Chirurgia bariatrica Irccs ospedale Sacro Cuore Don Calabria

Il "Sacro Cuore" è Centro accreditato per la chirurgia bariatrica

Chirurgia bariatrica Irccs ospedale Sacro Cuore Don Calabria

Il riconoscimento porta la firma della SICOB, la società scientifica che riunisce gli specialisti italiani di chirurgia bariatrica, e certifica il livello qualitativo raggiunto dai chirurghi di Negrar nella presa in carico di pazienti fortemente a rischio a causa del loro grave sovrappeso. Nel 2020 sono 60 i pazienti trattati

L’ospedale Sacro Cuore Don Calabria è Centro accreditato per il trattamento chirurgico dell’obesità.

Il riconoscimento porta la firma della SICOB, la società scientifica che riunisce gli specialisti italiani di chirurgia bariatrica, e certifica il livello qualitativo raggiunto dai chirurghi di Negrar nella presa in carico di pazienti fortemente a rischio a causa del loro grave sovrappeso.

Dr. Roberto Rossini

Un traguardo concretizzato in soli cinque anni, tanto è il tempo trascorso dal primo intervento effettuato dalla Chirurgia bariatrica del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretta dal dottor Giacomo Ruffo e di cui è responsabile il dottor Roberto Rossini.

Un centro che risponde a tutti i requisiti SICOB

“Il nostro Centro è stato accreditato in quanto possiede tutte le caratteristiche imposte dalla SICOB”, spiega il dottor Rossini. “Innanzitutto la presenza in loco di una terapia intensiva e l’applicazione di un percorso formalizzato (PDTA) per la selezione dei pazienti, effettuata da un’équipe che comprende oltre ai chirurghi bariatrici, medici gastroenterologi, dietisti e psicologi. La buona riuscita dell’intervento, cioè il calo ponderale e il mantenimento nel tempo, dipende infatti tanto dall’abilità chirurgica quanto dalla selezione del candidato, che deve essere in grado di sostenere psicologicamente un radicale cambiamento di stili di vita e anche di immagine corporea”.

Nel 2020 trattati 60 pazienti, il 10% Re-Do Surgery

Sono stati 60 i pazienti trattati a Negrar nel 2020, un volume di attività superiore ai 50 casi fissati dalla SICOB. Tra questi il 20% proviene da fuori regione e una percentuale non irrilevante (il 10%) riguarda i cosiddetti Re-Do Surgery, cioè pazienti, giunti da altri ospedali, che si sono rivolti a Negrar per un secondo intervento, a causa di complicazioni dovute alla prima procedura chirurgica o per fallimento nella perdita di peso. La maggior parte sono donne e l’età media è di 39 anni. Nel primo anno la quasi totalità della pazienti ha ottenuto il calo ponderale

Sono tre le procedure chirurgiche laparoscopiche eseguite

“La SICOB richiede come requisito l’esecuzione di almeno tre procedure bariatriche – spiega Rossini – Il nostro Centro effettua la sleeve gastrectomy, una metodica ampiamente utilizzata a livello mondiale. SI tratta dell’asportazione laparoscopica di buona parte dello stomaco, che assume la forma di un tubo collegato al duodeno. Il risultato è un maggior senso di sazietà, non solo per la riduzione dello spazio di contenimento del cibo, ma anche perché viene esportata quella parte dello stomaco che produce la grelina, il cosiddetto ormone della fame. Le altre due metodiche da noi praticate – il bypass ed il mini bypass gastrico – vengono utilizzati in casi selezionati ed hanno un ruolo importante nel trattamento di alcune complicanze o nella Re-Do surgery. Sempre eseguite mediante tecnica laparoscopica, entrambe vanno a creare in maniera differente, una piccola sacca gastrica collegata direttamente al piccolo intestino”. Tutti i pazienti nel post operatorio vengono seguiti con il protocollo ERAS, che consente una rapida ripresa e abbatte il rischio di complicanze.

Il 70% dei pazienti nel primo anno rispetta il follow up

Altro elemento qualificante riguarda il follow up. “Il 70% dei nostri pazienti effettua almeno fino al primo anno post intervento tutti i controlli periodici (contro il 50% richiesto per essere centro accreditato). La percentuale diminuisce inevitabilmente negli anni seguenti”.

La collaborazione con la Chirurgia Plastica

Un valore aggiunto del Centro di Negrar (non richiesto per la certificazione) è la presenza al “Sacro Cuore Don Calabria” della Chirurgia plastica, per l’eventuale rimozione della pelle in accesso dopo la perdita di peso. “Il paziente vi accede dopo circa 18 mesi dall’intervento bariatrico quando il calo ponderale ottenuto si è mantenuto stabile nel tempo – conclude Rossini – . La procedura è coperta dal Sistema Sanitario Nazionale solo se indicata per l’insorgenza di patologie, come le infezioni cutanee. Contrariamente è considerato un intervento di chirurgia estetica”.


Abbronzatissimi... ma volendo bene alla nostra pelle

Stare al sole fa bene al nostro organismo e anche al nostro umore. A patto che proteggiamo la nostra pelle. Un’abbronzatura ‘senza regole’ oltre ad accelerare l’invecchiamento cutaneo può essere causa di patologie, anche gravi come il melanoma, il tumore della pelle per eccellenza. Nell‘intervista alla trasmissione “Dica 33” di Telearena e Telemantova la dottoressa Federica Tomelleri, responsabile del Servizio di Dermatologia, ci spiega come ottenere un piacevole colore della pelle senza correre dei rischi.


TiMiSNAR, lo studio multicentrico sul trattamento del tumore al retto

Chirurgia generale, Radioterapia e Oncologia del Sacro Cuore partecipano ad un’importante ricerca che attraverso un approccio multidisciplinare vuole valutare l’opportunità e l’efficacia della chirurgia mininvasiva nel trattamento del tumore al retto, così da garantire un intervento il meno demolitivo possibile

La Chirurgia generale, la Radioterapia e l’Oncologia dell’IRCCS di Negrar, si confermano centri di eccellenza per il trattamento del tumore del retto con la partecipazione allo studio multicentrico TiMiSNAR, acronimo che sta per Timing to Minimally Invasive Surgery after Neoadjuvant chemioRadiotherapy for rectal cancer.
L’obiettivo dello studio è quello di capire quando è più efficace procedere con la chirurgia mininvasiva (laparascopica o robotica) dopo trattamenti di chemio e radioterapia neoadiuvante, effettuati al fine di garantire un approccio il meno demolitivo possibile dell’organo.
La gestione multidisciplinare rappresenta il gold standard per la cura di una neoplasia che registra in Italia 15 mila nuovi casi all’anno (dati 2019), con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 69%.
Organizzato dall’Ospedale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, lo studio – no profit, prospettico, randomizzato di Fase III – vede la partecipazione di altre 12 strutture tra IRCCS e centri di riferimento per il tumore del retto.
Attivato nel 2019, prevede l’arruolamento di 340 pazienti, divisi in due gruppi in base alla tempistica dell’intervento, che può essere effettuato dopo 8 o dopo 12 settimane dal termine della chemioterapia e della radioterapia. Di entrambi i gruppi verrà analizzata la risposta completa del tumore ai trattamenti. L’arruolamento proseguirà fino al 2024 e il follow up si concluderà dopo 5 anni dall’ultimo paziente arruolato.
TiMiSNAR si completa con lo studio satellitare traslazionale TiMiSNAR-mirna che ha lo scopo di analizzare la presenza di specifici marcatori biologici chiamati micro-RNA (miRNA), rilasciati dal tumore anche nelle fasi più precoci. I pazienti vengono sottoposti a biopsia liquida, in quattro tempi specifici del loro percorso terapeutico. La ricerca intende rilevare se la quantità di questi marcatori sia correlata con la risposta tumorale ai trattamenti, in una logica di medicina personalizzata.


Dopo l'intervento al seno: la risposta alle domande più frequenti

Dalla medicazione al drenaggio della ferita, dall’esame istologico alla scelta delle terapie. E poi la gestione della vita quotidiana, le calze elastiche, le ricette mediche, i documenti per il lavoro, la protesi mammaria… sono davvero tanti dubbi e le domande che riguardano da vicino ogni donna subito dopo che ha affrontato un intervento di chirurgia oncologica al seno.

Per rispondere alle domande più frequenti, l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Senologica del Sacro Cuore, con la collaborazione dell’Ufficio Stampa, ha realizzato un video animato nel quale il dottor Alberto Massocco, direttore del reparto, spiega quali sono i comportamenti da tenere nei giorni successivi all’intervento.

Ulteriori chiarimenti vengono forniti alle donne operate attraverso un opuscolo informativo curato sempre dal personale del reparto. Inoltre sul canale video dell’ospedale è disponibile una playlist che contiene, oltre al presente filmato, un video sulla riabilitazione e un altro sulla gestione del drenaggio dopo intervento al seno. Questo il link:

VIDEO PLAYLIST CHIRURGIA SENOLOGICA

L'IRCCS di Negrar Centro per la cura della poliposi nasale

L’Otorinolaringoiatria effettua all’anno oltre 300 asportazioni chirurgiche: una casistica per la quale ha ottenuto dalla Regione l’autorizzazione alla somministrazione di un anticorpo monoclonale Dupilumab che imprima una svolta nella cura della malattia, caratterizzata da incontrollate recidive di polipi nasali

L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar si riconferma uno dei centri di riferimento veneti per la cura della poliposi nasale ottenendo dalla Regione l’autorizzazione alla prescrizione del Dupilumab, un anticorpo monoclonale che contrasta il riformarsi incontrollato dei polipi anche dopo l’asportazione chirurgica.

La poliposi nasale, ovvero la sinusite cronica poliposa, è una delle malattie più comuni del sistema respiratorio, colpendo circa l’1% della popolazione.

Essa si presenta con delle sacche morbide di colorito grigio-rosa o giallastro (polipi) che originano nei seni paranasali (le grandi cavità sopra e sotto le orbite) e da lì sporgono dentro il naso, impendendo meccanicamente la respirazione e la percezione degli odori.

Se non in casi rari, i polipi non tendono a degenerare in forme tumorali. Tuttavia la sinusite cronica poliposa può essere considerata la più grave fra tutte le patologie benigne del naso, in quanto si caratterizza per la sua resistenza ai trattamenti e per le sue frequenti recidive che condizionano pesantemente la vita del paziente.

Sergio Albanese, direttore Otorinolaringoiatria IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Sergio Albanese

“Il paziente con sinusite cronica poliposa viene di solito trattato chirurgicamente con un intervento mini-invasivo in video-endoscopia. Purtroppo in molti casi le neoformazioni si ripresentano”, spiega il dottor Sergio Albanese, direttore dell’Otorinolaringoiatria. “Il Dupilumab va ad agire proprio sul meccanismo infiammatorio che genera i polipi, impendendo così la recidiva”.

L’Unità operativa del dottor Albanese esegue all’anno circa 330 interventi chirurgici per poliposi nasale, molti dei quali su pazienti provenienti da altre  regioni, casistica grazie alla quale ha ottenuto l’autorizzazione a prescrivere il farmaco biotecnologico, che richiede innanzitutto un’ampia esperienza nella diagnosi e nel trattamento della patologia.

“Il Dupilumab segna una vera e propria svolta nella cura della malattia – prosegue il chirurgo ORL -. Per contrastare le recidive, fino ad oggi avevamo a disposizione solo il cortisone. Sebbene efficace, questo farmaco nei trattamenti a lungo termine ha delle controindicazioni perché potrebbe causare, per esempio, scompensi glicemici e pressori, anche a livello dell’occhio, aumentando così il rischio di glaucoma”. L’anticorpo monoclonale invece non presenta queste criticità nell’uso prolungato ed ha un ulteriore pregio: “Due pazienti su tre affetti da poliposi nasale soffrono anche di disturbi polmonari di tipo asmatico, che migliorano notevolmente dopo la terapia con il nuovo farmaco, consentendo spesso la riduzione o la sospensione della terapia specifica”, afferma di dottor Albanese.

Il Dupilumab si somministra tramite iniezione sottocutanea ogni 15 giorni: “E’ bene sottolineare che non tutti i pazienti sono candidati al trattamento – conclude il medico -. Esistono infatti rigidi criteri per la prescrizione, dovuti anche agli alti costi del farmaco”.

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Addio a don Pietro Cunegatti che fu per 12 anni Casante dell'Opera Don Calabria

Lo scorso 25 giugno è deceduto don Pietro Cunegatti, religioso di don Calabria che fu Casante dell’Opera dal 1984 al 1996. Nel suo ruolo di Superiore fu lui ad accogliere Papa Giovanni Paolo II durante la visita dell’aprile 1988 alla Cittadella della Carità. Da qualche tempo era ospite presso Casa Clero a Negrar.

Don Pietro Cunegatti è deceduto lo scorso 25 giugno, all’età di 82 anni. Era stato il quarto successore di don Calabria alla guida dell’Opera, eletto come Casante nel sesto Capitolo Generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza nel 1984, confermato poi nel 1990. Da Superiore Generale aveva accolto Papa Giovanni Paolo II durante la storica visita alla Cittadella della Carità in occasione della beatificazione di don Calabria, nel 1988.

Durante la sua lunga e intensa vita religiosa don Cunegatti fu anche responsabile delle missioni calabriane in America Latina, inoltre ebbe una parte importante nell’inizio della presenza dell’Opera nelle Filippine e in India. Dal 2004 al 2008 fu eletto Provinciale della Provincia Europea dell’Opera. Negli ultimi anni prestava il suo servizio presso la comunità dell’abbazia di Maguzzano.

Ricordiamo don Pietro con affetto e gratitudine per la sua testimonianza di religioso Povero Servo. Per saperne di più su di lui è possibile consultare il sito dell’Opera a questo link: https://www.doncalabria.it/news/don-pietro-cunegatti-289/.

Nella foto qui sotto: don Pietro insieme al Papa e all’allora presidente dell’ospedale fratel Francesco Guidorizzi a Negrar il 17 aprile 1988


I Nuovi Anticoagulanti Orali: opportunità e limiti terapeutici

Il “Sacro Cuore Don Calabria” è parte attiva del progetto ADONIS della Società Italiana di Flebologia che ha lo scopo di sensibilizzare i medici all’uso appropriato dei NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) o ADO (Anticoagulanti Diretti Orali). Sabato 3 luglio il convegno a Verona 

Fa tappa a Verona, coinvolgendo direttamente il “Sacro Cuore Don Calabria”, il progetto ADONIS patrocinato dalla SIF -Società Italiana di Flebologia, che ha lo scopo di sensibilizzare i medici all’uso appropriato dei NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) o ADO (Anticoagulanti Diretti Orali). Si tratta di farmaci introdotti circa una decina di anni fa, che hanno impresso una vera e propria svolta nella cura della patologia trombotica. Oggi sono entrati ampiamente nell’uso quotidiano, sebbene limitati da rigidi criteri prescrittivi.

Il progetto ADONIS (Anticoagulanti Diretti Orali Needs In Hospital Strategies) tocca le maggiori provincie del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Per Verona è stato scelto l’ospedale di Negrar, sebbene il convegno si terrà sabato 3 luglio all’Hotel Crowne Plaza, nel capoluogo scaligero. La partecipazione è gratuita e può essere in presenza o on line (programma e modalità di iscrizione).

Palo Tamellini, chirurgo vascolare IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dottor Paolo Tamellini

Tra gli organizzatori, il dottor Paolo Tamellini, presidente della Società Italiana di Flebologia del Triveneto e responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Flebologia dell’IRCCS di Negrar, da poco certificata Centro Flebologico Avanzato SIF.

Dottor Tamellini, cosa sono i farmaci anticoagulanti?

“Si tratta di principi attivi salvavita che, come dice il nome, inibiscono la coagulazione del sangue, al fine di evitare che si formino dei trombi. I principali ambiti di impiego sono la patologia trombotica venosa e quella cardiologica, nella fattispecie la fibrillazione atriale e le aritmie importanti. Due sessioni del convegno tratteranno proprio dell’utilizzo di questi farmaci nei due ambiti con la partecipazione di specialisti, anche dell’ospedale di Negrar.

Perché si parla di nuovi anticoagulanti orali?

Fino a pochi anni fa i farmaci anticoagulanti si dividevano in due grosse famiglie: l’eparina e i suoi derivati e gli inibitori della vitamina K (Anti-vitK o AVK). I primi vengono usati per via iniettiva (endovena o sottocute) in genere per terapie a breve-medio termine. I secondi, invece, vengono assunti per bocca e agiscono non direttamente sulla coagulazione del sangue, ma sul “carburante” che rende possibile la coagulazione, cioè la vitamina K. Questa  è essenziale per la sintesi della protrombina e degli altri fattori di coagulazione, senza la quale l’organismo non riesce ad innescare il processo di emostasi.  Tra gli Anti-vit K il più noto è il Coumadin: un farmaco economico e molto efficace. Ma con dei grossi limiti.

Quali?

Innanzitutto tra l’assunzione e l’attività del farmaco passa un lasso di tempo anche di tre giorni (latenza terapeutica). In secondo luogo i vecchi anticoagulanti si definiscono ‘farmaci poco maneggevoli’, perché l’intervallo terapeutico tra la dose efficace e quella tossica è strettissimo. Basta un dosaggio di poco sbagliato, perché il farmaco non sia efficace o al contrario risulti pericolosamente sovradosato.  Per questo chi assume il Coumadin deve effettuare frequenti controlli del sangue, che, a regime, sono al massimo ogni 10 giorni. Con evidenti disagi per il paziente e costi per il SSN.

Quali sono invece i vantaggi dati dai NAO?

Innanzitutto sono anticoagulanti diretti, cioè inibiscono direttamente determinati fattori della coagulazione del sangue, pertanto la loro attività non risente di tutto ciò che può interferire con la sintesi epatica delle proteine della coagulazione. Hanno inoltre un’immediata efficacia, che avviene al massimo dopo poche ore dalla somministrazione. Infine non richiedono controlli continui, perché una volta prescritto il dosaggio, il paziente prosegue con la sua terapia. Tuttavia non sono privi di problemi.

Quali sono?

Solo recentemente sono stati messi in commercio i farmaci antidoti con cui intervenire in caso di dosaggio eccessivo. Un aspetto importante è che le limitazioni di prescrizione, consentita solamente a medici abilitati e mediante compilazione di piano terapeutico, hanno di fatto impedito o certamente rallentato la diffusione di questi farmaci, così che ancora oggi questi non risultano adeguatamente conosciuti dalla classe medica. In altre parole – ed è il tema su cui vengono puntati i riflettori del convegno – esistono ancora delle “zone grigie” relative al loro corretto impiego, affrontate in maniera non univoca dalla diverse realtà ospedaliere. Il progetto ADONIS ha proprio l’obiettivo di trovare una linea procedurale condivisa nella gestione globale del paziente candidato al trattamento anticoagulante, in accordo con le indicazioni ministeriali e a tutto vantaggio del paziente.

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Radioterapia in una sola seduta: a Negrar i primi due casi in Italia

Al “Sacro Cuore Don Calabria”, la nuova frontiera di cura radioterapica contro i tumori: per la prima volta in Italia trattate in un’unica seduta, senza effetti collaterali (nonostante l’alta concentrazione di radiazioni) metastasi di cancro del colon e della prostata. Finora era possibile solo per l’encefalo, come spiega il professor Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata

All’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) sono stati trattati per la prima volta in Italia due pazienti affetti da metastasi di tumore del colon e della prostata, utilizzando un protocollo che prevede una sola seduta di radioterapia, contro le decine previste dalle metodiche precedenti.

Finora simili trattamenti erano limitati al cervello, in quanto la mobilità degli organi addominali e pelvici — provocata dal respiro, dalla digestione o da altre funzioni — rendeva impossibile infondere una dose di radiazioni tale da provocare danni irreversibili alle cellule tumorali, senza però interessare il tessuto sano.

Il limite è stato superato grazie alla dotazione tecnologica del “Sacro Cuore Don Calabria”, unica nel nostro Paese, e tra le 25 presenti al mondo, che il Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata, diretto da Filippo Alongi, professore associato all’Università di Brescia, utilizza da circa due anni.

Unity”, questo è il nome del macchinario, è un acceleratore lineare integrato con una Risonanza Magnetica ad alto campo, la stessa utilizzata a scopo diagnostico. L’alta definizione delle immagini prodotte dalla RM consente di individuare in corso di seduta anche il minimo spostamento della lesione, in relazione al quale orientare il fascio di radiazioni. Questo permette al radio-oncologo di utilizzare una dose di radiazioni ionizzanti anche 20 volte superiore rispetto quella di una seduta tradizionale con la sicurezza di limitarla al solo tumore, che progressivamente, a causa delle radiazioni, si trasforma in una massa necrotica.

Dal 2019 con “Unity” abbiamo eseguito circa 3mila trattamenti per un totale di 350 pazienti. La straordinaria precisione dell’irradiazione ci ha permesso di aumentare sensibilmente la dose riducendo di conseguenza il numero di sedute per ogni ciclo di cura. In particolare per il tumore della prostata siamo passati da 30 a 5 sedute — spiega il professor Alongi -. I promettenti risultati e gli effetti collaterali irrilevanti ci hanno spinto quindi ad andare oltre, anche alla luce delle progressive conoscenze sul comportamento delle cellule tumorali colpite da radiazioni. Infatti diversi studi in vitro e in vivo dimostrano che l’effetto “tumoricida” è maggiore con una alta dose di radiazioni erogata una volta sola rispetto alla stessa dose frazionata in più momenti. Abbiamo iniziato così a trattare con una sola seduta metastasi linfonodali dell’addome e delle pelvi in pazienti selezionati – prosegue -. Successivamente ci spingeremo in altri distretti anatomici come il fegato (in caso di una o poche metastasi) con la stessa finalità: eradicare i focolai di malattia, con la sola radioterapia o in combinazione alle terapie farmacologiche, e migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici”.

Qualità della vita che deriva anche dai grandi vantaggi pratici che il paziente può godere. “Una sola seduta radioterapica è la soluzione ideale per i pazienti che si spostano da sedi lontane, dall’Italia ma anche dall’estero. Ma rappresenta anche un risparmio per il sistema sanitario, riducendo costi diretti ed indiretti della terapia e abbattendo le liste di attesa con la possibilità di trattare molti più pazienti. Questo però — conclude il professor Alongi — non significa che sia più semplice. Anzi, il trattamento radioterapico in singola seduta è frutto di un lavoro di équipe, cioè del radioterapista oncologo, del fisico sanitario, di tecnici ed infermieri che, in tempo reale, devono coordinarsi per tutte le fasi del trattamento concentrate in un solo momento”.


Importanti riconoscimenti alla dottoressa Pertile e al dottor Ceccaroni

Alla dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica, è stato conferito nelle scorse settimane il Premio “Angelo Ferro”, mentre venerdì 25 giugno il dottor Marcello Ceccaroni, direttore dell’Ostetricia e Ginecologia, ritirerà nella sua città natale, Cesena, il Premio Malatesta Novello

L’inizio d’estate consegna dei prestigiosi riconoscimenti a due chirurghi d’eccellenza dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria: alla dottoressa Grazia Pertile è stato conferito nelle scorse settimane il Premio “Angelo Ferro”, mentre venerdì 25 giugno il dottor Marcello Ceccaroni ritirerà nella sua città natale, Cesena, il Premio Malatesta Novello.

La dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Unità Operativa di Oculistica, è stata insignita del premio – istituito in ricordo di Angelo Ferro, già presidente della Fondazione Opera Immacolata Concezione (OIC) – in virtù del suo costante impegno nella ricerca oculistica, in particolare nel progetto made in Italy della retina artificiale.

Il Premio “Angelo Ferro” è assegnato dalla Fondazione Lucia Guderzo di Loreggia (Padova), la cui mission è fare ricerca nel settore delle tecnologie compensative e realizzare progetti per la piena scolarizzazione delle persone non vedenti. Al riconoscimento collabora la Lega del Filo d’Oro, punto di riferimento per le persone sordocieche e le loro famiglie. Da qui l’assegnazione del premio a persone, con disabilità e non che si contraddistinguono nello studio, nella ricerca medica, nell’informazione e nell’impegno socio-culturale.

Insieme alla dottoressa Pertile sono state premiate l’avvocato Antonella Cappabianca, la dottoressa Francesca Donnarumma, la maestra Mirella Roman Pasian e la giornalista del Sole24ore Maria Luisa Colledani.

A coloro che invece tengono alto nel mondo il nome della città romagnola è dedicato il premio intitolato al Signore di Cesena, Malatesta Novello, che salì al potere all’età di 11 anni, governando fino a 47 anni, quando lo colse una morte prematura. Era il 20 novembre 1465, giorno solitamente scelto dall’Amministrazione per consegnare il premio ai vincitori nella meravigliosa cornice della biblioteca malatestiana.

Purtroppo la pandemia ha costretto gli organizzatori a rimandare la cerimonia dell’edizione 2020 (la quattordicesima), così il dottor Marcello Ceccaroni, direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia, ritirerà il premio il 25 giugno nel chiostro di San Francesco di Cesena.

Con Ceccaroni, uno dei massimi esperti mondiali di terapia chirurgica e non dell’endometriosi, saranno presenti gli altri due vincitori: la manager internazionale Francesca Bellettini – presidente e chief executive officer di Yves Saint Laurent e  presidente della Camera della moda femminile francese –  e l’ingegnere biomeccanico Alberto Sensini del Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale in Meccanica Avanzata e Materiali dell’Università di Bologna.

La terna dei vincitori è stata scelta dalla giuria tra circa 1300 candidature volontarie presentate dai cittadini cesenati.

Enrico Andreoli

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La nostra ricerca in pillole: la retina artificiale

LA NOSTRA RICERCA IN PILLOLE. La dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, presenta il progetto della retina artificiale planare e liquida, sviluppato interamente in Italia

La retina artificiale liquida: la ricerca in Oculistica apre prospettive concrete per coloro che hanno perso la vista a causa di malattie genetiche. Un progetto tutto italiano che vede protagonista la dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar

Dr.ssa Grazia Pertile
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