E’ un’infezione ai bronchi che può affliggere i bimbi nel primo anno di vita: quando un semplice raffreddore si trasforma in difficoltà respiratoria che impedisce al bambino di alimentarsi adeguatamente, è bene rivolgersi alle cure del pediatria.
Molto spesso esordisce con un banale raffreddore, ma ben presto subentra la tosse e una certa difficoltà respiratoria che impedisce al bambino di alimentarsi adeguatamente: segnali tipici che dovrebbero indurre un genitore a rivolgersi al pediatra. Si tratta della bronchiolite, un’infezione dei bronchi, che colpisce i bimbi nel primo anno di vita, soprattutto nei mesi invernali, da novembre a marzo. “Si stima che 1-2% della popolazione dei lattanti fino a sei mesi venga ricoverata per bronchiolite. L’ospedalizzazione non è sempre necessaria: ci sono forme lievi, che possono essere trattate a domicilio, e forme più gravi, che invece richiedono il ricorso alla terapia intensiva pediatrica”, spiega il dottor Cesare Zanotto (nella Photo Gallery) della Pediatria del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretta dal dottor Antonio Deganello.
Dottor Zanotto, da cosa è provocata la bronchiolite?
E’ una malattia virale e nella metà dei casi è causata dal virus respiratorio sinciziale. Un ruolo non marginale, lo hanno anche il rinovirus, lo stesso del raffreddore, e altri virus come quelli influenzali e parainfluenzali, l’adenovirus o i metapneumovirus.
Quali sono i sintomi?
La bronchiolite inizia con i sintomi di un’infezione delle alte vie aeree, quindi con un raffreddore, seguito da tosse. Successivamente subentra la difficoltà respiratoria con tachipnea (aumento della frequenza respiratoria, ndr) e tachicardia (aumento della frequenza cardiaca, ndr). All’auscultazione polmonare, si rileva la presenza di rantoli crepitanti e un respiro sibilante (brancospasmo). Nella metà dei casi abbiamo la febbre.
Come viene trattata?
Innanzitutto con una terapia di supporto. E’ fondamentale mantenere libere le cavità nasali dalle secrezioni di muco tramite frequenti lavaggi con soluzione fisiologica e successiva aspirazione delle secrezioni. Questo fa sì che il bambino – che nei primi sei mesi di vita ha una respirazione essenzialmente nasale – inizi a respirare meglio. La pervietà delle vie aree facilita anche l’alimentazione e, quindi, soprattutto nei lattanti, l’idratazione. Consigliamo, per non affaticare il bambino, di fare pasti meno abbondanti e più frequenti. Infine la terapia di supporto deve mantenere sotto controllo, e questo lo può fare solo il pediatra, l’ossigenazione tramite la misurazione della saturazione transcutanea. Se la saturazione scende sotto il 90%-92%, il bambino deve essere ricoverato e sottoposto all’ossigenoterapia. Negli ultimi anni la somministrazione di ossigeno con cannule nasali ad alti flussi ha dato buoni risultati in termini di miglioramento o comunque di prevenzione del peggioramento del quadro clinico. Ha inoltre ridotto notevolmente la percentuale di piccoli pazienti ricoverati in terapia intensiva pediatrica”.
Per quanto riguarda i farmaci?
Il trattamento farmacologico della bronchiolite è uno dei più controversi degli ultimi 50 anni, con continui aggiornamenti delle linee guida. Si è passati dalla somministrazione per via aerosolica di salina ipertonica al 3%, la cui efficacia è però stata smentita da alcuni recenti lavori. Lo stesso è successo per il salbutamolo, per il cortisone, l’adrenalina. L’esperienza clinica insegna che di fronte a un bambino in seria difficoltà respiratoria è necessario valutare momento per momento e caso per caso le singole terapie.
Sono indicati gli antibiotici?
Essendo una malattia virale, non avrebbero nessun effetto. Tuttavia vanno impiegati in presenza di sovrainfezione batterica ( documentabile da accertamenti radiologici, ematochimici e culturali).
Quando è necessario il ricovero?
Il ricovero è indicato nei bambini con bronchiolite moderata-severa, nei casi in cui il bambino mangia meno del 50% della sua abituale quota, o ha una saturazione di ossigeno inferiore del 90%-92%; il ricovero, inoltre, è indicato per quei piccoli già affetti da patologie che potrebbero complicarsi anche con una bronchiolite lieve. Mi riferisco in particolare agli ex prematuri, ai bambini con cardiopatie congenite o fibrosi cistica, a quelli con immunodeficienza o affetti da sindrome di Down.
Come avviene la trasmissione del virus?
Attraverso la saliva di un bambino che è affetto dall’infezione, ma anche di un adulto con un raffreddore, visto che la bronchiolite è provocata dal rinovirus. Per questo raccomandiamo alle madri raffreddate di proteggersi la bocca con una mascherina e di lavarsi molto spesso le mani. Inoltre è bene non portare i bambini in ambienti affollati tra novembre e marzo e di non esporli al fumo di sigaretta. Questo sempre, ma soprattutto se sono lattanti.
Ci sono dei fattori protettivi?
L’allattamento al seno è uno di questi. Anche la supplementazione di vitamina D, nei primi mesi di vita riducendo il rischio di infezioni virali, sembra ridurre il rischio di contrarre la bronchiolite.
E’ disponibile un vaccino?
Non ancora. Sono in atto studi per un vaccino contro il virus respiratorio sinciziale, ma finora non hanno dato risultati efficaci.Contro questo virus è a disposizione invece un farmaco profilattico, l’anticorpo monoclonale Palivizumab. Anche per l’alto costo, il farmaco viene prescritto nei primi mesi di vita solo in casi selezionati. In particolare ai bambini cardiopatici o ai prematuri sotto le 32 settimane. Ai piccoli sopra le 32, solo se soggetti a rischio, cioè con fratellini che vanno all’asilo e potrebbero quindi trasmettere il contagio o che vivono in condizioni ambientali tali da favorire l’infezione. Viene somministrato per via intramuscolare una volta al mese per cinque mesi nel periodo epidemico. Il Polivizumab ha ridotto il numero di ospedalizzazioni, la durata della malattia e delle ospedalizzazioni nei casi menzionati
elena.zuppini@sacrocuore.it