Nelle scorse settimane l’équipe di Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon, ha eseguito le prime due procedure per il trattamento non chirurgico dell’insufficienza della valvola mitralica. Si tratta della “Clip mitralica”, un intervento mini-invasivo indicato per i pazienti che, per età e/o per patologie concomitanti, non possono essere sottoposti alla sostituzione o alla riparazione cardiochirurgica della valvola.

Nelle scorse settimane l’équipe di Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon, ha eseguito le prime due procedure per il trattamento non chirurgico dell’insufficienza della valvola mitralica. Si tratta della “Clip mitralica”, un intervento mini-invasivo indicato per i pazienti che, per età e/o per patologie concomitanti, non possono essere sottoposti alla sostituzione o alla riparazione cardiochirurgica della valvola. Un’opzione terapeutica che consente a soggetti con insufficienza mitralica e scompenso cardiaco cronico grave di migliorare i propri sintomi, evitando episodi di riacutizzazione dello scompenso che incidono pesantemente sulla qualità di vita, peggiorandone la prognosi. I primi due pazienti sottoposti alla metodica sono stati un uomo e una donna ultraottantenni; a settembre sono in programma altri due interventi.

La procedura ha richiesto una lavoro di squadra, con la presenza in sala di cardiologi emodinamisti (la dr.ssa Esther Campopiano ed il dr. Paolo Tosi), elettrofisiologi (il dr. Molon) ed ecocardiografisti (la dr.ssa Laura Lanzoni ed il dr. Andrea Chiampan) che hanno sostenuto una formazione specifica finalizzata all’esecuzione di questa metodica.

Il dr. Giulio Molon

“La valvola mitrale è quella valvola cardiaca che si trova tra l’atrio e il ventricolo sinistro. La sua funzione è di aprirsi per permettere al sangue ossigenato proveniente dai polmoni di fluire dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro e da lì all’aorta; la sua chiusura impedisce al flusso sanguigno di ritornare all’indietro durante la contrazione ventricolare”, spiega il dottor Molon. “Quando per motivi funzionali o strutturali questa chiusura è compromessa si parla di insufficienza mitralica – sottolinea -. L’obiettivo della “Clip mitrale” è proprio quello di ridurre l’insufficienza della valvola, e quindi riportarla alla sua funzione, ‘clippando’ i due lembi”.

La procedura si esegue con il paziente in anestesia generale e sotto guida ecocardiografica transesofagea. “La qualità delle immagini è fondamentale per la precisione dell’intervento – sottolinea Molon – Attraverso un accesso venoso femorale si giunge, pungendo il setto interatriale, in atrio sinistro e quindi alla valvola mitrale per l’applicazione della clip. Se non ci sono complicazioni, il paziente viene dimesso il giorno dopo”.

Si stima che l’insufficienza mitralica colpisca 1,7% della popolazione generale con aumento significativo dell’incidenza con l’età, superando il 5% dopo i 65 anni. È la seconda più frequente patologia valvolare nei Paesi occidentali, subito dopo la stenosi aortica. A causa della congestione del circolo polmonare e la ridotta gittata di sangue nell’aorta, l’insufficienza mitralica si manifesta soprattutto con difficoltà respiratorie (dispnea), polmoni congesti (edema), impossibilità di dormire sdraiati per una sensazione di soffocamento o di effettuare sforzi anche modesti come salire solo due gradini. Essa è causata principalmente da malattie degenerative della valvola, da esiti infartuali, da endocarditi o dal malfunzionamento del ventricolo sinistro. Un’altra causa è la rottura delle corde tendinee, cioè i filamenti di tessuto connettivo che forniscono il supporto necessario per la chiusura e l’apertura della valvola.

La sostituzione o la riparazione chirurgica resta sempre il gold standard per il trattamento dell’insufficienza mitralica – rileva il dottor Molon – Ma quando l’intervento non è praticabile o si presenta a rischio elevato, la “Clip mitralica” restituisce qualità di vita a pazienti altrimenti destinati a continui accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni per episodi acuti di scompenso cardiaco sempre più ravvicinati. Episodi che, anche se risolti farmacologicamente, restituiscono un soggetto sempre più debilitato”.