21 febbraio 2020-21 febbraio 2022. Due anni di pandemia. Attraverso lo scritto del prof. Zeno Bisoffi, ripercorriamo uno dei periodi più difficili vissuti dall’Italia e dal mondo. Ma con grande speranza: dovremo continuare a convivere con il virus Sars Cov2, ma il peggio sembra alle spalle. Anche se tutto dipende dal nostro comportamento personale e collettivo.
Tutto è iniziato due anni fa, il 21 febbraio, con il primo paziente positivo di Codogno, il focolaio di Vo’ Uganeo e il primo morto a Padova per Covid-19. Oggi è un’altra era: grazie ai vaccini e alle misure di contenimento del virus possiamo pensare con tranquillità al futuro. Ma senza abbassare la guardia. Di seguito l’intervento del professor Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettivee Tropicali dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria pubblicato sul giornale L’Arena.
Il 21 febbraio 2020 è una data che ricorderò a lungo. Per i veronesi era “Venerdì gnocolar” di Carnevale, forse il giorno più spensierato dell’anno. Improvvisamente arrivava la notizia dei primi due casi autoctoni italiani di COVID-19. Ricordo ancora il commento a caldo dell’allora direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, Giuseppe Ippolito: siamo entrati in una nuova fase, nulla sarà più come prima.
Dopo due anni terribili in cui nulla è stato come prima, che lezioni possiamo dire di avere appreso? E che previsioni possiamo fare per il futuro?
La prima lezione è proprio che questo virus è sempre riuscito a smentire regolarmente le nostre previsioni.
Prediction is very difficult, especially about the future, recita il celebre aforisma attribuito al premio Nobel per la fisica, Niels Bohr.
Ci fu inizialmente una sottovalutazione generalizzata del rischio. Le apparenti analogie con la prima SARS del 2002-2003, pure clinicamente molto più grave, facevano sperare che anche questa nuova epidemia sparisse rapidamente dalla circolazione. Ma il nuovo virus, rispetto al vecchio, ha un fondamentale vantaggio: viene trasmesso efficacemente anche da soggetti infetti privi di sintomi.
Dopo ogni successiva ondata molti proclamavano la fine della pandemia, per poi spiegare a posteriori i motivi dell’ennesima recrudescenza del virus.
Da oltre un anno abbiamo a disposizione i vaccini, una svolta epocale. Immaginiamo solo per un istante quale prezzo avremmo pagato alla variante delta, più contagiosa e anche più aggressiva del virus originale, senza i vaccini.
Poi, è storia recente, è arrivata la variante omicron, e le previsioni sono diventate inizialmente apocalittiche, per la sua contagiosità e per la sua capacità di infettare anche i vaccinati. Assieme alla quarta ondata giungeva un’ondata di pessimismo generalizzato che faceva crollare temporaneamente le borse mondiali. Ma prediction is very difficult…, per fortuna, questa volta, poiché è stato presto chiaro che questa variante contagiosissima è però meno grave clinicamente, soprattutto per i vaccinati. E ora, quando anche il picco dell’omicron ce lo siamo lasciato dietro le spalle, i soliti noti predicano nuovamente la fine della pandemia e il passaggio, molto più rassicurante, alla fase di endemia.
Ma il COVID-19 è già diventato una malattia endemica?
Endemia, applicato a una qualsiasi malattia, significa che è, letteralmente “nel popolo”. Una malattia endemica è presente nella popolazione, di solito con numeri relativamente stabili, spesso con periodiche riacutizzazioni. Da questo punto di vista COVID-19 è già una malattia endemica. È presente stabilmente in Italia e nel mondo, e non se ne andrà più. Questa è una previsione facile. Siamo già in endemia.
Allora il peggio è passato?
Purtroppo le cose che non sappiamo di questo virus sono ancora molte di più di quelle che sappiamo.
Omicron ormai causa praticamente il 100% dei contagi. Anche se per molti è solo una banale influenza, Omicron è responsabile ancora di casi molto gravi, ricoveri, decessi. Senza i vaccini sarebbe devastante e travolgerebbe il nostro sistema sanitario.
Stiamo entrando in una fase di “luna di miele” con COVID, complice l’imminente bella stagione e la stragrande maggioranza della popolazione immunizzata dal vaccino o dall’infezione naturale. Ma questa fase sarà duratura, o addirittura definitiva?
Anche i non immunizzati sono ormai protetti dall’immunità di gregge?
Purtroppo la mia risposta è no. Nel gregge ci sono tante pecore bianche (che non hanno l’infezione) e poche pecore nere (che hanno l’infezione). Se la grande maggioranza delle pecore bianche è protetta, una pecora nera avrà pochissime possibilità di incontrarne una non protetta da infettare. È molto semplice. Ma c’è un problema.
Quanto dura la protezione delle pecore bianche?
Finita la quarta ondata, la grande maggioranza della popolazione italiana (e mondiale) avrà una certa protezione contro il virus, grazie al vaccino, all’infezione naturale, o a entrambe. Tuttavia questa protezione non si può definire “immunità”, perché non è totale e duratura, al contrario di quanto accade, ad esempio, con il morbillo. È una protezione parziale e di durata limitata, che potremmo definire “semi-immunità”, un termine che viene di solito utilizzato per la malaria.
Con il coronavirus, ci stiamo avviando verso quella che definirei una “semi-immunità di gregge”. La “luna di miele” tra la popolazione e il virus probabilmente durerà oltre la prossima stagione invernale, ma con minor intensità, inoltre la maggior parte di noi sarà protetta dalle forme gravi. Quindi non dovremmo avere nel prossimo autunno-inverno un’ulteriore ondata pesante come le precedenti, e la pressione sul sistema sanitario sarà inferiore.
Quello che succederà dopo è imprevedibile. Per passare dalla luna di miele a una convivenza accettabile, la condizione indispensabile è raggiungere e mantenere nel tempo una copertura vaccinale molto elevata. Non sappiamo ancora con che frequenza dovremo vaccinarci, è troppo presto per conoscere la durata della protezione conferita dal richiamo (la terza dose). Quello che è certo è che la protezione, sia quella data dal vaccino che dall’infezione, non è a vita. Se lasciamo fare al virus e abbassiamo la guardia, la luna di miele durerà poco e successive ondate saranno inevitabili. Certamente non sarà tollerabile continuare ad avere nella nostra popolazione milioni di persone non vaccinate, e tantomeno lasciare senza copertura vaccinale i Paesi più poveri.
Se non l’etica, almeno il nostro interesse egoistico ci dovrebbe consigliare di estendere l’accesso al vaccino a tutta la popolazione mondiale, pena la comparsa di ulteriori varianti, magari più aggressive.
Prediction is very difficult, ma una previsione è molto facile: il futuro della pandemia dipenderà in buona parte dal nostro comportamento, individuale e collettivo.
Zeno Bisoffi
Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar
Professore associato all’Università di Verona