Il ruolo della fisioterapia nella cura dei pazienti Covid19

Anche i fisiatri e i fisioterapisti hanno avuto un ruolo importante nella cura dei pazienti Covid sia di quelli ricoverati in terapia intensiva sia di coloro che sono stati seguiti nell’area non critica. L’esperienza del team guidato dalla dottoressa Silvia Bonadiman
Non solo infettivologi, pneumologi, internisti o rianimatori. Anche i fisiatri e i fisioterapisti hanno avuto un ruolo importante nella cura dei pazienti affetti da Covid 19. Soprattutto nel prevenire i danni alla mobilità dovuti al lungo allettamento o alla capacità polmonare, messa alla dura prova sia dal virus che dalla respirazione assistita. L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria dai primi di marzo ha ricoverato circa 200 pazienti, una trentina dei quali sono stati valutati e trattati dal punto di vista fisiatrico. A coordinare il team la dottoressa Silvia Bonadiman, fisiatra del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione, diretto dal dottor Renato Avesani. Con lei i fisioterapisti Vito Rigo, Luca Vallisari, Silvia Corlevich e Alessandra Frapporti.
“Siamo stati coinvolti a fine marzo per i pazienti ricoverati sia in Terapia Intensiva sia nell’area non critica”, spiega la dottoressa Bonadiman. “A differenza di quanto si pensava all’inizio della pandemia, il virus SARS CoV2 non si localizza solo a livello polmonare, ma interagisce anche con altri organi – prosegue il medico -. I pazienti sviluppano inoltre delle miopatie e nervopatie, una sofferenza del tessuto muscolare e nervoso tale che sembra di essere di fronte a una paralisi. Una situazione aggravata anche dalla lunga immobilità. Soprattutto i pazienti passati dalla Terapia Intensiva hanno avuto ricoveri di oltre un mese”.
Per i pazienti intubati non responsivi, i fisioterapisti si sono limitati a un trattamento passivo al fine di mantenere libere le articolazioni e prevenire i danni da allettamento. Ridotta progressivamente la sedazione, il loro apporto è stato importante per il cosiddetto svezzamento, cioè il passaggio dalla respirazione assistita alla respirazione autonoma. “Una volta avvenuto il trasferimento nell’area non critica, proseguivamo con gli esercizi respiratori, soprattutto per preparare i pazienti con tracheotomia alla rimozione della cannula”, spiega ancora Bonadiman. Dopo le dimissioni, i pazienti più anziani, già istituzionalizzati, hanno proseguito la fisioterapia nelle strutture, quelli che sono tornati a casa continuano il trattamento da esterni presso il Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione.
“Il Covid ha portato con sé un grande carico emotivo – prosegue la fisiatra -. Sia per i pazienti che per tanto tempo sono stati in ospedale completamente isolati anche dagli affetti più cari. Sia per noi operatori: raramente ho visto malati rimanere così a lungo in una condizione precaria, tra la vita e la morte, e, una volta superata la fase critica, necessitare ancora di alcune settimane prima di riacquistare un minimo di autonomia. Abbiamo purtroppo avuto delle perdite, ma tanti pazienti, anche gravi, sono ritornati alle loro famiglie. Certo con qualche conseguenza, ma nulla a confronto con quello che hanno passato. E per noi che abbiamo vissuto il Covid “dall’altra parte” è un motivo di soddisfazione”.
Nella foto da sinistra:
Alessandra Frapporti, Silvia Bonadiman, Vito Rigo, Silvia Corlevich e Luca Vallisari
Nuovo e unico ingresso: ecco cosa ospita

Da lunedì 22 giugno Ospedale Sacro Cuore Don Calabria ha un unico ingresso raggiungibile da viale Rizzardi. Non si tratta solo di un nuovo edificio, ma anche di una nuova organizzazione per facilitare l’accesso al paziente. Ecco quali sono gli uffici che si sono trasferiti nella hall
Con l’inaugurazione del nuovo ingresso in occasione della Festa del Sacro Cuore, l’Ospedale di Negrar ha dato vita a una nuova organizzazione per quanto riguarda l’accesso ai servizi rivolti al pubblico, con l’obiettivo di facilitare il percorso al paziente.
La grande hall – a cui si accede da viale Rizzardi o dai parcheggi interni con la rampa in via Ghedini – ospita molti degli uffici che erano dislocati in vari punti dell’ospedale.
Al piano terra si trovano:
- le accettazioni/prenotazioni dell’attività dei Poliambulatori
- dal 24 giugno l’accettazione di Oculistica, Cardiologia, Neurologia, Ginecologia e Centro di fertilità di coppia (prima collocata all’ingresso F)
- l’ufficio Cassa
- l’ufficio Relazioni con il pubblico/Segreteria Centrale
- Cartelle Cliniche
- Ritiro Referti
(foto Udali)
Inaugurata la nuova struttura d'ingresso dell'IRCCS Sacro Cuore

Sarà aperta al pubblico il 22 giugno la nuova struttura d’ingresso dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, inaugurata questa mattina in occasione della Festa patronale del Sacro Cuore. Una celebrazione ristretta a causa dell’emergenza Covid, seguita dalla Santa Messa presieduta dal vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti nella hall della stessa palazzina. (vedi foto interviste video in fondo a questo articolo)
La nuova struttura da lunedì prossimo diviene l’unica “porta di entrata” dell’ospedale, che avverrà così a metà di viale Rizzardi. Saranno quindi chiusi gli altri varchi (Sacro Cuore e Casa Perez) ad eccezione di casi eccezionali. In questo modo viene reso così più agevole l’accesso per il paziente ai vari servizi e, tramite percorsi definiti e coperti, a tutti i reparti del “Sacro Cuore”, del “Don Calabria” e ai Poliambulatori di casa Nogarè, tre edifici distinti e raggiungibili oggi solo esternamente valicando il vecchio ingresso, dalla sommità di viale Rizzardi.
La prima pietra del nuovo edificio è stata posata dal presidente della Regione Luca Zaia il 4 ottobre del 2017, pertanto la realizzazione è avvenuta in poco più di due anni, nonostante la pandemia Covid19, con un investimento di 25milioni di euro totalmente autofinanziato.
Nella nuova ala sono stati riuniti tutti gli sportelli di accettazione e prenotazione di visite ed esami precedentemente dislocati in varie parti dell’ospedale, e, al primo piano, i 14 ambulatori per i pre-ricoveri di tutte le 11 chirurgie. Recentemente è stato trasferito anche il Centro prelievi e trasfusionale. Tre piani interrati sono stati adibiti a parcheggi, per un totale di 308 posti, collegati con gli ascensori ai successivi piani della palazzina. La sosta è di 1 euro all’ora poi 30 centesiami ogni 15 minuti. Il primo quarto d’ora è gratuito.
Un tunnel al piano terra collega la nuova struttura al “Sacro Cuore” e al “Don Calabria”, mentre un altro sotterraneo porta il paziente a Casa Nogarè, dove sono i Poliambulatori.
Sempre con l’obiettivo di agevolare il percorso ospedaliero del paziente, sono stati introdotti anche dei supporti informatici che consentiranno al paziente stesso di gestire in piena autonomia, per esempio, l’accettazione e il pagamento del ticket, riducendo i tempi di attesa.
Il nuovo edificio è il primo step di un progetto di riqualificazione complessiva dell’Ospedale di Negrar che ha come obiettivo l’adeguamento della struttura all’esponenziale sviluppo medico-scientifico e tecnologico che il nosocomio ha avuto negli ultimi decenni, anche dal punto di vista dell’immagine. I lavori di riqualificazione continueranno negli anni con l’ampliamento del Pronto Soccorso; un nuovo reparto di Oncologia e un Centro di Ricerca per le Malattie Infettive e Tropicali.
“Davanti a noi abbiamo una struttura bella e moderna che cambierà profondamente l’organizzazione e i percorsi all’interno dell’ospedale – ha detto il presidente dell’Ospedale di Negrar, fratel Gedovar Nazzari – E la bellezza, in questo caso, non è solo una questione esteriore. Io penso che in un’opera come la nostra, che è nata dal Carisma di San Giovanni Calabria, la bellezza degli ambienti abbia un valore carismatico. La bellezza è il segno dell’attenzione, della cura e, perché no, dell’amore che la nostra mission ci chiede di dedicare ad ogni malato, perché ogni malato con le sue sofferenze è una perla preziosa agli occhi di Dio”.
La centralità della persona è essenziale, per questo occorre garantire innovazione, aggiornamento, strumentazioni all’avanguardia, semplicità di accesso”, ha sottolineato l’amministratore delegato, Mario Piccinini. “Continuiamo il nostro lavoro con una struttura ‘green’, più digitale, con spazi grandi più a misura delle esigenze dei pazienti. La nostra formula ‘no profit’ di totale investimento degli utili direttamente nell’ospedale, vuole essere la garanzia di come si può continuamente crescere puntando solo al benessere dei pazienti”. E ha aggiunto: “Abbiamo pensato questa struttura quattro anni fa prima della pandemia, ma risponde alla logica che il paziente deve entrare in ospedale solo quando serve. Il tema della medicina dei prossimi anni sarà l’antibiotico resistenza, quindi questa nuova struttura oltre a facilitare l’accesso del paziente in ospedale ha anche l’obiettivo di proteggerlo da virus e batteri”.
La cerimonia del taglio del nastro ha visto anche la scopertura della statua di San Giovanni Calabria, collocata all’ingresso della nuova struttura, da parte del superiore generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, don Miguel Tofful. L’opera del Maestro Albano Poli è alta 2,30 metri ed è stata realizzata interamente in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa. Poli fu uno dei “buoni fanciulli” aiutati da San Giovanni Calabria durante e dopo la seconda guerra mondiale. “Avere la possibilità di realizzare una scultura dedicata ad un santo che si è avuto la possibilità di incontrare personalmente e che ha sicuramente lasciato un segno nel mio animo grazie al suo operato, è un onore che non credo ricapiterà”, ha detto commosso
Ma la statua che ritrae il Fondatore dell’Ospedale di Negrar non è l’unica opera d’arte ospitata nella nuova struttura. E’ stata collocata anche “La Quercia della Speranza” del Maestro Marco Bonamini, ispirata all’idea che san Giovanni Calabria aveva dell’Opera da lui fondata: una realtà terrena che prende però nutrimento dal Cielo non dalla terra. Come l’albero rovesciato creato da Bonamini: un’opera che con i suoi 8 metri (per 12 quintali di peso) copre un’altezza che va dal secondo al quarto piano. La scultura in ferro battuto è stata collocata all’interno del vano luminoso nella parte centrale dell’edificio attorno al quale sono disposte le sale riunioni. La chioma è composta da 3.500 foglie battute a mano.
Nelle immagini (foto Ennevi/Udali) la cronaca della giornata:
- Il piano terra della struttura con 19 sportelli per le prenotazioni/accettazioni
- La grande hall d’ingresso con al centro il front office per le informazioni
- I parcheggi: 3 piani per 308 posti
- Il primo piano dedicato agli ambulatori per i prericoveri e prelievi
- Il totem con il quale i pazienti si registrano autonomamente all’arrivo per il prericovero
- Il tunnel che collega il nuovo ingresso con il “Sacro Cuore” e il “Don Calabria”
- Gli interventi della direzione durante la cerimonia
- La benedizione di don Miguel Tofful della statua che rappresenta San Giovanni Calabria
- Il taglio del nastro: da sinistra: il dottor Fabrizio Nicolis (direttore sanitario), fratel Gedovar Nazzari (presidente), il dottor Mario Piccinini (amministratore delegato), don Migue Tofful (superiore generale dell’Opera Don Calabria) e il dottor Claudio Cracco (direttore amministrativo)
- Il maestro Albano Poli, autore della statua di San Giovanni Calabria
- La Messa presieduta dal vescovo di Verona Giuseppe Zenti
- Un momento della celebrazione eucaristica
- Marco Bonamini, autore de “La quercia della speranza”, l’albero rovesciato simbolo dell’Opera Don Calabria
Prenotazione on line anche per gli esami radiologici

Anche per gli esami radiologici che vengono effettuati al Centro Diagnostico di via San Marco è attiva la prenotazione on line attraverso il il sito www.sacrocuore.it.
La prenotazione degli esami radiologici in libera professione ( a pagamento) diventa più semplice. E’ attivo, infatti, il “canale” on line, che si affianca a quello telefonico (045.6014844). Se si vuole prenotare una radiografia convenzionale, piuttosto che una Risonanza Magnetica o una mammografia erogate al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 (Verona), basta andare sul sito www.sacrocuore.it e cliccare il bottone “Prenota visita/esami”.
Dopo aver scelto la specialità “Radiologia”, si procede cliccando il tipo di esame (per esempio ecografia), il distretto da indagare (es: ecografia addome completo), il giorno e l’ora. Compare anche l’indicazione del costo.
La prenotazione on line degli esami radiologici, è solo una delle novità introdotte per facilitare l’accesso del paziente alle prestazioni. Ricordiamo la prenotazione on line delle visite in libera professione (con la stessa modalità degli esami radiologici) e dei prelievi e degli esami di laboratorio (www.sacrocuore.it bottone “Prelievo senza coda”)
Gli ospedali di don Calabria in rete contro il CoVid

Mentre il “Sacro Cuore” è ormai da qualche giorno senza più pazienti CoVid, la situazione è più critica in altre strutture sanitarie dei Poveri Servi della Divina Provvidenza e in particolare nell’ospedale di Marituba, alle porte dell’Amazzonia. Ecco come come gli ospedali dell’Opera affrontano l’emergenza facendo sistema tra loro
OSPEDALI CALABRIANI IN RETE
Da alcuni giorni il “Sacro Cuore” è “Covid free”, in quanto anche l’ultimo paziente positivo al virus è stato dimesso. Una bellissima notizia dopo tre mesi trascorsi in prima linea con tanti ammalati che si sono alternati nei 100 posti messi a disposizione dall’ospedale per il CoVid tra degenze in reparto, terapia sub-intensiva e intensiva. In ogni caso l’ospedale resta pronto per accogliere eventuali nuovi positivi essendo un riferimento per le malattie infettive e tropicali.
Purtroppo però la situazione non è così tranquillizzante nelle altre strutture sanitarie dell’Opera Don Calabria nel mondo: oltre all’IRCCS di Negrar ci sono anche l’Hospital Divina Providencia di Marituba (nord del Brasile), il “Divina Providencia” di Luanda (Angola) e centro medico “Bro. Perez” di Manila (Filippine) che in questi mesi di emergenza CoVid sono impegnate nella lotta contro il virus. Ed ora è soprattutto l’ospedale brasiliano a soffrire per la pandemia.
Fin dal mese di marzo, quando l’emergenza riguardava soprattutto l’Italia, le quattro strutture che fanno parte del “Sistema Calabriano di Sanità” sono state in contatto fra loro con riunioni periodiche per condividere le procedure e le informazioni utili per dare un’assistenza capace di stare al passo con i grandi bisogni del momento. In particolare il Sacro Cuore sta facendo da capofila fin dallo scorso 25 marzo, data del primo incontro online con la direzione dell’ospedale di Luanda.
Ecco una panoramica della situazione negli ospedali del Sistema Calabriano di Sanità…
MARITUBA
Lo stato del Parà, facendo parte della regione amazzonica, è uno dei più colpiti dalla pandemia che in quelle zone non ha ancora raggiunto il picco. Tra le vittime della malattie, purtroppo, c’è anche il direttore sanitario dell’ospedale calabriano, dottor Avelar Feitosa, deceduto lo scorso 27 aprile.
L’HDP di Marituba è uno degli ospedali che il governo dello Stato ha destinato alla presa in carico di pazienti con Covid-19. Dalla fine di marzo i programmi di assistenza dell’ospedale sono stati modificati e si è cominciato a sviluppare i protocolli specifici per il nuovo coronavirus. L’HDP è stato diviso in due settori. Uno riservato ai pazienti non sospetti per Covid-19, l’altro per i pazienti sospetti. La separazione avviene fin dal triage e dal pronto soccorso. Nella parte riservata ai pazienti Covid è stato allestito un reparto di degenza con 23 letti, inoltre è stato potenziato il servizio di terapia intensiva con capacità fino a 16 letti.
Uno dei maggiori problemi da affrontare è stata finora la carenza dei dispositivi di protezione individuale e dei respiratori. In parte tale problema è stato risolto grazie a progetti ad hoc promossi dall’Opera Don Calabria insieme all’Unione Medico Missionaria Italiana e dall’Associazione “Amici di monsignor Pirovano”.
LUANDA
In Angola resta molto limitato a poche decine il numero di casi di CoVid. Tuttavia nel Paese sono in vigore norme molto restrittive fin dal mese di marzo per prevenire il contagio. L’Hospital Divina Providência di Luanda ha dovuto adattarsi ed entrare anch’esso in modalità emergenza: ha sospeso le visite specialistiche e le visite mediche di routine. Le cinque unità periferiche hanno mantenuto in funzione solo il servizio per le urgenze e i vaccini. Nell’unità centrale, invece, continuano ad essere seguite le urgenze, è attivo il laboratorio, la farmacia, i centri per l’HIV e la TB e i due reparti adulti e bambini per garantire l’assistenza sanitaria nei limiti del possibile, rispettando anche tutte le disposizioni in materia di biosicurezza. La difficoltà maggiore rimane la reperibilità dei DPI (dispositivi di protezione individuale) e la forte speculazione sui prezzi di materiali ed equipaggiamenti sanitari, dovuta anche alla crisi economica che affligge il paese ormai da qualche anno. L’ospedale cerca di sostenere anche il suo stesso personale sanitario, attraverso corsi di formazione specifici per spiegare a tutti i collaboratori come prevenire i contagi e mostrare le migliori pratiche da adottare sull’utilizzo dei DPI e infine si è attivato per l’autoproduzione di mascherine. Anche in questo caso l’Amministrazione Generale dei Poveri Servi e l’Unione Medico Missionaria Italiana hanno dato un supporto in termini di progetti per far fronte alle necessità più immediate.
FILIPPINE
Dopo il lockdown imposto nel Paese dal 15 marzo il Centro Medico “Bro. Francisco Perez”, essendo una piccola struttura poliambulatoriale, ha chiuso i battenti per alcune settimane non essendo attrezzata per affrontare l’eventuale diffondersi del contagio. Dopo un percorso di preparazione del personale e di dotazione dei dispositivi di protezione, anche con l’aiuto del settore progetti della Congregazione, il Centro Medico ha potuto riaprire lo scorso 18 maggio predisponendo tutte le misure di sicurezza per la salute dei propri operatori e dei pazienti stessi: viene garantito il distanziamento sociale e vengono utilizzati guanti, mascherine, occhiali di protezione. Rimangono i servizi ambulatoriali ed è stato riorganizzato l’accesso degli utenti predisponendo un’area triage fuori dalla clinica, in cui viene fatta anche un’intervista mirata basata su modello standard del Ministero della Salute filippino per garantire l’esclusione dei paziente sospetti, i quali vengono a loro volta reindirizzati alle strutture dedicate alla cura del Covid-19. Al momento la clinica presta servizio “Free Covid”, proprio per garantire l’assistenza dei tanti altri problemi di salute che continuano ad affliggere la popolazione locale e che ora più che mai non vanno dimenticati.
matteo.cavejari@sacrocuore.it
Per la logopedia ai tempi del Coronavirus ci vuole il... plexiglass

La terapia logopedica richiede che la bocca sia del paziente che del terapeuta sia ben visibile, cosa difficile se è necessario indossare la mascherina. La soluzione arriva da un divisorio in plexiglass adottato dal Servizio di riabilitazione cognitiva e logopedia
Sembra il classico uovo di Colombo, ma è forse l’unico modo per proseguire la terapia logopedica ai tempi del Coronavirus. La soluzione l’hanno trovata le logopediste del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa, diretto dal dottor Renato Avesani. Si tratta di un divisorio in plexiglass tra l’operatore e il paziente, che consente di lavorare in piena sicurezza senza indossare la mascherina e gli altri dispositivi di protezione individuale.
“Quando sono riprese progressivamente le attività ospedaliere, ci siamo chiesti come potevamo proseguire una terapia per la quale è fondamentale che la bocca sia visibile”, spiega la dottoressa Maria Grazia Gambini, psicologa e coordinatrice del servizio di Riabilitazione cognitiva e logopedia. “Infatti il terapeuta deve mostrare al paziente i movimenti per emettere un determinato suono o verificare le capacità del paziente di effettuare questi movimenti non solo della bocca, ma anche della lingua e della guance. Abbiamo così pensato di mutuare per la nostra attività, un divisore in plexiglass, un ausilio che troviamo in molti uffici e anche nei negozi, il quale, tra l’altro, ci consente di ovviare il problema dovuto al fatto che molti dei nostri pazienti non riescono a tenere la mascherina”, sottolinea la dottoressa Gambini.
Una soluzione molto semplice, che si sta verificando anche un utile strumento di lavoro. “Possiamo così lavorare non solo su una superficie orizzontale, ma anche verticale sulla quale scrivere e mostrare delle immagini. Questo consente per esempio di ampliare le possibilità per i pazienti con problemi di disturbi del campo visivo o affetti da negligenza visuo-spaziale”, precisa la psicologa.
Del Servizio di Riabilitazione cognitiva e logopedia fanno parte 4 logopediste e una fisioterapista esperta in questo ambito ed è coordinato, appunto, da una psicologa per la presa in carico completa del paziente sia degente che esterno.
“Il campo della riabilitazione cognitiva, del linguaggio e della comunicazione si occupa di una vasta gamma di disturbi in base alla tipologia del paziente. I problemi infatti sono diversi a seconda se ci troviamo di fronte a degli esiti da ictus, da grave emorragia cerebrale o da trauma cranico”, precisa la dottoressa Gambini.
Il paziente colpito da ictus presenta dei problemi molto caratterizzati: se l’emisfero del cervello danneggiato dall’ischemia è quello sinistro, i disturbi maggiori sono a livello del linguaggio. Se è quella destro, invece, ad essere compromessa è soprattutto l’organizzazione spaziale, fino, nei casi più gravi, al non riconoscimento da parte del paziente di tutto ciò che è collocato a sinistra anche il lato del proprio corpo.
“Più complessa è la situazione nel caso di un paziente colpito da trauma cranico o da emorragia, quando ad essere interessate dal danno sono vaste aree cerebrali – sottolinea la psicologa -. I disturbi sono diversi da persona a persona e possono riguardare numerose funzioni: la memoria, l’attenzione, il pensiero, la personalità. .
Fondamentale è il ruolo delle logopediste anche nel caso di riabilitazione della voce e della deglutizione. Vengono infatti trattati casi di disfonia (difficoltà di emissione dei suoni), disartria (difficoltà nell’articolazione delle sillabe) e disfagia.
“Con l’emergenza Covid-19 anche tutta l’attività riabilitativa in generale ha subito un deciso rallentamento – conclude la dottoressa Gambini -. Da alcune settimane abbiamo progressivamente ripreso con tutte le misure necessarie di protezione personale sia per gli operatori sia per i pazienti. Questo ci consente di proseguire con serenità un servizio per il quale il contatto operatore- paziente è fondamentale oltre che necessario”.
elena.zuppini@sacrocuore.it
Il "Sacro Cuore a Verona" ha ripreso visite ed esami a pieno ritmo

Come l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha ripreso a pieno ritmo le attività dopo l’emergenza Covid, così anche il suo Centro a Verona (in via San Marco 121). Naturalmente l’accesso richiede il rispetto di tutte le misure anticontagio
Dopo l’interruzione dovuta all’emergenza Covid, il “Sacro Cuore a Verona” ha ripreso a pieno ritmo tutte le attività. Il complesso dell’ospedale di Negrar che si trova nel capoluogo scaligero (via San Marco 121) comprende il Centro Diagnostico Terapeutico, la Medicina dello Sport, la Riabilitazione Ortopedica e Traumatologia dello Sport, il Centro Odontostomatologico e ASD Polisportiva Don Calabria. Tutti gli accessi avvengono nel rispetto delle misure di anticontagio: misurazione della temperatura corporea, distanziamento sociale, uso della mascherina, detersione delle mani e sanificazione frequente dell’ambiente. Per i piccoli interventi, esami particolari o prestazioni dentistiche vengono assunte ulteriore misuri. Si raccomanda sempre di non recarsi presso i Centri con una temperatura superiore ai 37,5 e con sintomi riconducibili al Covid.
Centro Diagnostico Terapeutico
Al Centro medico offrono prestazioni libero-professionali gran parte dei medici (tra cui molti primari) dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Inoltre vengono effettuati esami radiologici, ckech up e interventi di day surgery.
Prenotazioni:
- on line: www.sacrocuore.it bottone “Prenota visite/esami”
- Tel. 045.6014844 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17
- Direttamente al Centro: dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 19; il sabato dalle 8 alle 12
Medicina dello Sport
Il Centro offre un servizio integrale non solo all’atleta professionista ma anche alle società, alle associazioni sportive e ai singoli che operano nei settori amatoriale e dilettantistico.
Prenotazioni:
- Tel. 045. 6013600 dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 14
- Presso la segreteria con lo stesso orario
Riabilitazione Ortopedica e Traumatologia dello sport
Sono riprese le prestazioni di fisioterapia e le visite private in attività istituzionale a pagamento e in libera professione e anche le onde d’urt:o dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 19
Prenotazioni:
- Tel. 045.6013980 dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 18.30
- Presso il Centro nello stesso orario
Centro Odontostomatologico
In via San Marco si trova una delle due sedi del Centro Odontostomatologico dell’Ospedale di Negrar, dove, precisamente viene svolta l’attività libero professionale
Prenotazioni:
- Tel. 045.601.46.50 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17
ASD Polisportiva
Idrossiclorochina e malati reumatici: timori infondati

La sospensione da parte dell’AIFA dell’utilizzo dell’idrossiclorochina per i malati Covid, se non all’interno di studi clinici, ha creato preoccupazione tra i malati reumatici che lo usano da molti anni. “L’allarme sui possibili gravi effetti collaterali in campo reumatologico è del tutto ingiustificato e non confermato dalla mia lunghissima esperienza clinica”, dice il reumatologo Antonio Marchetta
Fin dall’inizio della pandemia da Coronavirus, si è parlato molto di Clorochina e Idrossiclorochina per il loro utilizzo nel trattamento dei pazienti affetti da Covid-19. E’ di pochi giorni fa la notizia delle sospensione di tutti gli studi promossi dall’OMS che prevedono l’impiego a scopo terapeutico delle molecole, seguita dalla decisione di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) di bloccare ogni uso, sia a scopo terapeutico sia preventivo, se non all’interno di sperimentazioni cliniche. Secondo la nota AIFA, la motivazione è dovuta all’esito di alcuni studi clinici che non avrebbero confermato la sua efficacia nel trattamento della infezione da Covid-19 e da un riportato aumento degli effetti collaterali, talora anche gravi. Studi pubblicati da riviste scientifiche prestigiose, come Lancet e New England Journal of Medicine, sui quali pesano dei grossi dubbi, tanto che l’OMS ha annunciato di voler riprende gli studi sull’idrossiclorochina.
Questa notizia ha creato non poco allarme tra i pazienti reumatici generando anche una certa loro diffidenza nei confronti dell’efficacia del farmaco e una allerta circa nuovi effetti indesiderati.
E’ quindi fondamentale, in questo momento di confusione mediatica, rasserenare e rassicurare i pazienti reumatici affetti da artrite reumatoide, Lupus eritematoso, sindrome di Sjogren e connettiviti varie sull’efficacia e sicurezza del Plaquenil con l’invito a non sospendere assolutamente il farmaco che è stato loro prescritto dal Reumatologo di fiducia.
Che cos’è l’Idrossiclorochina ovvero il Plaquenil
Il Plaquenil è un vecchio farmaco nato per il trattamento e la profilassi della malaria, oggi sempre meno utilizzato per questa indicazione. Viceversa in Reumatologia, pur essendo impiegato da moltissimi anni, è attualmente ancora uno dei farmaci essenziali nella terapia di patologia autoimmuni, come l’artrite reumatoide, il Lupus eritematoso sistemico e cutaneo e di numerose altre forme di connettivite come la Sindrome di Sjogren, la Sclerodermia cutanea e sistemica, quando vi sono aspetti di impegno articolare. E’ infatti un farmaco immunomodulante in grado cioè di modulare la risposta immunitaria quando questa diviene esuberante e fuori controllo come accade appunto nelle malattie reumatiche.
Perché l’uso off-label per i malati Covid
Alcuni studi in vitro hanno evidenziato che l’Idrossiclorochina possiede un’attività antivirale anche sul virus SARS-CoV-2 (oltre agli altri Coronavirus) attraverso un meccanismo in grado di bloccare la replicazione virale e di concentrarsi in maniera significativa a livello delle cellule polmonari dove è maggiormente presente il patogeno.
Dal momento in cui AIFA (agli inizi di marzo) ne aveva autorizzato l’uso off-label (fuori indicazione da scheda tecnica) nell’ambito di studi clinici vi è stato un susseguirsi continuo di conferme e smentite circa efficacia e sicurezza dell’Idrossiclorochina nel trattamento della infezione da Covid-19.
Nelle fasi iniziali della pandemia i pazienti reumatici hanno avuto non poche difficoltà a reperire il Plaquenil, poiché tante persone ne hanno fatto un uso indiscriminato e la produzione del farmaco da parte della Azienda Farmaceutica era stata destinata in gran parte per le Farmacie Ospedaliere che lo distribuivano direttamente ai pazienti affetti dal Covid per la cura a domicilio.
Perché i malati reumatologici non devono temere
Nel corso della mia lunga attività clinica, ho prescritto il Plaquenil a moltissimi pazienti reumatologici e tanti di loro continuano ad assumerlo da parecchi anni ininterrottamente. Raramente mi è capitato di doverlo sospendere per effetti collaterali, sempre reversibili e di modesta entità.
Ovviamente tutti i farmaci, in generale, e gli antireumatici, in particolare, possono dare luogo ad effetti collaterali più o meno importanti e specifici. Compito del reumatologo è conoscerli, condividerli e prevenirli con una attenta raccolta dei dati anamnestici e delle patologie pregresse o in atto nel paziente. Nella relazione di visita consegnata al paziente e rivolta al medico di famiglia, accanto alla prescrizione del farmaco e al suo dosaggio, viene riportato un promemoria sugli effetti collaterali e la necessità di sospendere il trattamento stesso e sul monitoraggio bioumorale e strumentale.
L’allarme creato in questi giorni sui possibili gravi effetti collaterali legati all’utilizzo del Plaquenil è, a mio modesto avviso, del tutto ingiustificato e non confermato dalla mia lunghissima esperienza. Gli effetti collaterali registrati negli studi sull’impiego in pazienti Covid sono da ricondurre alla prescrizione del farmaco a dosaggi molto più alti di quelli che utilizziamo di norma in reumatologia, spesso in associazione con altri farmaci che ne potenziano gli effetti collaterali e verosimilmente senza una adeguata indagine anamnestica sulle patologie del paziente.
In sintesi le problematiche principali legati alla assunzione del Plaquenil sono rappresentate dalla sua potenziale tossicità a livello oculare, dove può depositarsi nella retina formando accumuli di idrossiclorochina, e all’aumento della pressione dell’occhio (fattore di rischio per il glaucoma). Anche la comparsa di sindrome pruriginosa e dermatite possono portare alla sospensione del farmaco. E’ controindicato in pazienti affetti da favismo (condizione rara legata ad un deficit congenito di un enzima) che possono andare incontro ad una emolisi e in pazienti con alterazioni del ritmo cardiaco (allungamento del Q-T) o recente fatto ischemico miocardico.
Quindi esorto ancora i pazienti reumatici a non abbandonare la terapia con il Plaquenil e a rivolgersi sempre al proprio reumatologo di fiducia con cui hanno condiviso la scelta terapeutica.
Dottor Antonio Marchetta
responsabile del Servizio di Reumatologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria
Giornata del sollievo: l'attività della Terapia Antalgica contro il dolore

In occasione della Giornata Nazionale del Sollievo, che si celebra il 31 maggio, presentiamo l’attività della Terapia Antalgica che ha come obiettivo quello di curare il dolore cronico benigno ed oncologico attraverso l’approfondimento diagnostico e con l’ausilio di procedure farmacologiche ed interventistiche.
Domenica 31 maggio si celebra la XIX Giornata Nazionale del Sollievo, istituita nel 2001 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri allo scopo di “promuovere e testimoniare, attraverso idonea informazione e tramite iniziative di sensibilizzazione e solidarietà, la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica e morale in favore di tutti coloro che stanno ultimando il loro percorso vitale, non potendo più giovarsi di cure destinate alla guarigione”.
Tra gli enti promotori – insieme al Ministero della Salute e alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome – la Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti, nel cui sito viene sottolineato che “nel corso degli anni, andando incontro ai bisogni reali dei cittadini, la mission della Giornata si è estesa alla diffusione della cultura del sollievo dalla sofferenza in tutte le condizioni di malattia ed esistenziali, pur mantenendo un posto di rilievo la fase terminale della vita”.
L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è da sempre impegnato nel trattamento del dolore, con vari percorsi dedicati. Tra questi l’Unità Operativa Semplice di Terapia Antalgica, che fa parte del Dipartimento di Anestesia Rianimazione e Terapia Antalgica diretto dal dottor Massimo Zamperini.
“La Terapia Antalgica ha come obiettivo la diagnosi e la cura del dolore – spiega il responsabile, dottor Gerardo Serra -. In particolare si pone di curare il dolore cronico benigno ed oncologico attraverso l’approfondimento diagnostico e con l’ausilio di procedure farmacologiche ed interventistiche”. Le patologie maggiormente trattate riguardano il dolore vertebrale, cranio-facciale ed oncologico.
L’attività è rivolta ai pazienti degenti presso i vari reparti e a quelli esterni attraverso un ambulatorio dedicato. Quotidianamente viene svolta una seduta operatoria per i pazienti che necessitano di procedure antalgiche interventistiche. “Ogni anno vengono eseguite circa 200 procedure di vertebroplastica e altrettante procedure endoscopiche vertebrali. Sono invece circa 80 gli interventi di termorizotomia del trigemino. Si tratta di una tecnica chirurgica (eseguita ambulatorialmente con sedazione) che consiste nell’eliminazione del dolore tramite una lesione termica controllata della branca del nervo interessata, lasciando inalterata la sensibilità del viso”.
Sono anche altri i trattamenti chirurgici effettuati dalla Terapia Antalgica: l’iniezione epidurale di steroidi, l’impianto di pompe programmabili per l’infusione di farmaco; il posizionamento di cateteri intratecali; l’alcolizzazione del plesso celiaco; la cordotomia cervicale percutanea; i blocchi della faccette articolari e la stimolazione midollare.
Nella foto l’équipe della Terapia Antalgica
Covid-19 e tumori: il prof. Alongi autore di una guida internazionale pubblicata da Lancet Oncology

Il prof. Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata, è l’unico autore italiano di una guida tradotta in 23 lingue che riassume e completa tutte le raccomandazioni di 63 Società Scientifiche dedicate alla gestione del paziente oncologico durante la pandemia Covid-19
Rinunciare alle cure o recarsi in ospedale, con il timore di essere contagiati. E’ una delle tante preoccupazioni che vivono i pazienti oncologici in questi mesi di pandemia da CoVid-19, spesso disorientati da mille informazioni, non sempre attendibili.
Proprio con l’obiettivo di guidare e supportare coloro che in tutto il mondo sono affetti da tumore è nato un vademecum tradotto in 23 lingue, dove sono riportati i comportamenti e le misure da adottare da parte del malato di cancro ma anche degli operatori sanitari e degli stessi centri oncologici per prevenire e trattare l’infezione da SARS CoV2.
Il lavoro scientifico è stato pubblicato nei giorni scorsi dalla rivista Lancet Oncology (https://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(20)30278-3/fulltext), a firma di quattro autori, tra cui quella di Filippo Alongi, unico italiano, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e professore associato all’Università di Brescia.
La pubblicazione è nata grazie alla collaborazione di 48 medici provenienti da 27 Paesi che hanno rivisto e sintetizzato le linee guida sulla gestione del paziente oncologico in caso di pandemia, redatte da 63 società di oncologia, tra cui, per l’Italia, AIOM e AIRO. Le raccomandazioni che sono scaturite sono state tradotte in 22 lingue, al fine di consentirne l’accesso anche ai pazienti che non conoscono l’inglese. A breve saranno 23 con l’introduzione della versione in urdu. I testi e le traduzioni sono disponibili sui siti web della European Cancer Patient Coalition e della Hellenic Cancer Federation.
“A causa della pandemia i pazienti oncologici si trovano ad affrontare circostanze senza precedenti e sono alla ricerca continua di informazioni – afferma il professor Alongi -. Troppo spesso si affidano a fonti non attendibili, come il famoso “dottor Google”, anche per l’immediata comprensione dei loro contenuti. Il documento pubblicato da una rivista prestigiosa come Lancet Oncology contrasta queste fonti coniugando la semplicità del linguaggio con la solidità delle basi scientifiche. Una comunicazione di questo tipo diventa di fondamentale importanza per ridurre il rischio di contrarre il virus da parte del paziente e migliorare la sua qualità di vita”.
Una guida divisa in sei aree di interesse
Il documento è suddiviso in sei aree di interesse. La prima riguarda la definizione di rischio per chi è affetto da tumore, con la raccomandazione di rivolgersi sempre allo specialista per capire il livello di rischio personale.
L’importanza di applicare tutte le misure igieniche e comportamentali per evitare l’infezione è oggetto della seconda area, mentre la terza si focalizza su cosa fare se il paziente presenta sintomi riconducibili al Covid-19. Gli esperti sottolineano non solo che attualmente non ci sono né farmaci né vaccini che trattino o prevengano l’infezione da nuovo Coronavirus, ma anche che non ci sono prove scientifiche relative all’efficacia di interventi dietetici, medicine complementari e alternative o integratori al fine di dissuadere la tendenza, non poco diffusa, di assumere regimi alimentari o sostanze che possono essere nocive.
La quarta area di raccomandazione è relativa alla salute mentale del paziente oncologico già messo duramente alla prova a causa dell’ansia causata dal cancro. Esercizio fisico, attività creative, qualità del tempo in famiglia sono alcuni dei suggerimenti dati. Tuttavia quando il livello di stress diventa non più affrontabile è necessario rivolgersi al proprio medico.
Situazione possibile solo quando esiste un forte rapporto di fiducia tra medico e paziente (tema della quinta area), in modo tale che il paziente condivida la decisione sia di rimandare i trattamenti, se ci sono le condizioni, sia di continuarli se è necessario anche durante la pandemia. Il paziente deve avere la percezione che il suo team di oncologi sia a disposizione per supportarlo, evitando così che prenda decisioni autonome dettate dalla paura.
Infine la sesta aera di raccomandazione riguarda le procedure per il contenimento del contagio che devono adottare i centri oncologici.