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Tre incontri all’ospedale di Negrar mettono sotto la lente di ingrandimento i danni fisici e psichici, ma anche le conseguenze sociali, del consumo di alcol e di fumo nella popolazione femminile

Sono 829 le persone che dal 2009 al 2016 si sono rivolte al Servizio di Alcologia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretto dal dottor Paolo Bocus, per problemi alcol-correlati. La grande maggioranza sono uomini (619 uomini contro 210 donne). Ma, affermano le dottoresse Egle Ceschi, educatrice del Servizio di Alcologia, e Francesca Martinelli, assistente sociale dell’ospedale(nella Photo Gallery), i dati non sono esaustivi, perché “quello dell’uso di alcol nella popolazione femminile è un problema sommerso, poco conosciuto e poco considerato soprattutto nella fasce più giovani”.

Perfino la letteratura scientifica tende a sottovalutarlo, non riportando dati sui danni specifici provocati sulla salute delle donne. La conferma di questa lacuna Ceschi e Martinelli l’hanno avuta proprio preparando l’iniziativa “Trilogia d’incontri: alcol e fumo… vissuti al femminile” (in allegato la brochure con il programma).


Si tratta di tre appuntamenti nel pomeriggio (con inizio alle 14) del 22 settembre, 6 ottobre e 20 ottobre all’ospedale di Negrar. Il primo degli incontri riguarderà l’età della crescita, il secondo quella adulta e il terzo la maturità. Interverranno medici specialisti, educatori anche di strada, ostetriche, psicoterapeuti e assistenti sociali.

“I tre appuntamenti sono un momento formativo per gli addetti ai lavori – spiega la dottoressa Martinelli – ma abbiamo voluto aprirli anche alle scuole, agli insegnanti e ai genitori proprio per l’interesse collettivo del problema”. Ogni incontro si concluderà con una testimonianza di persone che hanno vissuto gli esiti dell’uso di sostanze.

“Abbiamo voluto approfondire l’addiction al femminile – spiegano le organizzatrici – con l’obiettivo di coinvolgere la popolazione su un problema che ha un impatto pesante sulla collettività, in quanto la donna è promotrice di vita e perno della famiglia. Rispetto al passato – proseguono – il nostro Servizio registra un aumento degli accessi femminili, non tanto nel numero, quanto di donne che decidono di chiedere aiuto quando non sono ancora emerse importanti patologie alcol-correlate. Oggi arrivano ragazze anche ventenni, perché sono state riscontrate positive all’alcol-test o perché hanno avuto comportamenti a rischio in famiglia, nel gruppo o semplicemente perché riconoscono di avere un problema legato all’alcol”.

Ma perché un confronto in tre momenti? “L’uso di alcol e il consumo di sigarette – risponde la dottoressa Martinelli – viene vissuto in maniera differente a seconda dell’età. Nell’adolescenza non è visto come un problema, ma come il raggiungimento dell’emancipazione. Eppure le ragazze, come i ragazzi d’altronde, assumono comportamenti sociali ad altissimo rischio (pensiamo al famigerato “rito dell’aperitivo” ripetuto ogni sera) sottovalutati anche dagli adulti. Senza contare che nell’età dello sviluppo sia nei ragazzi sia nelle ragazze, i danni organici possono essere irreparabili”.

La questione alcol, fumo e gravidanza sarà affrontata invece il 6 ottobre quando si parlerà dell’età adulta. “Il principio del consumo moderato di alcol non vale per la gravidanza e l’allattamento, periodi in cui il bere deve essere escluso – sottolinea la dottoressa Ceschi -. Due ginecologhe tratteranno il tema del perché l’alcol e il fumo non favoriscono la generazione della vita e di come si riconosce la sindrome feto-alcolica. Ci sono studi che dimostrano i danni fisici provocati dall’alcol sul nascituro, ma anche che una mamma bevitrice e fumatrice può predisporre il nascituro alla dipendenza da sostanze”. Verranno inoltre analizzate le ricadute fisiologiche dell’abuso alcolico e le difficoltà di reperire un posto di lavoro.

Infine l’età matura. “E’ l’età della dipendenza vissuta come vergogna, all’interno della casa, magari per porre rimedio alla solitudine. E l’età in cui le patologie alcol e fumo correlate emergono spesso gravemente, come emerge la triste consapevolezza di non aver posto rimedio alla dipendenza negli anni precedenti – afferma Ceschi -. In base alla mia esperienza c’è una cosa che differenzia il bere maschile da quello femminile, in tutte le età. Mentre il primo è legato al gruppo e alla cultura, al bere femminile si aggiunge una sofferenza profonda che si cerca di soffocare dentro a un bicchiere. Spesso si dice: bevo perché ho dei problemi. E’ il contrario: i problemi arrivano con il bere e si risolvono solo smettendo“.

elena.zuppini@sacrocuore.it