Con la moria di molti uccelli selvatici ritorna l’incubo aviaria, soprattutto tra gli allevatori di animali da cortile. Per quanto riguarda l’uomo, finora non sono stati registrati casi di infezione intraumana, ma solo causata da volatili. Tuttavia resta alta l’attenzione della comunità scientifica al fine di monitorare mutazioni del virus A/H5N1 che potrebbero favorire un adattamento dell’agente patogeno nell’uomo. In Italia è nata una rete di Laboratori di virologia e di Istituti zooprofilattici, di cui fa parte anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria

Con il decesso di molti gabbiani sulle rive del lago di Garda e su quelle del fiume Adige a Verona, si ritorna a parlare di influenza aviaria, che nel 2005 aveva messo in crisi l’industria avicola italiana a causa di un’epidemia diffusa tra gli animali da cortile. Storica l’immagine del giornalista Lamberto Sposini che in diretta sul Tg di Canale 5 addenta una coscia di pollo per rassicurare gli spettatori (e i consumatori) dell’innocuità della carne di pollame, se consumata cotta (come si dovrebbe fare sempre).

Il timore del salto di specie

Il timore – dopo l’incubo Covid-19 –  è che il virus A/H5N1, responsabile della maggior parte dei focolai di influenza aviaria nel mondo, possa fare il salto di specie (il cosiddetto spillover) e acquisire la capacità di trasmettersi in maniera efficace da persona a persona creando un’ondata pandemica.

Dai volatili selvatici a quelli da cortile

L’influenza aviaria è una patologia altamente contagiosa propria dei volatili selvatici. In particolare le anitre selvatiche sono un serbatoio privilegiato per la diffusione del contagio tra gli animali da cortile.

Trasmissione da animale all’uomo

Dopo il 2005 il virus ha continuato a circolare, provocando un centinaio di decessi di esseri umani, soprattutto bambini, in Paesi –  come la Cina, l’Egitto e la Turchia – dove la promiscuità tra uomini e volatili è molto diffusa.

Il contagio dei mammiferi

Tuttavia a creare allarme anche tra gli esperti è stata la scoperta in Galizia, nell’ottobre del 2022, di una mutazione rara del virus A/H5N1 all’interno di un allevamento di visoni, mutazione che avrebbe favorito l’adattamento del virus ai mammiferi.

Non ci sono casi di trasmissione da uomo a uomo

Di pochi giorni fa, inoltre, la notizia che in Cambogia sono stati segnalati due casi di infezione da A/H5N1 nella stessa famiglia, ma il virus sequenziato dall’Istituto Pasteur di Phnom Penh non presentava le stesse mutazioni favorevoli ai mammiferi come quello dei visoni ed in ogni caso non sembra essersi trattato di un caso di trasmissione da uomo ad uomo, ma si ritiene che entrambi i soggetti abbiano contratto l’infezione da animali infetti.

Parola d’ordine: sorveglianaza
Federico Gobbi, infettivologo IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Federico Gobbi

“Fortunatamente l’A/H5N1 ha caratteristiche tali per cui la trasmissione da volatile a uomo è molto difficile ed è ancora più difficile quella interumana. Non per questo dobbiamo abbassare la guardia”, sottolinea il dottor Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar. “Come ci ha insegnato il Covid-19, i virus mutano – sottolinea – Pertanto occorre rafforzare in primo luogo la sorveglianza nei parchi e negli allevamenti, anche per evitare danni economici ingenti. E’ fondamentale disporre della fotografia di quello che sta succedendo, perché solo così è possibile agire prontamente su eventuali focolai che potrebbero interessare l’uomo. Una delle prime azioni preventive da prendere da parte della popolazione è quella di non toccare mai uccelli moribondi o morti”.

La rete dei laboratori e degli istituti zooprofilattici per monitorare i virus
Dr.ssa Concetta Castilletti

“Il numero di focolai negli uccelli ha subito un’impennata vertiginosa negli ultimi due anni rispetto al totale dei 5 anni precedenti. Sono sempre più frequenti le segnalazioni di casi di infezione da influenza di origine aviaria in mammiferi, questo potrebbe indicare un adattamento del virus a questi ospiti”, dice la dottoressa Concetta Castilletti, responsabile del Laboratorio di Virologia, sempre dell’IRCCS di Negrar. “La comunità scientifica di tutto il mondo monitora molto da vicino questo fenomeno e in Italia – conclude – grazie anche ai finanziamenti relativi del Pnrr è stata potenziata la rete di sorveglianza dei laboratori di ricerca virologica, di cui fa parte anche quello dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria, rete che coinvolge anche gli Istituti zooprofilattici in una reale visione One Health”.