E’ ancora sospesa l’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) del primo vaccino contro l’RSV, Abrysvo e dell’anticorpo monoclonale nirsevimab, la cui immissione in commercio è già stata autorizzata dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) alcuni mesi fa. Il vaccino protegge per l’80% dalla malattia grave e non solo i neonati, ma anche gli adulti con malattie croniche respiratorie
Influenza, Covid e virus respiratorio sinciziale (RSV). Sono questi i maggiori ospiti indesiderati delle stagioni fredde. Per l’influenza e il Covid disponiamo già dell’arma per eccellenza della prevenzione, cioè i vaccini, per l’RSV, responsabile della bronchiolite nei bambini, si dovrà ancora attendere. Infatti è ancora sospesa l’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) del primo vaccino contro l’RSV, Abrysvo e dell’anticorpo monoclonale nirsevimab, la cui immissione in commercio è già stata autorizzata dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) alcuni mesi fa.
L’approvazione di AIFA non riguarda l’efficacia e la sicurezza di entrambi i farmaci, ma il costo, in corso di negoziazione con le aziende produttrici, per renderli rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale.
“L’avvento del primo vaccino contro l’RSV è fondamentale per la prevenzione di questo virus che da novembre ad aprile può mettere a dura prova i reparti e le terapie intensive pediatriche, come è accaduto nei mesi invernali di quest’anno quando abbiamo registrato un picco di ricoveri in tutta Italia”, afferma il dottor Paolo Bonetti, direttore della Pediatria. “A Negrar – prosegue – ci sono stati 99 ricoveri per bronchiolite, di cui 71 concentrati tra dicembre 2022 e gennaio 2023. E non sono stati pochi i piccoli pazienti che hanno necessitato di un supporto ventilatorio maggiore”.
Abrysvo (Pfizer) deve essere somministrato alle donne al terzo trimestre di gravidanza; in questo modo, acquisendo gli anticorpi dalla madre, il bambino è protetto dalla nascita per 6 mesi. Il vaccino agisce stimolando il sistema immunitario a produrre anticorpi contro la proteina F del virus, quella che consente all’agente patogeno di legarsi alle cellule, causandone l’infezione, e conferisce una protezione dalla malattia grave di circa l’80%. La profilassi vaccinale è indicata non solo per i bambini (attraverso l’immunizzazione della madre) ma anche per gli adulti oltre i 60 anni, in particolare per coloro che sono affetti da patologie che l’RSV potrebbe riattivare, come la BPCO, broncopnumopatia cronica ostruttiva, o peggiorare.
Rimane al palo anche l’utilizzo dell’anticorpo monoclonale nirsevimab (Senofi-Astra Zeneca) indicato per tutti i neonati, a differenza del palivizumab, già in commercio da alcuni decenni, riservato ai lattanti a rischio a causa della prematurità o per altre patologie. “Gli anticorpi monoclonali – sottolinea il dottor Bonetti – determinano una immunizzazione passiva (vengono somministrate proteine ‘già pronte’ per una difesa contro il virus), mentre il vaccino Abrysvo attiva il sistema immunitario perché ‘si armi’ e protegga autonomamente l’organismo dal patogeno”.
Ogni anno il virus respiratorio sinciziale colpisce nel mondo circa 33 milioni di bambini, provocandone il ricovero di 3,2 milioni e il decesso di oltre 100mila, concentrati soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
“L’RSV determina un’infezione virale che può colpire in qualsiasi stagione della vita, ma la clinica dipende dall’età del paziente – prosegue il pediatra – Nell’adulto sano si manifesta con un banale raffreddore. Nel bambino in età scolare può dare una sintomatologia respiratoria simil-influenzale. Diventa più pericoloso sotto i due anni di età e soprattutto sotto l’anno, perché provoca la bronchiolite”.
Si tratta di un’infiammazione dei bronchioli, la parte terminale delle vie respiratorie, che causa una produzione importante di muco, tale da non consentire il passaggio fisiologico di ossigeno e che determina la comparsa di difficoltà alla respirazione. Si stima che il 20% dei bambini infettati da RSV e che sviluppano la bronchiolite deve ricorrere alle cure ospedaliere per la somministrazione di ossigeno. Dei ricoverati, il 5% necessita l’intubazione in Terapia Intensiva.
“La disponibilità di un vaccino contro la bronchiolite è fondamentale – sottolinea il pediatria -. E’ una patologia per cui non disponiamo di una terapia farmacologica specifica. Nei casi più gravi deve essere affrontata con un supporto ventilatorio, che se non invasivo deve essere somministrato nei reparti o nelle terapia sub intensive, se invasivo nelle terapie intensive, sempre pediatriche, di cui in Italia disponiamo pochi posti letto. Aree che quest’anno sono andate particolarmente sotto pressione per l’alta diffusione del virus, causata dal cosiddetto “immunity gap”, cioè il deficit immunitario legato alle misure di contenimento del virus SARS-Cov2. Le mascherine e il distanziamento sociale che ci hanno protetto dal Covid, hanno impedito che le future mamme venissero il contatto con RSV sviluppando gli anticorpi che nel caso contrario avrebbero trasmesso ai loro figli. Il vaccino naturalmente – conclude il dottor Bonetti – assume ulteriore importanza nei Paesi in via di sviluppo, in cui la bronchiolite è ancora causa di numerosi decessi dovuti a un’insufficiente assistenza pediatrica”.