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S’intitola “Scacco matto al dolore in dieci mosse” il progetto elaborato dall’Oncologia Medica che prevede il coinvolgimento di più specialisti al fine di controllare il dolore nel paziente oncologico

Il controllo del dolore è un elemento fondamentale del trattamento del paziente oncologico e richiede un approccio multidisciplinare “al fine di sollevare la persona ammalata da una condizione che annulla la vita e non permette di pensare ad altro, se non alla propria sofferenza”, afferma il dottor Roberto Magarotto, responsabile della Sezione Cure Palliative dell’Oncologia Medica.

 

A questo scopo l’Unità Operativa diretta dalla dottoressa Stefania Gori ha elaborato un progetto dal titolo “Scacco matto al dolore in dieci mosse”, che sarà presentato nel corso del convegno “Il dolore nel paziente oncologico: dalla fisiopatologia al trattamento”, in programma mercoledì 10 aprile all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria (vedi programma).

 

“Il dolore è una condizione che può accompagnare il paziente oncologico in tutto il percorso della malattia – spiega il dottor Magarotto -. Può essere più frequente in alcune neoplasie, è quasi sempre presente nella fase metastatica, soprattutto se colpisce le ossa, e in quella terminale. Oggi disponiamo di molti farmaci e con meno effetti collaterali rispetto a quelli del passato, ma non sempre la terapia medica è sufficiente. Spesso è necessario l’intervento di altri specialisti“.

 

Il controllo del dolore inizia dalla sua valutazione da parte del paziente. “Con la legge 38 del 2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore, la valutazione del dolore è stata introdotta tra i parametri obbligatori da registrare assieme alla diuresi, temperatura, alvo, pressione arteriosa e frequenza cardiaca – prosegue il dottor Magarotto – . Il nostro reparto aveva già iniziato con questa prassi, chiedendo al paziente ricoverato il grado di intensità del dolore (da 1 a 10) nel corso della giornata e nel momento della riacutizzazione. Questo prima della somministrazione della terapia e dopo, per capire quanto i farmaci siano stati efficaci e le eventuali criticità. Tra queste la componente emotiva che spesso amplifica la comunicazione del dolore da parte del paziente e pertanto deve essere anch’essa valutata”.

 

“La particolarità della malattia tumorale scatena stati emotivi molto intensi nel paziente ma anche nei familiari che vivono condizioni psicologiche ambivalenti tra il desiderio di rassicurazione e il peso di fingere un’altra realtà – interviene il dottor Giuseppe Deledda, responsabile del Servizio di Psicologia Clinica -. La sofferenza psicologica del “sistema famiglia” influisce in modo determinante anche sulla percezione del dolore da parte del paziente. La possibilità del paziente e dei familiari di confrontarsi con lo psicologo per cercare un nuovo equilibrio consente anche agli oncologi di intervenire in modo ancora più efficace “.

 

Un ruolo fondamentale nel monitoraggio del dolore lo assume il personale infermieristico a contatto costante con il paziente e parte attiva al meeting quotidiano con i medici. Durante l’incontro la rivalutazione del paziente con dolore è condivisa da tutta l’équipe oncologica. Giorno per giorno viene discusso come rimodulare la terapia antalgica del singolo paziente .

Quando ci troviamo in di fronte a metastasi ossee – prosegue il medico – la sola terapia medica non basta in quanto il dolore viene scatenato anche dal movimento e dal carico del peso sulla struttura ossea. In questo caso viene coinvolto l‘ortopedico e/o il radioterapista oncologoL’adozione di presidi ortopedici e/o di trattamenti radioterapici antalgici insieme ai farmaci hanno spesso successo nel riportare il paziente all’autonomia di movimento”.

 

“Ma sono anche altri gli specialisti oltre agli oncologi che hanno un ruolo nella terapia del dolore: gli anestesisti, per esempio, nell’applicazione di accessi venosi stabili (Midline- PICC-CVC )afferma Magarotto -. Nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire la terapia orale, l’adozione di dispositivi che consentono accessi venosi periferici e centrali a medio-lungo termine sono necessari affinché il dolore del paziente venga trattato adeguatamente con tutte le possibilità farmacologiche a disposizione”.

 

Gli specialisti antalgici, invece, intervengono per il dolore poco responsivo agli oppioidi o con caratteristiche specifiche di infiltrazione locale e i neurologi sono coinvolti quando il dolore è di natura neuropatica.“In presenza di dolore cronico può verificarsi un meccanismo a livello del sistema nervoso centrale in base al quale, anche in mancanza di una reiterazione di una intensa causa specifica, il paziente continua a sentire dolore ed, anzi, la sofferenza aumenta: in questi casi farmaci di tipo antiepilettico a giusto dosaggio possono spegnere questo effetto paradosso”, conclude il dottor Magarotto.