La dottoressa Grazia Pertile parla di un progetto ormai in fase avanzata che, se darà i risultati sperati, potrebbe cambiare la vita delle persone affette da patologie degenerative della retina. Un progetto che vede il Sacro Cuore in prima fila

La retina artificiale tutta “made in Italy” è pronta per la sperimentazione sull’uomo. Per l’impianto della piccolissima cella fotovoltaica, che ha già dato risultati lusinghieri su ratti e maialini ciechi, mancano solo le autorizzazioni previste per legge. Se gli interventi daranno gli esiti sperati, la retina artificiale potrebbe cambiare radicalmente la vita delle persone affette da patologie degenerative che possono portare alla totale cecità. Come la retinite pigmentosa, malattia genetica che ha un’incidenza di un caso ogni 3.500 persone, una parte delle quali perdono totalmente la vista prima dei 20 anni.

Il progetto, che ha ottenuto due importanti finanziamenti Telethonper la ricerca sulle malattie genetiche, vede l’impegno di un team multidisciplinare formato, per quanto riguarda la microchirurgia vitreo-retinica, dall’équipe della dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Unità di Oculistica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, dal gruppo del professor Guglielmo Lanzani, fisico del Politecnico e direttore del Centro di nanoscienze e tecnologia dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT) di Milano, e da quello del professor Fabio Benfenati, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e neurotecnologie dell’IIT di Genova. Partecipa allo studio anche la professoressa Silvia Bisti del Dipartimento di Scienze cliniche applicate e biotecnologia dell’Università dell’Aquila (nel filmato in videogallery la dottoressa Pertile parla del progetto alla trasmissione Unomattina di Raiuno).

Il polimero una volta impiantato sotto la retina – spiega la dottoressa Pertile, uno dei massimi esperti internazionali di microchirurgia retinica – agisce come una vera e propria cella foltovoltaica, capace di catturare il segnale luminoso, trasformarlo in elettrico per poi inviarlo al cervello dove verrà codificato in immagine“. A differenza di altri già in commercio, questo impianto fotovoltaico non ha bisogno di essere alimentato dall’esterno.

Come riportano gli articoli pubblicati prima su Nature Photonics e poi su Advanced Healthcare Materials, la prima fase dello studio è stata realizzata su tre tipi di ratti: vedenti, ciechi e ciechi con l’impianto. “Si è osservato – prosegue la dottoressa Pertile – un significativo recupero della vista da parte dei ratti non vedenti su cui è stato inserito il polimero. Recupero che abbiamo misurato attraverso test di comportamento e la valutazione dell’intensità del segnale evocato a livello della corteccia cerebrale da un adeguato stimolo visivo”. La seconda parte della ricerca ha riguardato la biocompatibilità del polimero. “L’impianto sui maiali ha confermato ciò che avevamo già verificato sui ratti – sottolinea il chirurgo -. Il polimero è formato da materiale organico altamente biocompatibile e non va incontro a rigetto”.

Ora la fase cruciale sull’uomo. “E’ fondamentale – spiega – perché solo l’occhio umano, notevolmente più complesso di quello dei ratti, può fornirci le informazioni sulla reale efficacia della “retina artificiale”. Solo con questa sperimentazione possiamo conoscere il livello quantitativo e qualitativo di un eventuale recupero della vista da parte di una persona cieca In base alle indicazioni che otterremo potremo apportare le correzioni tecnologiche necessarie”.

I pazienti non vedenti idonei alla sperimentazione dovranno avere determinate caratteristiche oculistiche e psicofisiche. “Purtroppo non possono essere prese in considerazione le persone cieche dalla nascita, perché essendo l’occhio un recettore dell’impulso che viene dal cervello, se l’occhio non ha mai visto, la parte cerebrale interessata alla vista non ha avuto il modo di svilupparsi”, conclude la dottoressa Pertile.