Il “Sacro Cuore Don Calabria” è parte attiva del progetto ADONIS della Società Italiana di Flebologia che ha lo scopo di sensibilizzare i medici all’uso appropriato dei NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) o ADO (Anticoagulanti Diretti Orali). Sabato 3 luglio il convegno a Verona 

Fa tappa a Verona, coinvolgendo direttamente il “Sacro Cuore Don Calabria”, il progetto ADONIS patrocinato dalla SIF -Società Italiana di Flebologia, che ha lo scopo di sensibilizzare i medici all’uso appropriato dei NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) o ADO (Anticoagulanti Diretti Orali). Si tratta di farmaci introdotti circa una decina di anni fa, che hanno impresso una vera e propria svolta nella cura della patologia trombotica. Oggi sono entrati ampiamente nell’uso quotidiano, sebbene limitati da rigidi criteri prescrittivi.

Il progetto ADONIS (Anticoagulanti Diretti Orali Needs In Hospital Strategies) tocca le maggiori provincie del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Per Verona è stato scelto l’ospedale di Negrar, sebbene il convegno si terrà sabato 3 luglio all’Hotel Crowne Plaza, nel capoluogo scaligero. La partecipazione è gratuita e può essere in presenza o on line (programma e modalità di iscrizione).

Palo Tamellini, chirurgo vascolare IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dottor Paolo Tamellini

Tra gli organizzatori, il dottor Paolo Tamellini, presidente della Società Italiana di Flebologia del Triveneto e responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Flebologia dell’IRCCS di Negrar, da poco certificata Centro Flebologico Avanzato SIF.

Dottor Tamellini, cosa sono i farmaci anticoagulanti?

“Si tratta di principi attivi salvavita che, come dice il nome, inibiscono la coagulazione del sangue, al fine di evitare che si formino dei trombi. I principali ambiti di impiego sono la patologia trombotica venosa e quella cardiologica, nella fattispecie la fibrillazione atriale e le aritmie importanti. Due sessioni del convegno tratteranno proprio dell’utilizzo di questi farmaci nei due ambiti con la partecipazione di specialisti, anche dell’ospedale di Negrar.

Perché si parla di nuovi anticoagulanti orali?

Fino a pochi anni fa i farmaci anticoagulanti si dividevano in due grosse famiglie: l’eparina e i suoi derivati e gli inibitori della vitamina K (Anti-vitK o AVK). I primi vengono usati per via iniettiva (endovena o sottocute) in genere per terapie a breve-medio termine. I secondi, invece, vengono assunti per bocca e agiscono non direttamente sulla coagulazione del sangue, ma sul “carburante” che rende possibile la coagulazione, cioè la vitamina K. Questa  è essenziale per la sintesi della protrombina e degli altri fattori di coagulazione, senza la quale l’organismo non riesce ad innescare il processo di emostasi.  Tra gli Anti-vit K il più noto è il Coumadin: un farmaco economico e molto efficace. Ma con dei grossi limiti.

Quali?

Innanzitutto tra l’assunzione e l’attività del farmaco passa un lasso di tempo anche di tre giorni (latenza terapeutica). In secondo luogo i vecchi anticoagulanti si definiscono ‘farmaci poco maneggevoli’, perché l’intervallo terapeutico tra la dose efficace e quella tossica è strettissimo. Basta un dosaggio di poco sbagliato, perché il farmaco non sia efficace o al contrario risulti pericolosamente sovradosato.  Per questo chi assume il Coumadin deve effettuare frequenti controlli del sangue, che, a regime, sono al massimo ogni 10 giorni. Con evidenti disagi per il paziente e costi per il SSN.

Quali sono invece i vantaggi dati dai NAO?

Innanzitutto sono anticoagulanti diretti, cioè inibiscono direttamente determinati fattori della coagulazione del sangue, pertanto la loro attività non risente di tutto ciò che può interferire con la sintesi epatica delle proteine della coagulazione. Hanno inoltre un’immediata efficacia, che avviene al massimo dopo poche ore dalla somministrazione. Infine non richiedono controlli continui, perché una volta prescritto il dosaggio, il paziente prosegue con la sua terapia. Tuttavia non sono privi di problemi.

Quali sono?

Solo recentemente sono stati messi in commercio i farmaci antidoti con cui intervenire in caso di dosaggio eccessivo. Un aspetto importante è che le limitazioni di prescrizione, consentita solamente a medici abilitati e mediante compilazione di piano terapeutico, hanno di fatto impedito o certamente rallentato la diffusione di questi farmaci, così che ancora oggi questi non risultano adeguatamente conosciuti dalla classe medica. In altre parole – ed è il tema su cui vengono puntati i riflettori del convegno – esistono ancora delle “zone grigie” relative al loro corretto impiego, affrontate in maniera non univoca dalla diverse realtà ospedaliere. Il progetto ADONIS ha proprio l’obiettivo di trovare una linea procedurale condivisa nella gestione globale del paziente candidato al trattamento anticoagulante, in accordo con le indicazioni ministeriali e a tutto vantaggio del paziente.

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