Le nuove frontiere dell’Oncologia: a Verona il meeting dell’AIOM dove saranno presentati i progressi nella cura dei tumori emersi dal più importante congresso mondiale di Oncologia che si è svolto a Chicago
Sono più di 100 i centri certificati nel nostro Paese accreditati per l’esecuzione dei test molecolari – tra cui l’Anatomia Patologica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Si tratta di esami che permettono di individuare in anticipo la cura adatta a ogni paziente colpito da tumore. I test molecolari oggi sono utilizzati nelle tre neoplasie più frequenti, quelle della mammella (52.800 nuovi casi in Italia nel 2018), del colon-retto (51.300) e del polmone (41.500), oltre che nel melanoma (13.300) e nel tumore dello stomaco (12.700).
Alle nuove frontiere nella lotta al cancro è dedicato il convegno nazionale organizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica “2019 AIOM review: from Chicago to Verona”, che si tiene a Verona il 14 e il 15 giugno ed è rivolto ad oltre 500 oncologi che arrivano da tutta Italia (vedi programma).
Oncologia di precisione: l’Italia al top
“L’oncologia di precisione è stata al centro del più importante congresso mondiale di oncologia medica (ASCO, American Society of Clinical Oncology), che si è svolto recentemente a Chicago con un titolo significativo: ‘Caring for every patient, learning from every patient’ (Curare ogni paziente, imparare da ogni paziente) – spiega Stefania Gori, presidente nazionale AIOM e Direttore dipartimento oncologico, dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria –. AIOM ha costruito, in collaborazione con altre società scientifiche, un programma di verifica della qualità dei laboratori che eseguono test di patologia molecolare in linea con gli standard europei. I controlli di qualità sono infatti realizzati utilizzando criteri organizzativi e di valutazione concordati con altre società scientifiche europee. I risultati hanno mostrato che i laboratori italiani eseguono test molecolari con un ottimo livello di qualità, come testimoniato dalla elevata percentuale di laboratori che superano i controlli”.
Ottimi risultati per il tumore mammario metastatico
Nel 2018 nel nostro Paese sono stati stimati 373.300 nuovi casi di tumore: quello della mammella è diventato il più frequente, e anche in Veneto si colloca in prima posizione (4.750 nel 2018). “Il 20% delle diagnosi di carcinoma mammario riguarda pazienti under 50, spesso molto attive sia in famiglia che nella professione. Nelle pazienti con forma metastatica di carcinoma mammario recettori ormonali positivi e HER2-negativo già abbiamo a disposizione dei farmaci, gli inibitori delle cicline, che associati a ormonoterapia, determinano una lunga sopravvivenza libera da progressione – sottolinea la presidente Gori -. A Chicago sono stati presentati i risultati dello studio MONALEESA-7, dal quale è emerso che il 70% di donne vive a tre anni con questa associazione rispetto al solo 46% con la sola terapia ormonale: sono risultati molto importanti in termini di sopravvivenza globale”.
Accesso ai big data da parte degli oncologici
“L’obiettivo dell’oncologia di precisione è colpire il tumore agendo sul suo tallone d’Achille, cioè sulla mutazione genetica che ne è all’origine – spiega Pierfranco Conte, coordinatore della Rete Oncologica Veneta e direttore della Divisione di Oncologia medica 2 all’Istituto Oncologico Veneto -. Per questo, come evidenziato dalla presidente ASCO Monica Bertagnolli, è necessario aprire l’oncologia ai big data, alla grande mole di informazioni che provengono anche dai pazienti del ‘mondo reale’, come gli anziani o le persone più fragili perché colpite da numerose patologie, di solito non coinvolti negli studi clinici. Banche dati connesse fra loro permetteranno agli oncologi di disporre di più conoscenze e di assumere le decisioni migliori per i pazienti”.
I successi dell’immunoterapia: mammella, polmone e melanoma
Anche l’immuno-oncologia, che si fonda sul potenziamento del sistema immunitario contro il tumore, rientra nel concetto di oncologia di precisione e la stimolazione del sistema immunitarioha dato risultati importanti anche nelle forme triplo negative di carcinoma mammario metastatico, che costituiscono il 15% del totale. L’immunoterapia sta segnando passi in avanti significativi anche nel melanoma e nel tumore del polmone. In particolare lo studio KEYNOTE 001, presentato a Chicago, ha dimostrato che l’immunoterapia in prima linea nel tumore del polmone non a piccole cellule avanzato è in grado di quadruplicare la sopravvivenza a 5 anni (23,2% contro 5% nell’era pre-immunoterapia). E in un’analisi a cinque anni dello studio CA209-004, grazie alla combinazione di due molecole immunoterapiche, in tutti i pazienti (precedentemente trattati o non trattati), dopo quattro anni o più, i tassi di sopravvivenza globale erano pari al 57% ed il tasso di sopravvivenza globale tre anni dopo la sospensione della terapia era del 56%.
Le armi più efficaci restano la prevenzione e la diagnosi precoce
Lo evidenzia anche uno studio presentato al congresso ASCO e condotto dal Johns Hopkins Department of Gynecology and Obstetrics di Baltimora. “Grazie all’Affordable Care Act, voluto dall’ex presidente USA Barak Obama, molte più donne americane hanno ricevuto la diagnosi di cancro ovarico in stadio precoce e le terapie entro 30 giorni dalla scoperta della malattia, aumentando così le possibilità di sopravvivenza – afferma la presidente Gori -. AIOM, con altre società scientifiche, ha stilato le ‘Raccomandazioni 2019 per l’implementazione del test BRCA nelle pazienti con carcinoma ovarico e nei familiari a rischio elevato di neoplasia’. Circa il 20% delle neoplasie ovariche è ereditario, cioè causato da specifiche mutazioni genetiche. L’informazione sull’eventuale mutazione dei geni BRCA va acquisita al momento della diagnosi, perché può contribuire alla definizione di un corretto percorso di cura che parta dalla prima linea di trattamento. E, nei familiari che presentano la mutazione, devono essere avviati programmi di sorveglianza intensiva con controlli semestrali fino alla chirurgia profilattica (asportazione chirurgica delle tube e delle ovaie)”.
Mutazioni dei geni BRCA fondamentali anche per il pancreas
La mutazione dei geni BRCA sta diventando fondamentale anche nel tumore del pancreas. “All’ASCO ha avuto grande risonanza lo studio POLO – conclude la presidente Gori -, in cui un inibitore dell’enzima PARP, nei pazienti con mutazione dei geni BRCA, ha ridotto del 47% il rischio di progressione della malattia. Per la prima volta un trattamento di mantenimento nel tumore del pancreas metastatico ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione. Valutare BRCA in questi pazienti significa fornire la possibilità, nel prossimo futuro, di trattamenti a bersaglio molecolare e un prolungamento della sopravvivenza libera da progressione”.