Il 21 settembre è la Giornata mondiale della malattia di Azheimer, una patologia che porta a un progressivo decandimento cognitivo rendendo la persona completamente non autosufficiente. Per questo si tratta di una patologia che colpisce non solo il malato ma di riflesso l’intero nucleo familiare e in particolare il caregiver, la persona dedicata quasi esclusivamente all’assistenza del paziente. E’ la “vittima nascosta” della malattia di cui ogni programma di cura deve tenere conto. Le iniziative del Centro disturbi cognitivi e demenze dell’IRCCS di Negrar.

In occasione della Giornata mondiale per l’Alzheimer, che si celebra il 21 settembre, il nostro CDCD (Centro Disturbi Cognitivi e Demenze), coordinato dalla dottoressa Zaira Esposito, propone una riflessione sulla figura del caregiver ovvero “colui che si prende cura” e sui possibili rischi che la malattia del proprio caro può esercitare su chi lo assiste, suggerendo alcune misure da mettere in campo al fine di sostenere il caregiver e, di conseguenza, tutto il nucleo familiare e il malato.

Si stima che in tutto il mondo siano 50 milioni le persone che soffrono di demenza. E poiché uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo della malattia è l’età anziana, si ipotizza che i malati diventeranno 130 milioni nei prossimi 30 anni. Le malattie neurodegenerative sono patologie che si caratterizzano anche per il loro lungo decorso e le persone colpite necessitano di un prolungato processo di cura assistenziale.

La figura del caregiver e la sua importanza

Dall’esordio della patologia fino alle fasi più gravi, le persone più vicine ai malati affetti da decadimento cognitivo sono generalmente i familiari. La malattia di un proprio caro rappresenta uno dei momenti più critici per la famiglia, in quanto essa non coinvolge solo il malato, ma tutta la rete familiare. Questo perché il decorso dell’Alzheimer o della demenza in generale determina un progressivo aumento della dipendenza del malato da una o più persone, comportando un cambiamento nelle dinamiche e nei ruoli familiari.

Il compito del caregiver cambia in relazione alle fasi della malattia. All’inizio gli viene richiesto un aiuto soprattutto emotivo e un sostegno per le attività più complesse del vivere quotidiano (guidare, assunzione della terapia, compiere movimenti bancari…).

Successivamente, l’assistenza diviene legata alla perdita delle autonomie di base e fisiologiche, spesso in modo costante (lavarsi, vestirsi…).  Inoltre al familiare si richiede la gestione dei disturbi comportamentali che spesso complicano la malattia e influiscono sulla persona del malato e su chi se ne prende cura, come i disturbi del sonno, della condotta, l’agitazione, l’aggressività, i deliri e le allucinazioni.

 Solitamente le donne assumono il ruolo di caregiver molto più frequentemente rispetto agli uomini. Considerando che spesso la persona che assiste ricopre anche altri ruoli (professionali, familiari e genitoriali) tale incarico e impegno ha delle ripercussioni anche sul piano affettivo ed emotivo, fisico (sonno, sforzi fisici, ecc), sociale ed economico.

Per queste motivazioni, la persona che si prende cura del malato viene da alcuni definita come la “vittima nascosta”. Molto spesso, infatti, si pone enfasi solo ed esclusivamente sulla persona colpita dalla patologia, dimenticandosi delle ripercussioni psico-fisiche che la patologia può avere sul familiare. Ogni programma di cura dovrebbe pertanto tenere conto di tale realtà ed occuparsene.

I rischi della malattia sul caregiver (burden),

Sul familiare la malattia può avere un effetto rilevante in molteplici ambiti:

  • Effetti psicologici: depressione, ansia, insonnia e difficoltà di concentrazione, sofferenza e disorientamento, bassa autoefficacia percepita, senso di impotenza, diminuzione del tempo da dedicare al lavoro e al resto della famiglia, con la sensazione di sentirsi “catturato” nel ruolo;
  • Effetti sulla salute: affaticamento, riduzione del tempo per la cura di sé, alto uso di psicofarmaci, elevati valori di pressione arteriosa, compromissione della risposta immunitaria, aumento dei livelli ematici di trigliceridi e del colesterolo;
  • Effetti sulle relazioni sociali: isolamento sociale, alto senso di responsabilità, progressiva perdita di relazione comunicativa con il familiare malato;
  • Effetti sulla attività lavorativa e finanziaria: costi diretti (spese- farmaci, ospedale, perdita del lavoro, costo dell’assistente familiare), indiretti (adattare la casa, risorse non prodotte a causa della malattia) e intangibili (energie, sofferenza fisica, tempo);
  • Peggioramento della qualità della vita, sia in termini di benessere che in termini di desideri/valori

Cosa si può fare?

  • Ascoltare e accogliere i propri limiti;
  • Ricordare a se stessi che si è importanti per sé e per il malato,
  • Non temere i giudizi altrui,
  • Ascoltare i campanelli di allarme rigurdanti la sfera fisica o psicologica, riferirli al medico, chiedere ed accettare aiuto;
  • Consentirsi il diritto di una pausa, richiedere delle sostituzioni momentanee ma con cadenza regolare, al fine di recuperare sè stessi e i propri affetti o hobbies
  • Preservare la rete di relazione sociale;
  • Informarsi e formarsi. La conoscenza della malattia e dei disturbi che ne conseguono portano ad una migliore comprensione, tolleranza e gestione delle situazioni complesse;
  • Ricercare routine che diano sicurezza a entrambi (sia caregiver che malato)
  • Informarsi su iniziative (associazioni, centri diurni) presenti sul territorio

Il CDCD dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria per sostenere le persone malate e i loro caregiver propone una serie di iniziative svolte dalle psicologhe Cristina Baroni e Cecilia Delaini, come i colloqui per i familiari e i gruppi di stimolazione cognitiva per le persone con decadimento cognitivo