Il dottor Filippo Balestreri, in forza al Servizio di Medicina dello Sport del Sacro Cuore, è responsabile medico delle nazionali di sci nordico e pattinaggio di velocità. I “suoi” atleti in Corea, tra cui Arianna Fontana, hanno conquistato sette medaglie

Sulle dieci medaglie portate a casa dagli atleti azzurri alle recenti olimpiadi invernali di Pyeongchang, in 7 c’è anche il suo contributo. Si tratta del dottor Filippo Balestreri, in forza al Servizio di Medicina dello Sport del Sacro Cuore (diretto dal dott. Roberto Filippini), che da alcuni anni è anche il responsabile medico delle nazionali di sci nordico e di pattinaggio veloce su ghiaccio in pista lunga e corta (short track). In questa veste il dottor Balestreri ha accompagnato la spedizione azzurra in Corea del Sud, partecipando così alla sua terza olimpiade dopo Torino 2006 e Vancouver 2010.

 

Tra gli atleti seguiti da lui e dal suo gruppo di lavoro ci sono la portabandiera azzurra Arianna Fontana, vincitrice di un oro, un argento e un bronzo in pista corta, e il fondista Federico Pellegrino che ha conquistato l’argento nella gara sprint (vedi foto 1). E poi Nicola Tumolero (vedi foto 2), clamoroso bronzo nel pattinaggio su pista lunga, e gli atleti del biathlon che hanno portato altre due medaglie di bronzo.

 

“È stata una spedizione molto positiva e all’altezza delle aspettative, anche se alcune medaglie sono arrivate in modo inaspettato e altre invece sono sfumate per un soffio” dice il medico da poco rientrato da Pyeongchang, dove per tutto il tempo della competizione ha “vegliato” sulla salute dei suoi atleti.

 

Dottor Balestreri, in cosa consiste il suo lavoro al seguito della nazionale?

Nel 2003 ho cominciato da solo l’attività medica con le Federazioni. Nel tempo e con l’aiuto dei colleghi Carlo Segattini ed Eugenio Vecchini abbiamo costruito questo gruppo di lavoro che oggi conta sette componenti, tutti veronesi. Seguiamo gli atleti durante tutto l’anno. Li vediamo periodicamente nei ritiri e poi siamo con loro durante le competizioni da dicembre a marzo. Il nostro obiettivo è quello in primis di tutelare la salute e consentire l’espressione piena delle potenzialità degli atleti attraverso prevenzione e cura, partendo dall’alimentazione per finire con la traumatologia e la riabilitazione.

 

Quanti medici del suo gruppo sono venuti in Corea?

A Pyeongchang eravamo quattro medici: altre a me c’erano i colleghi Carlo Segattini, Gianmario Micheloni e Paolo Cannas. Eugenio Vecchini, Francesco Perusi e Francesco Zamboni son rimasti in Italia per l’assistenza agli atleti che non hanno partecipato ai Giochi.

 

Com’è stata l’esperienza olimpica?

Dal punto di vista sanitario direi ottima. Questi atleti si preparano per anni alla competizione olimpica ed essere in piena salute durante l’evento è fondamentale per non sprecare tutto il lavoro fatto. Per questo non sono ammesse leggerezze. A parte due infortuni incorsi a Tumolero in seguito a una caduta nel pattinaggio di velocità e a Bresadola che si è ferito al braccio nella specialità del salto con gli sci, non ci sono stati altri problemi sanitari degni di nota.

 

E dal punto di vista sportivo?

In questo evento ho visto degli impianti davvero fantastici e un’ottima organizzazione. Semmai il problema era il meteo proibitivo con tanto vento e freddo. Ma diciamo che i risultati dei nostri ragazzi ci hanno “riscaldato”.

 

A proposito di risultati, tra i suoi atleti c’è una delle regine di queste olimpiade, cioè Arianna Fontana…

Sono 2-3 anni che seguo direttamente lo short track. Devo dire che Arianna è una vera e propria macchina da guerra. Ha un fisico eccezionale e una grande forza di volontà. D’altra parte non si può stare al vertice per così tanto tempo senza queste capacità. E anche le sue compagne sono state grandi nella staffetta.

 

Anche il fondista Pellegrino ha fatto una grande prestazione.

Conosco Federico fin da ragazzo. E’ un fenomeno, un piccolo computer. Sia lui che la Fontana sono dei grandi professionisti capaci di focalizzarsi sui loro obiettivi e sui grandi appuntamenti. Ma in questa spedizione anche il biathlon e il pattinaggio in pista lunga hanno dato belle soddisfazioni.

 

Oltre a Pyeongchang, lei ha seguito gli atleti anche alle olimpiadi di Torino e Vancouver. Quali sono i suoi ricordi più belli di queste esperienze?

A livello sportivo indubbiamente ricordo l’esplosione del pattinaggio in pista lunga a Torino, con Enrico Fabris e con la staffetta che raggiunsero risultati incredibili e inaspettati. Ma ci sarebbero tante altre storie da raccontare. Anche l’impresa di Pietro Piller Cottrer che vinse l’argento nei 15 km di fondo a Vancouver fu entusiasmante. Ma al di là dei risultati, ad un’olimpiade si vive un clima particolare e bellissimo. Per gli atleti stessi è l’unica occasione di stare insieme anche tra discipline diverse: vedersi in mensa, farsi il tifo a vicenda, guardare le gare sulle televisioni sparse per tutto il villaggio. Sono momenti indimenticabili.

 

matteo.cavejari@sacrocuore.it