L’ Ekso, l’esoscheletro robotico, la riposta tecnologicamente più avanzata per la riabilitazione dei lesionati midollari
“Si prova una sensazione primordiale, la stessa che prova un bambino che muove i primi passi”. Simone Careddu, 35 anni, sardo, ma veronese di adozione, è sulla sedia a rotelle dal 2009, quando rimase vittima di un attentato in Afghanistan.
Primo Maresciallo della Folgore, Simone ha indossato questa mattina all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar l’Ekso, l’Esoscheletro robotico che gli ha permesso di alzarsi e deambulare.
Ekso, l’Esoscheletro robotico, è risposta tecnologica più avanzata nel campo riabilitativo per i pazienti che hanno perso totalmente o parzialmente la facoltà di camminare a causa di lesioni midollari. Il “Sacro Cuore Don Calabria” è il secondo ospedale del Veneto che dispone del dispositivo robotico di ingegneria californiana, concepito inizialmente per finalità belliche, affinché i soldati americani potessero portare pesi superiori alle loro forze.
Una volta indossato come una tuta (il peso è di 20 chilogrammi, ma viene scaricato totalmente a terra) permette al paziente non solo di stare in posizione eretta ma anche di deambulare avvalendosi di un appoggio per gli arti superiori (stampelle o deambulatore).
Grazie a particolari sensori, capaci di registrare piccole variazioni di carico effettuate dal paziente, viene innescato un cammino del tutto simile a quello naturale.
“Si tratta di un’acquisizione tecnologica importante che dimostra quanto la nostra struttura sia attenta al benessere dei pazienti – ha detto il presidente del Sacro Cuore Don Calabria, fratel Carlo Toninello-. Offriremo così a tante persone la possibilità di recuperare le capacità motorie dove ci sono le condizioni e di mantenere una qualità di vita dove la mobilità è definitivamente compromessa”.
L’acquisizione del dispositivo “conferma il Dipartimento di Riabilitazione del Sacro Cuore uno dei fiori all’occhiello non solo di questo ospedale, ma a livello regionale”, ha sottolineato il direttore amministrativo, Mario Piccinini.
Come ha spiegato il dottor Renato Avesani, direttore del Dipartimento di Riabilitazione, “l’esoscheletro può essere usato da due categorie di pazienti: le persone che hanno subito una lesione totale o parziale del midollo spinale e coloro che hanno problemi di mobilità causati per esempio da ictus. Lo abbiamo scelto perché è un macchinario che simula meglio di qualunque altro l’atto del camminare e inoltre è l’unico che permette di muoversi fisicamente nello spazio. E’ nostra intenzione – ha proseguito il medico – fare parte di un network internazionale per lcondivisione dei dati legati all’uso dell’esoscheletro, in modo da ottimizzare il suo utilizzo”.
L’esoscheletro potrebbe rivelarsi un importante strumento per studiare il modo in cui il cervello mantiene attive le aree del movimento quando le capacità motorie sono fortemente compromesse. Uno studioè già in atto da parte del Dipartimento di Filosofia, psicologia e pedagogia dell’Università di Verona, tramite la professoressa Valentina Moro, con la collaborazione del Dipartimento di Riabilitazione di Negrar e il Galm-Gruppo di animazione lesionati midollari.