Lo stress a cui sono sottoposti gli operatori sanitari in questo periodo di emergenza può avere dei risvolti importanti sulla salute psicologica. Ecco perché è bene dedicare uno spazio al recupero della mente oltre che al ristoro del proprio corpo

Sono medici, infermieri, tecnici, operatori socio-sanitari. Persone che, come tutti noi, stanno vivendo un’emergenza senza precedenti. Con la sola differenza che a noi viene chiesto di stare a casa (seppur gravati da mille preoccupazioni), a loro di andare in prima linea a combattere il nemico. E in prima linea lo sono da più di un mese, immersi in qualcosa che nessuno prevedeva di tali dimensioni. A contatto ogni giorno con la paura dei malati e con la morte. In continua battaglia contro il tempo, con la necessità di mantenere la lucidità mentale, sebbene la fatica fisica si faccia sentire e la preoccupazione di essere un veicolo di contagio per la propria famiglia sia sempre presente. “Lei ha paura? – chiedeva giorni fa un giornalista al dottor Massimo Zamperini, direttore della Terapia Intensiva.  “Non ho paura per me. Ho paura per la mia famiglia. Ho tre bambini di 11, 9 e 7 anni. Vivo ormai da settimane in isolamento nella mia casa e quando li vedo sto a distanza di sicurezza… Ma quanta fatica non poterli abbracciare!”.

Per essere vicino gli operatori del “Sacro Cuore Don Calabria”, il Servizio di Psicologia Clinica, di cui è responsabile il dottor Giuseppe Deledda, ha attivato uno sportello di supporto psicologico rivolto a tutti i dipendenti impegnati nella cura dei pazienti. L’équipe è disponibile allo 045.6013048 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15. In alternativa è stata data la possibilità anche di scrivere all’indirizzo psiocologia@sacrocuore.it.

Dottor Deledda, come sta proseguendo questa iniziativa?

“Nei giorni successivi alla comunicazione abbiamo avuto molte richieste di colloqui, poi la cosa è andata scemando”

Perché secondo lei?

Spesso coloro che svolgono professioni di aiuto, come i sanitari, fanno più fatica a chiedere aiuto per loro stessi. In un’emergenza come questa, a ciò si unisce anche la sensazione di sprecare il proprio tempo e le proprie energie inutilmente. E quindi spesso si dà priorità al recupero fisico, a discapito di quello mentale. Invece l’attenzione all’equilibrio psico-fisico è fondamentale in momenti a protratto ed elevato impatto emotivo. Col passare del tempo si può essere investiti da a crisi legate ad un effetto paragonabile a quello che un peso può avere su un materiale, in genere su un metallo. Dopo aver opposto per un certo tempo la propria resistenza allo stress, può piegarsi all’improvviso.

E’ possibile fare fronte a questo stress?

L’essere umano può trovare strategie per gestire il peso che sta affrontando, a volte individuando i fattori di rischio, altre volte alleggerendo il peso, elaborandone e trasformandone i contenuti. Lo psicologo può dare il proprio contributo  promuovendo uno spazio di mentalizzazione che possa rafforzare la persona (ad un livello più profondo, l’Io), permettendole di recuperare le risorse e le energie, sempre presenti in ognuno di noi, per poter affrontare situazioni di forte crisi, come quella che stiamo attualmente vivendo. Quindi è molto importante far comprendere che il tempo speso oggi per fermarsi pochi minuti individualmente o in piccoli gruppi, è un investimento per il dopo emergenza. Il “dopo” può far emergere problematiche anche importanti legate al post traumatico da stress, una patologia molto pesante e che, se sviluppata, ha ripercussioni in molte sfere della vita, a partire da quella personale.

Questo vale anche per i pazienti?

Sicuramente. La nostra attenzione è costantemente rivolta a loro anche attraverso l’ausilio della tecnologia, che fortunatamente oggi ci viene in aiuto per abbattere le barriere e per cercare di diminuire l’isolamento imposto a tutela della salute collettiva.

Molti pazienti in queste settimane hanno richiesto un supporto psicologico per poter affrontare situazioni emotivamente impegnative, tra le quali, ad esempio, una diagnosi oncologica recente. Ma ci sono anche coloro che stanno effettuando trattamenti medici complessi. Sono realtà che possono sfociare in problematiche di tipo psicologico (ansia, depressione…) accentuate dall’isolamento indotto dalle attenzioni dei propri familiari. L’essere umano ha fortemente bisogno della relazione con l’altro, da cui ne trae amore, crescita, giovamento e benessere: quando ci sentiamo tristi, insicuri, in ansia, sperduti, possiamo trovare ristoro nella vicinanza e nell’affetto delle persone che ci stanno vicino.

Il Covid suscita timore in ciascuno di noi per il rischio di contagio. Nelle persone che sono state contagiate questo timore si moltiplica per la paura di sviluppare le complicanze. Come si affronta la paura?

E’ fondamentale favorire una corretta comunicazione su come gestire la paura, senza che questa conduca ad azioni indiscriminate o lesive. La paura coinvolge tutti. E’ un’emozione utile per riconoscere che c’è realmente un pericolo. Non è opportuno minimizzare la paura perché questo porterebbe ad una sottovalutazione del rischio con ricadute molto dannose sul singolo e sulla collettività.  Ma è bene riconoscerla per darle il giusto peso e per muoversi con azioni coerenti con i nostri valori più importanti, tra i quali in primis la vita e le nostre relazioni più care.

elena.zuppini@sacrocuore.it

Un aiuto per gestire la paura può arrivare dal “Vademecum psicologico Coronavirus”, l’agile opuscolo che troverete allegato a questo articolo. E’ stato redatto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Psicologi “perché le paure non diventino panico e come proteggersi con comportamenti adeguati, con pensieri corretti ed emozioni forzate”

Coronavirus: vademecum psicologico