L’Anatomia Patologica effettua il test, dopo consulenza genetica, per la ricerca delle mutazioni a carico dei due principali geni coinvolti nelle forme ereditarie dei tumori al seno e alle ovaie, BRCA1 e BRCA2: un potente strumento preventivo
L’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar offre un ulteriore servizio alle donne affette da tumore al seno e all’ovaio. Recentemente l’Anatomia Patologica ha avviato il test per la ricerca delle mutazioni a carico dei due principali geni coinvolti nell’ereditarietà dei tumori al seno e alle ovaie, BRCA1 e BRCA2, che il grande pubblico ha imparato a conoscere dopo la vicenda di Angelina Jolie.
L’attrice americana avendo scoperto di essere portatrice di questa mutazione, si è sottoposta all’asportazione delle tube e delle ovaie e a mastectomia bilaterale, pur essendo sana, per ridurre drasticamente il rischio di ammalarsi di cancro in quelle sedi come è avvenuto per alcune donne della sua famiglia (vedi anche articolo).
Infatti per le donne portatrici di una mutazione ereditaria dei geni BRCA1 e/o BRCA2, il rischio di ammalarsi di carcinoma mammario durante la vita è del 50-80%, e del 20-40% per il carcinoma ovarico a seconda dei casi.
Da circa due anni all’ospedale di Negrar è attivo un Servizio di consulenza genetica in oncologia che identifica le pazienti e le donne ad aumentato rischio di mutazione, ma fino allo scorso aprile l’esame genetico del campione di sangue delle donne con sospetta mutazione veniva effettuata all’Istituto Oncologico Veneto di Padova.
“Con l’acquisizione di tecnologie di sequenziamento del DNA di nuova generazione (definite Next Generation Sequencing-NGS) ora il test viene realizzato in ospedale – sottolinea il professor Giuseppe Zamboni (nella foto con l’équipe), direttore dell’Anatomia Patologica -. Offriamo così alle pazienti la possibilità di conoscere il risultato in poche settimane. Un vantaggio che permette così di pianificare in breve tempo con il medico di riferimento il percorso più adeguato (terapeutico o preventivo) e di estendere l’indagine genetica anche alle parenti più prossime” (per ogni informazione numero verde del Cancer Care Center 800143143).
Ma per chi è indicato questo test?
Solo il 5-10% delle neoplasie al seno sono di carattere ereditario. Di queste il 50% presenta una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. I tumori ovarici ereditari sono circa il 10-20% e la maggior parte di essi presenta questa mutazione genetica.
“Di fronte a queste statistiche non avrebbe senso sottoporre l’intera popolazione femminile al test – sottolinea il professor Zamboni -. Diventa invece importantissimo offrire l’esame a tutte le donne che appartengono per storia familiare e personale a categorie ad elevato rischio, in quanto esso rappresenta un potentissimo strumento di prevenzione. Scoprire che una donna è mutata significa anche iniziare un attento controllo nelle sue figlie, sorelle e nipoti e permettere quindi in queste una diagnosi precoce di tumore mammario oppure evitar loro, con adeguati interventi chirurgici, di ammalarsi di carcinoma ovarico”.
Ma quali donne appartengono alle categorie a rischio?
Nelle pazienti con diagnosi di carcinoma mammario il test genetico viene proposto valutando diverse caratteristiche personali e familiari: numero di persone in famiglia affette da neoplasia mammaria, l’età all’esordio del tumore, la frequenza di neoplasia mammaria bilaterale, la associazione con il carcinoma ovarico, la presenza di casi carcinoma mammario maschile.
Per quanto riguarda il carcinoma ovarico, invece, è consigliabile considerare l’invio al test BRCA sin dal momento della diagnosi per tutte le pazienti con carcinoma epiteliale ovarico di alto grado, con carcinoma delle tube di Fallopio e con carcinoma peritoneale primitivo. Questo non solo per valutare la predisposizione a sviluppare malattia nei familiari sani ma soprattutto per un eventuale utilizzo terapeutico di peculiari farmaci per cui la mutazione BRCA rappresenta un fattore predittivo di risposta al trattamento.
“Nel nostro ospedale è l’oncologo insieme al genetista oncologo a consegnare il referto – precisa la dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia Medica (nella foto) – perché il risultato deve essere interpretato nel suo esatto significato. Avere una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 significa avere un’elevata possibilità di ammalarsi durante il corso della vita, ma non la certezza di ammalarsi. Ciò che si eredita è il rischio, non il tumore. Infatti – prosegue – il rischio di contrarre la patologia è determinato sì dalla presenza di una delle due copie del gene mutato, ma la malattia tumorale non si sviluppa fino a quando, nel corso della vita, non si verifica un’altra mutazione nella copia normale del gene: ecco perché non tutte le donne mutate sviluppano un tumore”.
Come, sottolinea il professor Zamboni, “il test diventa quindi non solo un mezzo di prevenzione, ma anche un’opportunità per escludere preoccupazioni inutili per i familiari che non risultano portatori della mutazione ereditaria”.
Cosa succede se il test identifica la mutazione genetica?
“Le pazienti con diagnosi di carcinoma mammario e/o ovarico –risponde la dottoressa Gori – sono valutate nell’ambito dei Gruppi multidisciplinari di patologia senologica e ginecologica, al fine di proporre trattamenti adeguati e personalizzati condivisi con la paziente stessa. Le donne sane nelle quali viene identificata una mutazione sono valutate per iniziare percorsi di sorveglianza o di chirurgia profilattica”.
I Gruppi multidisciplinari sono composti da specialisti in Oncologia, Radiologia, Ginecologia, Medicina Nucleare, Anatomia Patologica, Radiologia, Radioterapia, Chirurgia Generale, Chirurgia Senologia, Chirurgia Plastica, Urologia, Medicina Generale e Psiconcologia.
elena.zuppini@sacrocuore.it
Nella foto di copertina lo staff del Laboratorio di Biologia Molecolare dell’Anatomia Patologica: le patologhe Anna Pesci e Laura Bortesi, il professor Zamboni, la tecnica di Laboratorio Marcella Marconi, il biologo Giulio Settanni e le tecniche di Laboratorio Silvia Sandrini e Sara Lonardi