È il Centro per la salute del bambino adottato del Sacro Cuore Don Calabria a seguire i bambini congolesi vittime di una travagliata vicenda di adozione: un unicum in Italia per la stretta collaborazione con il Centro per le malattie tropicali

Stanno arrivando alla spicciolata a Negrar dopo essere giunti finalmente in Italia. Sono i bambini della Repubblica Democratica del Congo, vittime di un’incredibile vicenda di adozione che, dopo il blocco deciso da Kinshasa nel 2013, ha tenuto per anni molte famiglie italiane con il fiato sospeso.

Gli ultimi diciotto bimbi sono sbarcati nel nostro Paese lo scorso 10 giugno e sono attesi, come gli altri giunti precedentemente, al Centro per la salute del bambino adottato della Pediatria del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretta dal dottor Antonio Deganello.

Attualmente sono in corso le visite dei bambini arrivati il 7 maggio e il 2 giugno scorsi, fra quali sono stati riscontrati un caso di malaria e un altro di malaria con parassitosi. Gli accertamenti medici sui bambini del Congo al “Sacro Cuore Don Calabria” sono diventati ormai una consuetudine, iniziata nel 2014 quando i dottori Gianmario De Stefano e Giorgio Zavarise, responsabili del Servizio, hanno visitato e curato il primo gruppo giunto in Italia.

Sono ventiquattro i Centri italiani ospedalieri di riferimento per i bambini adottati provenienti da altri Paesi, ma quello di Negrar ha una peculiarità che lo distingue dagli altri. Il Centro è nato ufficialmente nel 2002, tuttavia da sempre la Pediatria opera in stretta collaborazione con il Centro per le Malattie tropicali (CMT) e il relativo Laboratorio.

“Questo ci consente – spiega il dottor Zavarise – di avvalerci delle conoscenze dei medici del CMT e di poter ottenere una diagnosi entro un’ora per malattie come, per esempio, la malariaInoltre grazie al Laboratorio possiamo effettuare in loco le analisi dei campioni biologici per accertare o meno la presenza di parassitosi. Anzi possiamo avere i risultati sui campioni prima che il bimbo venga da noi, grazie al Servizio on line che permette di ricevere a casa i contenitori per la raccolta e di rispedirli a Negrar per le analisi”.

Il Centro segue il protocollo nazionale del Gruppo di lavoro del bambino migrante affiliato alla Società italiana di pediatria. “La quasi totalità dei nostri pazienti sono bambini adottati da famiglie che provengono da tutta Italia – spiega ancora il dottor Zavarise-. I figli di immigrati vengono seguiti dai canali ‘classici’ della Sanità pubblica, mentre finora non abbiamo visto minori profughi”. Il primo filtro è l’ambulatorio che esegue 500 visite all’anno, i ricoveri sono circa la metà.

Il continente di maggiore provenienza dei giovani pazienti è l’Africa (Etiopia in testa, poi Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Kenia e Congo), seguono l’India, il Vietnam, la Mongolia la Cina, l’America Latina (Brasile, Colombia, Ecuador, Bolivia e Cile) e l’Europa (soprattutto Russia e Polonia).

“Ci troviamo di fronte a un ampio ventaglio di possibili patologie – afferma il pediatra -. Insieme ad altri due Centri italiani, abbiamo deciso di differenziare i protocolli in base alla provenienza del bambino, tenendo fermi alcuni esami fondamentali. Questo permette un’azione mirata e un’accurata gestione delle risorse economiche“.

Nella consapevolezza, sottolinea e conclude Zavarise, “che quasi sempre abbiamo di fronte bambini con un vissuto difficile che non hanno bisogno di ulteriori traumi, quali sono le visite e i prelievi per i più piccoli. Quindi non è necessario, salvo urgenze, ‘aggredire’ il bambino con un immediato check up medico e sottoporlo a una batteria di accertamenti non indicati dalla provenienza e dal complessivo stato di salute del piccolo. Contrariamente c’è il rischio di costringerlo a rivivere quella condizione di istituto da cui spesso egli proviene”.

(nella foto allegata da sinistra il dottori Gianmario De Stefano, Giorgio Zavarise e Francesco Doro)