Martedì ore 17 a lezione di igiene dentale per bambini e adolescenti

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Il 14 maggio l’igienista dentale Lucia Bombasini terrà una lezione ai bambini e ai ragazzi insieme ai loro genitori su come prendersi cura della salute dei propri denti attraverso una corretta igiene quotidiana

La carie è una malattia infettiva distruttiva, che colpisce la corona del dente. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è in aumento nelle fasce d’età pediatriche e negli adolescenti.

 

Le cause sono da ricercare in una dieta ricca di zuccheri, in una vita frenetica oberata da impegni scolastici ed extrascolastici che allontanano i bambini dalla propria abitazione per molte ore. L’igiene orale quotidiana diventa quindi determinate per la salute dentale, ma non sempre viene effettuata in maniera corretta.

 

 

Per conoscere di più sulla salute dei denti e su come preservarli dai loro”nemici”, martedì 14 maggio alle 17 i bambini e i ragazzi accompagnati dai loro genitori sono invitati al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 (Verona) per una lezione di igiene orale tenuta dalla dottoressa Lucia Bombasini, igienista del Centro Odontostomatologico Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretto da dottor Stefano Orio. Si parlerà di carie, di placca batterica e di tartaro e di come si può combatterli con dentifricio e filo interdentale, (vedi locandina)


Malesseri da ora legale: ecco come prevenirli

Il passaggio dall’ora solare a quella legale è una piccola alterazione dei nostri ritmi biologici: ecco alcuni accorgimenti per non risentire nei primi giorni di quell’ora di meno di sonno, che a volte diventano due…

E’ tempo di ora legale. Alle 2 del mattino di domenica 31 marzo le lancette dell’orologio dovranno essere spostate avanti di un’ora. Il che significa 60 minuti di luce in più alla sera, ma un’ora di sonno in meno. Così pochi minuti possono influire sul nostro ritmo sono-veglia, rendendoci le giornate difficili? Un certo malessere è possibile, secondo il dottor Gianluca Rossato, responsabile del Centro di Medicina del sonno.

 

Il passaggio all’ora legale è di fatto un’alterazione delle nostre abitudini – spiega il neurologo -. Il nostro cervello, dunque il nostro corpo, è tarato naturalmente su un certo orario e ha bisogno di qualche giorno per adattarsi al cambiamento. Le ore di privazione del sonno possono essere due perché ci alziamo un’ora prima ma, in genere, andiamo a letto un’ora dopo. Questo sfasamento può avere effetti negativi in termini di minore concentrazione nei giorni seguenti all’ingresso dell’ora legale“.

 

Tuttavia, sottolinea il dottor Rossato, domenica, primo giorno di ora legale, si possono mettere in atto alcuni accorgimenti per adattarsi in fretta a questo cambiamento dei ritmi biologici

• Alzarsi sempre alla stessa ora e non un’ora più tardi, senza badare che se ci alziamo alle 9 in realtà, “per il sole”, sono le 8.

• Trascorrere la giornata all’aperto o praticare dell’attività fisica che implichi dispendio di energie in modo di arrivare a sera sufficientemente stanchi per addormentarsi all’ora usuale.

• E’ bene mantenere lo stesso orario di cena.

• Domenica sera è lecito fare uno strappo alla regola e concedersi una cena gustosa e un po’ abbondante, un fattore che può favorire il sonno anticipato

• La regola invece da non abbandonare mai se si vuole dormire bene, indipendentemente dall’ora legale, è quella di spegnare nelle ore precedenti il sonno, tablet e smartphone. Essi emanano una luce a cosiddetta frequenza blu, la stessa del sole. Si tratta di una luce chiara, che provoca l’arresto della secrezione di melatonina, l’ormone che regola il ciclo sonno-veglia. Più si tengono questi dispositivi a distanze ravvicinate, più il sonno rischia di essere compromesso.


La cura dei denti in gravidanza fa bene anche al bambino

Sabato 13 aprile gli igienisti dentali del Centro Odontostomatologico Ospedale Sacro Cuore Don Calabria incontreranno le future mamme per dare indicazioni su come mantenere in salute la propria bocca durante la gravidanza

Durante la gravidanza, a causa di cambiamenti ormonali, si verificano delle modificazioni a livello del cavo orale che comportano una maggiore suscettibilità per le carie e le malattie gengivali. E’ importante che la futura mamma prevenga o tenga sotto controllo queste patologie che possono influire anche sulla salute del nascituro. Infatti, secondo recenti studi scientifici, le infezioni severe generalizzate a livello del cavo orale della madre possono essere un fattore di rischio di parto prematuro.

 

La salute orale della donna in gravidanza e del bambino è al centro dell’incontro che si terrà sabato 13 aprile alle 10 al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 a Verona.L’appuntamento rientra nel progetto di prevenzione dentale rivolto alle future mamme, coordinato dalla dottoressa Lucia Bombasini con il gruppo degli igienisti dentali del Centro Odontostomatologico Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretto da dottor Stefano Orio.

 

La dottoressa Bombasini – igienista dentale e docente a contratto all’Università di Verona – affronterà temi quali il sanguinamento delle gengive e la carie in gravidanza, la cura dentale durante la gestazione, l’importanza dei controlli odontoiatrici e dell’igiene orale professionale. Ma anche la carie da biberon e l’igiene orale domiciliare nelle varie fasi della vita.


Per partecipare all’evento è necessaria l’iscrizione al numero 045.6014650


TARE: la radioterapia intraepatica per la cura del tumore al fegato

Sfere radioattive somministrate direttamente nella lesione provocano la necrosi del tumore: al “Sacro Cuore” è stata creata un’équipe multidisciplinare per una procedura complessa, che necessita di dotazioni tecnologiche sofisticate di Medicina Nucleare

Tra i trattamenti loco-regionali per il tumore al fegato, la metodica più recente è la TARE (Trans-Arterial Radio-Embolization o radioembolizzazione epatica). Si tratta di una radioterapia intraepatica attuata attraverso la somministrazione direttamente nella lesione tumorale di microsfere insolubili di vetro addizionate con il radioisotopo Ittrio 90. Le microsfere emanano radiazioni Beta che provocano la necrosi delle cellule neoplastiche e quindi la distruzione del tumore.

 

Al “Sacro Cuore” un’équipe specializzata

La TARE è un procedura molto complessa, anche nella fase di preparazione, attuata solo in pochi centri italiani che dispongono di apparecchiature sofisticate di Medicina Nucleare (PET, Scintigrafia con TC e Scintigrafia Total Body) e di sale di Emodinamica autorizzate ad ospitare procedure con radiofarmaci. Richiede inoltre un’équipe multispecialistica che al “Sacro Cuore Don Calabria” è formata dal gastroenterologo-epatologo Alberto Masotto, dall’oncologo Alessandro Inno, dagli angiodinamisti Giuseppe Taddei e Eugenio Oliboni, dai medici nucleari Matteo Salgarello e Joniada Doraku, dai fisici medici Fabrizia Severi e Stefano Pasetto e, per i tumori neuroendocrini, dal chirurgo Letizia Boninsegna. Finora sono stati sottoposti a TARE, una trentina di pazienti, cinque dei quali affetti da metastasi originate da tumori neuroendocrini.

 

Per quali pazienti è indicataLa TARE

La TARE è indicata soprattutto nei casi selezionati, in base a linee guida internazionali, di tumore primitivo epatico (epatocarcinoma), in pazienti con trombosi portale (per cui non è possibile procedere con la chemioembolizzazione-TACE) o in pazienti sottoposti ad altri trattamenti loco-regionali dai quali non si sono avuti risultati positivi. Prima dell’introduzione della TARE, l’unica terapia possibile per questi pazienti era quella farmacologica con Sorafenib, la cui efficacia, in termini di sopravvivenza media è minore rispetto a quella registrata grazie alla TARE. Inoltre la TARE può essere utilizzata per i Colangiocarcinomi, tumori epatici che originano dalle cellule biliari, non operabili, e per le metastasi epatiche vascolarizzate non responsive alla chemioterapia e non operabili. Per quanto riguarda i tumori neuroendocrini, non tutti i pazienti possono accedere alla TARE, ma solo coloro che presentano metastasi epatiche ipervascolarizzate di dimensioni medio-grandi e possono avere beneficio da un trattamento localizzato sul fegato.

 

La TARE si attua in due fasi

Prima fase: la “mappatura”

Il paziente viene sottoposto all’interno delle sale di Emodinamica ad angiografia epatica, un procedimento intrarterioso, con accesso dall’arteria femorale e da questa al fegato tramite l’arteria epatica. Grazie a un microcatetare viene iniettato un mezzo di contrasto che ha lo scopo soprattutto di mettere in evidenza eventuali shunt epato-gastrici o epato-polmonari, cioè vasi che portano sangue dal fegato allo stomaco o dal fegato ai polmoni. In caso di presenza di shunt epato-gastrici, i vasi devono essere chiusi tramite delle spirali, per impedire che il radiofarmaco giunga allo stomaco provocando un’ulcera gastrica emorragica. In caso di shunt polmonari, invece, è fondamentale che il trattamento con TARE rimanga al di sotto di un determinato dosaggio di radiazioni per non provocare una polmonite attinica. L’esame con cui viene verificata la chiusura degli shunt intestinali o la presenza di quelli polmonari è la Scintigrafia Total Body con TC tramite l’infusione di Tecnezio 99. Eseguito questo esame, dalla Medicina Nucleare il paziente ritorna in Emodinamica dove viene “fotografata” l’esatta posizione del catetere, che sarà rispettata al momento dell’infusione del radiofarmaco. Il paziente viene poi dimesso e richiamato in ospedale dopo due settimane. Nel frattempo viene calcolata la dose del radiofarmaco. Poiché le microsfere addizionate con Ittrio 90 giungono a Negrar dal Canada, dove il radioisotopo viene prodotto da una centrale atomica, la dose importata deve tener conto del decadimento delle radiazione emesse dal radiofarmaco che intercorre dal momento della produzione fino a quello della somministrazione,

 


Seconda fase: infusione del radiofarmaco

L’infusione delle microsfere direttamente nelle lesione tumorale avviene sempre, tramite catetere, per via intrarteriosa. Effettuata la procedura di infusione, dalla sala di Emodinamica il paziente viene portato poi in Medicina Nucleare per essere sottoposto a PET al fine di verificare se il radiofarmaco ha raggiunto in modo corretto l’area tumorale. Il ricovero dopo il trattamento (due-tre giorni) non richiede isolamento, perché il radiofarmaco emana radiazioni che hanno una penetrazione tessutale di 2,5 millimetri, quindi non escono dal corpo del paziente stesso.

 

Effetti collaterali

La TARE non comporta particolari effetti collaterali, se non una sindrome di astenia che perdura per alcuni giorni ed è sopportata facilmente dal paziente.

Nella foto: da sinistra la dottoressa Joniada Doraku (medico nucleare), il dottor Stefano Pasetto (fisico medico), il dottor Alberto Masotto (epatologo), la dottoressa Letizia Boninsegna (chirurgo), il dottor Matteo Salgarello (medico nucleare), il dottor Giuseppe Taddei (angiodinamista), la dottoressa Fabrizia Severi (fisico medico) e il dottor Maurizio Corso (coordinatore del Servizio di Emodinamica)


Metastasi spinali: il "Sacro Cuore" ospedale pilota in Europa con un'innovativa radioterapia

Inaugurato ufficialmente un nuovo sistema di radioterapia dedicato alle metastasi della colonna vertebrale che ha l’obiettivo non solo di ridurre il dolore, ma di eliminare le lesioni quindi di incidere sulla sopravvivenza del paziente

In occasione della Festa patronale del Sacro Cuore, che si celebra oggi, è stato inaugurato ufficialmente all’ospedale di Negrar un innovativo sistema di Radioterapia per le metastasi alla colonna vertebrale, utilizzato per la prima volta in Europa nell’aprile scorso proprio dalla Radioterapia Oncologica del Sacro Cuore, diretta dal professor Filippo Alongi.

Alla presentazione sono intervenuti il presidente dell’ospedale calabriano, fratel Gedovar Nazzari, l’amministratore delegato, dottor Mario Piccinini, il direttore sanitario, dottor Fabrizio Nicolis, e naturalmente il professor Alongi che ha illustrato il valore aggiunto di questo nuova terapia a cui sono già stati sottoposti dieci pazienti. Più tardi anche l’assessore alla Sanità della Regione Veneto, Luca Coletto, ha voluto rendersi conto di persona della nuova opportunità per molti pazienti con tumore avanzato.(nella video Gallery le interviste e nella PhotoGallery alcune immagini della mattinata).


Novalis-Elements Spine SRSL

L’innovativo trattamento si basa su un software – Novalis-Elements Spine SRS – integrato all’acceleratore lineare TrueBeam. Il sistema è in grado di ricostruire l’anatomia della vertebra colpita dalla lesione tumorale fondendo le immagini di TAC e Risonanza Magnetica, e quando è necessario anche quelle della PET. Ma la vera particolarità di questo software è che esso individua con precisione millimetrica il segmento malato della vertebra e la regione vertebrale dove potrebbe propagarsi la malattia, (comparti ossei della vertebra), procedimento che prima veniva realizzato “manualmente” dal medico specialista in Radioterapia. In altre parole Novalis-Elements Spine SRS amplia informaticamente le competenze dello specialista migliorando l’accuratezza del trattamento, in modo tale da permettere di concentrare sul target tumorale un’alta dose di radiazioni, senza interessare il midollo spinale, situato a pochi millimetri dalla metastasi. Una differenza sostanziale rispetto alla radioterapia tradizionale, che non consentendo una tale precisione si limita a un trattamento palliativo, cioè all’irradiazione a basse dosi dell’intera vertebra per prevenire (o ridurre) il sintomo dolore e la frattura vertebrale che potrebbe causare la metastasi e non per eliminare la lesione tumorale. L’irradiazione a basse dosi è necessaria per non danneggiare il midollo spinale e quindi non compromettere le terminazioni nervose che regolano la mobilità degli arti. Con il nuovo software la radioterapia diventa radiochirurgia, comportandosi come il bisturi del chirurgo, ma in maniera totalmente non invasiva, senza richiedere nessuna forma di sedazione.

Cosa sono le metastasi alla colonna vertebrale

Le metastasi sono gruppi di cellule maligne che si staccano dal tumore originario e vanno, attraverso il sangue e le vie linfatiche, a collocarsi in organi diversi da quello dove si è formato il cancro. Le metastasi, nella maggior parte dei casi, sono tipiche delle fasi più avanzate della progressione del tumore che inizialmente è localizzato, cioè limitato all’organo dove si è formato. Un terzo dei pazienti nel corso della malattia metastatica presenta un coinvolgimento osseo, il 70% dei quali a livello della colonna vertebrale. In particolare le donne colpite da cancro alla mammella e gli uomini affetti da neoplasia prostatica. Dolore e cedimento vertebrale sono i maggiori sintomi, molto spesso invalidanti.

Per chi è indicato il trattamento

Il trattamento è riservato a pazienti selezionati, in buone condizioni generali e affetti al massimo da cinque metastasi (non necessariamente tutte collocate alla colonna) derivanti da un tumore primitivo già curato chirurgicamente e/o farmacologicamente.

Efficacia e risposta del trattamento

L’efficacia sintomatologica, cioè la remissione del sintomo dolore, può avvenire nell’immediato o dopo alcune settimane dalla fine del trattamento. Per quanto riguarda la risposta visualizzabile dalle immagini, si può valutare ripetendo una Risonanza Magnetica o una Pet a partire da 45/60 giorni dalla conclusione della terapia. I risultati dei primi trattamenti saranno presentati dal professor Alongi nel corso della Conferenza europea di Radiochirurgia che si terrà a settembre a Monaco di Baviera.

Il primo paziente

Ad applicare per prima in Europa l’innovativo trattamento è stata la Radioterapia Oncologica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dal professor Filippo Alongi, professore associato all’Università di Brescia. Il primo paziente è un uomo con tumore alla prostata già trattato chirurgicamente e con in corso la terapia ormonale. Presentava una sola metastasi a livello lombare che è stata trattata con il nuovo sistema senza effetti collaterali.

La Radioterapia Oncologica del “Sacro Cuore Don Calabria”

La Radioterapia Oncologica del “Sacro Cuore Don Calabria” tratta ogni anno un migliaio di pazienti, il 20% dei quali proviene da altre regioni, in particolare dalle regioni centro-meridionali, ma anche dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna, realtà sanitarie qualificate. Si avvale di tre acceleratori lineari, tra cui il Truebeam, che consente l’applicazione di trattamenti ipofrazionati (con durata minore) irradiando alla massima intensità il tumore e risparmiando al tempo stesso i tessuti sani limitrofi. E’ stata la prima al mondo ad utilizzare un’innovativa tecnica di radiochirurgia (HyperArc) che consente di trattare contemporaneamente più metastasi cerebrali in soli dieci minuti. La Radioterapia Oncologica di Negrar è sede della scuola di Specializzazione in Radioterapia dell’Università di Brescia dove il direttore Alongi insegna come professore associato.


Festa della famiglia della Cittadella della Carità

Domenica 3 giugno presso la Casa Madre dell’Opera Don Calabria si terrà la tradizionale Festa della Famiglia dedicata a tutti i collaboratori della “Cittadella della Carità”

Domenica 3 giugno, presso la Casa Madre dell’Opera Don Calabria (via San Zeno in Monte 23-Verona), si terrà Festa della Famiglia dedicata a tutti i collaboratori della “Cittadella della Carità”, di cui fa parte l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria e le strutture socio-sanitarie (Casa Nogarè, Casa Perez e Casa del Clero).

Un appuntamento tradizionale e “uno di quei momenti in cui maggiormente possiamo sperimentare il nostro essere un gruppo unito dai medesimi valori lasciati in eredità dal nostro Santo Fondatore”, sottolinea fratel Gedovar Nazzari, presidente della “Cittadella della Carità”.

L’inizio della giornata è previsto alle 9.30 con un momento di accoglienza a cui seguirà il saluto della direzione. Alle 10.30 don Valdecir Tressoldi, incaricato della Formazione dell’Opera Don Calabria e superiore della Casa Madre, terrà un intervento su “Lo spirito di famiglia nell’Opera Don Calabria”.

 

Alle 11 sarà celebrata la Messa, presieduta da don Ivo Pasa,responsabile della Delegazione Europea San Giovanni Calabria. La mattinata si concluderà con un momento conviviale.


I numeri del cancro nel Veneto: ogni giorno 87 nuove diagnosi

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Presentata al “Sacro Cuore” la situazione oncologica nel Veneto: la sopravvivenza ha tassi elevati, il 60,7% degli uomini e il 66,3% delle donne sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Preoccupa l’aumento dei casi di cancro al polmone nelle donne

Il Veneto è una regione virtuosa nell’adesione agli esami di screening anticancro. Nel 2016, il 79% dei cittadini ha eseguito il test per individuare in fase precoce il tumore del colon-retto (esame del sangue occulto nelle feci), più del doppio rispetto alla media nazionale (36%). Il 63% delle donne venete si è sottoposto allo screening cervicale (fondamentale per la diagnosi precoce del tumore della cervice uterina), anche in questo caso più che raddoppiando il dato nazionale (30%), e il 64% delle cittadine ha eseguito la mammografia (44% Italia). Un’attenzione ai programmi di prevenzione secondaria che si traduce in percentuali di sopravvivenza particolarmente elevate: in Veneto il 60,7% degli uomini e il 66,3% delle donne sono vivi a 5 anni dalla diagnosi.

 

La fotografia dell’universo cancro in tempo reale nella regione è raccolta nel volume “I numeri del cancro in Italia 2017″ realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e dalla Fondazione AIOM, e presentato oggi all”ospedale Sacro Cuore Don Calabria. In Veneto nel 2017 sono stati stimati 31.750 nuovi casi di tumore (16.550 uomini e 15.200 donne), con una tendenza che rispecchia quella nazionale: un andamento stabile delle nuove diagnosi fra gli uomini e un incremento fra le donne. Nella popolazione generale le cinque neoplasie più frequenti sono quelle del colon-retto (4.500), seno (4.450), polmone (3.400), prostata (2.950) e melanoma (1.500).

 

Facendo gli onori di casa, ha aperto la conferenza stampa il dottor Mario Piccinini, amministratore delegato del “Sacro Cuore Don Calabria: “Questo Ospedale dal 2016 è un Cancer Care Center dotato di un numero verde (800 143 143) per la cura del tumore – ha affermato – Per noi è stato un approdo naturale, perché da tempo seguiamo con attenzione il percorso del paziente oncologico investendo sia in professionalità dedicate, nell’ambito di un approccio integrato e multidisciplinare, sia mettendo a disposizione le migliori tecnologie con importanti investimenti. Ricordiamo, ad esempio, la Radioterapia con 3 Acceleratori Lineari e un sistema di Radiochirugia per le metastasi cerebrali, utilizzato proprio dal “Sacro Cuore Don Calabria” per la prima volta nel mondo; una Medicina Nucleare con due PET-TAC (l’unica nel Veneto) e un Servizio di Terapia Radiometabolica; una Radiologia dotata di apparecchiature di ultima generazione; un Laboratorio di Biologia Molecolare, una chirurgia oncologica all’avanguardia che utilizza il Robot Da Vinci Xi. Il paziente oncologico trova all’interno del perimetro dell’ospedale tutte le specialità per la diagnosi e la cura delle neoplasie fino alla riabilitazione oncologica e alle cure palliative. Agli investimenti tecnologici si sta aggiungendo lo sviluppo nella ricerca testimoniato dal numero crescente di pubblicazioni scientifiche su importanti riviste internazionali. Come ci ha trasmesso il nostro fondatore, la nostra mission è servire il paziente. Oggi possiamo farlo grazie alla ricerca e alla tecnologia. Ma il nostro fine di cura resta la persona ammalata, con le sue fragilità che la mancanza di salute comporta“.

 

Ogni giorno nel nostro territorio sono stimate circa 87 nuove diagnosi di cancro – è intervenuta Stefania Gori, presidente nazionale AIOM e Direttore del Dipartimento Oncologico dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria -. Da un lato, il progressivo invecchiamento della popolazione determina un inevitabile aumento dei nuovi casi. Dall’altro, il cancro rappresenta la patologia cronica su cui le campagne di prevenzione mostrano i maggiori benefici. Ma serve più impegno in questa direzione. Preoccupa in particolare in Veneto il notevole aumento, pari al 43%, delle diagnosi di tumore del polmone fra le donne, passate da 871 casi ogni anno nel periodo 2008-2010 a 1.250 nel 2017. Il vizio del fumo è sempre più femminilee le conseguenze negative sono evidenti, come dimostrano i numeri”. E’ fondamentale pertanto la prevenzione primaria e secondaria (ambito in cui la spesa sanitaria in Italia è ancora bassa) “per ridurre il numero di nuovi casi di tumore e avere così più risorse disponibili per curare, che potrebbero essere utilizzate per migliorare l’accesso di tutti i pazienti alle terapie innovative – continua la presidente AIOM -. Oggi infatti ad armi efficaci come la chemioterapia, la radioterapia e la chirurgia si sono aggiunte le terapie mirate e l’immunoterapia, permettendo di migliorare la sopravvivenza e garantendo una buona qualità di vita”.

 

“Un tumore cambia la vita delle persone, ma è fondamentale sapere che oggi, grazie alla diagnosi precoce e ad armi sempre più efficaci, circa il 60% dei pazienti italiani sconfigge la malattia – ha affermato Fabrizio Nicolis, presidente di Fondazione AIOM –L’Italia, infatti, si colloca nei primi posti in Europa come percentuali di persone sopravviventi a 5 anni dalla diagnosi nelle varie patologie neoplastiche”. La prima forma di prevenzione è uno stile di vita sano, perché non dimentichiamo infatti “che il 40% dei tumori potrebbe essere evitato abolendo il fumo, l’alcol, l’obesità e la sedentarietà. Queste semplici regole possono essere riassunte in un numero: 30.5.0.1, ad indicare 30 minuti di attività fisica quotidiana, 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, 0 fumo, 1 bicchiere di vino a pasto. Il Veneto – ha concluso il dottor Nicolis – si colloca tra le migliori Regioni italiane per gli stili di vita, con uno spazio di miglioramento comunque per il consumo di alcol: risulta infatti che in Veneto il consumo sia superiore alla media nazionale (63,8% vs 55,1%, dati PASSI-Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia)”.

 

 

Si stima che nella Regione vivano più di 277.000 cittadini dopo la diagnosi di tumore, una cifra in costante crescita. Oltre alle nuove terapie, anche gli screening svolgono un ruolo fondamentale nel miglioramento dei tassi di guarigione. “Rispetto ai Registri Tumori Regionali, quello del Veneto è il primo con 4 milioni 700 mila persone di copertura, seguito da Friuli Venezia Giulia (1 milione 219 mila), Umbria (890 mila), Basilicata (580 mila) e Valle d’Aosta (131 mila) – ha afferma Lucia Mangone, presidente AIRTUM (Associazione italiana dei registri tumori) – Due fra le neoplasie più frequenti, quelle del colon-retto e della mammella, risentono fortemente dell’efficacia dei programmi di screening. L’andamento dell’incidenza del tumore del colon-retto dipende dell’introduzione dello screening nella popolazione di età 50-69 anni (avviato nelle ASL in anni diversi, tra il 2002 e il 2009), che comporta in una prima fase un aumento del numero dei casi, dovuto all’anticipo diagnostico di neoplasie che altrimenti sarebbero comparse successivamente. L’incidenza del cancro della mammella, dopo la crescita registrata negli anni ’90, si è stabilizzata a partire dal 2002, momento in cui si è esaurito l’incremento diagnostico associato all’introduzione dei programmi di screening mammografico, che in Veneto sono stati avviati a partire dal 1998“.

 

Ha chiuso l’incontro l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto“In Veneto non esiste un tetto alla spesa oncologica – ha spiegato Luca Coletto, assessore alla Sanità della Regione Veneto e Presidente Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) -. È una scelta che rivendichiamo con orgoglio e che ci permette di rendere disponibili i farmaci anticancro innovativi a tutti i pazienti. La lotta ai tumori nel nostro territorio raggiunge i livelli più alti a livello nazionale. Da molti anni si parla di Reti Oncologiche Regionali, ma solo poche Regioni, tra cui il Veneto, hanno intrapreso un reale percorso di attivazione. La Rete Oncologica Veneta (ROV) permette a tutte le Oncologie della Regione di lavorare insieme in un unico team che assicura a tutte le persone colpite da tumore la stessa qualità di prestazioni, diagnosi e cura. In caso di necessità, il paziente viene indirizzato al centro più adatto in base alla specifica neoplasia. Nella Regione inoltre sono attive le Breast Unit per le donne colpite da cancro al seno. E, dei 47 Registri Tumori operativi in Italia, quello del Veneto è il più grande: ad oggi, è riuscito a censire e studiare il 96% dell’intera popolazione del territorio (la media nazionale si ferma al 62%)”.

In Veneto nel 2014 (ISTAT, ultimo anno disponibile) sono stati 13.974 i decessi attribuibili a tumore. Nella Regione la neoplasia che ha fatto registrare il maggior numero di decessi è quella del polmone (2.512), seguita da colon retto (1.352), pancreas (1.089), seno (991) e fegato (801).

In allegato alcune schede con i dati principali

I numeri del cancro nel Veneto


Il difficile accesso ai farmaci per le malattie tropicali in Italia

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Crescono i casi di patologie d’importazione nel nostro Paese, ma i farmaci per curarle devono essere richiesti all’estero per ogni paziente. Un congresso a Verona dove si confronteranno gli specialisti e le istituzioni per trovare possibili soluzioni

Sono 17 le malattie che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato come neglette. Rientrano nello stesso elenco non tanto perché sono clinicamente simili, ma perché godono di “scarso interesse”. Da parte dei ricercatori, delle autorità politiche e sanitarie competenti, di chi sovvenziona la ricerca e l’innovazione.

 

 

Crescono i casi di Malattie Tropicali

Sono patologie che gravitano nel Sud del mondo o meglio gravitavano solo nel Sud del mondo, perché con l’incremento dei viaggi internazionali e l’intensificarsi del fenomeno migratorio, si moltiplicano anche in Occidente i casi di patologie d’importazione. E l’Italia non fa eccezione.

 

Ma in Italia non ci sono i farmaci

Eppure, nonostante il quadro epidemiologico nel nostro Paese sia fortemente cambiato, in Italia (ma la situazione è simile anche in altri Paesi europei), i farmaci per la cura di queste patologie non godono dell’autorizzazione per l’immissione in commercio. Si tratta di farmaci dichiarati “essenziali” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ma non fanno parte dei farmaci che nel prontuario nazionale sono a disposizione dei cittadiniIl che significa che per curare un paziente è necessario importare il farmaco dall’estero. La normativa lo permette, ma l’iter non è semplice e la tempistica non è di certo breve. Così a cimentarsi sono i più importanti centri di Malattie Tropicali o Infettive, per i piccoli ospedali è molto più complicato.

 

Gli specialisti in un congresso a Verona

L’accesso ai farmaci essenziali per le malattie tropicali in Italia, è il tema sul quale i maggiori specialisti di Medicina Tropicale si confronteranno a Verona con le istituzioni sanitarie in un convegno promosso dal Centro per le Malattie Tropicali dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretto dal professor Zeno Bisoffi. L’appuntamento è per lunedì 27 e martedì 28 novembre(vedi programma in allegato).

Le proposte alle istituzioni del farmaco

Ci rivolgiamo al ministero della Salute, all’Istituto Superiore della Sanità, all’AIFA e ai Servizi di Assistenza Farmaceutica Regionali, che sono stati invitati al convegno, avanzando delle possibili soluzioni – afferma il professor Bisoffi -. La soluzione migliore rimane l’autorizzazione dell’immissione in commercio di questi farmaci. Poiché oggi la richiesta può essere fatta solo dall’Azienda produttrice, chiediamo venga resa possibile anche al singolo medico o ad altre istituzioni sanitarie. In alternativa siano autorizzati alcuni Centri per l’approvvigionamento, la detenzione e la distribuzione dei farmaci. Oppure, infine, il tutto sia affidato all’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze“.

Ivermectina, “wonder drug”

Il titolo della due giorni veronese è emblematico:” Invermectin days”, dal nome del farmaco che due anni fa valse il Nobel della Medicina all’irlandese Campbell e al giapponese Omura, ma che in Italia non è registrato, nonostante sia indicato per molte malattie, tanto da essere definito “wonder drug”.

La strongiloidosi, endemica in Italia

Tra queste la strongiloidosi diffusa in area tropicale, ma endemica anche in Italia. E’ dovuta a un parassita presente nei terreni agricoli prima che fosse proibito concimarli con feci umane. Si stima che solo nelle regioni del Nord siano migliaia i casi presenti nella popolazione anziana nata dopo la seconda guerra mondiale e che era solita camminare a piedi scalzi nell’infanzia. A questi si sommano i casi dei giovani migranti che arrivano in Italia. La strongiloidosi può essere asintomatica o presentare sintomi banali, come il prurito, ma quando per qualsiasi motivo le difese immunitarie vengono compromesse favorendo la proliferazione del parassita, la malattia, se non viene trattata correttamente, è quasi sempre mortale.

La scabbia, basterebbe una pillola…

L’Ivermectina è efficace anche contro la scabbia: è sufficiente una sola dose, ripetuta sue volte per debellare la banale, ma contagiosa infestazione della pelle. Attualmente vengono usate delle lozioni cutanee, di difficile gestione in ambienti come i centri di accoglienza dei migranti, dove la scabbia, per questioni igieniche, è particolarmente diffusa.

La schistosomiasi, 80 casi all’anno a Negrar

Ma il problema non riguarda solo l’Ivermectina. Non è registrato in Italia il Praziquantel per la cura della schistosomiasi, patologia di cui al mondo soffrono 240 milioni di persone. Da essa non è indenne nemmeno il viaggiatore che incautamente si bagna in fiumi o in laghi nelle regioni tropicali. In queste acque vive un parassita che una volta penetrato nel corpo del malcapitato continua a liberare uova che vengono espulse con le feci e con le urine, irritando gravemente gli organi interessati. Il Centro di Negrar negli ultimi sette anni ha seguito circa 500 casi di schistosomiasi, un’ottantina all’anno. “Solo il 10% sviluppa complicanze molto gravi – afferma il dottor Andrea Angheben della segreteria scientifica del convegno – Ma si tratta nella forma complicata, di ragazzi anche giovanissimi che si ritrovano con un cancro alla vescica o con un quadro simile alla cirrosi epatica. Malattie altamente invalidanti e costose per il sistema sanitario nazionale“.

L’Artesunato più efficace del Chinino per la malaria grave

Capitolo a parte gode l’Artesunato. Non interessa una malattia negletta, ma è il farmaco per eccellenza della malaria grave, quando cioè vi è un coinvolgimento cerebrale o un alto livello di parassitosi. L’Artesunato rispetto al Chinino abbatte il rischio di mortalità del 20% come dimostrano diversi studi di efficacia. Eppure non solo non è registrato in Italia, ma anche in altri Paesi europei in quanto l’Artesunato, prodotto solo in Cina, non riporta la certificazione di Good Manufacturing Practice (GMP) che attesta l’avvenuta produzione secondo determinati criteri vigenti a livello internazionale. Questo induce molti medici a non utilizzarlo, per non esporre il paziente ad eventuali rischi, esclusi tuttavia dalla letteratura medica. Alla malaria sarà dedicata un’intera sessione del congresso anche alla luce dei recenti casi.

“La normativa che consente l’importazione dall’estero – specifica Bisoffi – non risponde alla domanda in termini disponibilità, tempestività e diffusione del farmaco. Infatti il farmaco può essere richiesto unicamente per ogni singolo paziente sotto assunzione di responsabilità da parte del medico e a totale carico dell’ospedale richiedente. Un iter a cui si sottopongono i centri più importanti che vedono centinaia di casi all’anno di queste patologie. Ma è molto complicato per un piccolo ospedale. Inoltre là dove non è disponibile il farmaco, c’è poca sensibilità per la malattia e molti casi non vengono riconosciuti”.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Il presidente Zaia posa la prima pietra del "nuovo" ospedale

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In occasione della Festa di Don Calabria, hanno preso il via ufficialmente i lavori di riqualificazione dell’ospedale. Zaia: “Grazie Negrar, perché con i vostri investimenti in tecnologia e professionalità siete un’eccellenza della Sanità veneta”

Con la posa della prima pietra da parte del presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, sono iniziati ufficialmente i lavori del grande progetto di riqualificazione strutturale dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, che avranno la durata di cinque anni (vedi video con le interviste e le immagini della giornata).

La cerimonia si è tenuta questa mattinain occasione della Festa del Santo fondatore dell’ospedale, nell’area- tra il “Don Calabria” e Casa Nogarè – dove è già ben visibile il grande scavo per la realizzazione dell’ingresso generale del nosocomio.

Il Presidente Zaia, l’assessore alla Sanità veneta, Luca Coletto, e i vertici del nosocomio hanno firmato una pergamena-ricordo dell’evento che è stata inserita nella prima pietra della nuova palazzina, benedetta poi da padre Migue Tofful, superiore generale dell’Opera Don Calabria.

“I biografi ci raccontano – ha detto fratel Gedovar Nazzari, presidente dell’ospedale – che don Calabria, affacciandosi a uno dei balconi del primissimo nucleo della struttura e abbracciando con lo sguardo una distesa di campi, disse: “Diventerà una cosa grande”. Fu una profezia che si è avverata nel corso degli anni. Oggi l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria è il quinto ospedale del Veneto, un polo oncologico e un Centro di riferimento a livello nazionale per molte patologie. Vi lavorano più di 2mila collaboratoriUn risultato reso possibile con notevoli investimenti in innovazioni scientifiche e tecnologiche. E per merito di tutti i collaboratori, nessuno escluso, che negli anni hanno investito qui la loro professionalità e il loro impegno. Ma anche un risultato raggiunto grazie alla condivisione di progetti e obiettivi con tutte le istituzioni, in primo luogo con la Regione. Il progetto di riqualificazione dell’ospedale – ha sottolineato – ha l’intendo di adeguare la struttura a questo straordinario sviluppo. Considerare il malato il nostro unico padrone dopo Dio, come ci ha insegnato Don Calabria, significa anche offrirgli un ambiente moderno e funzionale. E più bello, perché anche la bellezza può contribuire ad alleggerire il fardello della malattia”.

“Credo che in questo presidio l’umanizzazione sia una filosofia aziendale – ha affermato il presidente Zaia – Umanizzare le cure è importante, ma, poiché l’ospedale non è un albergo, è necessario investire in professionalità e tecnologia, come ha sempre fatto Negrar. Per questo vi ringrazio, anche perché così operando siete un argine contro la migrazione sanitaria. Non riesco a comprendere il motivo per cui un veneto dovrebbe andare a curarsi fuori regione o all’estero: la nostra Sanità è di altissimo livello avendo puntato sulle specializzazioni. Al “Sacro Cuore-Don Calabria”, per esempio, ci sono eccellenze come il Centro per le Malattie Tropicali e un Dipartimento Oncologico che in radioterapia può avvalersi di un trattamento per le metastasi cerebrali che solo tre Centri in Europa hanno“.

Il Governatore ha poi chiuso ringraziando ancora Negrar “perché è sempre stato parte integrante della comunità sanitaria e scientifica del Veneto, ha sempre saputo fare rete, un grande pregio rispetto ad altri ospedali a gestione privata”.

Nello specifico della riqualificazione dell’ospedale, è intervenuto a margine della cerimonia, l’amministratore delegato, Mario Piccinini: “Questa è una giornata storica perché abbiamo posato la prima pietra di un grande progetto che cambierà l’immagine dell’ospedale. Iniziamo dalla palazzina, ingresso generale dell’intero presidio, ma poi proseguiremo con l’ampliamento del Pronto Soccorso, una nuova collocazione dell’Oncologia, un Centro di Ricerca per le Malattie Tropicali, un Centro Congressi e un giardino pensile... Il nostro intento è quello di adeguare la struttura allo sviluppo esponenziale dal punto di vista tecnologico e professionale che l’ospedale ha avuto negli ultimi decenni. Con un occhio attento sempre a coloro che si rivolgono a noi, a cui vogliamo offrire un ospedale bello e funzionale, accessibile in tutti i suoi ambiti da percorsi coperti e facilmente raggiungibili da un unico ingresso” (vedi approfondimento sul progetto).

Dopo la posa della prima pietra, al presidente Zaia sono state mostrate le due ultime acquisizioni tecnologiche dell’ospedale. Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica e professore associato all’Università di Brescia, ha illustrato HyperArc, un innovativo sistema per il trattamento radiochirurgico delle metastasi cerebrali multiple in una sola seduta. Mentre il dottor Giovanni Carbognin, direttore della Diagnostica per immagini, ha sottolineato le applicazioni della la nuova TAC a doppia energia, particolarmente indicata per lo studio del sistema cardiovascolare: grazie alla velocità di acquisizione delle immagini riesce a fotografare un solo battito del cuore.

In Photo Galley il foto-racconto dell’evento


Festa di Don Calabria con la posa della prima pietra del "nuovo" Ospedale

Il 4 ottobre, in occasione della Festa del Santo fondatore dell’Ospedale, il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, poserà la prima pietra del grande progetto di riqualificazione strutturale del “Sacro Cuore Don Calabria”

La migliore accoglienza del paziente è al centro della Festa di Don Calabria, che il 4 ottobre vedrà il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, posare la prima pietra del progetto di riqualificazione dell’ospedale di Negrar.

La riorganizzazione complessiva, migliorando l’accesso a tutti i Servizi, ha l’obiettivo di adeguare la struttura all’esponenziale sviluppo medico-scientifico e tecnologico che il nosocomio ha avuto negli ultimi decenni.

Il primo step dei lavori, che coinvolgeranno la Cittadella della Carità per cinque anni, sarà la realizzazione della palazzina d’ingresso dell’Ospedale di cui il Presidente Zaia poserà la prima pietra.

La cerimonia avrà inizio alle 11 davanti a Casa Nogarè. Il Casante, padre Miguel Tofful, impartirà la benedizione.

Successivamente il Presidente Zaia visiterà le nuove acquisizioni tecnologiche dell’ospedale. In particolare l’innovativo sistema di radiochirurgia per il trattamento delle metastasi cerebrali multiple in una sola seduta (HyperArc) e la nuova TAC a doppia energia, il modello di ultima generazioni della Tomografia Computerizzata, particolarmente indicata per le indagini cardiovascolari.

La cerimonia della posa della prima pietra sarà preceduta dalla Messa presieduta da padre Tofful nella cappella dell’Ospedale Don Calabria. (ore 10)