L’Orl di Negrar vanta una delle più ampie casistiche italiane sulla chirurgia mini-invasiva dei turbinati, i “filtri del naso” che quando si gonfiano cronicamente creano difficoltà respiratorie

E’ uno dei sintomi più fastidiosi che si presentano quando ci aggredisce un raffreddore o una crisi allergica: il naso si chiude improvvisamente e soprattutto durante la notte respirare diventa una fatica.

I responsabili di questo “tappo al naso” sono molto spesso i turbinati (Photo Gallery 1), strutture spugnose all’interno delle cavità nasali, in grado di gonfiarsi e sgonfiarsi fisiologicamente regolando finemente il flusso d’aria e di proteggere i nostri polmoni dall’infiltrarsi di batteri o inquinanti.

Non di rado a causa di ripetuti raffreddori, di crisi allergiche o per esposizione lavorativa a fumi o polveri sottili, l’ipertrofia dei turbinati si trasforma in una condizione cronica.

All’inizio l’ostruzione del naso avviene in maniera incostante, poi sempre più continua peggiorando notevolmente la sera, al momento di coricarsi poiché la posizione supina favorisce un ristagno di sangue nei turbinati che si gonfiano a dismisura.

Gli spray decongestionanti se all’inizio danno un immediato sollievo, a lungo andare hanno un effetto di durata sempre più breve e, a fronte di un uso eccessivo, provocano una ostruzione stabile.


L’ipertrofia dei turbinati può essere affrontata chirurgicamente
. Nel corso del tempo si è passati dall’asportazione dei “filtri nasali” (anni Settanta) a un intervento di riduzione, la cosiddetta turbinoplastica. Quest’ultima veniva praticata in forma classica con la resezione di una parte del turbinato, poi si è passati alla chirurgia a radiofrequenze e recentemente alla risonanza quantica molecolare, con l’uso di apparecchiature tecnologicamente più avanzate.

Dal 2003 allo scorso anno, l‘Unità operativa di Otorinolaringoiatria dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretta dal dottor Sergio Albanese, ha svolto 2.869 interventi di chirurgia dei turbinati, registrando una delle casistiche più ampie d’Italia. (foto équipe)

“La turbinoplastica con radiofrequenza e con risonanza quantica molecolare sono interventi mini-invasivi (Photo Gallery 2) che consentono in day hospital, senza ricorrere all’anestesia generale e ai tamponi nasali, di risolvere problemi di respirazione dovuti all’ipertrofia dei turbinati“, spiega il dottor Albanese.

“Entrambe le tecniche si servono di un elettrodo che viene introdotto all’interno del turbinato e si basano sulla denaturazione termica del fibrogeno che si trasforma in fibrina dando via al processo di coagulazione del sangue e quindi alla riduzione del volume del turbinato. A differenza della turbinoplastica a radiofrequenze, la risonanza quantica molecolare sottopone i turbinati a temperature inferiori scindendo i legami molecolari in modo atermico, per cui gli effetti collaterali del riscaldamento (edema, iperemia e necrosi tessutale) sono marcatamente ridotti“, sottolinea il dottor Alberto Fraccaroli, responsabile dell’Orl pediatrica.

L’intervento ha una durata di circa 20 minuti e viene effettuato in anestesia generale solo per i bambini. “All’inizio per gli adulti somministravamo per via endovenosa il Paracetamolo combinato con il Tramadolo, ma li abbiamo sospesi perché i pazienti lamentavano nausea – prosegue il dottor Albanese -. Pertanto abbiamo optato per la Petidina, che ha il grande vantaggio di ridurre in modo consistente il dolore medio-alto”Il paziente può lasciare l’ospedale poche ore dopo l’intervento e riprendere le normali attività quotidiane nei giorni immediatamente seguenti.

“L’intervento dà risultati eccellenti – sottolinea il dottor Fraccaroli -. Abbiamo effettuato uno studio sui pazienti sottoposti a turbinoplastica a radiofrequenze: il 70% è ritornato a respirare bene. La percentuale sale all’80% con la risonanza quantica molecolare”.

Non rimuovendo le cause dell’ipertrofia, l’intervento non garantisce un risultato definitivo. “La nostra casistica rileva che nel 33% dei casi si verificano delle recidive a distanza in media di quattro anni – precisa di direttore dell’Orl -. Ma abbiamo il vantaggio che l’intervento può essere ripetuto più volte senza che venga danneggiato il tessuto“.

elena.zuppini@sacrocuore.it