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In occasione della 25ma Giornata Mondiale del Malato danno la loro testimonianza le Piccole Suore della Sacra Famiglia che da 95 anni prestano la loro opera alla Cittadella della Carità di Negrar

Aiutare il malato, oggi, significa prendersi cura di lui come persona nella sua globalità. Per questo, oltre alla parte sanitaria di cui si occupano medici e infermieri, è fondamentale il lavoro degli operatori socio-sanitari e di tutto il personale che, con il proprio servizio, aiuta l’ospedale ad accompagnare chi soffre. Ne è convinta suor Lucia Serena, superiora della comunità delle Piccole Suore della Sacra Famiglia che aiutano ad assistere gli ammalati al Sacro Cuore. “Vedo ogni giorno degli esempi molto belli, direi quasi eroici, – dice – di operatori che con amore si dedicano a malati anche molto gravi, nel silenzio e con il sorriso”.

La testimonianza di suor Lucia e delle sue consorelle arriva in occasione della 25ma Giornata Mondiale del Malato, che si celebra sabato 11 febbraio (vedi discorso di Papa Francesco). Una festa che papa Francesco ha voluto rendere ancora più significativa promuovendo la presentazione della nuova Carta degli Operatori Sanitari realizzata dal Pontificio Consiglio che si occupa della pastorale sanitaria. La Giornata del Malato viene celebrata anche alla Cittadella della Carità con una S. Messa sabato alle ore 16.30 presso la cappella dell’ospedale Don Calabria, organizzata dal Consiglio di pastorale ospedaliera in collaborazione con l’Unitalsi e con la parrocchia di Negrar (vedi programma).

 

Le Piccole Suore della Sacra Famiglia, congregazione fondata dal beato Giuseppe Nascimbeni e dalla beata Maria Mantovani, prestano servizio al Sacro Cuore fin dalla sua fondazione 95 anni fa (vedi foto). Erano loro ad occuparsi di tutti i servizi in quello che era originariamente un ricovero per anziani poveri, fondato dal parroco di Negrar don Angelo Sempreboni nel 1922. Infermiere e cuoche, addette al guardaroba e assistenti notturne: la loro presenza era ovunque. Le suore rimasero al loro posto anche dopo l’arrivo di don Calabria nel 1933 e continuarono ad occuparsi dei vari servizi, compresi quelli infermieristici, dopo che il ricovero del Sacro Cuore diventò un ospedale vero e proprio.

 

Oggi le suore in servizio alla Cittadella della Carità sono sei. Oltre a suor Lucia, ci sono suor Carla e suor Bernardetta che prestano servizio a Negrar da oltre 40 anni. E poi suor Pia, suor Rosa e un’altra suor Lucia (vedi foto). La loro comunità risiede al terzo piano di Casa Clero. Da qualche tempo non si occupano più dei servizi infermieristici, ma lavorano nella pastorale ospedaliera, dedicandosi in particolare alla visita degli ammalati nei reparti e collaborando nell’animazione e nella preparazione delle celebrazioni. Tuttora ci sono invece tre suore carmelitane che lavorano come infermiere nei reparti.

 

“Il servizio nella pastorale è impegnativo – racconta suor Lucia – Credo che la cosa fondamentale sia entrare in punta di piedi, cercando di instaurare un rapporto umano di vicinanza con chi soffre. Gran parte del nostro lavoro consiste nella capacità di ascoltare gli ammalati e i loro cari, con rispetto e cercando di dare loro un messaggio di speranza”.

 

L’opera pastorale viene svolta in tutte le strutture della Cittadella: Casa Clero, Casa Nogarè, Casa Perez, ospedale Don Calabria e Sacro Cuore. Un lavoro che dà l’opportunità di prendersi cura degli ammalati in modo integrale. “L’ospedale è cambiato molto, oggi la parte tecnologica ha fatto passi da gigante ed è importantissima – conclude suor Lucia – ora la sfida per tutto il personale, noi comprese, è quella di integrare la parte tecnica con quella umana e pastorale. E su questo torno a sottolineare l’importanza degli operatori e del personale di servizio che può davvero collaborare con infermieri e medici nel valorizzare il paziente come persona, facendolo sentire accolto e accompagnato nella sua malattia. Questo mi sembra un messaggio di grande attualità per questa Giornata Mondiale del Malato”.

matteo.cavejari@sacrocuore.it