L'équipe di chirurgia funzionale dell'IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar

All’Irccs Sacro Cuore Don Calabria opera un’équipe di Chirurgia funzionale, nata dalla stretta collaborazione tra il fisiatra e il chirurgo ortopedico e dedicata ai pazienti con patologie neurologiche le cui articolazioni deformate non permettono di ottenere ulteriori miglioramenti riabilitativi

Il Dipartimento di Riabilitazione e l’Ortopedia, storiche eccellenze dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, hanno dato vita ad un’équipe di Chirurgia funzionale dedicato ai pazienti con lesioni neurologiche (da patologia o da traumi), per i quali la riabilitazione non è sufficiente per riprendere, ad esempio, la deambulazione.

Infatti l’immobilità forzata derivante dalla paralisi, associata alla insorgenza di rigidità muscolare (ipertono), possono far sì che le articolazioni si deformino o si posizionino in modo innaturale rendendo impossibile la loro funzione. “E’ qui che interviene la chirurgia ortopedica funzionale, agendo su strutture tendinee e mioarticolari con l’obiettivo di migliorarne la conformazione. In questo modo potrà essere facilitata la riabilitazione ma ne potranno trarre vantaggio anche i pazienti più gravi, allettati e totalmente dipendenti”. A spiegarlo è il dottor Venanzio Iacono, dell’Ortopedia, diretta dal dottor Claudio Zorzi, la cui stretta collaborazione con il dottor Renato Avesani e la dottoressa Elena Rossato, rispettivamente direttore e fisiatra del Dipartimento di Riabilitazione, hanno dato vita alla strutturazione del Servizio di Chirurgia funzionale.

Il caso per eccellenza per cui si ricorre a questo tipo di chirurgia è quello del piede equino – spiega il dottor Avesani -. Si tratta di una deformità che sopraggiunge nell’emiplegia spastica, ma anche nelle paralisi periferiche o solo per prolungata immobilità a letto. I muscoli si accorciano, l’articolazione diviene rigida ed il paziente, potenzialmente in grado di mettersi in piedi, non appoggerà più il tallone e sarà costretto a rimanere sulla punta o sulle punte dei piedi. Il fenomeno si associa spesso ad uno squilibrio muscolare, per cui il piede non sta diritto ma devia verso l’interno rendendo ulteriormente instabile l’appoggio”. In questi casi si ricorre abitualmente alle inoculazioni di tossina botulinica, a farmaci per bocca, all’uso di tutori e naturalmente alla riabilitazione. Ma non sempre questo è sufficiente e si deve ricorrere alla chirurgia funzionale.

“L’ultimo intervento ha riguardato una signora di 85 anni con un grave piede equino bilaterale –  spiega il dottor Iacono -. Per aiutarla a camminare, le sono state confezionate calzature ortopediche su misura che rendevano possibile con molta fatica la deambulazione in punta dei piedi. In sede operatoria abbiamo invece allungato il tendine da entrambi i lati, consentendo alla paziente di riprendere a camminare con le sue calzature e di effettuare con buoni risultati la riabilitazione”.

Il Dipartimento di Riabilitazione è un centro di riferimento nazionale per il recupero dei gravi cerebrolesi e lesionati midollari. All’anno vengono ricoverati 140 pazienti, alcuni dei quali – 2-3 al mese – necessitano di un intervento di chirurgia funzionale. “Sono interventi complessi che devono essere condotti da ortopedici esperti – sottolinea il dottor Iacono – perché l’immobilità porta le articolazioni interessate ad essere fragili e la cute soprastante ad avere difficoltà nella rimarginazione”.

“La chirurgia funzionale non si limita a migliorare l’uso degli arti, ma può correggere deformità che impediscono la buona gestione del paziente complesso – spiega la dottoressa Rossato -. Pensiamo per esempio ai gravi cerebrolesi o ai pazienti in stato vegetativo la cui mal posizione degli arti rende molto difficile l’assistenza e l’igiene personale. Un’altra indicazione chirurgica è la presenza di calcificazioni eterotopiche (formazioni ossee che si sviluppano in sedi non naturali) che si osservano in alcune lesioni neurologiche dopo un periodo di coma. Tali interventi, poi, possono aiutare a rendere più utilizzabile una mano o un braccio di un soggetto tetraplegico con lesione al midollo”.

“Questo tipo di interventi non sono nuovi e già da molti anni vengono praticati ma l’attenzione a questo settore è sempre stata piuttosto scarsa – riprende il dottor Avesani – E’ importante per i pazienti, i fisioterapisti e i medici conoscere che ci sono altre opportunità che possono accelerare non la guarigione ma il miglioramento. Le frontiere della chirurgia funzionale non sono tutte esplorate e la possibilità di una buona collaborazione tra medico fisiatra ed ortopedico può offrire interessanti ambiti terapeutici accorciando anche i tempi di riabilitazione e riducendo la richiesta di ausili”.

Nella foto da sinistra:

Dottor Renato Avesani, direttore del Dipartimento di Riabilitazione
Dottoressa Elena Rossato, fisiatra del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa
Dottor Venanzio Iacono, chirurgo dell’Ortopedia e Traumatologia