Dal 1° gennaio la dottoressa Castilletti è in forza al Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar con la responsabilità di gestire il neonato laboratorio di virologia. Proviene dall’Istituto Spallanzani di Roma ed era nella squadra che a fine gennaio del 2020 ha isolato e sequenziato il virus: fino a quel momento i centri al mondo che ci erano riusciti si contavano sulle dita della mano.

Il nome di Concetta Castilletti rimarrà inesorabilmente legato al virus SARS-CoV-2. La biologa siciliana, con specializzazione in microbiologia e virologia e dottorato in immunobiologia dei virus, faceva parte della grande squadra dell’Istituto Spallanzani, che a fine gennaio del 2020 ha isolato e sequenziato il virus: fino a quel momento i centri al mondo che ci erano riusciti si contavano sulle dita della mano.

Dr.ssa Maria Capobianchi
Dr. Antonino Di Caro

Dal 1° gennaio la dottoressa Castilletti è in forza al Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar con la responsabilità di gestire il neonato laboratorio di virologia. Insieme a lei, sempre dallo ‘Spallanzani’, sono arrivati, come consulenti, la dottoressa Maria Capobianchi (che a Roma era direttore del Laboratorio di Virologia) e il dottor Antonino Di Caro (già direttore del Laboratorio di Microbiologia dello stesso Istituto).

Tutti e tre (e il resto team artefice dell’isolamento) sono stati insigniti dal presidente Mattarella del Cavalierato al merito della Repubblica, “un grandissimo onore e un’enorme emozione – sottolinea Castilletti –. Gli stessi che ho provato quando mi hanno conferito il premio Carlo Urbani, dedicato al medico italiano che per primo ha identificato e classificato la SARS, prima di rimanerne vittima nel 2003. Una persona eccezionale, oltre che un grande medico”.

DA CATANIA ALLO SPALLANZANI DI ROMA

La storia professionale della dottoressa Castilletti va tuttavia ben oltre al Coronavirus ed è costellata, come lei stessa sottolinea, da ‘grandi maestri’. Originaria di Ragusa, ha frequentato Scienze biologiche all’Università di Catania, dove “ho avuto come docente il professor Angelo Castro, che mi ha trasmesso la sua grande passione per la virologia”. Poi il trasferimento all’Università La Sapienza. “Una decisione dettata dal cuore (a Roma ho ‘messo su famiglia’), ma durante la specializzazione in Virologia e Microbiologia ho incontrato altri due grandi maestri, il professor Ferdinando Dianzani, uno dei maggiori esperti di AIDS, e il mio mentore, Maria Capobianchi. E’ stata lei a volermi allo ‘Spallanzani’, per occuparmi dei virus emergenti”.

SUL CAMPO A STUDIARE IL VIRUS EBOLA

In particolare nel Laboratorio di livello 4 (il più alto per quanto riguarda la biosicurezza), di cui era la responsabile operativa, ha studiato Ebola e le altre febbri emorragiche. E non solo in Laboratorio. “Sono stata in Nigeria nei primi mesi del 2014, per la febbre di Lassa, in Guinea nel 2014 e successivamente in Sierra Leone nel 2015 per l’epidemia di Ebola; in Sudan nel 2018 e in Congo nel 2019 per l’epidemia di Chikungunya.

AL SACRO CUORE RESPONSABILE DEL LABORATORIO DI VIROLOGIA

Dopo 14 anni allo ‘Spallanzani’, con la direzione scientifica del dottor Giuseppe Ippolito, un’altra figura importante della sua vita professionale, l’approdo al ‘Sacro Cuore Don Calabria’. “Ho trovato molto stimolante professionalmente la possibilità di avviare un laboratorio di virologia e di lavorare con un gruppo così giovane e pieno di iniziative”, sottolinea. “L’obbiettivo è quello di mettere a punto e di sviluppare la diagnostica virologica con particolare attenzione ai virus emergenti, di implementare gli isolamenti e i sequenziamenti”.

I VIRUS SONO AFFASCINANTI SCONOSCIUTI

Ma cosa spinge a dedicare la propria vita ai virus? “I virus sono affascinanti sconosciuti – risponde la dottoressa Castilletti -. Non li vedi, ma sono presenti. Sanno interagire con le cellule e si servono dei meccanismi sofisticati di quest’ultime per piegarle al loro volere al fine di sopravvivere, da buoni parassiti. Esiste questa teoria, per cui il virus non avrebbe come obiettivo l’uccisione dell’ospite, perché significherebbe la morte di se stesso. Una teoria che però non è sempre legge. Vi è un virus (il virus della malattia emorragica del coniglio, MEV) che per la trasmissione ha bisogno di un vettore, che punge prevalentemente l’animale morto. Quindi in questo caso il parassita ha interesse ad uccidere il suo ospite favorendo la sopravvivenza del vettore e quindi la trasmissione del virus”.

VERSO UN PAN-VACCINO

I virus non evolvono sempre verso una virulenza inferiore. Sembrerebbe però che la teoria calzi a pennello per il Coronavirus… “Sembrerebbe – sottolinea la virologa -. Ci sono tutti i segnali per una convivenza relativamente pacifica con il virus. La variante Omicron, ma anche la Delta, si sono dimostrate più contagiose, ma meno ‘cattive’ rispetto al virus originario di Wuhan. Tuttavia del SARS-CoV-2 sappiamo ancora poco e le mutazioni sono imprevedibili per definizione. I vaccini stanno dimostrando tutta la loro efficacia – conclude – Ora la ricerca deve spingere verso un vaccino pan-coronavirus, un vaccino cioè che protegga attraverso quella parte dell’RNA dei coronavirus che muta meno frequentemente, affinché possiamo pensare a dei richiami, se necessari, a cadenza non così ravvicinata come i primi due. Non è un’impresa facile, ma anche per gli attuali vaccini sembrava impossibile averli in così breve tempo e che, soprattutto, funzionassero. Invece la scienza ancora una volta ci ha stupito”.

elena.zuppini@sacrocuore.it