Il 17 ottobre si celebra in tutto il mondo il “Bra Day”, un giorno dedicato all’importanza della ricostruzione mammaria dopo l’intervento di mastectomia. L’équipe della Chirurgia Plastica, guidata dal dottor Cesare Cristofoli, ci spiega come avviene l’impianto di protesi e la cura da effettuare nel tempo
Il 17 ottobre si celebra in tutto il mondo il “Bra Day” (Breast Reconstruction Awareness Day), un giorno dedicato all’importanza della ricostruzione mammaria dopo l’intervento di mastectomia.
L’impianto di protesi mammaria dopo un intervento oncologico demolitivo non ha una mera funzione estetica, ma ha risvolti psicologici tali da incidere anche sullo spirito con cui viene affrontato il percorso di cura. Difficilmente le donne rifiutano la ricostruzione. Ma è pur vero che la percentuale delle ricostruzioni è ancora troppo bassa rispetto agli interventi demolitivi (50% ndr). A incidere in negativo sono le donne anziane. A volte inoltre la rinuncia è dovuta al fatto che l’obiettivo al momento della diagnosi di tumore è la guarigione e quindi l’aspetto estetico passa in secondo piano. E una volta superato il momento acuto, diventa difficile per queste donne affrontare un nuovo intervento.
Con l’équipe della Chirurgia Plastica guidata dal dottor Cesare Cristofoli – dottoressa Francesca Cicala e dottor Roberto Forcignanò – facciamo chiarezza riguardo ad alcuni aspetti del dopo-ricostruzione, a distanza anche di alcuni anni dall’intervento.
Una donna che ha effettuato la ricostruzione quali accorgimenti deve adottare?
Passato il primo mese dall’intervento, si può iniziare un graduale ritorno alla vita quotidiana. Il grado di intensità del movimento dipende dal tipo di intervento ricostruttivo effettuato.
Gran parte delle ricostruzioni avviene nella stessa seduta operatoria dell’asportazione del tumore. Dove è possibile il chirurgo senologo mantiene l’areola e il capezzolo, un intervento che consente di effettuare una ricostruzione pre-pettorale, cioè lasciando nella sua sede il muscolo pettorale al quale viene ancorata, con una lamina di derma rigenerativo, la protesi. In questo caso non sono necessari particolari accorgimenti nei movimenti, se non un po’ di buon senso per non cadere negli eccessi. Diverso è il discorso se l’espansore prima e la protesi in un secondo intervento vengono posizionarti sotto il muscolo pettorale. A queste pazienti di raccomanda di non portare grandi pesi, per esempio, di non arrampicarsi o di non fare un’attività ripetitiva per lungo tempo, come passare l’aspirapolvere.
Quando si deve procedere con l’inserimento della protesi sotto il muscolo pettorale?
Questo tipo intervento viene eseguito tutte le volte in cui non è possibile conservare l’areola e il capezzolo. E quando, pur mantenendoli, si rilevano segni di sofferenza vascolare, cioè la pelle non è sufficientemente irrorata di sangue a causa di patologie o perché la paziente è fumatrice. Quindi è necessario che la cute appoggi su un piano ben vascolarizzato, quale è il muscolo pettorale.
Passiamo agli anni successivi all’intervento: le protesi mammarie hanno una vita?
Anche le protesi sono soggette a usura, sebbene, grazie al progresso della qualità dei materiali, può capitare di sostituire protesi perfette anche dopo 20 anni, perché il protocollo lo prevede. Di prassi Chirurgia plastica di Negrar programma le visite dei pazienti con una cadenza annuale, raccomandando però che se notano cambiamenti improvvisi della mammella si rivolgano ai medici anche prima dei 12 mesi. In particolare variazioni di forma, consistenza, a gonfiore, dolore o calore al tatto.
Se nelle visite annuali tutto viene riscontrato nella norma, una prima valutazione radiologica dell’integrità della protesi avviene dopo dieci anni dall’intervento tramite Risonanza Magnetica senza mezzo di contrasto. Il danno importante è visibile anche con la mammografia e l’ecografia, ma l’esame dirimente in caso di dubbi è sicuramente la RMN. I controlli radiologici successivi sono poi ogni uno o due anni in base allo stato della protesi.
Di cosa sono fatte le protesi mammarie?
Si tratta di un involucro con all’interno gel di silicone. Poiché è materiale coesivo (la consistenza è simile a una marmellata densa), un’eventuale rottura dell’involucro non comporta un’uscita immediata del contenuto. Inoltre come ulteriore barriera alle fuoriuscite interviene anche il processo fisiologico dell’organismo, che, in reazione al corpo estraneo, forma intorno alla protesi (a tutti i tipi anche quelle ortopediche) un involucro fibroso (capsula periprotesica). La capsula trattiene il gel nel caso di rottura della protesi. Può accadere una rottura della capsula stessa con la fuoriuscita di silicone, che può andare nei linfonodi in primis e nei tessuti molli perimammari, creando uno stato di infiammazione importante. Sono casi rari, che indicano un danno da lungo tempo della protesi mammaria tale da influire sulla integrità della capsula.
Alcune pazienti lamentano un indurimento della mammella.
L’indurimento non dipende della protesi ma della capsula, che diventando molto spessa deforma la protesi, a volte, dislocandola, non senza dolore per la donna. Questo succede soprattutto a pazienti molto magre, ma in genere la situazione peggiore la rileviamo in pazienti sottoposte a radioterapia. Sono soggetti che hanno subito un primo intervento di quadrantectomia seguito da un ciclo di radioterapia e un secondo intervento di mastectomia con successiva ricostruzione. L’intervento chirurgico per togliere la capsula non è sempre risolutivo, perché nel 30% dei casi il problema si ripresenta.
Le cronache hanno riportato la notizia di casi di linfoma associati alle protesi.
Bisogna fare chiarezza. E’ vero che alcune signore portatrici di protesi si sono ammalate di linfoma plastico a grandi cellule. Ma innanzitutto il problema si è manifestato con un solo tipo di protesi (che la Chirurgia Plastica di Negrar non ha mai utilizzato) e la percentuale di donne coinvolte non è statisticamente significativa in relazione al grande numero di impianti sia a scopo ricostruttivo che estetico. Verosimilmente potrebbe trattarsi di una predisposizione personale alla patologia, indipendentemente dalla ricostruzione. Tuttavia poiché in alcuni casi togliendo la capsula periprotesica le pazienti sono guarite, l’attenzione è doverosa. Soprattutto in presenza di sieromi freddi, che si manifestano con gonfiore alla mammella, senza che sia calda al tatto, rossa, dolente e infetta.
E’ vero che la ricostruzione comporta la perdita di sensibilità della zona?
La sensibilità non dipende dalla ricostruzione, ma dalla mastectomia, che va ad alterare la innervazione sensitiva.
Tutte le donne posso sottoporsi a ricostruzione?
No. Ma i casi per cui non è indicata sono veramente pochi. Si tratta per lo più di pazienti con un quadro della neoplasia tale da necessitare di cure (chemioterapia o radioterapia) immediate nel post operatorio, per cui, secondo l’oncologo, non si può rischiare un prolungamento della guarigione dovuta alla ricostruzione. Queste pazienti vengono prese in carico in differita: ovvero la ricostruzione viene effettuata dopo le terapie. L’inserimento delle protesi è sconsigliato anche quando la condizione generale della paziente è così compromessa per cui non è opportuno sovraccaricarla con un intervento sicuramente lungo il doppio (rispetto alla sola mastectomia), con qualche complicanza in più e con drenaggi da mantenere per qualche settimana