La terapia logopedica richiede che la bocca sia del paziente che del terapeuta sia ben visibile, cosa difficile se è necessario indossare la mascherina. La soluzione arriva da un divisorio in plexiglass adottato dal Servizio di riabilitazione cognitiva e logopedia

Sembra il classico uovo di Colombo, ma è forse l’unico modo per proseguire la terapia logopedica ai tempi del Coronavirus. La soluzione l’hanno trovata le logopediste del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa, diretto dal dottor Renato Avesani. Si tratta di un divisorio in plexiglass tra l’operatore e il paziente, che consente di lavorare in piena sicurezza senza indossare la mascherina e gli altri dispositivi di protezione individuale.

Quando sono riprese progressivamente le attività ospedaliere, ci siamo chiesti come potevamo proseguire una terapia per la quale è fondamentale che la bocca sia visibile”, spiega la dottoressa Maria Grazia Gambini, psicologa e coordinatrice del servizio di Riabilitazione cognitiva e logopedia. “Infatti il terapeuta deve mostrare al paziente i movimenti per emettere un determinato suono o verificare le capacità del paziente di effettuare questi movimenti non solo della bocca, ma anche della lingua e della guance. Abbiamo così pensato di mutuare per la nostra attività, un divisore in plexiglass, un ausilio che troviamo in molti uffici e anche nei negozi, il quale, tra l’altro, ci consente di ovviare il problema dovuto al fatto che molti dei nostri pazienti non riescono a tenere la mascherina”, sottolinea la dottoressa Gambini.

Una soluzione molto semplice, che si sta verificando anche un utile strumento di lavoro. “Possiamo così lavorare non solo su una superficie orizzontale, ma anche verticale sulla quale scrivere e mostrare delle immagini. Questo consente per esempio di ampliare le possibilità per i pazienti con problemi di disturbi del campo visivo o affetti da negligenza visuo-spaziale”, precisa la psicologa.

Del Servizio di Riabilitazione cognitiva e logopedia fanno parte 4 logopediste e una fisioterapista esperta in questo ambito ed è coordinato, appunto, da una psicologa per la presa in carico completa del paziente sia degente che esterno.

“Il campo della riabilitazione cognitiva, del linguaggio e della comunicazione si occupa di una vasta gamma di disturbi in base alla tipologia del paziente. I problemi infatti sono diversi a seconda se ci troviamo di fronte a degli esiti da ictus, da grave emorragia cerebrale o da trauma cranico”, precisa la dottoressa Gambini.

Il paziente colpito da ictus presenta dei problemi molto caratterizzati: se l’emisfero del cervello danneggiato dall’ischemia è quello sinistro, i disturbi maggiori sono a livello del linguaggio. Se è quella destro, invece, ad essere compromessa è soprattutto l’organizzazione spaziale, fino, nei casi più gravi, al non riconoscimento da parte del paziente di tutto ciò che è collocato a sinistra anche il lato del proprio corpo.

Più complessa è la situazione nel caso di un paziente colpito da trauma cranico o da emorragia, quando ad essere interessate dal danno sono vaste aree cerebrali – sottolinea la psicologa -. I disturbi sono diversi da persona a persona e possono riguardare numerose funzioni: la memoria, l’attenzione, il pensiero, la personalità. .

Fondamentale è il ruolo delle logopediste anche nel caso di riabilitazione della voce e della deglutizione. Vengono infatti trattati casi di disfonia (difficoltà di emissione dei suoni), disartria (difficoltà nell’articolazione delle sillabe) e disfagia.

“Con l’emergenza Covid-19 anche tutta l’attività riabilitativa in generale ha subito un deciso rallentamento – conclude la dottoressa Gambini -. Da alcune settimane abbiamo progressivamente ripreso con tutte le misure necessarie di protezione personale sia per gli operatori sia per i pazienti. Questo ci consente di proseguire con serenità un servizio per il quale il contatto operatore- paziente è fondamentale oltre che necessario”.

elena.zuppini@sacrocuore.it