I cardiologi Giulio Molon e Alessandro Costa hanno impiantato per la prima volta a Negrar un pacemaker che sta tutto dentro il cuore: un dispositivo dalle dimensioni estremamente ridotte e senza catetere, ma con le stesse funzioni di quello tradizionale

Ha la forma di un proiettile, ma una volta inserito nel cuore si preoccupa che il muscolo più importante del nostro corpo batta regolarmente.

Si tratta di un pacemaker “leadless”, ossia senza catetere (nella foto), ed è stato impiantato per la prima volta nei giorni scorsi nella sala di Elettrofisiologia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria in una paziente di 85 anni.

“E’ il primo pacemaker commercializzato in Italia con queste dimensioni ridotte, tanto da essere, a differenza di quello convenzionale, contenuto tutto dentro al cuore”, spiega il dottor Giulio Molon, responsabile della Struttura semplice di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, che ha eseguito l’intervento con il dottor Alessandro Costa.

Infatti il dispositivo pesa 1,75 grammi, ha un volume di 0,8 centimetri cubici, una lunghezza di 25,9 millimetri e un diametro esterno di 6,7 millimetri. E’ alimentato da una batteria, che ha una durata di dieci anni.

I pacemaker tradizionali sono composti da una “scatoletta” in metallo, contenente un circuito elettronico e una batteria, che viene inserita sotto cute, generalmente alla spalla sinistra. Dal dispositivo parte un elettrocatetere, che attraverso una vena della spalla e la vena cava superiore raggiunge il cuore dove viene posizionato all’apice del ventricolo destro.

“Il compito del pacemaker è quello di monitorare costantemente il cuore – spiega ancora il dottor Molon -. Se l’elettrocatetere capta un ritmo troppo basso, irregolare o addirittura assente, invia l’informazione al pacemaker che immediatamente manda lo stimolo e ripristina il battito regolare”. La funzione del pacemaker leadless è la stessa, ma “l’apparecchio, privo del catetere, è contenuto tutto dentro al cuore”.

L’impianto del piccolo “proiettile” avviene per via percutanea attraverso la vena femorale. “Il pacemaker è inserito all’apice di un introduttore, ossia un tubicino – illustra il dottor Molon -. Una volta raggiunto il ventricolo destro, vengono svolte tutte le procedure per posizionare adeguatamente il dispositivo, per farlo agganciare alla parete cardiaca ed accertare che sia ben ancorato al muscolo cardiaco attraverso almeno due delle quattro alette posteriori. Una volta verificato che i parametri elettrici siano ottimali, il pacemaker viene rilasciato e l’introduttore ritirato per la stessa via”.


Il piccolo pacemaker non è attualmente indicato per tutti pazienti affetti da patologie che compromettono il ritmo cardiaco
. “La signora in questione era il candidato ideale per questo impianto – precisa il cardiologo -. A causa di interventi pregressi sul torace, l’inserimento del pacemaker tradizionale si era verificato fallimentare vista l’estesa cicatrizzazione che impediva la corretta guarigione della ferita. Pertanto abbiamo rimosso il dispositivo precedente e inserito l’apparecchio di nuova generazione”.

elena.zuppini@sacrocuore.it