Il 31 maggio è la Giornata mondiale senza tabacco, il cui consumo è responsabile dell’80% dei casi di tumore al polmone. La Chirurgia Toracica di Negrar è uno dei centri di riferimento veneti per la cura della neoplasia che interessa sempre più le donne
Il 31 maggio ricorre la Giornata senza tabacco, un appuntamento annuale indetto per la prima volta nel 1988 dall’Organizzazione mondiale della sanità per sensibilizzare l’opinione pubblica sui danni causati dal tabagismo (in allegato il poster)
Molto è stato fatto per ridurre il consumo di sigarette, ma resta ancora tanto da fare visto che le malattie cardiovascolari rimangono la prima causa di morte nei Paesi industrializzati e che l’80% dei casi di cancro al polmone sono diagnosticati nei fumatori. Senza contare che in generale quattro casi di tumore su 10 possono essere evitati con un sano stile di vita, in cui non sono contemplate le “bionde”.
“Sono dati che rileviamo anche nella nostra esperienza clinica. La grandissima parte dei nostri pazienti sono forti fumatori o ex fumatori”. La conferma arriva dal dottor Alberto Terzi (nella foto Udali), responsabile della Chirurgia Toracica del Sacro Cuore Don Calabria, ospedale che con il numero di interventi all’anno per cancro al polmone è considerato dalla Regione uno dei quattro centri di riferimento veneti per la terapia chirurgica di questa neoplasia.
“Chi smette di fumare – riprende il chirurgo – riduce drasticamente il rischio di ammalarsi (che è di 14-20 volte superiore rispetto a chi non fuma), ma non lo riporta al livello della popolazione non fumatrice. Il fumo infatti danneggia i meccanismi di riparazione del DNA delle cellule dell’apparato respiratorio. Si formano così delle cellule geneticamente mutate responsabili delle neoplasie. Tutto questo però in soggetti predisposti. Infatti ci sono persone che pur fumando molto non si ammalano”.
Un 20% però contrae il cancro senza aver mai messo in bocca una sigaretta. Colpa del fumo passivo? “I cosiddetti fumatori passivi sono da collocare tra i consumatori di sigarette. Chi ha vissuto decine di anni accanto a un forte fumatore o ha lavorato in ambienti intrisi di fumo (come per esempio erano i locali pubblici prima dell’introduzione del divieto) ha probabilità di ammalarsi tanto quanto un fumatore. Le cause dei tumori al polmone in un non fumatore invece possono essere molteplici: genetiche o ambientali, come l’inquinamento“.
Nel 2016 sono stati registrati 41mila nuovi casi di carcinoma polmonare (oltre 4mila nel Veneto) con un aumento del numero di pazienti donne (circa il 33% dei casi). Tanto che questa neoplasia è diventata la prima causa di decesso per tumore anche nel sesso femminile, sorpassando il cancro alla mammella. La causa è ancora una volta il fumo. Mentre negli uomini si registra un calo del numero di fumatori, nella popolazione femminile avviene esattamente il contrario.
“Nonostante si siano fatti passi in avanti nella ricerca farmacologica e nell’ambito delle terapie chirurgiche – riprende Terzi – la sopravvivenza a cinque anni rimane fissa al 15%. Purtroppo questo è un tipo di tumore asintomatico soprattutto nelle sue forme periferiche e i primi sintomi che portano poi alla diagnosi si presentano tardivamente quando ci sono già metastasi. Su cento casi che afferiscono alla nostra Chirurgia, soltanto 20-25 sono candidati per l’intervento. Per questo è raccomandabile ai forti fumatori di sottoporsi dopo i 50 anni a una TC Spirale a basso dosaggio per un controllo preventivo”.
Le scelte terapeutiche per il carcinoma polmonare sono determinate dal tipo di tumore (a piccole cellule o non piccole cellule) e dallo stadio della malattie. Oggi le armi a disposizione sono la chirurgia, la radioterapia e le terapie mediche quali chemioterapia, farmaci a bersaglio molecolare e l’immuno-oncologia.
“L’obiettivo – sottolinea il chirurgo – è offrire al paziente una cura personalizzata tramite un approccio multispecialistico. Nel nostro ospedale ogni caso viene studiato da un team formato dall’oncologo, dal radioterapista oncologico, dall’anatomopatologo, dal chirurgo toracico, dal medico nucleare, dall’endoscopista, dal radiologo, dal geriatra e dal medico di medicina interna“.
L’intervento chirurgico è il trattamento di scelta quando i tumori sono a non piccole cellule e allo stadio iniziale. “Oltre il 70% degli interventi che effettuiamo avviene in videotoracoscopia – precisa Terzi – una metodica di chirurgia mininvasiva che prevede due piccoli incisioni (rispettivamente da 1 cm e da 3-4 cm) per l’inserimento della telecamera e degli strumenti chirurgici, senza divaricazione delle costole. Di conseguenza il recupero del paziente è molto più rapido e i giorni di degenza sono normalmente quattro, salvo complicazioni. L’intervento può essere risolutivo – conclude il chirurgo – ed è seguito da un follow up molto ravvicinato almeno nei primi due anni, in quanto è stato rilevato che la malattia tende a ripresentarsi più frequentemente in questo lasso di tempo”.
Quando il tumore non è operabile una speranza arriva dall’immuno-oncologia, la terapia medica che “risveglia” il sistema immunitario in modo che torni a riconoscere le cellule tumorali come nemico da sconfiggere.
E’ proprio di questi giorni la notizia che l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha approvato l’uso di un farmaco immuno-oncologico, il pembrolizubab, in prima linea, cioè somministrabile prima di effettuare la chemioterapia. Uno studio su 300 casi ha dimostrato la sopravvivenza dopo un anno del 70% dei pazienti trattati con pembrolizubab rispetto al 50% dato dalla chemioterapia. Inoltre è stata osservata anche la riduzione del 50% dei rischio di progressione della malattia e la sopravvivenza libera da progressione a un anno è del 48% contro il 15% della chemioterapia. Senza contare che i farmaci immuno-oncologici si caratterizzano per una tollerabilità migliore rispetto ai chemioterapici.
elena.zuppini@sacrocuore.it