Il 5 maggio ricorre la Giornata mondiale dell’igiene delle mani per sensibilizzare le persone comuni, ma soprattutto i sanitari sull’importanza di questo gesto al fine di prevenire il diffondersi delle infezioni, in particolare in ambito sanitario, spesso originate da germi che per lo scorretto uso degli antibiotici sviluppano resistenze e quindi diventano difficili da curare.  Bastano solo venti secondi di strofinamento con la soluzione idroalcolica oppure a 40-60 secondi con acqua e sapone. Poche semplici mosse, ma proprio la loro semplicità induce a trascurarle, soprattutto là dove non assumono un carattere obbligatorio come in sala operatoria. Due video tutorial sul corretta modalità del lavaggio delle mani.

Fa parte delle poche cose positive che ci ha lasciato il Covid 19: la consapevolezza di quanto sia importante l’igiene delle mani. Durante la pandemia acqua e sapone o la soluzione idroalcolica erano fedeli compagni delle nostre giornate per evitare il contagio. Ma il virus del Sars-CoV 2 non ci ha rivelato nulla di nuovo: a scoprire che le nostre mani sono veicoli di malattie è stato il medico ungherese Ignaz Semmelweis nel 1847, quando si accorse che le febbri, spesso mortali, che colpivano le donne che avevano partorito da poco erano collegate ai chirurghi che, dopo aver effettuato un autopsia o visitato pazienti malate, andavano al capezzale di altre puerpere. Il povero Ignaz e il suo invito ai medici di detergere le mani con una soluzione di cloro non solo non vennero ascoltati, ma il medico fu perfino allontanato dalla clinica viennese dove lavorava.

Giornata per sensibilizzare tutti, ma soprattutto i sanitari

Oggi, fortunatamente, è assodato che la detersione delle mani è una potente barriera contro le patologie contagiose. Rimane tuttavia ancora tanto da fare, perché una percentuale delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria – quindi non solo ospedaliere – sono da ricondurre alla poca cura di questa banale quanto importante pratica. Non a caso ogni anno il 5 maggio si celebra la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, in occasione della quale l’Organizzazione mondiale della sanità lancia una campagna per sensibilizzare le persone comuni e, soprattutto, gli operatori sanitari. E’ noto, infatti, che gli ospedali e le strutture di cura extra-ospedaliere (RSA, Case di riposo…) sono luoghi privilegiati di colonizzazione di germi per la presenza di persone malate, molto spesso defedate e immunodepresse, e per la pratica di procedure invasive, come gli interventi chirurgici.

Anche l’IRCCS di Negrar aderisce alla campagna

Lo slogan della Giornata mondiale di quest’anno è: Why is sharing knowledge about hand hygiene still so important? Because it helps stop the spread of harmful germs in health care (Perché la condivisione delle conoscenze sull’igiene delle mani è ancora così importante? Perché aiuta a fermare la diffusione di germi nocivi nel settore sanitario).Anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria aderisce alla campagna con l’affissione di poster all’interno della struttura.

 Bastano solo pochi secondi
Dr. Andrea Tedesco

“Detersione delle mani significa che dopo il contatto con ogni paziente o con dispositivi come i cateteri si deve procedere a venti secondi di strofinamento con la soluzione idroalcolica oppure a 40-60 secondi con acqua e sapone”, spiega il dottor Andrea Tedesco infettivologo del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar. “Un gesto semplice, quasi banale, ma che proprio a causa della sua semplicità viene trascurato fuori dai quei contesti, come per esempio la sala operatoria, dove assume carattere obbligatorio”.

 Non solo le “mani pulite”: il progetto REVERSE contro l’antibiotico-resistenza

E’ pur vero che le sole “mani pulite” non bastano a tenere lontano i germi, e soprattutto a combattere il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, una delle massime preoccupazioni della medicina moderna.Lo sviluppo di un modello finalizzato alla prevenzione e alla gestione dei germi resistenti agli antibiotici è l’obiettivo del progetto europeo REVERSE (pREVention and management tools for rEducing antibiotic Resistance in high prevalence Settings), finanziato dai fondi Horizon 2020 e coordinato dall’Università di Zurigo, a cui aderiscono 24 ospedali del Sud Europa, tra cui l’IRCCS di Negrar.“Quello di REVERSE è un modello multidisciplinare, implementato progressivamente anche nel nostro ospedale, grazie al quale il tasso di infezioni ospedaliere registrato nella nostra struttura è del 4,7%, contro la media nazionale del 6.5 %”, spiega il dottor Tedesco che è anche referente dello studio per il Sacro Cuore Don Calabria e componente del Comitato Infezioni Ospedaliere.

 La stewardship antimicrobica: l’uso corretto degli antibiotici

“Il modello prevede innanzitutto la stewardship antimicrobica che ha il compito di guidare al corretto impiego degli antibiotici, il cui uso al di fuori delle indicazioni è uno dei maggiori responsabili della multiresistenza ai farmaci sviluppata dai germi – prosegue -. La stewardship è in capo a una piccola équipe di infettivologi che lavora quotidianamente in stretto contatto con i clinici prescrittori degli antibiotici”.

 Test diagnostici rapidi e precisi per terapie mirate

Il corretto impiego degli antibiotici passa necessariamente dalla diagnostica, “in particolare da test molecolari in grado di produrre diagnosi altamente specifiche e in tempi rapidi, tali da consentire l’impiego di terapie mirate a quel determinato patogeno responsabile dell’infezione”.

 La prevenzione

Come in tutti gli ambiti che riguardano la salute, anche nel campo delle infezioni la prevenzione è un nodo cruciale. “Tra le misure preventive adottate dal nostro IRCCS, vi è quella del tampone nasale al quale vengono sottoposti tutti i pazienti che devono effettuare un intervento di protesi ortopedica – spiega ancora l’infettivologo – Lo scopo è la ricerca dello stafilococco aureo, responsabile di gravi infezioni che portano al fallimento dell’impianti. Mentre il tampone rettale per la diagnosi di eventuali germi multiresistenti è previsto per tutti i pazienti a rischio, cioè provenienti da case di riposo o da altri ospedali, e che necessitano di ricovero in geriatria, terapia intensiva o riabilitazione intensiva. Una misura che stiamo estendendo anche ai pazienti candidati alla chirurgia colo-rettale”.

 Il controllo

Nel caso di tamponi positivi vengono messe in atto le pratiche di controllo, come l’isolamento da contatto del paziente, attraverso tutta una serie di accorgimenti da parte degli operatori sanitari al fine di evitare il contagio di degenti. “Lo stesso avviene se dal laboratorio proviene l’alert di pazienti colonizzati dai cosiddetti germi sentinella, cioè microrganismi in grado di diffondersi rapidamente o resistenti agli antibiotici”.

Il Comitato Infezioni Ospedaliere

La sorveglianza, il controllo e la riduzione delle infezioni ospedaliere al Sacro Cuore Don Calabria è affidato, come in tutti gli ospedali, al Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO). Esso è guidato dalla Direzione Sanitaria ed è composto da un medico anestesista-rianimatore, da un medico internista, da un chirurgo, da un infettivologo, da un microbiologo, da un farmacista, da un’assistente sanitario, da un dirigente del Servizio Infermieristico e da un infettivologo referente per la Stewardship antimicrobica. Il Comitato è affiancato da un gruppo operativo (il GIO-Gruppo Infezioni Ospedaliere) che si riunisce ogni 15 giorni, composto dalla Direzione Sanitaria, da due infettivologi, da un assistente sanitaria e da un microbiologo.

Prevenzione e controllo fuori dall’ospedale

Il controllo delle infezioni correlate all’assistenza e la lotta all’antibiotico resistenza non possono tuttavia limitarsi al solo ospedale. “Il “Sacro Cuore Don Calabria” fa parte di un network di IRCCS (Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, Fondazione Gemelli di Roma, Policlinico di Milano, Policlinico Sant’Orsola di Bologna e l’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo) che, insieme all’Isistuto Superiore di Sanità, hanno l’obiettivo di sviluppare un modello informatizzato di stewardship antibiotica applicabile a tutti gli ospedali e anche alle strutture mediche, residenziali e non, che afferiscono agli ospedali stessi. Verrebbe a crearsi così un circuito virtuoso che consentirebbe un controllo a 360° delle infezioni e di conseguenza andrebbe ad incidere sulla nascita di nuove resistenze”, conclude il dottor Tedesco.