L’overuse di antidolorofici è una condizione in cui si trovano molti pazienti con un’emicrania cronica invalidante, che causa un peggioramento della sintomatologia e un alto rischio per la salute. Presso la Neurologia si effettua una vera e propria disintossicazione, da cui non si può prescindere per iniziare un nuovo, e vero, percorso di cura
Quando il farmaco che dovrebbe sollevarti dal dolore diventa esso stesso causa del dolore. E’ la condizione in cui si trovano gli emicranici cronici che si rivolgono al Centro cefalee dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria perché assuefatti agli antidolorifici. Lo scorso anno sono stati un’ottantina. Il Centro è uno dei pochi in Italia – il 40% dei ricoveri proviene da fuori regione – che effettua il trattamento di disassuefazione dei pazienti in una situazione di abuso di farmaci a causa di un’emicrania cronica invalidante. Nel reparto di Neurologia, diretto dal dottor Fabio Marchioretto, viene effettuata una vera e propria disintossicazione, da cui non si può prescindere per uscire da un circolo vizioso caratterizzato da dolore cronico quotidiano e abuso di farmaci e poter poi reimpostare una nuova terapia.
Dottor Marchioretto, quando si può dire che una persona emicranica abusa di farmaci?
La classificazione internazionale delle cefalee ICHD-III definisce overuse un consumo superiore a 15 antidolorifici/analgesici al mese per almeno 3 mesi consecutivi. Nella nostra Unità Operativa di Neurologia ricoveriamo in realtà pazienti che superano abbondantemente questo limite. Il caso più eclatante è stato quello di un uomo che assumeva oltre 350 antidolorifici al mese, il che significa più di 10 al giorno tutti i giorni.
Cosa succede al nostro corpo se abusiamo di antidolorifici?
Si innesca un meccanismo definito effetto rebound, letteralmente rimbalzo, cioè è il farmaco stesso a scatenare il mal di testa a causa dell’assuefazione: una sorta di cefalea indotta da fine dose per cui ogni assunzione di antidolorifico, percepita come assoluta necessità dal paziente sofferente, aiuta a gestire il dolore attuale ma è la causa del dolore del giorno dopo. A quel punto l’unica strada da percorrere è ciò che potremmo definire un “reset”, cioè uno stop a questo meccanismo che oltre a peggiorare la sintomatologia facendo cronicizzare il dolore, comporta anche danni all’organismo soprattutto stomaco, fegato e reni. Il reset è un passaggio impegnativo per il paziente ma indispensabile. Esso dà risposta a persone sofferenti che a causa di una cefalea invalidante hanno un’esistenza triste e dolorosa.
Al di là del numero dei farmaci, qual è il campanello di allarme che dovrebbe allertare il paziente sul pericolo di abuso?
Il passaggio dal consumo normale a quello eccessivo avviene quando si inizia ad assumere il farmaco in modo anticipatorio; su questo punto è necessario fare molta chiarezza. Il trattamento delle emicranie prevede una terapia preventiva stabilita dal medico in accordo con il paziente. La prevenzione “fai da te” del paziente, invece, non è altro che l’anticipazione dell’assunzione del farmaco antidolorifico nel timore di un attacco che potrebbe condizionare negativamente, se avvenisse, un appuntamento di lavoro o un impegno importante. ‘Prendo la pasticca perché non si sa mai’ e questo è la spia di un atteggiamento psicologico che apre le porte ad una condizione di abuso.
In cosa consiste questo ‘reset’?
Il paziente viene ricoverato per 10 giorni e viene gestito il dolore senza antidolorifici. L’astensione dai farmaci lo porta ad avere picchi di mal di testa di forte intensità a volte quasi insopportabili e ingestibili senza un supporto multimodale controllato. Nei primi giorni vengono prescritti bassi dosaggi di cortisonici, ansiolitici, diuretici osmotici ed antiemetici a cui si associa un supporto psicologico e psicoterapico ad opera di un professionista del Sevizio di Psicologia che collabora con noi. Nelle successive ore si procede con l’idratazione per via parenterale, attraverso flebo, con polivitaminici, detossificanti e sali minerali che ha lo scopo di un vero e proprio lavaggio, wash-out. A quel punto il paziente è pronto per la terapia preventiva. La nostra maggiore soddisfazione, come medici e personale di supporto, è di poter riportare la serenità e il sorriso in persone che stavano ormai per arrendersi ad una condizione senza apparenti vie d’ uscita.
Il reset è definitivo?
Non per tutti i pazienti. Le recidive sono circa il 25%, ma è un procedimento che si può ripetere.
Vi è un aumento di abuso di farmaci?
Sicuramente, anche a livello internazionale, si registra un trend di crescita. Casi di overuse sono in aumento perché sono in aumento gli emicranici cronici. Le cause molto probabilmente sono gli stili di vita. Non dimentichiamo che il picco di prevalenza dell’emicrania è tra i 30 e i 50 anni, l’arco temporale di massima progettualità individuale, familiare e lavorativa, che richiede impegno e non è certo priva di stress. E ad essere più colpite sono le donne in un rapporto 3:1 rispetto ai maschi.