambito dei tumori solidi.
  • Conoscenza dei principali Software di analisi dati NGS.
  • Buona conoscenza della lingua inglese.
  • Età inferiore ai 30 anni.

DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’

  • Estrazione di acidi nucleici da materiale FFPE (Formalin-Fixed, Paraffin-Embedded) e da campioni di plasma (Liquid Biopsy).
  • Applicazione di metodiche di sequenziamento genomico mediante piattaforme di Next Generation Sequencing (NGS)
  • Analisi dei dati ottenuti.•Organizzazione e partecipazione agli eventi inerenti al progetto in presenza o da remoto

TERMINI E MODALITA’ DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA

Le domande di partecipazione alla selezione dovranno pervenire entro e non oltre le ore 12:00 del 25/11/2023, attraverso trasmissione al seguente indirizzo di posta elettronica: segreteriascientificairccs@sacrocuore.it. Il candidato/a avrà cura di specificare nell’oggetto del proprio invio la seguente dicitura:
“Domanda di partecipazione per la selezione di un Biotecnologo – RIF PNC – INNOVA”
La domanda dovrà contenere:

  • un dettagliato e aggiornato CV, datato e sottoscritto, attestante le attività formative e professionali, redatto in lingua italiana con specifica autorizzazione al trattamento dei dati personali ai sensi dell’art.13 del GDPR 679/16;
  • ogni documento o dichiarazione comunque utile ai fini delle valutazioni da parte della Commissione esaminatrice.

L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria non assume alcuna responsabilità per la mancata ricezione della domanda nel termine previsto.
Saranno prese in considerazione unicamente le domande complete della documentazione richiesta e trasmesse secondo la modalità indicata.

MODALITA’ DI SELEZIONE E PROCEDURA DI VALUTAZIONE
L’individuazione del soggetto con cui instaurare il rapporto oggetto della presente selezione, avverrà attraverso una valutazione comparativa dei candidati per titoli e colloquio orale, operata da una Commissione esaminatrice.La Commissione provvederà preliminarmente all’esame delle domande di partecipazione pervenute, verificandone i requisiti di ammissibilità e provvederà successivamente alla valutazione dei titoli dei candidati.La valutazione della Commissione esaminatrice consisterà nell’esame del curriculum formativo del candidato e in un colloquio, entrambi volti ad accertare il possesso delle conoscenze necessarie per l’espletamento delle linee di ricerca che interessano il Progetto di cui in premessa. La valutazione dei titoli terrà conto della comprovata specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria.Successivamente al colloquio orale, verrà elaborato un verbale di valutazione dei candidati e l’approvazione della graduatoria di merito da parte della commissione di valutazione.Saranno ammessi al colloquio orale, unicamente i candidati in possesso dei requisiti di ammissione richiesti.

TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
I dati personali, obbligatoriamente forniti, saranno trattati nel rispetto del D. Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, che adegua il Codice in materia di protezione dei dati personali (D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196) alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, e solo per gli adempimenti connessi alla presente procedura e per quelli conseguenti all’eventuale costituzione del rapporto, secondo quanto anche previsto nell’informativa privacy, che dovrà essere accettata da ogni candidato contestualmente all’invio della propria domanda di partecipazione.


La chirurgia toracica adotta il robot Da Vinci Xi: vantaggi per il paziente

Dopo l’impiego nella chirurgia urologica, generale, bariatrica e ginecologica, da alcune settimane il sistema robotico è entrato anche nelle sale operatorie della Chirurgia Toracica, diretta dal dottor Diego Gavezzoli. Con il robot Da Vinci sono stati eseguiti interventi per tumori del mediastino, del polmone, della parete toracica, e per patologie benigne (relaxatio diaframmatiche ed endometriosi toracica) Tipologia di interventi per i quali l’impiego del robot è un valore aggiunto a vantaggio del paziente

Gavezzoli Diego
Dr. Diego Gavezzoli

L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria estende l’utilizzo del robot chirurgico Da Vinci Xi anche all’ambito toracico. Dopo l’impiego nella chirurgia urologica, generale, bariatrica e ginecologica, da alcune settimane il sistema robotico è entrato anche nelle sale operatorie della Chirurgia Toracica, diretta dal dottor Diego Gavezzoli.

Con il robot sono stati eseguiti interventi per tumori del mediastino, del polmone, della parete toracica, e per patologie benigne (relaxatio diaframmatiche ed endometriosi toracica).

“Si tratta di una tipologia di interventi per i quali l’impiego del robot chirurgico è di fatto un valore aggiunto rispetto alla chirurgia toracoscopica”, sottolinea il dottor Gavezzoli. “Infatti lo spazio molto delimitato in cui è collocato il mediastino e la forma a cupola del diaframma consentono di esaltare al massimo le caratteristiche del robot. Queste sono la magnificazione dell’immagine dovuta a una visione tridimensionale del campo operatorio, invece che bidimensionale come per la toracoscopia, e la mobilità a 360° dei bracci robotici, che permettono una migliore manipolazione degli strumenti e quindi un più preciso atto chirurgico”.

Essendo una chirurgia mini-invasiva, come la toracoscopia, vengono evitate le ampie incisioni toraciche (sono praticati solo tre o quattro forellini) e la divaricazione delle costole, come avveniva nella chirurgia open. Questo si traduce in un minore dolore post operatorio, nella diminuzione dei giorni di degenza, in una più rapida ripresa delle attività quotidiane e in una migliore resa estetica.

Mediastino: il tumore più frequente è il timoma

Il tumore più frequente del mediastino è il timoma, che colpisce il timo, una ghiandola endocrina del sistema immunitario, che si trova appunto sul mediastino anteriore. La ghiandola è coinvolta nella maturazione e nel rilascio nel sangue dei linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi. I tumori del timo vengono definiti rari in quanto rappresentano meno dell’1% di tutte le neoplasie e hanno un’incidenza di circa 0.15 casi ogni 100mila persone. 

Il timoma è un tumore essenzialmente benigno, anche se pur crescendo lentamente può invadere la pleura e i polmoni e interessare i linfonodi regionali o più distanti”, prosegue il chirurgo. “Per questo è indicata l’asportazione chirurgica. Inoltre nel 30-40% dei casi il timoma si associa alla miastenia gravis, una patologia autoimmune, responsabile di un indebolimento dei muscoli volontari che comporta un generale e cronico stato di affaticamento. Le fasce muscolari più colpite sono quelle del collo, delle braccia e delle gambe. Ma anche gli occhi, con la caduta delle palpebre e la visione offuscata e doppia, il volto e la gola, con abbassamento della voce e difficoltà di deglutizione”.

L’asportazione del timo non oncologica

Per questo nel caso di dimiastenia gravis, l’asportazione del timo, viene eseguita anche senza la presenza di una patologia oncologica. Il timo è una ghiandola che raggiunge il suo massimo sviluppo fino alla fase puberale, per poi regredire trasformandosi in tessuto adiposo. Si è visto che nei pazienti con miastenia gravis questo processo di regressione non avviene completamente, al contrario la ghiandola inizia a produrre autoanticorpi che bloccano l’attività dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore che normalmente controlla il funzionamento dei muscoli.

Asportando il timo i sintomi dovuti alla miastenia si attenuano tanto che molti pazienti riducono i farmaci necessari per il controllo della malattia e in alcuni casi può associarsi anche la remissione completa della patologia autoimmune”, sottolinea il chirurgo.

I carcinomi del timo

Il 5-10% dei tumori del timo sono carcinomi, caratterizzati da maggiore aggressività e quindi da più rapida diffusione in altre sedi. In questi casi il trattamento chirurgico quando possibile è sempre indicato, ma oltre la chirurgia, (che rimane il gold standard), può richiedere una terapia sistemica (chemioterapia) associata o meno a terapia locale (radioterapia).

“In tutti questi casi l’ausilio del robot in chirurgia toracica comporta grandi vantaggi con risultati chirurgici comparabili a quelli ottenuti con le tecniche tradizionali standard – conclude il dottor Gavezzoli -. Inoltre il suo utilizzo è sicuro, efficace e con un minor impatto sulla qualità di vita del paziente rispetto alla procedure chirurgiche standard”.