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Impugnando un sensore il paziente può sapere in pochi minuti se è affetto da fibrillazione atriale, una patologia asintomatica ma che può avere gravi conseguenze. Il cardiologo Giulio Molon avvia uno screening con i medici di famiglia

Ad un primo sguardo sembra un manubrio, di quelli che si usano, senza tante pretese, per allenare e rinforzare i muscoli delle braccia. Invece è un sensore che in pochi istanti è in grado di rilevare nei pazienti la fibrillazione atrialeun disturbo del ritmo che se trascurato può essere causa di ictus, quindi di grave invalidità o addirittura di morte.

La caratteristica principale della maggior parte delle fibrillazioni atriali è quella di essere asintomatichequindi diagnosticabili solo intraprendendo progetti di screening su larga scala e per lunghi periodi. A dare un aiuto in questo è stato progettato Mydiagnostick, un dispositivo molto semplice, già sul mercato, in corso di utilizzo per lo screening promosso dal dottor Giulio Molon, responsabile della Struttura semplice di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria in collaborazione con sei medici di medicina generale del territorio dell’Ulss 22.

Il paziente deve solo rilassarsi ed afferrare il Mydiagnostick dalle impugnature per circa un minuto – spiega il dottor Molon -. In questo arco di tempo il sensore registra il ritmo cardiaco e contemporaneamente un algoritmo, confrontando le distanze tra battito e battito, riesce a stabilire se siamo in presenza di un’aritmia atriale (luce rossa) o se tutto è nella norma (luce verde). Nel caso di responso positivo, il test viene ripetuto una seconda volta e se il risultato è lo stesso si invita il paziente a sottoporsi ad un elettrocardiogramma. Il margine di errore del dispositivo è veramente basso”. Mydiagnostick è in grado di registrare in modo del tutto anonimo, rimangono registrati solamente giorno ed ora, fino a 100 test.

Lo screening proseguirà fino al 15 ottobre e saranno sottoposti alla prova i pazienti con un’età superiore ai 40 anni. “Non faremo grandi numeri – sottolinea il cardiologo – ma è un buon inizio per sensibilizzare i medici e la popolazione su una patologia che può veramente avere dei risvolti drammatici senza che il paziente si renda conto di esserne affetto”.

Le aritmie cardiache sono tra i fattori di rischio cardiovascolare più importanti. Vi sono le aritmie di origine ventricolare che generalmente sono associate a cardiopatie già note. Possono infatti essere diagnosticate dopo un infarto.
Quelle atriali, invece, possono avere come fattori di rischio l’ipertensione o il diabete e in circa il 60% dei casi non presentano sintomi specifici, che potrebbero essere individuati solo attraverso un elettrocardiogramma (eventualmente ripetuto più volte) o un monitoraggio elettrocardiografico di lunga durata.

“L’atrio contraendosi in maniera irregolare – prosegue il medico – provoca un ristagno di sangue soprattutto nell’auricola sinistra (l’appendice cieca dell’atrio, ndr) che può evolversi nella formazione di trombi. I coaguli, una volta entrati in circolo, possono occludere un vaso arterioso cerebrale dando luogo ad ictus. Per questo è importante che l’aritmia venga diagnosticata in tempi rapidi”.

Un ruolo chiave nella diagnosi lo hanno i medici di medicina generale, che conoscendo la storia clinica del paziente e vedendolo frequentemente possono sensibilizzare l’attenzione del loro assistito verso queste aritmie e i sintomi correlati. “Ma soprattutto – conclude Molon – diagnosticare le aritmie, sottoponendo il paziente agli esami indicati in collaborazione con lo specialista aritmologo”.
elena.zuppini@sacrocuore.it