Dati confortanti dal report 2014 dell’Aiom. Intervista al segretario nazionale, Stefania Gori, direttore dell’Oncologia medica di Negrar
“Il cancro deve fare meno paura, perché le armi per combatterlo ci sono e stanno dando buoni risultati”. È il messaggio che emerge da I numeri del cancro in Italia 2014 (scaricabile dal sito www.aiom.it) la pubblicazione annuale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) che riunisce oltre 2.600 soci e di cui è segretario nazionale la dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia medica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Il report è stato presentato lo scorso 28 aprile a Palazzo Madama: nel corso dell’incontro la dottoressa Gori ha tenuto una relazione su “Organizzazione, diritto alla migliore cura e appropriatezza: Libro Bianco dell’Oncologia e Linee Guida AIOM”, che può essere scaricabile dal sito di AIOM (cliccando qui) e anche di AIFA (cliccando qui).
Dottoressa Gori, quali dati positivi emergono dalla pubblicazione I Numeri del cancro in Italia?
«Innanzitutto a fronte di un incremento di nuovi casi di tumore all’anno (nel 2014 sono stati circa 366mila) si registra un aumento della sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi del 18% per gli uomini e del 10% per le donne. Su questo dato complessivo ha influito il rilevante miglioramento della sopravvivenza per alcuni dei tumori più frequenti: colon, mammella e prostata. Si stima, inoltre, che 2.250.000 persone in Italia vivano dopo una diagnosi di tumore».
A cosa sono dovuti questi numeri confortanti?
«Senza dubbio alla diagnosi precoce e a trattamenti più adeguati. Sulla diagnosi precoce, tuttavia, abbiamo delle notevoli differenze di adesione ai programmi di screening. Per quanto riguarda il tumore al seno nel 2013 al Nord hanno aderito più di 9 donne su 10, al Centro più di 8 donne su 10 e al Sud solo 4 donne su 10. Per questo l’AIOM ha avviato un progetto pilota in tre regioni meridionali (Campania, Sicilia, Sardegna) per sensibilizzare le donne ad aderire a questa fondamentale forma di prevenzione».
E per quanto riguarda le terapie?
«Un decisivo passo in avanti è dovuto all’introduzione delle terapie mirate: grazie ai test molecolari possiamo selezionare i pazienti per i quali i “farmaci a bersaglio” possono essere efficaci e agire solo sulle cellule malate preservando quelle sane. Per questi farmaci registriamo buoni risultati su alcuni sottogruppi del carcinoma della mammella, del polmone e del colon. A queste terapie personalizzate su bersagli cellulari si aggiunge un’altra arma importante per curare la malattia neoplastica, che è l’immunoterapia».
In cosa consiste?
«Si tratta sostanzialmente di farmaci che inducono l’organismo a riconoscere le cellule tumorali e ad aggredirle come un corpo estraneo. Abbiamo i primi dati per il melanoma maligno e il carcinoma metastatico del polmone».
La patologia neoplastica tende a diventare sempre di più una malattia cronica. Quali sono le conseguenze sul piano dell’assistenza di questi pazienti?
«È un tema rilevante per il sistema sanitario. Coloro che nella vita sono stati colpiti dalla patologia neoplastica sono persone che spesso manifestano particolari bisogni legati agli effetti collaterali a lungo termine dei trattamenti precedenti a cui si sommano le patologie proprie dell’invecchiamento. È necessario identificare all’interno dell’organizzazione ospedaliera le modalità più adatte di assistenza».
AIOM ha censito le strutture oncologiche in Italia. Qual è la situazione?
“Nel Paese sono state censite, al 31 marzo 2015, 319 strutture di Oncologia medica (28 nel Veneto, ndr), con una distribuzione proporzionale al numero degli abitanti. Per il 69% sono strutture complesse (cioè con un primariato), e nel 60% dei casi sono dotate di letti di degenza. Nel 90% possono usufruire in loco dell’Anatomia patologia, e nel circa il 60% della Radioterapia e del Laboratorio di Biologia molecolare. Tutti indicatori per individuare (assieme al Servizio di Psiconcologia) quali centri sono in grado di offrire un’assistenza completa al paziente. Tutto sommato la situazione italiana è buona, sebbene siano ancora in via di programmazione in molte regioni le Reti oncologiche con gli obiettivi di garantire la tempestività nella presa in carico dei pazienti, fornire adeguati livelli di cura e di continuità dell’assistenza, oltre all’equità nelle condizioni di accesso e di fruizione dei servizi sanitari (la Regione Veneto, con Deliberazione della Giunta regionale n. 2067 del 19.11.2013, ha istituito la Rete Oncologiaca-ROV- ndr). Le Reti oncologiche, assieme a una capillare diffusione delle Linee Guida diagnostico-terapeutiche e alla condivisione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA), favorirebbero inoltre una maggiore appropriatezza delle cure e di conseguenza un controllo sulla spesa, derivante anche da una diminuzione degli esami non necessari».
Per quanto riguarda la ricerca oncologica, qual è la situazione in Italia?
«Meno della metà delle Strutture oncologiche censite sono impegnate in sperimentazioni cliniche. È una dato che fa riflettere. La ricerca clinica all’interno dell’Oncologia Medica non può essere considerata una spesa. Essa influisce positivamente sulla qualità della pratica clinica: le strutture che svolgono studi clinici migliorano la loro pratica clinica e possono impiegare farmaci non ancora in commercio, a beneficio dei pazienti. Inoltre, fare ricerca comporta un rientro economico, grazie anche alla collaborazione con le aziende farmaceutiche. Per questi motivi, la ricerca clinica in Oncologia deve essere supportata (cosa che gli oncologi hanno sempre sostenuto) a livello nazionale, regionale e di strutture sanitarie. Non a caso AIOM nei convegni nazionali ha già iniziato a coinvolgere il ministero della Salute, AIFA, Farmindustria, le Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie, SIFO, SIF, COMU, CIPOMO, e tutte le realtà coinvolte sul fronte della ricerca. AIOM il 16 aprile ha fondato la Federazione dei gruppi italiani di ricerca oncologica al fine di incidere in maniera ancora più determinata nel raggiungimento di questi obiettivi. Ed inoltre ha istituito lo scorso marzo, il Gruppo di Lavoro dei Coordinatori della Ricerca Clinica, dopo quello, alcuni anni fa, degli Infermieri che operano in ambito oncologico”.
L’ospedale Sacro Cuore Don Calabria può essere considerato unComprehensive Cancer Center essendo dotato di: Oncologia medica, Anatomia patologica, Laboratorio di Biologia molecolare, Dipartimento di Diagnostica per immagini, Chirurgia oncologica, Medicina nucleare e Terapia radiometabolica, Radioterapia oncologica, Chirurgia plastica, Radiofarmacia con Ciclotrone, Counseling genetico, Farmacia, Nucleo di ricerca clinica, Psiconcologia, Cure palliative e Terapia Antalgica, Riabilitazione oncologica. Nel 2014 sono stati autorizzate dal Comitato etico provinciale 27 sperimentazioni cliniche dell’ospedale Sacro Cuore: 17 hanno interessato l’Oncologia.