Dona il tuo "5X1000" alla ricerca del "Sacro Cuore Don Calabria"

Solo grazie alla ricerca è possibile offrire a chi è ammalato le migliori terapie: contribuire allo sviluppo della ricerca effettuata dal nostro Ospedale è facile e senza oneri, basta una firma nella dichiarazione dei redditi

Con la dichiarazione dei redditi di quest’anno hai la possibilità di sostenere la ricerca dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Destinando il “5X1000” per il “Finanziamento per la Ricerca Sanitaria” al nostro Ospedale puoi contribuire direttamente allo sviluppo di progetti di ricerca che hanno come obiettivo terapie innovative per la cura delle maggiori patologie.

 

Oggi l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è impegnato in diversi ambiti di ricerca tra cui:

Oncologia: valutazione di trattamenti radioterapici somministrati con tecnologie d’avanguardia; sperimentazione sui pazienti (Fase 1) del vaccino contro l’epatocarcinoma (vedi: “Metastasi cerebrali: da “HyperArc” risultati promettenti; “Metastasi spinali: il ‘Sacro Cuore’ ospedale pilota con un’innovativa radioterapia“; “Metastasi cerebrali: il “Sacro Cuore” primo al mondo nell’uso di una nuova tecnica di Radiochirurgia“; “Tumore al seno: la Radioterapia che ha a cuore… il cuore“;”Epatocarcinoma: al “Sacro Cuore” la sperimentazione di un nuovo farmaco”; “Prosegue lo studio clinico sul vaccino contro l’epatocarcinoma“).

Malattie infettive e tropicali: creazione di test diagnostici rapidi e di facile impiego sul campo per patologie endemiche nelle aree tropicali, ma che con l’intensificarsi dei viaggi all’estero e del fenomeno immigratorio sono di interesse sanitario anche in Occidente (vedi: “Malattie infettive e tropicali confermato centro collaboratore dell’OMS“; “Malattia di Chagas: solo l’1% dei malati accede alla diagnosi e alle cure”)

 

Gastroenterologia: individuazione di trattamenti contro le patologie croniche dell’intestino (per esempio la colite ulcerose) per le quali manca ancora una cura efficace (vedi: “La chirurgia nelle malattie infiammatorie croniche dell’intestino“; “Non solo diagnosi: i tanti ruoli del patologo nelle MICI“; “MICI e cancro al colon: quei campanelli d’allarme chiamati displasie

Ortopedia: medicina rigenerativa della cartilagine delle maggiori articolazioni con l’impiego di derivati piastrinici e cellule mesenchimali ricavate dal tessuto adiposo (vedi: “Dal Giappone la tecnica che salva le articolazioni con il grasso“; “Chirurgia della spalla: l’innovazione è “biologica”; “Se il ginocchio fa male, la cura arriva dal tessuto adiposo“)

Oculistica: studio di approcci chirurgici innovativi per le patologie della retina (vedi: “Alla dottoressa Pertile il premio dei chirurghi europei della retina“; “Quel liquido che offusca improvvisamente la vista”; “Retina artificiale: tutto pronto per lo studio preclinico sull’uomo).

Cardiologia: valutazione di trattamenti con l’uso di dispositivi medici delle patologie cardiologiche (vedi: “Pacemaker collegati al cellulare: è del ‘Sacro Cuore’ il primo paziente connesso“; “Cardiologia: oltre mille pazienti controllati a distanza“).

Riabilitazione: per i pazienti mielolesi si ricercano tecniche di riabilitazione fisica e di neuroriabilitazione (vedi: “Innovativo percorso riabilitativo per chi ha perso l’uso delle braccia”; “L’esoscheletro robotico: l’ultima frontiera della riabilitazione“).

Grazie alla donazione del “5X1000” puoi contribuire anche tu allo sviluppo di queste ricerche e cambiare il futuro di molte persone, perché “Insieme nella ricerca più forti nella cura”.

COME DONARE: nel modulo della dichiarazione dei redditi (730, Unico, Cud) metti la tua firma e il codice fiscale 00280090234 dell’Istituto Don Calabria- IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria nello spazio dedicato a “Finanziamento della Ricerca Sanitaria”.

DONA ORA: puoi sostenere la ricerca anche con una donazione (deducibile dal reddito imponibile IRPEF) tramite bonifico (Codice IBAN IT92E0503411702000000003129) con causale “Ricerca Sanitaria”


Cosa accade quando la tiroide non funziona

Dal 20 al 26 maggio si tiene in tutto il mondo la Settimana della tiroide: attenzione ai sintomi e soprattutto alla prevenzione delle principali patologie che può essere fatta tramite l’assunzione quotidiana di sale iodiato per cucinare

Torna anche quest’anno, dal 20 al 26 maggio, la Settimana mondiale della tiroide, promossa dalle associazioni scientifiche di Endocrinologia e dei pazienti più rappresentative per accendere i riflettori sulla salute di una ghiandola tanto piccola quanto fondamentale per il nostro organismo (pesa mediamente solo 20 grammi).

“Amo la mia tiroide e faccio la cosa giusta” è lo slogan dell’edizione 2019. E una delle prime cose giuste da fare è quella di assumere quotidianamente e senza eccedere, il sale iodiato per cucinare, acquistabile in qualsiasi supermercato.

 

“Lo iodio serve alla piccola ghiandola endocrina per sintetizzare gli ormoni tiroidei i quali, a loro volta, regolano il buon funzionamento del muscolo cardiaco e scheletrico, il metabolismo osseo, lipidico e glucidico e sono essenziali per lo sviluppo del sistema nervoso del feto” spiega il dottor Lino Furlani, responsabile del Servizio di Endocrinologia e coordinatore organizzativo nazionale dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME).

 

 

La carenza di iodio è all’origine di una delle patologie funzionali della tiroide più diffuse, l’ipotiroidismo, che colpisce circa il 5% della popolazione sopra i 60 anni. Una percentuale che cresce se si comprendono anche i casi di ipotiroidismo subclinico, che non si manifesta con i classici sintomi, ma è rilevabile solo tramite il dosaggio nel sangue del TSH. Inoltre, la carenza di iodio favorisce lo sviluppo di noduli (vedi articolo)

 


TSH

La tirotropina o tireotropina o TSH, appunto, è l’ormone prodotto dall’ipofisi con il compito di regolare la funzione tiroidea (produzione di T3 e T4)Se il TSH è superiore alla norma significa che la tiroide lavora poco, mentre se è inferiore può essere sintomo di ipertiroidismo, cioè di un eccessivo funzionamento della tiroide, l’altra patologia funzionale della ghiandola più diffusa (ne soffre il 3% della popolazione).

 

 

IPOTIROIDISMO

Cause e sintomi

Una delle cause principali dell’ipotiroidismo è la tiroidite autoimmune, conosciuta come ‘morbo di Hashimoto’. Poiché comporta un’insufficiente produzione di ormoni T3 e T4 da parte della tiroide, tutto l’organismo ‘rallenta’ i suoi processi con sintomi quali affaticamento, sonnolenza, aumento di peso, sensazione di freddo.

Terapia

La terapia dell’ipotiroidismo prevede l’assunzione di Levotiroxina, l’ormone sostitutivo per eccellenza. “E’ importante che la terapia sia calibrata bene ed individualizzata”, afferma il dottor Furlani. “Il giudizio del buon compenso funzionale non si basa solo sugli esami del sangue: la cura deve tenere in considerazione anche l’età della persona, il suo stile di vita e altre condizioni fra cui la gravidanza. Bisogna inoltre porre molta attenzione all’interferenza di altri farmaci o sostanze con la terapia: farmaci come gli inibitori di pompa (Omeprazolo e analoghi) o sostanze come la soia devono essere assunti a distanza di 4 – 5 ore dall’ormone tiroideo perché ne potrebbero compromettere l’assorbimento. Sono disponibili diverse formulazioni di ormone tiroideo (compressa, liquida e soft-gel) che permettono di individualizzare la terapia e ne riducono le interferenze di assorbimento”.

 

IPERTIROIDISMO

Cause e sintomi

Anche per lipertiroidismo la causa principale è una sindrome autoimmune che, quando coinvolge l’intera ghiandola, viene definita ‘morbo di Basedow’; l’ipertiroidismo può anche essere sostenuto da un solo nodulo, in un contesto di tiroide plurinodulare, ed in tal caso è conosciuta come “morbo di Plummer”. Nell’ipertiroidismo vi è una iperproduzione di ormone tiroideo, quindi l’organismo funziona in modo accelerato. I sintomi infatti sono: agitazione, ansia, nervosismo, tachicardia, ipercinesia, astenia, dimagrimento, ipersudorazione e minor resistenza allo sforzo”.


Terapia

La terapia può essere farmacologica con l’assunzione di Tiamazolo (oppure Propiltiouracile in casi particolari). Nelle situazioni che non rispondono alla terapia medica si può optare per la chirurgia (vedi video) che prevede l’asportazione della ghiandola in toto (soprattutto nel caso di tiroidi voluminose o con noduli importanti) o per il radioiodio(vedi video), che consiste nella somministrazione orale di una capsula di iodio-131. Lo iodio contenuto nel radiofarmaco ha lo scopo di distruggere i tessuti attivi della tiroide. Una volta effettuata la terapia chirurgica o medico-nucleare è necessario assumere l’ormone tiroideo sostitutivo.

PERSONE A RISCHIO

La valutazione del buon controllo della funzione tiroidea e della sua struttura (Ecografia) è indicata in alcune categorie di persone:

  • Donne in età fertile e in particolare coloro che hanno in programma una gravidanza. Infatti l’ormone tiroideo prodotto dalla madre è responsabile nelle prime settimane di vita della maturazione del sistema nervoso del feto. E’ importante inoltre che la futura mamma inizi prima della gravidanza una supplementazione di iodio (non è sufficiente il sale iodiato) che poi manterrà per tutti i 9 mesi e durante l’allattamento. La gravidanza comporta una perdita di iodio nelle urine che potrebbe mettere a rischio lo sviluppo della tiroide del feto. Durante l’allattamento l’assunzione dello iodio ha anche una funzione di prevenzione delle malattie tiroidee nel bambino.
  • Gli anziani. Spesso i sintomi dell’ipotiroidismo sono confusi con l’astenia propria dell’anziano
  • Le persone che hanno familiarità per malattie della tiroide(disfunzioni e neoplasie tiroidee)

elena.zuppini@sacrocuore.it


I tanti significati del mal di schiena

Scarica l'allegato PDF

La lombalgia è un sintomo e pertanto per essere curata bisogna indagarne le cause. Al “Sacro Cuore Don Calabria” è nato un team multidisciplinare per offrire al paziente un trattamento efficace e personalizzato. Un convegno sul tema venerdì 24 maggio

“Dottore, ho mal di schiena, cosa può essere?”. Una domanda che soprattutto i medici di medicina generale si sentono rivolgere molte volte nel loro ambulatorio, ma la cui risposta richiede un preciso inquadramento clinico per ogni paziente. Infatti la lombalgia è un sintomo che rimanda ad un ampio spettro di patologie, da curare con trattamenti diversi e possibilmente in maniera personalizzata.

 

 

Di “Mal di schiena: dalla diagnosi alla terapia” si parlerà venerdì 24 maggio, a partire dalle 14, al Centro Diagnostico Terapeutico Ospedale Sacro Cuore di via San Marco 121 (Verona), la struttura per l’attività in libera professione dell’Ospedale di Negrar (vedi programma).

 

 

L’incontro è rivolto ai medici di medicina generale e agli specialisti di varie discipline, in quanto solo un approccio multidisciplinare del problema può portare a una sua soluzione. Non a caso gli interventi saranno tenuti dai componenti del team multispecialistico sulla lombalgia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, formato da: radiologo, ortopedico, reumatologo, medico nucleare, terapista antalgico e fisiatra.

 

 

Malattia socio-sanitaria

“La lombalgia cronica è una delle patologie più diffuse – afferma il dottor Antonio Marchetta, responsabile del Servizio di Reumatologia – Si stima che in Italia ne soffrano 7 italiani su 10, con maggiore incidenza nella fascia di età dai 20 ai 50 anni. E’ un problema medico-sociale per i costi diretti ed indiretti, in termini di esami, farmaci, terapia fisiche e riabilitative, assenze lavorative”.

 

Quando rivolgersi al medico

l dolore alla schiena può essere indicativo di una patologia importante. quando è persistente da più di due settimane e notturno. E’ bene rivolgersi al medico soprattutto nel momento in cui è associato a febbre, malessere e perdita di peso immotivata, disturbi neurologici …

 

Le cause

Nel 90% dei casi il dolore lombare ha origini meccaniche, dovute all’osteoartrosi (la degenerazione della cartilagine che riveste le articolazioni della colonna vertebrale), a patologia degenerativa del disco intervertebrale (protrusioni ed ernie discali) o all’osteoporosi(con i classici ‘crolli vertebrali’ soprattutto nelle donne anziane). “Ma il mal di schiena può avere anche cause infiammatorie di origine autoimmune come le spondiloartriti in corso di artropatia psoriasica o di malattie infiammatorie croniche intestinali, o ancora riconoscere una causa infettiva come le spondilodisciti” prosegue il medico.

Da non sottovalutare il fatto che la colonna può essere interessata primitivamente da patologie ematologiche non infrequenti nella età avanzata come il mieloma o linfomi, oppure anche essere sede di localizzazioni secondarie metastatiche in corso di neoplasia della prostata e della mammella.

Inoltre c’è tutto il capitolo del cosiddetto ‘dolore riferito’ cioè una sintomatologia dolorosa che deriva da problematiche viscerali, vale a dire di organi interni contenuti nella cavità toracica e addominale che possono esprimersi o esordire come dolore a livello della colonna (aneurisma della aorta, neoplasie del pancreas, intestino, utero…). Per questo diventa fondamentale fare una diagnosi tempestiva e corretta, affinché il paziente possa essere indirizzato allo specialista competente per una terapia efficace e personalizzata

 

Il ruolo del radiologo

La diagnosi non può prescindere da un iter diagnostico radiologico.“Si parte dalla normale radiografia per poi passare ad esami più sofisticati come la Tac o la Risonanza Magnetica a seconda del tipo di sintomo e in base al sospetto diagnostico. In taluni casi potrebbe essere opportuno eseguire una Densitometria ossea se si sospetta un’osteoporosi con crolli vertebrali oppure uno studio elettrofisiologico per capire se c’è un interessamento del nervo sciatico e a quale livello”, spiega il radiologo Giovanni Foti che assieme al collega Stefano Rodella ha organizzato il convegno. “L’ottimizzazione dell’iter diagnostico allontana il rischio di peggioramento della patologia (pensiamo per esempio alle spondilodisciti) – precisa il dottor Foti – ma anche riduce la sofferenza del paziente e i costi sanitari”.

Le terapie

L’ultima parte del convegno è riservata al trattamento del mal di schiena. L’armamentario terapeutico si avvale di trattamenti farmacologici per alleviare il dolore e ridurre la infiammazione ma anche di procedure mini invasive talora molto efficaci e rapide nel ridurre la sintomatologia dolorosa intensa (infiltrazioni locali, vertebroplastica percutanea e discectomie). Fondamentale, inoltre, è il trattamento fisiokinesiterapico impostato dal fisiatra che deve mirare al ripristino della funzionalità della colonna e al mantenimento del benessere del paziente.


La prevenzione dei tumori entra nel piatto insieme al cibo

Il 40% delle patologie tumorali si potrebbero evitare con una dieta sana come quella mediterranea, se combinata con esercizio fisico e rinuncia al fumo. I consigli dell’oncologa Alessandra Modena per allontanare i fattori di rischio dalla nostra tavola

Circa il 40% dei tumori potrebbe essere evitato con uno stile di vita sano, cioè non fumando, dedicando del tempo della nostra giornata all’attività fisica, mantenendosi normopeso e in particolare facendo attenzione a cosa mettiamo sulla nostra tavola. “E’ risaputo che un modello di alimentazione “sana” è la dieta mediterranea, una piramide alimentare dove predominano frutta e verdura, di cui bisognerebbe assumere almeno cinque porzioni al giorno. E’ una dieta varia ed equilibrata che per alcuni alimenti prevede moderazione e per altri ne sconsiglia fortemente l’assunzione”, afferma la dottoressa Stefania Gori, Direttore dell’Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.

La dottoressa Alessandra Modena dell’Oncologia Medica ci spiega il perché. “Gli alimenti ricchi di grassi e zuccheri sono una delle maggiori cause di sovrappeso e di obesità, fattori a loro volta di rischio di gran parte dei tumori, come quelli della mammella, della prostata, del pancreas e del tratto gastroenterico. Quello adiposo, infatti, non è un tessuto inerte, ma contiene i precursori degli estrogeni. In particolare nelle donne in post-menopausa, l’eccesso di grasso corporeo agisce aumentando il rischio di patologia neoplastica della mammella. E differenti studi hanno dimostrato l’influenza di sovrappeso e obesità non solo sull’incidenza di sviluppare un tumore ma anche sul rischio di recidiva nelle persone che già hanno avuto una neoplasia.”

 

Gli zuccheri. “Il loro consumo deve essere limitato perchè contengono molte calorie e possono influire sul peso corporeo. Inoltre, una dieta ricca di zucchero può favorire il rischio tumorale aumentando la produzione di insulina: elevati livelli di insulina favoriscono la promozione e la progressione delle cellule neoplastiche. E’ bene ricordare che tra gli alimenti ricchi di zuccheri non ci sono solo i dolci, ma anche i carboidrati, di cui sono ricchi il pane e la pasta,che è bene quindi consumare in quantità moderata e possibilmente in forma integrale per aumentare l’apporto di fibre.

 

Fibre. “E’ consigliabile assumere quotidianamente almeno 30 grammi di fibre (solubili e insolubili) in quanto favoriscono un minor assorbimento di zuccheri e grassi da parte dell’intestino”.

 

Carni rosse e carni processate. “Le carni rosse (ovine, suine e bovine) in genere non devono essere eliminate dalla dieta, ma limitate ad un massimo di 500 grammi alla settimana. Dovrebbero invece essere abolite le carni rosse processate (ad esempio salumi, carne in scatola, wurstel), cioè quelle che per essere conservate sono state sottoposte a lavorazione mediante essiccatura, salatura o affumicatura e aggiunta di additivi. E’ stato infatti dimostrato come il consumo giornaliero di 50 grammi di carne processata possa aumentare del 18% il rischio di ammalarsi di tumore al colon. Particolare attenzione va inoltre posta alla modalità di cottura di tali alimenti (ad esempio alla griglia), in quanto alte temperature di cottura causano il rilascio di sostanze chimiche molto dannose per il nostro organismo, come gli idrocarburi policiclici aromatici, i nitriti e i nitrati”.

 

Soia. “La soia contiene isoflovanoidi, sostanze di origine vegetale strutturalmente e funzionalmente simili agli estrogeni prodotti dall’organismo, e quindi è un alimento particolarmente studiato in campo oncologico. Ad oggi i dati relativi alla possibile relazione tra assunzione di soia e carcinoma mammario sono ancora controversi.Alcuni studi effettuati sulla popolazione asiatica hanno dimostrato un possibile effetto protettivo della soia nei confronti del carcinoma mammario. In un più recente studio condotto su cavie (topi), è stato tuttavia sottolineato come gli effetti “benefici” della soia sui tumori mammari ormono-sensibili scomparirebbero nel momento in cui la soia veniva inserita nella dieta “dopo” la diagnosi di tumore al seno. In assenza di evidenze certe, è pertanto consigliabile che le pazienti con diagnosi di tumore al seno ormono-sensibile limitino il consumo di cibi contenenti fitoestrogeni, tra cui la soia”.

 

Alcol. “L’alcol è una sostanza tossica e potenzialmente cancerogena e come tale deve essere assunta con molta moderazione. Il rischio di sviluppare il cancro è dose-dipendente e pertanto si raccomanda di limitarne il consumo, consigliando di non superare i 12 grammi di etanolo al giorno per le donne (un bicchiere di vino) e i 24 grammi per gli uomini (due bicchieri di vino). Vari sono i meccanismi con cui l’etanolo e il suo metabolita genotossico acetaldeide possono favorire l’insorgenza di tumori e tra questi vanno ricordati il danno al DNA e le aberrazioni o i riarrangiamenti cromosomici indotti”.


Malattie reumatiche: attenzione alle "bandierine rosse"

Scarica l'allegato PDF

Le “Red Flags” in Reumatologia sono i sintomi specifici che indicano la probabile presenza di malattie reumatiche. Quali sono? Se ne parlerà in un incontro al “Sacro Cuore” sabato 11 maggio

Le malattie reumatiche sono tra le patologie più diffuse nella popolazione generale – si stima che ne soffrano in Italia 5 milioni di persone – ed anche tra le più complesse da diagnosticare. Ma ci sono delle “red flags”, cioè delle bandierine rosse, intese come sintomi specifici che devono “mettere in allarme”, soprattutto il medico di medicina generale a cui solitamente il paziente si presenta in prima battuta.

 

 

Di “Red Flags in Reumatologia” si parlerà sabato 11 maggio all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, nel tradizionale seminario primaverile (giunto alla XII edizione) organizzato dal dottor Antonio Marchetta (nella PhotoGallery), responsabile della Servizio di Reumatologia del nosocomio di Negrar, e rivolto principalmente ai medici di medicina generale (programma in allegato). Ma quali sono i “campanelli di allarme” più comuni?

 

 

Artriti croniche

Le artriti croniche rappresentano le forme più frequenti e invalidanti di malattia reumatica. Per quanto riguarda lartrite psoriasica vi è sempre un’associazione strettissima con la psoriasi cutanea. La caratteristica manifestazione di questa patologia della pelle molto spesso non è evidente e quindi deve essere ricercata nelle zone meno comuni come le unghie, il cuoio capelluto o i genitali. Nei casi di familiarità può essere anche totalmente assente e la presenza di psoriasi emerge da un’attenta anamnesi. La difficoltà di diagnosi è dovuta al fatto che sono forme sieronegative, con l’assenza del fattore reumatoide e degli anticorpi anti-citrullina nel sangue. Tuttavia un mal di schiena persistente in un giovane adulto, soprattutto se si manifesta di notte o al risveglio, in presenza di psoriasi cutanea o disturbi intestinali, deve fare sospettare una spondiloartrite. Dolori articolari alle mani e ai polsi, gonfiore e ingommamento al risveglio possono essere invece sintomi di un’artrite reumatoide, se accompagnati da alterazioni degli indici di infiammazione, dalla positività del fattore reumatoide e dagli anticorpi anti-citrullina nel sangue.

Un ruolo importante nella diagnosi precoce e nel follow up delle artriti croniche lo riveste l’ecografia osteoarticolare a cui il Centro di Negrar ha attivato da tempo un servizio dedicato. Sempre nell’ambito delle artriti croniche, una sessione dell’incontro è dedicata all’esperienza del Servizio di Reumatologia del “Sacro Cuore Don Calabria” relativamente all’utilizzo dei farmaci biologici e dei loro biosimilari, farmaci che hanno radicalmente cambiato la vita dei pazienti consentendo periodi di remissione della malattia anche di molti anniTra i farmaci più innovativi vi sono le “piccole molecole”, proteine che agiscono a livello intracellulare con meccanismi completamente diversi dai farmaci biologici e proprio per questo rappresentano delle nuove opportunità terapeutiche per i pazienti che non hanno risposto al trattamento proprio con i biologici. Inoltre sono assumibili per via orale.

 

 

Il fenomeno di Raynaud

E’ una condizione molto frequente nelle giovani donne e si manifesta con le caratteristiche mani bianche o blu, dovute a esposizione alla basse temperature o a forti emozioni. Meno frequentemente è causato da farmaci o attività lavorative particolari (uso di martello pneumatico). Al pallore cutaneo intenso (ischemia ) segue una fase di cianosi (colore violaceo da vasodilatazione brusca). Il paziente avverte una sensazione dolorosa intensa con formicolio, perdita temporanea della sensibilità alle estremità delle mani e dei piedi, ma talora anche a livello del naso, delle orecchie e persino della lingua. Il fenomeno di Raynaud deve sempre essere indagato e non può essere considerato come qualcosa di innocuo o incurabile. Infatti molto spesso rappresenta il sintomo di esordio delle connettiviti e della sclerodermia, una condizione molto invalidante se non riconosciuta e trattata precocemente. Molto spesso la sclerodermia può essere diagnosticata con un semplice esame strumentale, la videocapillaroscopia, e la ricerca nel sangue di autoanticorpi specifici.

La gotta

La gotta è una forma di artrite che si manifesta più comunemente negli uomini di media età ed è caratterizzata da episodi di artrite acuta (che si manifesta con forti dolori all’alluce del piede) accompagnati da elevati livelli di acido urico nel sangue. L’eccesso di acido urico è dovuto a una alimentazione ricca di carne e grassi, a un consumo elevato di alcol, di bevande gassate e zuccherate. Influiscono molto uno scarso apporto di acqua durante la giornata e l’assunzione quotidiana di farmaci, quali i diuretici o la aspirina.


Il dottor Ceccaroni docente di anatomia negli stessi luoghi di Leonardo

Il direttore della Ginecologia sarà protagonista di un grande evento all'Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze: una lezione di anatomia chirurgica nella stanza dove Leonardo dissecava i cadaveri per capire le funzioni del corpo umano

 

A 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, la sala settoria dell'Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, dove il genio fiorentino compiva i sui studi autoptici, sarà riaperta per ospitare una moderna lezione di anatomia su cadavere, sulle orme di quanto accadeva nel 1500.

Ad indossare i panni di un moderno Da Vinci, sarà il dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna dell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e presidente dell'International School of Surgical Anatomy (ISSA School).

L'evento di giovedì 9 maggio rientra nel programma dell'International Congress dell'AAGL, l'associazione mondiale di ginecologia laparoscopica che si terrà nel capoluogo toscano dall'8 all'11 maggio e richiamerà a Firenze i più importanti e rinomati ginecologi, chirurghi e ricercatori per seguire la tre giorni del "Rinascimento Chirurgico". Ad oggi sono oltre ottocento i professionisti che si sono iscritti.

 

Il dottor Ceccaroni - 46 anni, romagnolo originario di Cesena, direttore a Negrar dal 2014 - è uno dei maggiori esperti internazionali nel trattamento chirurgico dell'endometriosi severa, di cui il "Sacro Cuore Don Calabria" vanta una delle più alte casistiche a livello mondiale. Appassionato fin da bambino di anatomia ("mia nonna quando uccideva i conigli per il pranzo della domenica mi mostrava e spiegava la funzione degli organi"), è autore dell'unico Atlante di Neuroanatomia della pelvi femminile, scritto dopo alcuni anni di studi su cadavere all'Università René Descartes di Parigi. E' stato anche uno dei pochi chirurghi italiani a fare parte del Consiglio direttivo dell'AAGL in rappresentanza dell'Europa, Medio Oriente e Africa.

"E' un grande onore e una grande emozione poter tenere una lezione in un luogo simbolo del genio di Leonardo, dove egli ha dato un grande impulso alla medicina moderna - commenta il dottor Ceccaroni -. Prima di Leonardo le dissezioni di cadavere erano solo a scopo didattico per mostrare agli studenti e ai medici l'anatomia umana, un'anatomia ancora legata a teorie mediche aristoteliche ed ippocratiche. Con Leonardo, invece, nasce una anatomia moderna basata su cause ed effetti e sullo studio delle funzioni. A lui dobbiamo alcune scoperte importanti e la nascita delle prime vere autopsie, avendo tra i suoi obiettivi anche quello di ricercare la causa della morte o della longevità di una persona".

Nella lezione magistrale sarà mostrato un intervento laparoscopico eseguito con le più recenti tecnologie chirurgiche, che oggi consentono di preservare molte funzionalità (vescicale, sessuale, intestinale) dell'apparato genitale femminile anche in presenza di gravi patologie (tecniche nerve-sparing).

La suggestiva sala dove il dottor Ceccaroni terrà la sua lezione di anatomia chirurgica laparoscopica, si trova all'interno della "stanza delle vasche di Leonardo", situata a sua volta nei sotterranei del "Santa Maria Nuova", l'ospedale più antico del mondo ancora in funzione, fondato nel 1288 da Folco Portinari, padre della Beatrice cantata da Dante Alighieri. In questa sala, mai aperta al pubblico, Leonardo ha dissecato una trentina di cadaveri, dando inizio allo studio autoptico sistematico dell'anatomia umana. Delle sue dissezioni all'Ospedale Santa Maria Nuova, Leonardo scrive in numerosi suoi manoscritti, uno dei quali in particolare, è entrato a far parte della Royal Library del Castello di Windsor. Sempre nella stessa sala Leonardo eseguì la dissezione di un uomo morto centenario, per scoprire il segreto di tale longevità.

Con il dottor Ceccaroni nella sala settoria saranno presenti il dottor Alberto Mattei, direttore della struttura aziendale di chirurgia ginecologica minivasiva dell'Azienda Usl Toscana centro, alcuni assistenti chirurghi e i tecnici per il collegamento in diretta con il Centro Congressi di Firenze e con i più prestigiosi ospedali del mondo.

L'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria sarà protagonista di altri momenti del Congresso. Insieme al dottor Ceccaroni, (co-chair meeting scientifico), i dottori Roberto Clarizia, Daniele Mautone, Giovanni Roviglione, Francesco Bruni e la dottoressa Anna Stepniewska, terranno alcune relazioni e due corsi di anatomia.

Sabato 11 maggio, invece, il dottor Ceccaroni effettuerà in diretta dalle sale operatorie di Negrar uno degli interventi di "live surgery" previsti durante il Congresso. Gli altri interventi saranno effettuati presso le sale operatorie dello stesso Ospedale Santa Maria Nuova, del "Gemelli" di Roma, del "San Raffaele" di Milano e del Centro di Ginecologia endoscopica avanzata Malzoni di Avellino.

Quello effettuato a Negrar sarà un intervento di eradicazione laparoscopica di endometriosi pelvica severa con probabile resezione intestinale, a cui parteciperanno anche il dottor Giacomo Ruffo, direttore della Chirurgia generale, e il chirurgo urologo Giuseppe Caleffi.


A Negrar i maggiori esperti europei di Medicina tropicale e dei viaggi

TropNet, il network che comprende 75 Centri europei, è coordinato dal 1° aprile dal professor Zeno Bisoffi. Il tema della due giorni è la schistosomiasi, una patologia tropicale che interessa tutti i viaggiatori

 

Giovedì 9 e venerdì 10 maggio l'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico per le malattie infettive e tropicali, ospiterà l'incontro di TropNet, il network europeo di cui fanno parte 75 Centri di Malattie infettive e tropicali e/o di medicina dei viaggi. Dal 1° aprile il coordinamento del network è stato affidato al professor Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e di microbiologia, coadiuvato dai dottori Andrea Angheben e Federico Gobbi, sempre dell'Ospedale di Negrar.

TropNet il network dei Centri europei di Medicina Tropicale sotto la guida di Negrar

Il fine principale di TropNet è quello di costituire una piattaforma di ricerca e di sorveglianza delle patologie d'importazione, di creare protocolli standardizzati per la gestione dei pazienti con tali patologie e di favorire la formazione in medicina tropicale e in medicina dei viaggi a livello europeo.

La schistosomiasi, la patologia tropicale negletta ma non rara

In occasione dell'incontro di Negrar, i maggiori esperti europei in malattie tropicali faranno il punto sulla schistosomiasi, una delle patologie "neglette" su cui il Dipartimento diretto dal professor Bisoffi ha concentrato maggiormente negli ultimi anni la ricerca epidemiologica, fisiopatologica e diagnostica con pubblicazioni su Lancet e Eurosurveillance (programma in allegato). In otto anni sono stati diagnosticati più di 800 casi, una delle casistiche più alte in Europa.

 

Non è la patologia dei migranti, interessa anche i turisti

La schistosomiasi è una malattia infettiva, non contagiosa, endemica in particolare nei Paesi dell'Africa Subsahariana, ma presente pure in alcune zone dell'Asia e del Sud America. Tuttavia non è una patologia esclusivamente dei migranti. Ma interessa anche i turisti ed gli espatriati che si immergono in fiumi o laghi contaminati dalla presenza dello schistosoma, il parassita responsabile dell'infezione. Inoltre nel dal 2012 al 2016 si sono verificati casi di schistosomiasi anche in Corsica, in persone che si erano bagnate nel fiume Cavu.

 

Il contagio avviene immergendosi in fiumi e laghi subsahariani ma non solo

"Il serbatoio del parassita è l'uomo - spiega il dottor Gobbi, responsabile scientifico dell'incontro di Negrar - che con l'urina o le feci deposita le uova di schistosoma in acque dolci dove sono presenti dei molluschi gasteropodi (delle piccole conchiglie) necessari per completare il ciclo vitale del parassita. L'infezione avviene con la penetrazione dello schistosoma attraverso la cute integra. Non esistono né profilassi né vaccino, l'unica prevenzione possibile è di non immergersi in acque dolci in zone tropicali". Tuttavia sulla schistosomiasi ci sono ancora degli aspetti non completamente definiti, su cui si discuterà nell'incontro del "Sacro Cuore Don Calabria". "Per esempio permangono diverse aree grigie sulla fisiopatogenesi delle lesioni polmonari durante la fase acuta, sulla classificazione della schistosomiaisi (certa, probabile, possibile) sulla durata del trattamento e sulla standardizzazione del follow-up".

 

Se non viene curata può comportare complicanze gravi

Inoltre è aperto un dibattito scientifico sulla definizione di patologia acuta e cronica. Attualmente viene considerata acuta se entro 90 giorni vengono sviluppati sintomi come tosse, febbre ed eosinofilia (cioè aumento dei globuli bianchi eosinofili). Dopo i 90 giorni viene definita cronica. "Fondamentale è che venga riconosciuta (spesso è asintomatica) e curata - sottolinea -. Nel caso contrario si può andare incontro a complicazioni, anche molto gravi, a danno dell'apparato uro-genitale e gastroenterico". La terapia di 1-3 giorni con pranziquantel è necessaria per non incorrere in patologie importanti e potenzialmente mortali come il carcinoma della vescica o l'idronefrosi (una condizione patologica causata da un accumulo di urina nel rene, ndr) oppure come una forma di fibrosi epatica simile alla cirrosi, ma reversibile, che può portare a epatosplenomegalia e a varici esofagee. Purtroppo il pranziquantel è tra i farmaci non registrati in Italia che devono essere importati dall'estero con procedure complesse e onerose, sostenibili solo da grandi centri di malattie tropicali, come quello di Negrar.

 

Ecco come viene diagnosticate

Come avviene la diagnosi? " Il gold standard diagnostico è la ricerca delle uova del parassita nelle urine e nelle feci - risponde Gobbi -. Un risultato negativo però non significa assenza di infezione, in quanto le uova possono essere così poche da rendere difficile la rilevazione al microscopio. In questi casi diventano fondamentali l'esame sierologico, per trovare gli anticorpi nel sangue del paziente e la ricerca di antigeni nel sangue o nelle urine".

 

L'importanza e i vantaggi dello screening sui migranti

Se da un lato mancano gli studi a livello europeo che definiscano esattamente lo standard diagnostico, dall'altra le nuove linee guida del ministero della Salute italiano hanno introdotto tra gli screening indicati per i migranti anche quello per la schistosomiasi. "I benefici dello screening sono superiori ai costi - prosegue il medico -. Il pranziquantel può scongiurare complicanze pesanti per il paziente che hanno anche una ricaduta sul Sistema sanitario in quanto si tratta di patologie complesse che richiedono trattamenti costosi". Lo screening sui migranti per la schistosomiasi viene effettato da anni a Negrar su tutti i pazienti provenienti dall'Africa Subsahariana. Questo ha reso possibile la pubblicazione nel 2018 su Eurosurveillance di un studio di prevalenza in collaborazione con l'Ulss 9 Scaligera e il Cesaim (Centro salute immigrati) che ha riguardato oltre 300 migranti. Dalla ricerca è emerso che il 21% dei migranti era affetto da schistosomiasi con punte del 70% in quelli provenienti dal Mali.

elena.zuppini@sacrocuore.it


L'isterectomia radicale e qualità di vita della donna

Scarica l'allegato PDF

Ha compiuto 120 anni il trattamento chirurgico cardine del tumore alla cervice uterina, che nel tempo ha subito un’evoluzione in senso conservativo: un incontro a Negrar ne ripercorrerà la storia con i maggiori esperti italiani

Compie 120 anni l’intervento cardine per il trattamento chirurgico dei tumori del collo dell’utero: era infatti il 1898 quando il dottor Ernst Wertheim eseguì la prima isterectomia radicale a Vienna. In oltre un secolo di storia questa tecnica chirurgica ha subito un’evoluzione in senso conservativo e le acquisizioni anatomiche nate con l’isterectomia sono diventate fondamentali anche per il trattamento chirurgico di patologie benigne, quali l’endometriosi, e sono alla base di interventi rivoluzionari, come il trapianto dell’utero.

La storia di questa tecnica e le applicazioni nella chirurgia moderna saranno al centro dell’incontro promosso dal dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, che si terrà all’ospedale di Negrar lunedì 29 aprile(programma in allegato)

 

Un evento che vedrà la presenza dei padri dell’onco-ginecologica moderna come i professori Umberto Bianchi e Costantino Mangioni insieme ai maggiori esperti in questo ambito: il professor Giovanni Scambia (Policlinico Gemelli-Università Cattolica di Roma), il professor Pierluigi Benedetti Panici (Policlinico Umberto I-Università La Sapienza), il professor Massimo Franchi (AOUI- Università di Verona), professor Piero Sismondi (già ordinario dell’Università di Torino), il professor Fabio Landoni (Ospedale San Gerardo-Università di Monza) e il dottor Angelo Maggioni (Istituto Europeo di Oncologia di Milano).

 

Spetterà al dottor Ceccaroni chiudere la giornata di studio con una lettura magistrale, la stessa che ha tenuto lo scorso novembre a Las Vegas in occasione della cerimonia di apertura del 47° AAGL Global Congress, il congresso annuale della società mondiale di laparoscopia ginecologica. Un excursus sull’evolversi dell’intervento di isterectomia visto all’interno dei cambiamenti della società, della cultura e dell’arte.

 

Grazie ai programmi di screening (pap-test) e l’introduzione negli ultimi anni del vaccino contro il virus umano dell’HPV, nei Paesi industrializzati il tumore al collo dell’utero è in progressiva diminuzione. Tuttavia l’isterectomia radicale rimane il trattamento più efficace contro questa neoplasia quando è limitata alla sola cervice uterina e consiste nell’asportazione dell’utero unitamente al parametrio. Quest’ultimo è il tessuto connettivo che avvolge il terzo inferiore della cavità uterina, composto da terminazioni nervose e canali linfatici, attraverso i quali il tumore può diffondersi anche in altri organi.

 

“Possiamo paragonare l’evoluzione dell’isterectomia radicale a quella dell’intervento chirurgico oncologico della mammella, grazie alla quale si è arrivati a soluzioni altrettanto radicali contro il cancro ma meno aggressive, quindi più conservative”, spiega il dottor Ceccaroni. “Questo è stato reso possibile grazie al progressivo cambiamento del concetto di salute della donna – prosegue il medico -. Nel 1898 la priorità del chirurgo era estirpare il tumore per salvare la vita delle pazienti, non importava quanto mutilante fosse l’azione chirurgica. Poi grazie anche agli antibiotici (prima della scoperta della penicillina più della metà delle donne moriva in seguito all’intervento) e di terapie aggiuntive (radio o chemioterapia) che hanno consentito un aumento della sopravvivenza, la chirurgia si è evoluta con l’obiettivo di salvaguardare anche la qualità di vita della pazienti dopo l’isterectomia”.

 

Sono nate così fin dagli anni Sessanta in Giappone tecniche chirurgiche in grado di asportare il parametrio risparmiando terminazioni nervose fondamentali per il funzionamento fisiologico della vescica, dell’intestino e dell’attività sessuale. “Si tratta di tecniche chirurgiche definite nerve-sparing, che noi a Negrar abbiamo traslato nella terapia chirurgica dell’endometriosi severa. Esse sono state favorite dall’evoluzione tecnologica in sala operatoria, con l’introduzione della laparoscopia prima e della robotica poi”, sottolinea Ceccaroni.

 

Proprio sull’isterectomia per via laparoscopica – con cui vengono eseguiti la gran parte degli interventi – si è aperto negli ultimi mesi un dibattito nella comunità scientifica internazionale. A dare il via è stata la pubblicazione sulla rivista “New England Journal of Medicine” di uno studio statunitense multicentrico e prospettico dal quale emerge che la prognosi delle pazienti trattate laparoscopicamente sembrerebbe essere peggiore di quelle sottoposte a tecnica tradizionale, cioè sono più a rischio di recidiva. In risposta sono stati avviati in tutto il mondo degli studi al fine di correggere dei presunti vizi formali nella raccolta dei dati da parte dei ricercatori americani. Uno di questi è stato proposto dall’International School of Surgical Anatomy (ISSA School), diretta dal dottor Marcello Ceccaroni e con sede all’IRCCS di Negrar, a cui partecipano anche altre prestigiose realtà italiane.

 

Il “Love Protocol” (questo il nome dello studio) è stato messo a punto dal dott. Stefano Uccella (Policlinico Gemelli Università Cattolica di Roma, Nuovo Ospedale degli Infermi di Biella), già docente all’interno della ISSA School, assieme al Dott. Ceccaroni. “La nostra casistica e quella dei maggiori centri internazionali non confermano quanto emerso dallo studio americano, anzi sono favorevoli per la laparoscopia. Ma è positivo che sia nato questo confronto nella comunità scientifica, potremmo avere così dati incontrovertibili a tutto vantaggio delle pazienti”, conclude il dottor Ceccaroni.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Morso di zecca: ecco cosa fare e non fare

I morsi di zecca non sono dolorosi e quindi è possibile non accorgersi immediatamente, ma una volta individuata la zecca è fondamentale toglierla assumendo determinati accorgimenti per non aumentare il rischio di un’eventuale infezione

Bastono piccoli e semplici accorgimenti per fare in modo di non incorrere in uno degli aspetti meno piacevoli delle passeggiate in montagna o in zone rurali: i morsi di zecca. Di per sé non sono eventi dolorosi, perché la zecca – che fa parte degli aracnidi ematofagi, come i ragni – libera delle sostanze anestetizzanti al fine di rimanere più a lungo attaccata e nutrirsi con la maggiore quantità di sangue.

 

Ma sono le conseguenze del morso di zecca ad essere rischioseperché, se infetta, può trasmettere il batterio Borrelia burgdorferi responsabile della malattia di Lyme (che viene infatti chiamata anche Borreliosi) e il virus della TBE (Tick-borne Encephalitis) che causa l’encefalite da zecche.

 

Si tratta di patologie presenti soprattutto nel nord-est dell’Italia(Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto). Recenti studi entomologici hanno rilevato zecche infette da nuove rickettsie anche nelle stesse aree rurali, ma il cui morso provoca sull’uomo manifestazioni cliniche completamente diverse da quelle finora conosciute dalla febbre bottonosa del Mediterraneo, malattia che si credeva diffusa solo nell’Italia centro-meridionale ed insulare.

 

Nella maggior parte dei casi la malattia di Lyme può essere trattata con successo attraverso la somministrazione di antibiotici per due settimane. Tuttavia se non viene riconosciuta e curata in rari casi la malattia può arrivare a colpire il cuore, le articolazioni e il sistema nervoso nei mesi e negli anni successivi. Per la TBE non è disponibile nessuna terapia e di solito si risolve da sola, ma nella fase avanzata può colpire il sistema nervoso, con sintomi simili a quelli della meningite. La mortalità è inferiore al 2%, ma il rischio di complicanze neurologiche permanenti (da lievi tremori agli arti fino alla paralisi) a lungo termine è del 20%. L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria per le Malattie infettive e tropicali, insieme all’ospedale di Belluno, è centro accreditato della Regione Veneto per le malattie rare infettive, tra cui quelle trasmesse dalle zecche.

 

Come proteggersi dal morso di zecca
L’abbigliamentoLe zecche prosperano nei terreni boschivi ombrosi e umidi, sulle radure e sui prati, sui campi aperti e sui cespugli. Pertanto se si visita una zona dove la presenza di zecche infette è endemica, è consigliabile adottare un abbigliamento protettivo (pantaloni lunghi, scarponi) su cui spruzzare repellenti specifici.

 

ll vaccino per la TBE

Per la TBE è in commercio un vaccino, ad oggi somministrato gratuitamente solo in Friuli Venezia Giulia, zona endemica della malattia, ma consigliabile a tutti coloro che frequentano spesso anche le aree montane e rurali del Trentino Alto Adige e del Veneto.

 

Cosa fare dopo una passeggiata in zone a rischio

Proprio per la mancanza di dolore, è facile non accorgersi di essere stati morsi. Per questo dopo essere stati in aree dove potrebbe registrarsi la presenza di zecche è importante controllare attentamente la propria persona, eventuali bambini e gli indumenti. La zecca può variare come dimensioni (dipende se adulta, ninfa o larva) dalla testa di uno spillo alla grandezza di una gomma applicata dalla matita. Il morso ha solitamente l’aspetto di una piccola lentiggine in rilievo che non si riesce a staccare.

 

Se si è stati morsi

Togliere la zecca
Non è necessario recarsi al Pronto Soccorso ma è fondamentale togliere immediatamente la zecca: esistono in commercio delle apposite pinzette a punta fine, ma ciò che è importante è tirare verso l’alto senza schiacciare o stringere il corpo della zecca, provocare torsioni o strattoni. Non si devono applicare unguenti o somministrare calore in quanto questo indurrebbe un riflesso di rigurgito del sangue succhiato, con un forte aumento di rischio di infezioni.

 

Disinfettare la ferita
Se all’interno della ferita rimane il rostro, cioè il “gancio” con cui la zecca si attacca, non è pericoloso perché l’eventuale infezione è nel corpo della zecca
Lavare la ferita con acqua calda e sapone e applicare un antisettico come alcol o iodio sull’area interessata.

Attenzione all’insorgenza di sintomi entro 30 giorni
Segnare sul calendario il giorno del morso e recarsi in un Centro di malattie infettive se nell’arco di 30 giorni sorgono sintomi come rash cutaneo rossastro attorno alla sede del morso, febbre, mal di testa, male alle ossa, difficoltà di movimento. Se si è stati in area tropicale dove sono molto diffuse numerose malattie dovute alle zecche infette da vari batteri riconducibili alla famiglia delle rickettsie e sorgono sintomi di vario tipo è fondamentale rivolgersi a Centri che curano anche le malattie tropicali.

 

Come escludere l’infezione
Non tutte le zecche risultano infette per cui nella maggior parte dei casi non compare alcun disturbo. L’assenza di infezione può essere definitivamente documentata effettuando una sierologia per Borrelia burgdorferi e per TBE virus dopo almeno 6-8 settimane dal morso. Un esame sierologico effettuato prematuramente potrebbe risultare erroneamente negativo in quanto gli anticorpi non hanno avuto ancora il tempo di formarsi.


Pasqua è la gioia di dire al mondo: "Ho visto il risorto"

Scarica l'allegato PDF

In un video-messaggio il Casante dell’Opera Don Calabria, padre Miguel Tofful, rivolge il proprio augurio di buona Pasqua a tutti i collaboratori della Cittadella della Carità, a tutti gli ammalati e ai loro cari

“La Pasqua sia la gioia di fare davvero l’esperienza di Gesù Risorto nella vita di tutti i giorni e in special modo nelle corsie e negli ambienti della Cittadella della Carità dove ogni giorno si vivono i sentimenti della sofferenza e della speranza”. E’ questo il cuore del video-messaggio che padre Miguel Tofful, superiore generale dell’Opera Don Calabria, rivolge a tutti i collaboratori e gli ospiti della Casa di Negrar in questa Pasqua 2019 (vedi video-messaggio).

 

Un’esperienza, quella proposta dal Casante, che si ispira al modello di Maria Maddalena, la quale incontrò il Risorto nella mattina di Pasqua e vide la sua vita trasformata da questo incontro. “Come Maria Maddalena – prosegue padre Tofful – anche noi siamo chiamati, partendo dalla gioia pasquale, a essere testimoni dell’incontro con il Risorto alla luce dei valori che ci ha trasmesso san Giovanni Calabria”.

 

Proprio questi valori, come annunciato dal Casante nell’incontro con i collaboratori di Negrar che si è svolto mercoledì 17 aprile, saranno al centro del grande raduno della Famiglia calabriana chiamato Agorà che si svolgerà a San Zeno in Monte nel giugno prossimo e coinvolgerà tutte le persone vicine all’Opera Don Calabria in Italia e in Europa (vedi testo completo dell’intervento).