L’intervento chirurgico per l’ernia iatale, quando indicato, facilita la soluzione della malattia da reflusso, ma non ne è la cura se non accompagnato da un cambiamento di stile di vita, cominciando dall’alimentazione e dall’attività fisica. Ne parliamo con la dottoressa Irene Gentile

Ernia iatale e reflusso gastroesofageo. Non si tratta sempre di un rapporto di causa-effetto, anche se l’ernia iatale viene il più delle volte diagnosticata occasionalmente con la gastroscopia a cui il paziente si sottopone perché lamenta bruciore di stomaco. Pertanto l’intervento chirurgico, quando indicato, facilita la soluzione della malattia da reflusso, ma non ne è la cura se non accompagnato da un cambiamento di stile di vita, cominciando dall’alimentazione e dall’attività fisica.

Sono queste le premesse necessarie per affrontare un intervento di “fundoplicatio di Nissen laparoscopica” per la riduzione dell’ernia iatale, un procedimento chirurgico indicato in casi selezionati e dopo accurata valutazione interdisciplinare. “Quando è al di sotto di 2 cm, l’ernia viene considerata parafisiologica, soprattutto nelle persone obese. Si stima che di ernia iatale soffra circa il 15% della popolazione italiana e nella maggior parte dei casi le dimensioni sono tali da non richiedere l’intervento, ma solo un trattamento medico della malattia da reflusso associata, se presente”, spiega la dottoressa Irene Gentile (nella foto allegata) della Chirurgia Generale che, insieme al dottor Claudio Zardini, esegue visite presso l’ambulatorio CHIES (Chirurgia ESofago-Stomaco). “In questo ambulatorio visitiamo e valutiamo i possibili pazienti candidabili all’intervento chirurgico per ernia iatale, ed eseguiamo anche i controlli delle neoplasie gastriche sottoposte ad intervento chirurgico”.

Dottoressa Gentile, che cos’è un’ernia iatale?

Si verifica un’ernia iatale quando una parte dello stomaco, la cui sede naturale è l’addome, si porta (si ernia) in torace attraverso lo iato diaframmatico, l’apertura del diaframma grazie al quale l’esofago attraversa il diaframma per portarsi in addome. Questo accade quando vi è un aumento della pressione endoaddominale che spinge lo stomaco verso l’alto – ed è il caso delle persone obese – o/e quando esiste una condizione di lassità muscolare del diaframma, oppure, più raramente, quando e è presente una condizione sottostante per cui l’esofago risulti più corto del normale tale da trascinare con sé lo stomaco in torace.

Come si presenta l’ernia iatale

Esistono diversi tipi di ernia. Nel 90-95% dei casi si tratta di ernie da scivolamento, cioè lo stomaco segue l’esofago in torace scivolando attraverso lo iato diaframmatico. Poi ci sono le ernie iatali paraesofagee, in cui una parte del fondo dello stomaco si incanala a fianco dell’esofago nella sua risalita. Questo ultima tipologia di ernia è più sintomatica in termini di reflusso e di dolori restrosternali.

Al fine dell’intervento, è importante la dimensione?

Per le ernie piccole (fino a 2 centimetri) che non danno sintomi di reflusso, generalmente si decide per la sorveglianza nel tempo. Per ernie iatali permagne (con un’erniazione di più di 2/3 dello stomaco nel torace) l’indicazione chirurgica è assoluta per l’evidente danno funzionale: la nuova posizione dello stomaco non consente il corretto svolgimento dellea funzione digestiva , ponendo anche lo stomaco a rischio di torsione. Il resto delle ernie richiede un attento studio del reflusso sottostante che ne confermi l’indicazione chirurgica.

Malattia da reflusso ed ernia iatale sono sempre associate?

L’ernia iatale nella maggior parte dei casi viene diagnosticata, spesso accidentalmente, perché il paziente lamenta i sintomi del reflusso. Dunque la sintomatologia tipica dell’ernia iatale è strettamente dipendente dal reflusso correlato. Esiste però una patologia da reflusso che non si associa ad ernia iatale e che richiede un inquadramentro diagnostico complesso.

Questo cosa comporta?

Questo fa del reflusso un problema non puramente meccanico, risolvibile con un intervento chirurgico, ma che richiede innanzitutto uno studio interdisciplinare che coinvolge chirurghi, endoscopisti, gastroenterologi e pneumologi. Ciò che viene valutato interdisciplinarmente è proprio il reflusso, che di per se è una patologia medica e in genere viene trattata farmacologicamente. Questo è fondamentale perché in genere chi non risponde bene alla terapia medica, anche dopo l’intervento chirurgico, può lamentare ancora problemi. Inoltre l’inquadramento generale è importante anche per un altro motivo.

Quale?

La diagnosi dell’ernia iatale si effettua attraverso una semplice radiografia con mezzo di contrasto (pasto baritato)* ed una EGDS (esofagogastroduodenoscopia). Una volta diagnosticata è tuttavia necessario procedere con un altro esame, la manometria esofagea**. Questo perché una piccola percentuale di pazienti con ernia iatale presentano disordini motori dell’esofago (discinesie), cioè il reflusso è facilitato dall’erniazione dello stomaco, ma è provocato da un’alterata contrazione dell’esofago durante l’ingestione del bolo alimentare. Conoscere o meno la presenza di queste anomalie è importante per la scelta della migliore procedura chirurgica. Infatti in questi casi una plastica antireflusso completa, andrebbe a creare un ulteriore ostacolo alla spinta dell’esofago.

Come avviene l’intervento?

L’intervento viene condotto in laparoscopia o con il robot Da Vinci: tramite i canonici buchetti nell’addome, lo stomaco viene riportato nella sua sede naturale, l’addome. Lo stesso fondo dello stomaco che abbiamo fatto scivolare in basso viene avvolto, come una morbida sciarpetta, intorno all’esofago distale a 360° creando così un nuovo sfintere, con l’obiettivo di evitare il sintomo dell’ernia iatale e della malattia da reflusso che è il reflusso stesso. Questa morbida sciarpetta viene calibrata in base al referto della manometria: un esofago con poca contrattilità o con una contrattilità anomala potrebbe risentire di una plastica troppo rigida, creando dunque dei problemi di rialimentazione nel postoperatorio. In tali casi si valuta la possibilità di eseguire una plastica parziale (180° o 90°).

L’intervento è risolutivo?

Per le ernie permagne nell’immediato vi è un buon contenimento del reflusso, ma le casistiche internazionali riportano tassi di recidive a 5 anni variabili dal 20% al 50% e una recidiva su una plastica è di difficile trattamento, quando sintomatica. Per questo è importante la selezione del paziente. Come è importante far comprendere al paziente stesso che l’intervento chirurgico è solo un tassello del percorso. L’altro tassello è il controllo del reflusso, che avviene farmacologicamente, ma soprattutto con un radicale cambiamento di stili di vita, che comprende l’alimentazione e l’attività motoria. Proseguire in abitudine errate mette a rischio l’efficacia dello stesso intervento.

 

*Si tratta di una radiografia esofago-stomaco-duodeno, per lo studio della morfologia e del funzionamento degli organi esame. La radiografia richiede la somministrazione per bocca con un mezzo di contrasto, il solfato di bario (pasto baritato).

** La manometria esofagea è un esame per la valutazione della motilità dell’esofago. Viene effettuato introducendo un sondino naso-esofageo, che ha il compito di valutare, come un manometro, la pressione all’interno dell’esofago sia a riposo sia durante la deglutizione.