TropNet, il network che comprende 75 Centri europei, è coordinato dal 1° aprile dal professor Zeno Bisoffi. Il tema della due giorni è la schistosomiasi, una patologia tropicale che interessa tutti i viaggiatori

 

Giovedì 9 e venerdì 10 maggio l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico per le malattie infettive e tropicali, ospiterà l’incontro di TropNet, il network europeo di cui fanno parte 75 Centri di Malattie infettive e tropicali e/o di medicina dei viaggi. Dal 1° aprile il coordinamento del network è stato affidato al professor Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e di microbiologia, coadiuvato dai dottori Andrea Angheben e Federico Gobbi, sempre dell’Ospedale di Negrar.

TropNet il network dei Centri europei di Medicina Tropicale sotto la guida di Negrar

Il fine principale di TropNet è quello di costituire una piattaforma di ricerca e di sorveglianza delle patologie d’importazione, di creare protocolli standardizzati per la gestione dei pazienti con tali patologie e di favorire la formazione in medicina tropicale e in medicina dei viaggi a livello europeo.

La schistosomiasi, la patologia tropicale negletta ma non rara

In occasione dell’incontro di Negrar, i maggiori esperti europei in malattie tropicali faranno il punto sulla schistosomiasi, una delle patologie “neglette” su cui il Dipartimento diretto dal professor Bisoffi ha concentrato maggiormente negli ultimi anni la ricerca epidemiologica, fisiopatologica e diagnostica con pubblicazioni su Lancet e Eurosurveillance (programma in allegato). In otto anni sono stati diagnosticati più di 800 casi, una delle casistiche più alte in Europa.

 

Non è la patologia dei migranti, interessa anche i turisti

La schistosomiasi è una malattia infettiva, non contagiosa, endemica in particolare nei Paesi dell’Africa Subsahariana, ma presente pure in alcune zone dell’Asia e del Sud America. Tuttavia non è una patologia esclusivamente dei migranti. Ma interessa anche i turisti ed gli espatriati che si immergono in fiumi o laghi contaminati dalla presenza dello schistosoma, il parassita responsabile dell’infezione. Inoltre nel dal 2012 al 2016 si sono verificati casi di schistosomiasi anche in Corsica, in persone che si erano bagnate nel fiume Cavu.

 

Il contagio avviene immergendosi in fiumi e laghi subsahariani ma non solo

“Il serbatoio del parassita è l’uomo – spiega il dottor Gobbi, responsabile scientifico dell’incontro di Negrar – che con l’urina o le feci deposita le uova di schistosoma in acque dolci dove sono presenti dei molluschi gasteropodi (delle piccole conchiglie) necessari per completare il ciclo vitale del parassita. L’infezione avviene con la penetrazione dello schistosoma attraverso la cute integra. Non esistono né profilassi né vaccino, l’unica prevenzione possibile è di non immergersi in acque dolci in zone tropicali”. Tuttavia sulla schistosomiasi ci sono ancora degli aspetti non completamente definiti, su cui si discuterà nell’incontro del “Sacro Cuore Don Calabria”. “Per esempio permangono diverse aree grigie sulla fisiopatogenesi delle lesioni polmonari durante la fase acuta, sulla classificazione della schistosomiaisi (certa, probabile, possibile) sulla durata del trattamento e sulla standardizzazione del follow-up”.

 

Se non viene curata può comportare complicanze gravi

Inoltre è aperto un dibattito scientifico sulla definizione di patologia acuta e cronica. Attualmente viene considerata acuta se entro 90 giorni vengono sviluppati sintomi come tosse, febbre ed eosinofilia (cioè aumento dei globuli bianchi eosinofili). Dopo i 90 giorni viene definita cronica. “Fondamentale è che venga riconosciuta (spesso è asintomatica) e curata – sottolinea -. Nel caso contrario si può andare incontro a complicazioni, anche molto gravi, a danno dell’apparato uro-genitale e gastroenterico”. La terapia di 1-3 giorni con pranziquantel è necessaria per non incorrere in patologie importanti e potenzialmente mortali come il carcinoma della vescica o l’idronefrosi (una condizione patologica causata da un accumulo di urina nel rene, ndr) oppure come una forma di fibrosi epatica simile alla cirrosi, ma reversibile, che può portare a epatosplenomegalia e a varici esofagee. Purtroppo il pranziquantel è tra i farmaci non registrati in Italia che devono essere importati dall’estero con procedure complesse e onerose, sostenibili solo da grandi centri di malattie tropicali, come quello di Negrar.

 

Ecco come viene diagnosticate

Come avviene la diagnosi? ” Il gold standard diagnostico è la ricerca delle uova del parassita nelle urine e nelle feci – risponde Gobbi -. Un risultato negativo però non significa assenza di infezione, in quanto le uova possono essere così poche da rendere difficile la rilevazione al microscopio. In questi casi diventano fondamentali l’esame sierologico, per trovare gli anticorpi nel sangue del paziente e la ricerca di antigeni nel sangue o nelle urine”.

 

L’importanza e i vantaggi dello screening sui migranti

Se da un lato mancano gli studi a livello europeo che definiscano esattamente lo standard diagnostico, dall’altra le nuove linee guida del ministero della Salute italiano hanno introdotto tra gli screening indicati per i migranti anche quello per la schistosomiasi. “I benefici dello screening sono superiori ai costi – prosegue il medico -. Il pranziquantel può scongiurare complicanze pesanti per il paziente che hanno anche una ricaduta sul Sistema sanitario in quanto si tratta di patologie complesse che richiedono trattamenti costosi”. Lo screening sui migranti per la schistosomiasi viene effettato da anni a Negrar su tutti i pazienti provenienti dall’Africa Subsahariana. Questo ha reso possibile la pubblicazione nel 2018 su Eurosurveillance di un studio di prevalenza in collaborazione con l’Ulss 9 Scaligera e il Cesaim (Centro salute immigrati) che ha riguardato oltre 300 migranti. Dalla ricerca è emerso che il 21% dei migranti era affetto da schistosomiasi con punte del 70% in quelli provenienti dal Mali.

elena.zuppini@sacrocuore.it