“Donne a fasi che cambiano. Quando il disturbo del linguaggio ferisce la vita”. E’ questo il titolo dell’evento di medicina narrativa organizzato per domenica 23 febbraio al teatro Ristori di Verona a cura del Servizio di medicina fisica e riabilitazione del “Sacro Cuore”. Un’occasione per testimoniare che nonostante l’afasia è possibile vincere il silenzio e costruire nuove relazioni in famiglia e nella vita quotidiana.

Raccontare la storia di persone che, a causa dell’afasia, non trovano più le parole per raccontarsi come vorrebbero. E ascoltare la testimonianza dei familiari che con la malattia del loro caro vedono cambiare improvvisamente la loro vita di relazione.

E’ un evento di medicina narrativa che si preannuncia molto intenso ed emozionante quello organizzato dal Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’IRCCS di Negrar, in programma al Teatro Ristori di Verona domenica 23 febbraio, dal titolo “Donne A FASI CHE cambiano. Quando il disturbo di linguaggio ferisce la vita”. Un evento che è già un successo, visto che il teatro registra un tutto esaurito.

Saranno circa 20 le toccanti testimonianze portate sul palco da parte di pazienti, caregiver e in alcuni casi anche figli che hanno vissuto sulla propria pelle l’esperienza di un genitore colpito da afasia. In gran parte si tratta di esperienze “al femminile”, da cui il titolo scelto. Il tutto intervallato da momenti di spettacolo ed esibizioni artistiche, ma anche da brevi approfondimenti su una patologia fortemente invalidante che provoca problemi spesso difficili da comprendere per chi non si trova coinvolto nella situazione.

Interverranno tra gli altri la dottoressa Elena Rossato, direttore del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione;  il dottor Renato Avesani, già direttore dello stesso Servizio; il professor Giampietro Pinna, direttore della Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona; il professor Franco Denes, neurologo con una lunga esperienza di ricerca sull’afasia; padre Miguel Tofful, vice presidente della Cittadella della Carità di Negrar.

L’afasia è un disturbo del linguaggio che si verifica in seguito ad un danno neurologico all’emisfero sinistro del cervello. Può colpire in tanti modi diversi e spesso si associa a difficoltà motorie oltre che di comunicazione.  I pazienti in genere arrivano dopo un evento acuto, ad esempio incidente o ictus, che li costringe ad un lungo ricovero e spesso a intervento neurochirurgico. In un secondo momento vengono trasferiti a Negrar, presso la Riabilitazione Neurologica Intensiva o la Lungodegenza Riabilitativa e durante il ricovero iniziano il percorso di riabilitazione per l’eventuale afasia.

“Abbiamo voluto dare un’impronta sperienziale a questo evento perché è importante conoscere le storie di questi pazienti e delle loro famiglie – dicono Maria Mainente e Mara Leder, che con le colleghe Anna Marchesini e Serena Aganetto compongono l’équipe di logopedia – Per loro poter condividere il proprio vissuto è già un modo per uscire dall’isolamento in cui spesso la malattia li costringe. E da fuori non è facile capire le reali difficoltà non solo di comunicazione, ma anche nell’affrontare la vita quotidiana.

Difficoltà che vanno dal totale isolamento, come talvolta accade, all’incapacità di spiegare anche i problemi più banali. “Speriamo che da questi incontri nasca, come in effetti sta succedendo, anche la possibilità di creare un’associazione dove queste persone possano condividere le proprie realtà e cercare di stare meglio: anche l’aspetto morale è molto importante”, concludono le due logopediste.

Un messaggio positivo e di speranza, che emerge anche dalla scena finale dello spettacolo al Ristori: si tratta di un video in cui una signora colpita da afasia, racconta la sua piccola odissea a lieto fine. Uscendo dal vialetto di casa, ogni giorno trovava parcheggiata una macchina in una posizione che le impediva la visuale. Dopo una settimana la decisione di andare a denunciare la cosa alle forze dell’ordine. Ma denunciare come, se non era in grado di spiegarglielo a parole? Un bel rompicapo, ma c’è sempre una via di uscita…