La dispnea può essere il campanello d’allarme di una patologia polmonare o cardiologica: al “Sacro Cuore Don Calabria” un percorso che facilita il paziente nella diagnosi

“Dottore, quando faccio uno sforzo ho il fiato corto”. E’ una delle espressioni più ricorrenti con cui i pazienti raccontano la dispnea, la sensazione soggettiva di difficoltà dell’atto respiratorio, non necessariamente sotto sforzo.

 

Spesso viene sottovalutata; si attende che passi; la si incolpa al sovrappeso, al raffreddore, alla mancanza di allenamento o al cambiamento del tempo e anche allo smog. Ma quando la sensazione di “fame d’aria” persiste e non si risolve spontaneamente in un breve lasso di tempo, può essere il campanello d’allarme di una patologia respiratoria oppure cardiaca, ma non è nemmeno da escludere una malattia muscolare o metabolica.

 

Al “Sacro Cuore Don Calabria”, nell’ambito della Pneumologia, di cui è responsabile il dottor Carlo Pomari, è attivo un ambulatorio multidisciplinare per lo studio della dispnea, che vede la collaborazione del pneumologo con il cardiologo.

 

 

“L’obiettivo dell’ambulatorio – spiega Pomari – è quello di ottenere una diagnosi completa dell’origine della dispnea, entro breve tempo, risparmiando così al paziente un tortuoso percorso tra gli esami necessari con il rischio che a trarre le conclusioni non sia una figura medica adeguata”.

 

Il paziente preso in carico dall’ambulatorio viene sottoposto inizialmente, tramite una serie di esami che avvengono nello stesso giorno, all’analisi dei flussi e dei volumi respiratori e della diffusione alveolo capillare (pletismografia corporea).

 

“Se dalle prove emerge qualche anomalia – prosegue il medico – si procede con ulteriori indagini a livello polmonare al fine di comprendere la causa dei valori alterati”. Se invece la pletismografia corporea è normale, il paziente nello stesso giorno prosegue il suo percorso e viene sottoposto alla visita cardiologica a cui segue l’Ecocardiocolordoppler.

“Di fronte ad un ulteriore esito negativo – sottolinea il dottor Pomari – si passa all’esame cardiopolmonare, cioè l’ergospirometria”. Si tratta di un test da sforzo eseguito con il paziente su una cyclette (cicloergometro) o su un tapis roulant.

 

“Durante la prova viene intensificato progressivamente lo sforzo fisico del paziente mediante l’aumento della resistenza opposta alla pedalata dal cicloergometro o attraverso l’incremento della velocità e della pendenza del tapis roulant – illustra il pneumologo -. Nel corso dell’esame vengono misurati i volumi polmonari e la diffusione alveolocapillare e nello stesso tempo l’attività elettrica del cuore tramite elettrocardiogramma. Il test viene interrotto dal paziente perché esausto dallo sforzo o dal cardiologo a causa di alterazioni cardiografiche che indicano una sofferenza del miocardio oppure in caso di bronco ostruzione acuta da sforzo in presenza di asma bronchiale”.

 

Ma se anche gli accertamenti cardiologici non rilevano alcuna anomalia? “Non sempre c’è una patologia in atto – sottolinea il dottor Pomari -. A volte l’unica indicazione che diamo al paziente è quella di perdere peso o di fare movimento, perché la dispnea è provocata da mancanza di allenamento o dal sovrappeso. L’importante è che siano accertate le cause oggettive di questa “fame d’aria” e questo può avvenire solo con degli esami specialistici. Tuttavia escluse le malattie polmonari (asma o BPCO) e quelle cardiologiche – conclude il pneumologo – il medico deve valutare se ci possono essere altre cause, ad esempio osteomuscolari, come nelle malattie reumatologiche, o metaboliche, come il diabete, o l’ipertensione polmonare primitiva e procedere ad ulteriori accertamenti”.

elena.zuppini@sacrocuore.it