In occasione della Giornata nazionale sulla salute delle donne, che si celebra il 22 aprile, parliamo con la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento di Oncologia, sull’importanza di conoscere il tumore ovarico e sulle novità terapeutiche che oggi disponiamo grazie alla ricerca

Da sei anni l’Italia dedica la Giornata del 22 aprile alla salute delle donne, istituita l’11 giugno del 2015 da una Direttiva del Consiglio dei Ministri e promossa dal ministero della Salute e dalla Fondazione Atena Onlus. Giornata che negli ultimi due anni ha assunto un ulteriore significato in un contesto in cui a causa dell’epidemia da Covid 19 molte donne, solitamente più attente alla prevenzione degli uomini, hanno trascurato di sottoporsi agli screening femminili (contro il tumore al seno e alla cervice uterina) e ai controlli periodici per neoplasie che coinvolgono entrambi i sessi, come il cancro al colon.

Se per questi tumori la mammografia, il pap test e la ricerca del sangue occulto nelle feci possono salvare la vita perché permettono la diagnosi delle neoplasie in fase precoce, per il tumore ovarico, uno dei più aggressivi nell’ambito femminile, non è possibile fare prevenzione. In Italia ogni anno oltre 5mila donne ricevono una diagnosi di tumore ovarico; nell’80% dei casi avviene quando la malattia è in uno stadio avanzato, in quanto nella fase di esordio questo tumore non si manifesta con sintomi specifici.

“Ma la bella notizia è che oggi il tumorStefania Gori, direttore Oncologia Madica Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrare ovarico, grazie alla ricerca, fa meno paura”, afferma la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento di  Oncologia. Sotto la sua presidenza la Fondazione AIOM ha lanciato la campagna “Tumore ovarico: teniamoci informate”: un programma di attività di informazione online e di eventi sul territorio, con l’attrice Claudia Gerini come testimonial, per sottolineare quanto sia importante per le donne essere informate relativamente al tumore ovarico. (https://www.manteniamociinformate.it)

“Informate sui sintomi, ma anche sulle nuove opportunità terapeutiche di mantenimento, a cui possono accedere tutte le pazienti con tumore ovarico, con e senza mutazione BRCA”, sottolinea la dottoressa Gori.

Quali sono i sintomi del tumore ovarico?

Purtroppo il nodo è proprio questo: nelle fasi iniziali il tumore ovarico può essere silente o manifestarsi con sintomi comuni ad altre patologie meno gravi. Tuttavia la frequenza e la combinazione di alcuni segnali, specie se si manifestano per periodi prolungati, possono rappresentare un campanello d’allarme che dovrebbe suggerire di rivolgersi al medico. I sintomi più comuni sono il gonfiore addominale persistente, la necessità di urinare spesso, fitte addominali. A questi, più raramente, possono subentrare inappetenza, senso di immediata sazietà̀, perdite ematiche vaginali in menopausa e variazioni delle abitudini intestinali.

A quale età viene diagnosticato?

Nella maggioranza delle donne dopo la menopausa, tra i 50 e i 69 anni. Ma nelle forme associate a una predisposizione genetica (mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2) o familiare hanno un’insorgenza più precoce e possono colpire le donne già a 40 anni o anche prima.

Quali sono le novità più importanti in campo terapeutico?

Finalmente, in questi ultimi anni la ricerca ha prodotto risultati importanti nel carcinoma ovarico. Oggi sappiamo che un quarto delle pazienti sono portatrici di mutazioni BRCA1 e/o BRCA2, con implicazioni terapeutiche e familiari importantissime. E sappiamo che una terapia di mantenimento con farmaci orali, gli inibitori di PARP, determina lunghe sopravvivenze nelle pazienti mutate e anche nelle pazienti non mutate, le quali rappresentano la maggior parte delle donne affette da carcinoma ovarico (75%).

Come si può conoscere se una donna è portatrice di mutazioni genetiche che aumentano il rischio di contrarre il carcinoma ovarico?

E’ la storia familiare a dare delle indicazioni. Se in famiglia esistono più casi di tumore al seno o all’ovaio in età molto giovane, la donna può essere portatrice di mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 o di altre mutazioni genetiche che favoriscono l’insorgenza di queste neoplasie. Naturalmente è un test genetico a stabilirlo. E mi preme sottolineare che la presenza di una mutazione non significa automaticamente ereditare o avere un tumore, ma avere un più alto rischio di contrarre la malattia. Tuttavia è fondamentale sapere la presenza o meno di queste mutazioni al fine di agire in fase di prevenzione con controlli ravvicinati e in caso di diagnosi di scegliere fin da subito le terapie più efficaci,